Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover
Ricorda la storia  |      
Autore: nainai    23/07/2014    6 recensioni
Tutte le occasioni mancate e un'ultima.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Avviso: Il presente scritto ha per protagonisti persone vere e personaggi di pura fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone è frutto della fantasia dell'autrice e non vi è alcun intento di verità o di verosimiglianza. Nessun diritto legalmente tutelato s'intende leso e ogni diritto appartiene ai rispettivi titolari.
Il titolo della storia è un brevissimo verso del ritornello di "Loud Like Love" dei Placebo.


For all of our youth
 
La prima volta che si erano incontrati, lui aveva vent’anni e Brian venticinque.
…più o meno.
Non ricordava a quale festival o concerto fossero. Non ricordava praticamente niente del “contorno”, perché per prendere abbastanza coraggio da salire sul palco, esibirsi e poi scendere giù e racimolarne ancora, abbastanza da infilarsi nel backstage con lo scopo preciso di incontrarlo…beh, per tutte queste cose, aveva bevuto un po’.
Ok. Aveva bevuto un bel po’!
Lo aveva incrociato all’improvviso nonostante lo stesse cercando. Non era preparato. Aveva perfino sussultato, un groppo in gola tutto in un colpo e poi il fiato strozzato da qualche parte tra i polmoni e il naso, via giù come se dovesse ingoiare una pillola amara e…
-Brian Molko? Ciao, io sono Matt Bellamy. Suono con i Muse! Ci hai sentiti prima?
Ansia.
Brian lo aveva guardato. Non era solo quella volta. Con lui c’era un certo Nic…Nicolay…Nicolò… Insomma, un tizio di un altro gruppo che a Matt non diceva proprio niente. Entrambi si erano voltati e Matthew ricordava ancora - e questo molto bene – lo sguardo di sincera derisione che il tipo con Brian gli aveva rivolto. Tutti e due lo avevano squadrato da capo a piedi, studiandolo con lo stesso interesse scientifico che avrebbero potuto mostrare per un’insolito calderone di elementi spuri. Poi il tizio di cui non ricordava il nome aveva passato un braccio attorno alle spalle di Brian, stringendolo a sé in un gesto così squisitamente possessivo e intimo che Matt si era sentito avvampare per l’imbarazzo. Specie perché Brian non sembrava in alcun modo disturbato dalla cosa e, anzi, accondiscendeva a quel gesto con un atteggiamento docile che caricava di sottintesi tutta la scena.
Quella volta, Matthew si era sentito tanto fuori luogo quanto non gli capitava da un pezzo. Da quando a scuola si era dichiarato a Pamela Arden, per la precisione. E allora aveva tredici anni e mezzo, come amava ricordare Dominic quando riportava alla luce quell’episodio scabroso della vita dell’amico. E lei…lei ne aveva cinque di più. Proprio come Brian.
-No.- aveva risposto lento e annoiato quest’ultimo. – Non ho idea di chi accidenti siano i Muse, ragazzino.
 
 
La seconda volta che si erano visti, Brian sapeva esattamente chi fossero i Muse.
Matthew non ricordava affatto il nome della rivista che aveva pubblicato l’intervista in cui l’altro aveva sputato veleno sul loro disco, dichiarando al mondo intero che avrebbe volentieri bruciato ogni singola copia di quell’album. Era stato uno shock scoprire che sarebbe stato comunque lui, Brian, a premiarli agli EMA come “best alternative 2004”. Uno shock perché Matt sapeva benissimo che i Placebo erano in gara per il medesimo premio e sapeva altrettanto bene che “concedere” a Brian Molko un contentino, dandogli la possibilità di consegnare un premio che lui stesso avrebbe voluto, suonava come una beffa troppo ben articolata perché l’altro ci si prestasse.
E invece…
Dominic si era ritrovato a reggere microfono e premio senza neppure rendersene conto. Il tempo di gettare un’occhiata trasversale al proprio migliore amico, cercando inutilmente di capire cosa esattamente ci si aspettasse che lui facesse a quel punto e Matt era già fuori portata, aggrappato alle spalle di uno sconvolto e ringhiante Brian Molko.
Il sorriso raggiante e cattivo che Matthew gli aveva regalato solo un istante prima era autentico. Un ricordo sincero di quegli anni in cui aveva dovuto tenersi per sé la vergogna del loro primo incontro. Adesso, aggrappato a quell’orrendo cappottino di pelo che l’altro aveva indossato, si concesse la sana rivincita di una risatina sottile contro il suo orecchio.
-Non si trattano male i fan.- gli sussurrò velenosamente.- Potrebbero diventare più famosi di te, un giorno.
Non gli aveva permesso di ribattere. Si era voltato verso il pubblico per ringraziare, lasciando Brian a fremere rabbioso.
 
La terza volta si erano evitati di comune accordo.
Entrambi i gruppi avrebbero dovuto suonare a Parigi per il Live 8 ed entrambi i manager avevano avuto l’accortezza di contattare l’organizzazione e specificare che in nessun caso ci sarebbe dovuta essere coincidenza di orari. Possibilmente, neppure di date.
Parzialmente erano riusciti nell’intento.
Matthew non l’avrebbe mai ammesso, è chiaro, ma aveva cercato comunque di vederlo. Gli era riuscito in parte, perché Brian difficilmente si allontanava dai propri amici e di amici, in quella manifestazione, ne aveva anche troppi e lui, Matt, doveva stare attento a non farsi beccare come la ragazzina con una cotta terribile che si è infilata di nascosto nel backstage.
Era riuscito ad intravederlo da lontano. Brian era con la compagna, Helena Berg, quella che aveva conosciuto perché faceva la fotografa della band e che aveva pensato bene di farsi mettere incinta. Lei aveva un pancione enorme, lui sembrava sereno.
Matt si era reso conto che quando sorrideva a quel modo, spontaneamente, o quando scherzava così, come un bambino troppo cresciuto, c’era in lui qualcosa che lo rendeva perfino più bello della creatura irreale e ambigua a cui si era abituato durante l’adolescenza.
Aveva stupidamente sperato che anche Brian, anche solo per gelosia, si fermasse allo stesso modo a spiarlo. Magari mentre si esibiva. Matthew aveva la convinzione infantile di essere… “più bello” mentre suonava. Sarà stato il fatto che nessuno sembrava notare tutti i suoi difetti mentre suonava.
 
***
Mentre rimetteva a posto i pezzi di un puzzle complicato, fatto di mancati incontri e occasioni ugualmente perdute, Matthew pensava che era stata un’autentica fortuna riuscire a trovarsi, alla fine.
Un po’ malandati, per dire la verità, e nemmeno troppo a posto con la testa, il cuore e le gambe. Un’accozzaglia di errori riparati all’ultimo, di casualità incolonnate nel punto giusto, al momento giusto e di cose fatte per poi pentirsi. Si chiedeva spesso se la vita di chiunque a quel mondo – anche chi non era famoso come loro – fosse fatta di simili momenti e delle loro acciaccate conclusioni.
Erano domande oziose. Non avevano davvero uno scopo, una finalità, se non quella di prendere tempo adesso. Mentre osservava la figura di Brian ritto davanti a sé. Fumava. Nel farlo si concedeva il lusso di tenere lo sguardo e il corpo lontani da lui. Pochi passi, è vero, ma sufficienti a dargli modo di sentirsi solo con se stesso, con i propri pensieri e con un pentimento in più da aggiungere alla lista: avrebbe voluto rimangiarsi quanto gli aveva appena detto.
La figura di Brian, a voler essere sinceri, si era fatta più pesante; aveva perso tanto della bellezza androgina e conturbante che aveva avuto da giovane; i suoi occhi, a volte, sembravano appannati da un velo di malinconia che, probabilmente, era solo il riflesso del tempo, lo stesso tempo che aveva tracciato impercettibili segni lungo la linea delle palpebre o sulla fronte e attorno alla bocca. La sensualità sfrontata di una volta era quasi mesta, adesso, languida in modo elegante ma anche stanco. Brian appariva spesso stanco, provato dalla consapevolezza di aver davvero vissuto fino in fondo e dalla necessità di trovare un senso nuovo per continuare a sopravvivere ai ricordi.
Matt ormai lo conosceva abbastanza bene da essere consapevole che l’autocommiserazione era la tomba della sua anima. Ciò che più atterriva Brian a questo mondo era il rischio di restare impigliato irrimediabilmente in sé stesso per giungere alla conclusione che non ci fosse spazio per un’evoluzione ulteriore. Nel momento in cui l’equilibrio era raggiunto, quello stesso equilibrio era sgretolato dalla coscienza della fugacità di una stabilità emotiva che era solo apparente. Ciò che aveva sempre corroso l’anima di Brian Molko dall’interno – e che Matt sospettava fosse Brian Molko stesso – non poteva essere messo a tacere da niente e da nessuno.
Probabilmente, glielo aveva detto per questo. Voleva dargli l’ennesima spinta al cambiamento, voleva solo scuoterlo! Voleva strapparlo ad un’apatia formale che stava costando all’altro la capacità stessa di esistere.
-Quindi è vero.- affermò lenta la voce di Brian dopo un tempo che a Matthew parve infinito. I suoi occhi ruotarono dalla strada a lui, la sigaretta tra le dita che si consumava lenta e inutile e la mancanza di qualsiasi espressione in uno sguardo gelido e distaccato.- La sposerai.
Matt rifletté su quell’affermazione.
Certo che l’avrebbe sposata: era la sua compagna ufficiale, la madre di suo figlio e lui era cambiato radicalmente per lei, aveva smesso di essere un ragazzino per lei. Gli era costato ogni grammo del proprio coraggio cambiare tanto.
-Dammi un motivo per non farlo.- si sentì rispondere.
Lo sguardo di Brian si allargò appena. Non un vero cenno di stupore, non così evidente almeno.
-…non dire stronzate, Bellamy.- sibilò rabbioso, scostando il viso con una rapidità fulminea e nervosa.
Matthew sentì il cuore fare un buffo saltello per poi scivolare, ignorato, in fondo allo stomaco. Non gli venne la nausea, no. Piuttosto, si sentì arrabbiato.
-Brian!- scattò in un ringhio basso. Lui lo guardò.- Dico sul serio.- ribadì.- Ti prego. Dammi una ragione per non farlo.
Avvertì lui stesso la quieta disperazione del proprio tono.
Ebbe la sensazione fisica che il mondo si stesse in qualche modo accartocciando, ma forse fu solo il gesto troppo repentino di Brian, quello slancio improvviso e inaspettato che colse entrambi ugualmente impreparati.
Matthew, perché era certo che l’orgoglio dell’altro gli avrebbe fatto girare le spalle e attraversare il più in fretta possibile la strada, in direzione dei taxi.
Brian, perché era sicuro che il proprio orgoglio fosse una delle poche certezze che ancora gli restavano ma, a quanto sembrava, la vecchiaia aveva rammollito anche quello.
Le loro bocche s’incontrarono a metà di un percorso fatto di ripensamenti e dubbi, di scene patetiche e di momenti in cui erano stati e si erano sentiti ridicoli. Matt afferrò le labbra di Brian tra i denti con lo scopo preciso di fargli male, lasciargli un segno tangibile del proprio passaggio che, comunque, sarebbe scomparso in una ruga. Sulla fronte o intorno agli occhi. Brian si aggrappò alla sua giacca con le dita e le unghie, strattonando la stoffa come se attraverso quella la sua rabbia potesse graffiargli la pelle.
 
Nel buio della stanza il respiro pesante di entrambi aveva sapore di sesso e di amarezza allo stesso modo. Avevano serrato ogni finestra, spento ogni fonte di luce nel tentativo disperato di tenere fuori il mondo, il tempo che scorreva inesorabile. Avevano ignorato la fame e la sete, cibandosi e dissetandosi solo della sensazione dell’altro sulla pelle e intorno ai muscoli.
All’interno di un bozzolo perfetto, la storia poteva tornare a riavvolgersi su se stessa. Brian poteva ricominciare ad avere la freschezza maliziosa di tanti anni prima e Matt quell’ingenuità sfrontata e maldestra che l’altro aveva sempre odiato e desiderato. Potevano ricominciare a rincorrersi come si erano rincorsi per anni prima di vedersi davvero, al di là e al di fuori di ogni schema cucito addosso – dagli altri o da soli, non importava. La libertà insita in quell’unico gesto di follia prima di un addio necessario aveva un potere catartico che a poco e niente a questo mondo restava.
Matthew si chiese se Brian credeva davvero che potesse essere una scopata – l’ultima ma non necessariamente la migliore – a sigillare il legame indissolubile, in grado di sciogliere ogni altro legame e da fargli credere che la sua unica scelta adulta potesse essere anche il suo sbaglio maggiore.
Si rispose di no. Lo fece mentre cercava ancora e ancora le labbra dell’altro attraverso il buio, mentre avvertiva il tocco delicato dei capelli lunghi e neri sulla pelle nuda e pensava che erano seta, nonostante tutto.
Ma, in fondo, aveva la stesa importanza che potevano aver avuto tutte le occasioni mancate o sprecate in qualsiasi altro modo. Nessuna importanza a confronto con quell’istante soltanto: valeva la pena comunque di esserci.
***
In chiesa il cielo è terso come le ali degli angeli appesi alle vetrate. E’ stata una decisione di sua madre fare la cerimonia in chiesa. Lei è cattolica, Kate no. Matt ha smesso di credere in Dio quando era abbastanza piccolo da voler credere ancora a Babbo Natale. Le cerimonie in chiesa, comunque, hanno quel fascino barocco e retrò che fa squittire di compiacimento Goldie e i suoi invitati, per cui Kate ha detto alla madre di Matt che sarebbe stata molto felice di rispettare certe tradizioni.
Come quella di farsi accompagnare all’altare. Da un uomo che non è suo padre, chiaramente, ma Kate e suo padre non hanno mai avuto un buon rapporto e Matthew è davvero poco stupito che sia Kurt a dare il braccio a Kate.
Lei sorride. Sotto un velo di pizzo, con un abito di taffettà color avorio e una collana di diamanti veri al collo. Matt sorride anche lui, con Dominic accanto che ricambia il suo sguardo con serenità quando si volta a cercarne il sostegno.
E’ una bella giornata, pensa quietamente.
E’ l’ultimo pensiero prima che Kate posi un passo sul primo dei tre scalini che la porteranno davanti all’altare. Matthew allunga il braccio per sostituire quello di Kurt e aiutarla a salire gli altri due. Lei arrossisce quando la sua mano le sfiora il polso e il sorriso di Matt si allarga ancora, il cuore traboccante di felicità autentica. Il profilo di Kate contro il suo fianco è caldo e rassicurante, lei è bella e giovane ed è la compagna che ogni uomo potrebbe desiderare.
Il prete li accoglie entrambi con un colpetto di tosse discreto che zittisce il brusio della chiesa.
Matt si piega verso l’orecchio di Kate, un ricciolo biondo, delicato e perfetto, scivola a coprire il lobo spoglio.
-Kate,- mormora con voce bassa e calda. Lo sguardo di lei si socchiude e piega docilmente verso di lui. Matt prende fiato con difficoltà improvvisa.- devo dirti una cosa…
“For all of our youth”
MEM 2014
  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover / Vai alla pagina dell'autore: nainai