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Autore: BowieHalloweenJack    23/07/2014    1 recensioni
Scrivo questo diario sotto l’effetto di una droga molto potente e pericolosa,chiamata in gergo comune “Caparezza”. Lui è il mio idolo,il mio mentore,la mia guida spirituale,il mio guru,il mio tutto. Diciamo che sotto la sua musica,o con l’ausilio della sua musica,ho scritto la tesina per l’esame di stato. E sempre con la sua mano affronto la vita di ogni giorno,perché le sue parole mi fanno ricordare che nella vita si può essere razionali senza perdere mai il sorriso.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dicevamo? Ah sì, che il bello successe FUORI dall’ambiente scolastico.

Dopo la delusione sentimentale avuta da Kekko, decisi di chiudere i cancelli e non intrecciare altre relazioni. Avevo solo quattordici anni, erano altre le cose su cui concentrarmi.

Iniziai a frequentare il PalaSport: è una struttura adibita a “palestra”, in teoria attrezzata fin nei minimi dettagli per consentire ai ragazzi che lo desiderano di praticare lo sport che preferiscono, senza dover sborsare un soldo.- Ovviamente il servizio è rivolto solo a chi frequenta la scuola, perché nelle ore di Educazione Motoria veniva usato come palestra (in quanto la mia scuola all’epoca non ne possedeva una…)-

In pratica è solo un enorme palazzone che all’interno ospita un grande campo che viene usato per  giocare a Calcio. Possiede una rete da pallavolo, che a volte viene usata per le partite di tennis o i tornei di badminton. Alle pareti ci sono due sbarre per fare gli allenamenti di ginnastica, alcuni materassoni vari… ah, è anche dotato di un tavolo da ping-pong.

Nel suo complesso non è male, il problema è che sta cadendo a pezzi praticamente da sempre, e nessuno ha mai pensato a ristrutturarlo. Sarebbe ora: i bagni e gli spogliatoi sono in condizioni pietose, e tecnicamente si tiene in piedi con lo sputo.

Comunque. Andavo lì tre volte a settimana, in compagnia di Peppa .

Peppa andava pazza per la pallavolo. Era anche brava, mi ricordo, ma se la tirava troppo. Andava a raccontare agli altri che lei faceva “pallavolo sì, ma in privato” sottolineando la parola privato (non ho capito, se paghi per fare sport vuol dire che sei più brava o semplicemente ti fa più cool? O più idiota? Oppure “IN PRIVATO” vuol dire che nessuno deve saperlo? Allora di’ che fai PALLAVOLO TOP-SECRET ).

Anche io ero bravina a pallavolo, ma cercavo di svignarmela e trovavo qualcos’altro da fare quando i prof ci mettevano sotto allenamento. Non perché non mi piacesse, sia chiaro, ma perché c’erano alcuni ragazzi del quinto che mi avevano preso di mira. Ovviamente da chi mi erano stati aizzati contro? Da quella bella personcina che è il mio adorato cuginetto, Simo.

Loro erano amici strettissimi di mio cugino, in quanto giocavano a calcetto insieme. Chissà quali cose ridicole aveva raccontato loro… misteriosamente, ogni volta che giocavo a pallavolo, il loro pallone finiva nella mia traiettoria: miravano alla mia testa, o ai miei occhiali.

Francamente non mi sarebbe dispiaciuto farmi rompere gli occhiali da loro, così avrei avuto una scusa in più per rompere i loro culi pelosi, e magari farmi pagare dai loro genitori un nuovo paio di occhiali.

Il problema è che non potevo rischiare di sputare fuori il cervello ogni santa volta per colpa delle loro pallonate. Potentissime tra l’altro e, altra curiosità, magicamente i professori incaricati di sorvegliarci diventavano cechi, sordi e anche muti ogni qualvolta che questi “geni” tentavano di spiattellarmi contro un muro con il loro pallone.

Così per un po’di tempo abbandonai Peppa agli allenamenti di pallavolo, mentre io giocavo a badminton. Scoprii con piacere *leggi: ribrezzo* che un’altra mia cara conoscenza giocava a badminton: RoMa.

Almeno al liceo ero stata risparmiata dalla tortura di ritrovarmela in classe.

E poi, che ve lo dico a fare: lei era sempre e comunque la più brava: era una cosa sola con la racchetta, non mancava mai una palla, e ogni volta che segnava un punto faceva uno di quei sorrisetti odiosi come per dire: “Oh che culo ho vinto ancora ma sono troppo umile e modesta per esultare quindi mi trattengo”.

Anche io mi dovevo trattenere. Dalla voglia di prenderla a racchettate sulle gengive.

Io giuro... non so come rendervi meglio l’idea della sua antipatia. Ecco, è una di quelle classiche persone che anche dopo tre ore di duro allenamento sotto il sole rovente non mostra il minimo segno di sudore e ha i capelli perfettamente in ordine. Mentre io somigliavo a un mocio vileda, in confronto.

Bene,ora odiatela!

Eh-eh…

All’inizio pensai di non essere portata affatto per quel tipo di sport: proprio non riuscivo a prendere quel volano, niente, io cercavo di calcolare le distanze e dirigere al meglio la mia racchetta, ma quella SWISSSSSSS e andava da tutt’altra parte.

Non avevo visto nessuno fare così pena a badminton. Quasi quasi rimpiangevo le pallonate in testa. Inoltre dovevo sopportare le occhiate di scherno da parte di RoMa

ero sul punto di mollare tutto e non mettere mai più piede al PalaSport, quando, con un’impennata di orgoglio, decisi che avrei resistito. Se avessi sventolato bandiera bianca, avrei solo dato una soddisfazione a quelli che mi credevano una povera stupida, goffa e incapace.

Così iniziai ad impegnarmi ancora di più. Andavo anche cinque volte a settimana ad allenarmi, rimanevo sempre un’ora in più… Avevo così tanta voglia di dimostrare a me stessa e agli altri che valevo qualcosa, che presi ad allenarmi facendomi tenere fermo un braccio dietro la schiena. Non scherzo. Mi allenavo usando il destro e mi facevo tenere da Peppa il sinistro dietro la schiena; e viceversa. Lei correva il rischio di ricevere una racchettata in fronte, ma non fa nulla.

Finché diventai VERAMENTE brava. Tanto che, un giorno, presi coraggio e chiesi a RoMa se le andasse una sfida. Le feci quella richiesta perché così, forse, gli altri avrebbero visto quanto fossi migliorata e mi avrebbero guardata con occhi diversi.

Lei mi lanciò un’occhiata dall’alto in basso prima di accettare. Poi aggiunse che avremmo fatto meglio a giocare a squadre: due contro due.

Nessun problema. Convinsi Peppa a giocare nella mia squadra, anche se non era il massimo, ma non importava. Avevo un’adrenalina che non potete immaginare…

Miss Perfezione prese con sé un secchioncino al quarto anno di Liceo Classico, un fighetto figlio di papà che giocava a Tennis.

Dalle loro facce capii che erano convintissimi di avere la vittoria in pugno.

All’inizio non successe nulla di eclatante, loro segnarono tre punti nei primi dieci minuti e io e Peppa giocammo in maniera discreta. Poi segnai il primo punto. E un altro. E un altro ancora. E ancora ancora e ancora...dopo il sesto punto consecutivo diventò una sfida personale tra me e quella vipera.

Ricordo che tutti ci guardavano, come se non ci fosse nessun altro in quel palazzetto. Nessuno osava aprire bocca, seguivano le nostre mosse, come se le racchette in realtà fossero spade,e noi due gladiatori che si sfidavano all'ultimo sangue.

Dopo non so quanto tempo, guardai RoMa negli occhi. Lei che per tanto tempo era stata la regina indiscussa di TUTTO, veniva umiliata da una pivella come la sottoscritta.

Finalmente ero riuscita a farla sudare!! Vaffanculo!!!

-Basta così, sì?- le chiesi, candidamente.

La vidi stringere gli occhi, come se l’avessi offesa a morte. Si limitò a scrollare le spalle e commentò:

-Per oggi può bastare, sono stanca e ho un mucchio di cose da studiare…

Muhahahahahhahaah sì, raccontalo a qualcun altro. Io avevo vinto, lei aveva perso.  Ero riuscita a dimostrare che nessuno, neanche lei,  è perfetto.

TA-DAAAAAAAAAAAAAAAAN! IT’S KARMA, BITCH!

Da quel giorno continuai a giocare a badminton, lei invece non venne più neanche al PalaSport.

Forse sta ancora studiando, chissà.

  
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