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Autore: germangirl    23/07/2014    19 recensioni
Alla vigilia di un evento importantissimo, uno dei protagonisti principali ripercorre tutto ciò che è successo negli ultimi anni, raccontandolo dal suo punto di vista.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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PROLOGO

Sto per affrontare una delle esperienze più sconvolgenti nella vita di un essere umano e credo che sia giunto il momento di raccontarvi gli eventi che ci hanno condotto fino qui e di farlo dal mio personalissimo punto di vista, considerato che io ne sono uno dei protagonisti principali.

Oh, scusate la maleducazione, non mi sono ancora presentato, ma rimedio subito.

Sono il cuore di Katherine Houghton Beckett.

Non pensiate che il mio sia un ruolo semplice, tutt’altro. Per il lavoro che fa, nelle vene di Kate scorre spesso una quantità notevole di adrenalina, che costringe tutto il sistema cardiovascolare a un super lavoro. Tachicardia, infatti, è il mio secondo nome. Senza considerare che il detective Beckett si è beccata un proiettile in pieno petto, che è arrivato a un tanto così da me. E nonostante io abbia combattuto con tutte le mie forze, sono dovuto soccombere alla gravità della situazione e ho smesso di battere.

Fortunatamente i medici dell’ospedale sono riusciti a farmi ripartire.

Mi hanno ripreso per i capelli.

Oh, ok, lo so, un cuore non ha i capelli, ma spero che mi perdonerete se userò un linguaggio metaforico. Del resto, tecnicamente, un cuore non ha né voce né la capacità di scrivere, eppure voi mi state leggendo ed ascoltando, quindi confido nella vostra apertura mentale.

Dicevo che i medici sono riusciti a ripristinare il mio battito.

Un miracolo.

Le loro mani erano guidate da un angelo, su questo non ho dubbi. Ho la ferma convinzione che un angelo vegli su Kate (e su di me) da molto tempo. E quell’angelo risponde al nome di Johanna Beckett.

Sapete, quando Johanna se n’è andata, il dolore è stato così forte che Kate ha trovato un unico modo per difendersi.

Si è affidata all’inquilino dell’ultimo piano, quello che sta all’attico.

No, non mi riferisco a Richard Castle (magari… ma di lui vi racconterò più avanti).

Intendo il cervello.

E così il raziocinio ha preso il sopravvento e ha costruito intorno a me un muro tanto alto e spesso che, al confronto, la muraglia cinese è un marciapiede, anzi, una siepe, e pure un po’ spelacchiata.

Credetemi, la capisco, povera Kate.

Doveva trovare il modo per difendere sé stessa e me da un dolore così forte che nemmeno l’impatto con il proiettile è riuscito a superare. Avevamo entrambi bisogno di tempo affinché quella ferita smettesse di sanguinare copiosamente e si rimarginasse. Per questa ragione ha tirato su una fortezza inespugnabile, pietra su pietra, mattone dopo mattone. Un sistema difensivo che potrebbe gareggiare con Fort Knox, senza ombra di dubbio. Oh, ha lasciato qualche feritoia in quel muro, delle aperture strette e anguste, ma grazie a loro piano piano si sono fatti strada dei rapporti di amicizia solidi: quello che ci lega a Lanie, Javier e Ryan, per esempio. Oltre all’amore sconfinato che proviamo per papà Jim.

Finché non è arrivato lui, l’inquilino del loft.

E sì, ora mi riferisco proprio allo scrittore.

Da quando lui è entrato nella vita di Kate, le mie giornate sono state una continua battaglia con il cervello. Mi pare di essere costantemente in trincea, con tanto di elmetto di metallo ben calcato sulla testa. Se il detective Beckett combatte ogni giorno contro i criminali, io lo faccio contro il raziocinio.

E’ stata una lotta durissima, credetemi. Sfiancante. E a volte continua ad esserlo tuttora, dopo tanto tempo.

Ma ritengo di aver riportato diverse vittorie importanti. Vedete, Katherine è una delle migliori detective del NYPD non solo perché è una donna estremamente intelligente – glielo devo proprio riconoscere, l’inquilino dell’ultimo piano funziona davvero bene – ma soprattutto perché ci sono io. Senza falsa modestia. E’ grazie a me, ovvero al suo gran cuore, che riesce a dimostrare una profonda empatia nei confronti dei familiari delle vittime e quindi a portare loro un minimo di conforto, oltre che impegnarsi fino in fondo per trovare giustizia per chi non c’è più e per chi è sopravvissuto. Lo fa perché sa bene cosa vuol dire trovarsi nella loro situazione, purtroppo.

Se avrete voglia di seguirmi in questo breve viaggio nel tempo, vi racconterò gli ultimi sei anni dalla mia personalissima prospettiva: il punto di vista del cuore di Kate.

 

Nota dell’autrice

L’idea di questa storia ha cominciato a gironzolarmi nella testa mesi fa mentre ero impegnata con la mia seconda FF di JAG. Ne ho parlato con il mio angelo custode e lei ne è stata subito entusiasta, tanto da regalarmi questo fantastico banner (è una persona meravigliosa, vero? *___*). Ho cominciato a scrivere, poi però sono stata “rapita” da thatswhatfriendsarefor e così è rimasta lì, parcheggiata in una cartella del mio computer.

Ora che l’OCD in qualche modo è… sotto controllo (nel senso che la stesura è completa, non che la psicosi sia passata, né alla sottoscritta né alla squilibrata dell’omonima storia), ve la propongo.

Spero che sia di vostro gradimento. Intanto vi ringrazio per avermi dedicato il vostro tempo ed essere arrivati fino qui.

Un abbraccio,

Deb

  
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