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Autore: Madness in me    22/07/2014    1 recensioni
Due migliori amici che vivono il sogno di una vita.
Un momento di pausa, la conclusione di una settimana passata insieme.
L'ultima sera piena di musica, sorrisi e pensieri.
Pensieri che finiscono per venire fuori, rivelando poi quel piccolo lato timido e nascosto che tiene unita questa bizzarra "coppia".
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"I'm a crazy motherfucker with no fear, no fear at all.
When i'm with you, i know, baby, i know that i don't need anything else.
I have no fear.
Hold my hand.
I know that maybe i'm not the best,
i know that sometimes you just want to punch me in my fuckin' face but baby,
i'm just a crazy motherfucker that is nothing, nothing without you.
And they can't stop this heart, it will beat for you anyway.
Even if i'm afraid, even when you will go away, this fucking heart will beat for you.
Till my bones break and the blood stops run into my veins,
'cause i'm a crazy motherfucker in love with you and you only."

 

 

 

 

 

 

“VIENI A FARTI IL BAGNO O GIURO SU DIO CHE VENGO A PRENDERTI E TI AFFOGO!” Lo sentivo ma non lo vedevo.
“Chaz, piantala. Ho paura del buio e del mare. Somma le due cose insieme e il risultato che otterrai sarà COL CAZZO CHE VENGO A FARMI IL DANNATO BAGNO DI MEZZANOTTE! E inoltre sono le tre, quindi fottiti.” Bofonchiai, rimanendo seduta sulla sabbia, rannicchiata nell’asciugamano, con il cellulare a illuminarmi quel tanto che bastava a non farmi impazzire.
“AH Sì ?” lo sentii gridare, poi il rumore dell’acqua e poi più nulla.
Rimasi ad illuminarmi intorno col cellulare, temendo di vederlo sbucare da un momento all’altro, ma di Chaz non c’era nemmeno l’ombra.
Sbuffai e tornai a giocare col cellulare.
Qualche secondo dopo mi sentii sollevare, l’asciugamano cadde a terra imitato dal cellulare e tutto ciò che sentii fu Chaz urlare “NANA IN MARE, RIPETO, NANA IN MARE!” poi il fastidioso rumore dell’acqua nelle orecchie.
Alla cieca tentai di tornare a galla ma ci riuscii solo quando Chaz mi prese per un polso, tirandomi su, ridendo.
“VAFFANCULO!” gridai, tossendo e aggrappandomi al suo collo.
“Oh, Liz, non fare la tragica. E’ solo un bagno al mare. Ti tengo io, ok ? “ ghignò lui.
“Oh beh, Chaz grazie, ora si che mi sento più sicura” ironizzai, ricevendo per tutta risposta dell’acqua dritta in faccia che mi fece tossire di nuovo.
Quando iniziai a calmarmi poggiai la testa alla sua spalla e gli legai le gambe in vita, lasciando che mi portasse avanti e indietro, cullandomi appena.
Alzai gli occhi verso Chaz e mi stupii nel rendermi conto che, come aveva detto lui, la luce della luna illuminava abbastanza.
Almeno illuminava quel tanto che bastava per permettermi di vedere tutti i lineamenti del mio migliore amico e anche tutti i suoi tatuaggi, considerando che Chaz era ricoperto di tatuaggi dalla gola ai piedi, come me.
Mi soffermai sui lineamenti spigolosi del viso, le labbra carnose e poi gli occhi neri come la pece, i lunghi capelli anch’essi neri che ricadevano fino alle spalle.
Gli spostai con un dito una ciocca bagnata che gli si era appiccicata su una guancia e lo vidi sorridermi con quel suo classico sorrisone che illuminava le mie giornate e mi faceva sempre ritornare a sorridergli in risposta, come anche in quel momento.
Gli sfiorai con le dita i muscoli scolpiti di un braccio e sorrisi ancora.
Doveva apparire davvero strano, agli altri, vederci vicini.
Lui altissimo, il fisico scolpito e lo sguardo duro; io che gli arrivavo appena all’ombelico, gracile come uno stecchino, i lunghi capelli azzurri fino a metà schiena, con gli occhi color cioccolata e il mio “Sguardo da bambina sperduta”, come lo chiamava Chaz.
Anche se poi, in realtà, io ero quella esagitata, incazzata col mondo, quella che se c’era una rissa nel raggio di cinque metri da dov’ero io potevi star certo che, se non l’avevo scatenata io stessa, quanto meno ci stavo in mezzo.
Chaz si limitava a rispondere acido o a caricarmi in spalla per portarmi via, alzava le mani solo quando lo riteneva strettamente necessario e chi finiva sotto la sua furia, ben presto si ritrovava ad implorare pietà… Almeno quando Chaz era di buon umore e gli lasciava le forze per farlo.
Io e lui eravamo amici da tre anni, ormai, ma ancora ricordavo perfettamente il giorno in cui aveva deciso di entrare nella mia vita.
Una normale e monotona giornata di scuola, io evitavo l‘intera classe mentre la classe evitava me, tutti chiacchieravano tra di loro e la professoressa faceva l’appello mentre io me ne stavo all’ultimo banco da sola, la fronte poggiata al banco, ascoltando la musica, persa nelle mie fantasie.
Poi Chaz entrò in classe, in ritardo come al solito ma io non ci badai.
Non lo facevo mai.
Cioè, non badavo a nessuno, in quella scuola.
Ma quel giorno qualcosa era diverso, il suo banco era occupato da due ragazze di un’altra classe mandate da noi perché a loro mancava un professore così, tra le varie imprecazioni, raggiunse l’unico posto libero, quello vicino al mio.
Non alzai la testa neanche quando gli sentii chiedere, titubante: “Ehi.. posso ?”, limitandomi a sussurrare “non ti mangio mica.”
Ero decisa ad ignorarlo.
Perché ? Perché uscivo da un’annata distruttiva ed ero decisa a non avere più rapporti con le persone eppure qualcuno aveva deciso di cambiarmi le carte in tavola mandandomi quel gigante buono a scombussolare ogni cosa, così, a fine giornata, mi ritrovai a chiacchierare con Chaz mentre mi accompagnava alla fermata dell’autobus, entrambi ignari di ciò che sarebbe accaduto più avanti.
Ora, a distanza di tre anni, eravamo li, sulla spiaggia di fronte alla nostra villa in California, la villa che condividevamo con gli amici di sempre, il nostro gruppo di disadattati, persone distrutte come noi che io e Chaz avevamo “raccolto” nei tre anni passati insieme.
Vivevamo tutti nella stessa casa ed avevamo varie band, seppure non avevamo raggiunto l’apice del successo, eravamo a buon punto ed io ero felice così.
Avevo la mia casa, la mia famiglia, la mia musica e il tutto con l’uomo più importante della mia vita, il mio batterista, l’unico che era riuscito a tirarmi fuori dalla fossa che mi ero scavata, stringendomi tra le braccia e portandomi in salvo mentre io, inconsapevolmente, solo stringendomi a lui, l’avevo aiutato ad uscire dal suo buio.
“Ehi, nana, ti sarai mica addormentata ?” domandò Chaz tirandomi fuori dai miei pensieri ed io, sorridendo ancora, scossi la testa.
“Allora, ultima notte di pace in casa prima che il branco torni dalle varie vacanze, che vogliamo fare per concludere in bellezza la nostra settimana di pace, coccole e relax ?” mi domandò.
Ci pensai un po’ su poi dissi “Ciò che ci riesce meglio”.
Mi capì al volo e si illuminò del suo classico sorriso perfetto, mi strinse meglio tra le braccia ed uscì dall’acqua, raccolse il mio asciugamano ed il suo cellulare poi mi portò in casa.
Mi fiondai in bagno ad asciugarmi in fretta, infilai un paio di shorts e la mia canottiera degli Avenged Sevenfold poi corsi nel garage dove, come mi aspettavo, Chaz era già seduto, raggiante, dietro la sua enorme batteria rosso sangue, calzoncini da basket neri e le immancabili vans rosse come la batteria, rigirandosi la bacchetta tra le dita.
Mi avvicinai ai vari mixer e feci partire le parti di chitarra e basso che le ragazze avevano registrato prima di partire poi mi posizionai dietro il microfono, girato come mio solito verso Chaz, gli feci una linguaccia mentre dava il tempo ammiccando e rimasi qualche istante a fissarlo mentre suonava.
Come al solito, la sua foga e la sua energia erano coinvolgenti, una scarica di pura adrenalina dritta nelle vene.
Arrivato il mio momento, strinsi il microfono tra le mani ed iniziai a cantare, senza staccargli gli occhi di dosso.
Più lo guardavo, più mi convincevo che, sì, quello era il mio posto, il nostro posto.
Insieme, lui dietro la sua batteria ed io con il microfono tra le mani, di fronte a lui.
Suonammo per più di tre ore poi ci ritrovammo, come sempre, sfiniti, abbracciati sul divano ad ascoltare la musica.
Chaz stava seduto, le gambe tese sul tavolino di fronte e una sigaretta tra le dita mentre io stavo rannicchiata, la testa sul suo petto e tenevo una sigaretta tra le labbra, gli occhi chiusi, a godermi le sue dita che scivolavano leggere, distrattamente, tra i miei capelli.
Prese una profonda boccata dalla sua sigaretta per poi parlare.
“Allora, nana, ti sei divertita questa settimana ?”
Annuii, piano, sorridendo “Come potevo non farlo ? Non abbiamo fatto altro che mangiare pizza, suonare, fumare e coccolarci.”
Lo sentii ridacchiare.
Dopo qualche minuto cominciavo ad avere sonno ma non feci in tempo a dire nulla perché nello stesso istante in cui capii di avere sonno, lui mi sfilò la sigaretta, praticamente finita, dalle labbra spegnendola nel posacenere e caricandomi tra le braccia, salì in camera e mi lasciò sul letto, rimanendo poi in piedi.
Mi spogliai infilandomi svelta il mio solito magliettone e mi rannicchiai sotto le coperte per poi guardarlo inarcando un sopracciglio.
“Non dormi ?” domandai, sbadigliando.
Lo vidi sorridere e sfilarsi scarpe e calzini per poi infilarsi a letto.
Attesi che si sistemasse poi poggiai la testa al suo petto e sorrisi quando mi strinse a se cingendomi la vita con le braccia.
“Dopo tre anni, ancora aspetti che sia io a chiederti di dormire con me ?” domandai mentre riprendeva a passare dolcemente le dita tra i miei capelli.
“Non vorrei dare fastidio..” borbottò.
Alzai gli occhi al cielo, sorridendo “Chaz, io non te lo chiedo perché ora sei fidanzato e non voglio mettere a disagio la mia amata cognatina ma tu sei mio fratello, sai che dormo solo quando sei qui, quindi non essere stupido.”
Mi lasciò un bacio in testa, il suo modo di chiedere scusa, per poi prendere a cullarmi delicatamente.
“Sai Chaz..” sussurrai, attirando la sua attenzione “Non esiste al mondo luogo più sicuro delle tue braccia, per me. Non esistono occhi più rassicuranti o un sorriso che possa illuminarmi tutto come fa il tuo e no, stronzo, non sono impazzita e nemmeno ubriaca; è solo che tra il lavoro per l’album, il tour e tutto il resto, ti ho sentito tanto tanto distante e mi sei mancato fottutamente e.. ho capito.” Rimasi in attesa.
“Capito cosa ?” domandò, come avevo previsto.
“Ho capito che non esiste nessuno al mondo che potrà mai occupare il posto che occupi tu perché mi hai salvata così tante volte che ho perso il conto, salvata da me stessa e da tutto il resto, e ancora lo fai ogni giorno, quindi sì, litigheremo, a volte ci sembrerà di essere distanti ma la verità è una sola.. io e te staremo l’uno accanto all’altra per sempre perché era destino, perché è giusto così, perché separati non possiamo sopravvivere. E.. mi piace.” Conclusi con un sorriso.
Lo sentii stringere la presa sulla mia vita ed iniziare a piangere, in silenzio, poggiando la fronte alla mia testa, sussurrando “Grazie, stronzetta del mio cuore. Ti voglio un bene infinito. Ma ti odio perché mi fai piangere.” E sorrisi. Ancora.
Chaz non era bravo con le parole me quella semplice frase per me significava più di mille discorsoni.
Mi limitai a sorridere e stringermi a lui, lasciandomi andare al sonno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco la dedica alla mia Harlot.
La mia Diggio.
Non è nulla di speciale ma, ehi, ci ho provato.
Ti amo tanto e grazie per tutto.
Tua,
Spyro.
 



P.S. Quel minitesto all'inizio della storia è roba mia, vi prego di far sì che rimanga tale, grazie.
Somuchlove,
Sah. 

  
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