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Autore: Harrys_bravery    24/07/2014    21 recensioni
Affrontare una gravidanza non è facile. Chiedetelo a Louis, che vede il suo corpo cambiare in continuazione per dar vita al suo bambino. Chiedetelo ad Harry che sta vicino a suo marito con ogni mezzo possibile. Riusciranno a diventare dei bravi papà? Saranno all'altezza?
Dal testo:
Harry aveva comprato un manuale. Uno di quegli stupidi manuali dalla copertina rosa con un titolo simile a “Come affrontare al meglio la gravidanza” oppure “10 Mosse per essere un ottimo papà”. Il punto era che Harry era ossessionato dal manuale. “Senti un po’ ” cominciò il riccio, Louis sbuffò: già sapeva che una StronzataDaManuale come amava definirle, era in arrivo.
Mpreg; Pregnant!Louis.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg
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Angolo Autrice

Non so mai come cominciare l'Angolo Autrice. Ciao(?) Harrys_bravery è tornata al vostro servizio! Niente attese di mesi, come avevo promesso nell' os precedente (a proposito grazie perchè siete stati in tanti a leggerla e commentarla, aw). Allora, questa è l'Mpreg di cui vi avevo parlato! Ho raccolto i vostri suggerimenti (a proposito, grazie anche per quelli) e scusate ma non sarà Harry a sfornare il marmocchio. Andando al punto, questa Os mi ha fatto entrare in crisi, l'ho cancellata e riscritta e adesso il risultato mi sembra accettabile e spero possa piacere anche a voi. Tutte le informazioni sulla gravidanza (anche quelle sul significato del nome) sono al 100% reali. Mi sono documentata leggendo la cronologia dei siti internet mia madre crede che io sia incinta e in cerca di un nome, ma ok. Questa storia ha fluff a palate (se non vi siete ancora accorti che io lo ami...). Comunque, sapete quanto adori scrivere Parents!Larry (vi ricordate la piccola Ally? Aww) e insomma come sempre avevo immaginato un piccolo sequel, ma come sempre di nuovo(?) solo se la storia vi piacerà e se quindi vorrete leggere un episodio aggiuntivo Parents!Larry. A voi il potere, a voi il giudizio! Io come al solito ringrazio tutti, chi legge, chi aggiunge a preferite/ricordate/seguite, ma soprattutto chi mi lascia un parere e le mie meravigliose lettrici più incallite che non si perdono una storia. Lots of love! Tralasciamo il fatto che i ragazzi hanno fatto 4 anni ieri, perchè il mio cuore non regge. Allora buona lettura e alla prossima.
P.s. Ringraziamo Ed SonoMeraviglioso Sheeran per il titolo.
 

You can wrap your fingers round my thumb



Harry si sottrasse alla presa ferrea di Louis addormentato e sgattaiolò fuori dal letto di soppiatto. Quando fu in piedi, si prese due secondi per osservare quella piccola meraviglia sul letto: le pelle costantemente abbronzata, i capelli sparsi sul cuscino e la bocca semiaperta, gli occhi azzurri chiusi per il sonno profondo e la mano posata sul pancino poco marcato. Poco marcato, ancora per poco. Si morse le labbra tentando di reprimere un sorriso, ma fallì miseramente. Si riscosse pensando alla sua missione. Infilò le ciabatte e sempre in silenzio, scese le scale fino al primo piano, direzione: cucina. Sempre tentando di essere il più silenzioso possibile, aprì l’anta della credenza e si mise in punta di piedi. Dannazione, perché Louis aveva dovuto nasconderla così bene? La sua mano tastò un paio di oggetti alla cieca, finché le dita non sfiorarono una superficie fredda e metallica. Bingo! Estrasse la caffettiera e il caffè in polvere. Dio, quanto gli era mancato? Troppo. Si sentiva un po’ in colpa nei confronti di suo marito ma…Hei! Occhio non vede, cuore non duole no? No. Fece una vocina impertinente nella sua testa che Harry mise a tacere. Riempì la parte inferiore della caffettiera di acqua, aggiunse il caffè e la mise sul fuoco. Il fatto era che Harry amava davvero Louis, davvero tanto, ma era entrato in quel periodo in cui aveva nausee in continuazione, la maggior parte mattutine, di solito proprio causate dall’ aroma forte ed acre del caffè. E Harry lo sapeva che quando si è incinti gli odori si sentono in modo più intenso, e per questo che si premurerà di spalancare la finestra di lì a poco. Louis lo aveva implorato di evitare il caffè perché odia cominciare la mattinata piegato sulla tazza del water; ma a sua discolpa, Harry può dire che ha resistito per due settimane (… Una e mezzo) e che davvero pur essendo inglese odia il tè. “È solo acqua colorata” aveva detto un giorno, guadagnandosi un verso piuttosto melodrammatico da parte di Louis. Immerso com’ era nei suoi pensieri, quasi gli sfuggì il gorgoglio della caffettiera. Prese la tazzina e la riempì del liquido caldo ed invitante. Un cucchiaino di zucchero et voilà! Era pronto. “Haz?” mugugnò la voce assonnata di Louis, mentre dei passetti instabili facevano eco per il soggiorno e la cucina. Dannazione! PensòHarry, trangugiando il caffè tutto d’un sorso (scottandosi la lingua, tra l’altro), e nascondendo la caffettiera nella lavastoviglie. “Amore! Già in piedi?” gli domandò come se nulla fosse, prendendo il marito dai fianchi. “Mhmh” mugugnò l’altro, sporgendosi per avere il suo bacio del buongiorno; Harry si scansò. “Alito mattutino” si giustificò, perché di certo non poteva dire “Ho il sapore di un moka”. Il maggiore non parve farci molto caso, si avvicinò al tiretto in alto per prendere la teiera e due bustine di tè. Appena si avvicinò al cucinino, Harry vide la sue espressione farsi dolente, quasi avesse urtato qualcosa. Il suo colorito si fece più pallido, e prima di correre in bagno con una mano contro la bocca, lo fulminò con uno sguardo. Quando lo raggiunse, Louis era piegato sul water e stava vomitando. Il senso di colpa lo attanagliò come una morsa e “Occhio non vede, naso annusa” biascicò tra sé e sé avvicinandosi. Prese la testa di Louis tra le mani e spostò la sua frangia castana dalla fronte, aiutandolo a reggersi. “Caffè? Ma davvero?” mormorò Louis, un po’ debole per le energie sprecate già a prima mattina. “Scusa amore, ne avevo davvero tanta voglia”; “Sono io qui, quello con le voglie!” urlò indignato e Harry gli accarezzò i capelli scusandosi ancora. “Ringrazia il fatto che ti ami troppo. E che sei il padre di mio figlio. Sì, ringrazia soprattutto che sei il padre di mio figlio” suo marito sorrise, perché sapeva che l’aveva già perdonato. Dopo che Louis si fu sciacquato la bocca una decina di volte perché “Sento ancora quel sapore orrendo, Haz”, Harry lo riaccompagnò a letto, lo mise sotto le coperte baciandogli la fronte, promettendogli di portargli un tè di lì a poco. “E i biscottini al limone” sussurrò Louis come un bambino, ed era più o meno così, pensò Harry, un bambino che aspettava un bambino. Non che lo fossero davvero. Lui aveva ventiquattro anni e il marito ventisei, erano pronti per un figlio. “Tutto quello che vuoi, tesoro” assicurò scendendo le scale. Una volta in cucina, buttò tutto il caffè in polvere nel lavandino. Così, giusto per non cadere in tentazione. Di nuovo.
 
 
Harry Styles aveva sempre voluto un figlio. Sempre, anche quando erano al liceo, anche quando si erano appena conosciuti, anche quando erano troppo giovani, e anche quando aveva messo al dito del suo innamorato la fede d’oro. Alto, capelli ricci e occhi verde smeraldo; due fossette che comparivano ad ogni sorriso e che nonostante l’età lo facevano sembrare ancora un bambino. Harry aveva trovato la sua gioia più grande in Louis, in tutto e per tutto, e avevano deciso che , dopo aver sistemato il mutuo della nuova casa, dopo una promozione per il maggiore (Louis non poteva sempre allenare i pulcini del Doncaster, prima o poi gli avrebbero affidato la squadra over undici anni), avrebbero avuto un bambino. Tutta quella situazione, quindi, non era altro che un immenso, gigantesco imprevisto. Louis allenava ancora i pulcini, il mutuo si sarebbe estinto solo di lì a sette anni eppure il liscio era in dolce attesa. Quando glielo aveva confessato, Harry era a metà tra i ridergli in faccia o tirargli un pugno, perché Louis non doveva prendere in giro la sua voglia di paternità, non in modo così grottesco almeno. Aveva combinato un bel casino quel giorno! Disse a suo marito di inventarsene una migliore, e Louis corse in camera da letto in lacrime progettandosi già una vita da padre single sul ciglio della strada. Fu solo un quarto d’ora dopo, che il riccio comprese di essere un totale idiota. Entrò in bagno e trovò sul bordo della vasca un test di gravidanza con due striscioline rosse che facevano bella mostra di sé. Si sentì quasi deriso da quelle lineette. Corse di sopra, abbracciò Louis, gli asciugò tutte le lacrime e lo baciò forte. Si diede dell’ idiota cento volte mentre il liscio continuava ad accarezzargli il viso spostandogli dei ricci dietro le orecchie. “Ti amo, e amo il nostro bambino” e Louis era sempre stato un ragazzo geloso, ma in qualche modo sapeva che da quell’ amore incondizionato non sarebbe mai stato infastidito. Louis aveva un’ anomalia genetica che gli aveva permesso di rimanere incinto tuttavia, nonostante qualcosa non quadrasse nei suoi geni, il ragazzo non poteva dirsi più felice: avrebbe avuto un bambino suo e di Harry soltanto. E ci aveva sperato dal primo istante che avesse le sue fossette e i suoi ricci. La storia della gravidanza aveva sorpreso un po’ tutti, a partire dai loro rispettivi genitori. Nonostante le loro famiglie abitassero lontane, non dovevano affrontare il tutto da soli, anzi. Potevano contare sul professionale dottor Payne, un ginecologo che si impegnava davvero tanto nel suo lavoro, sul migliore amico di Harry, Zayn e il co-allenatore di Louis, un irlandese irriverente di nome Niall (che si era già proposto per il ruolo di padrino).
 
 
 
Primo trimestre:
chi è in dolce attesa può avere nausee e dolori renali.
Il pancino comincia a farsi più pronunciato.
 
 
Harry seppe che quella mattina avrebbe fatto tardi a lavoro nell’ esatto istante in cui Louis aprì gli occhi. Un colorito verdognolo s’ impadronì del suo viso angelico, e il liscio corse in fretta e furia in direzione del bagno. Il riccio si passò una mano tra i capelli: il suo capo l’avrebbe ucciso. Harry era un pubblicitario, e non aveva ancora lavorato alle pubblicità che dovevano essere pubblicate a fondo pagina dell’ edizione del giornale in stampa quel giorno stesso. Immaginò di essere licenziato, con un mutuo da reggere e un figlio a carico, a mantenersi con il solo stipendio da allenatore di Louis. Si sollevò scalciando via il piumone e corse in bagno anche lui. Tenne la fronte del maggiore, gli accarezzò la schiena quando la sentì tremare e gli passò un bicchiere d’acqua. Si accasciò con suo marito, poggiando la schiena al bordo della vasca. “Vomiterò anche il bambino un giorno di questi” piagnucolò Louis posando la testa sulla spalla del più alto. Harry sorrise, accarezzandogli le ciocche sudate dei capelli; “Non dire sciocchezze, amore. È al sicuro qui dentro” sentenziò accarezzandogli la pancetta poco pronunciata. Il maggiore guardò di sfuggita l’orologio sul polso del fidanzato; “Haz!” Harry sobbalzò. “Che ci fai ancora qui? Oggi andate in stampa! Corri a lavoro” il riccio sorrise baciandogli teneramente la fronte; “Non importa”. Louis lo allontanò con una spallata “Non importa che avremo pochi soldi, ci sfratteranno, i servizi sociali prenderanno il bambino e moriremo di fame?”. Harry rise, “Non voglio lasciarti in queste condizioni” disse iperprotettivo come suo solito. Da quando Louis aveva scoperto di essere incinto, il riccio aveva il terrore che qualcosa potesse ferirlo, stancarlo o anche semplicemente preoccuparlo. Il maggiore, dal canto suo, affrontava la cosa come se niente fosse: continuava a lavorare e sistemare la casa con l’ unica interruzione causata dalle nausee. “Harold, vai. È un ordine! So badare a me stesso e in più è semplice nausea mattutina, dovrò conviverci per un altro mese e mezzo” e così dicendo gli pizzicò il sedere affinché l’ altro si alzasse. “Chiedo a Zayn di passare in mattinata ok? E ti chiamo appena ho un attimo libero in ufficio” il riccio si chinò a baciargli la fronte; “Anzi ti chiamo non appe-” “Harry! Vai”.
 
 
“Qualcuno ha chiamato due infermieri?” esordì Niall entrando; Louis li fissò con un sopracciglio alzato, il mocio per lavare il pavimento ben saldo tra le mani e la guancia schiacciata sull’estremità superiore. “Quel paranoico di mio marito, immagino” rispose lasciandoli entrare in casa, e ripassando con la scopa le piste lasciate dai due amici. “Si preoccupa solo per te, Lou” lo rimbeccò Zayn sedendosi sul divano e alzando i piedi sul tavolino, permettendo al maggiore di pulire. “E il biondo? Credevo avesse chiamato un infermiere” Niall ricomparve con due controller in mano e la custodia di un videogioco per la playstation; “È questo che guadagno a prestare servizio alla comunità?”. Louis finì di lavare il pavimento e si accomodò sulla poltrona giusto in tempo per vedere il guerriero di Zayn assestare il calcio definitivo al personaggio scelto da Niall. “Non dovreste dargli corda. Dico sul serio” il mulatto spense la consolle e lo fissò con le sopracciglia aggrottate; “Ti comporti come se non stessi aspettando un bambino”. “E voi come se fossi malato” ribatté prontamente. “Lou, Harry ha ragione. Non puoi mandare avanti la casa e fare un lavoro che includa sforzo fisico mentre sei incinto” Niall spostava la testa da uno all’ altro, come nel bel mezzo di una partita di tennis. “Il fatto che tu sia il suo migliore amico non significa che lui abbia sempre ragione, Zay” , “Ci risiamo” soffiò il pakistano passandosi le mani sugli occhi. “Non credo che questo faccia bene alla bambina” s’intromise l’irlandese mordendosi il labbro inferiore. “Cosa?” Louis sussultò, “Niall… Non si saprà prima del quarto o quinto mese”. “Sono pronto a scommettere il mio bel culo irlandese sul fatto che sarà una femminuccia” Zayn rise, “Ti prego” lo interruppe “Cosa vuoi saperne? Si vede dalla forma della pancia che è un maschietto”. “Non ho ancora una pancia, Zayn!” si imbronciò Louis, ma nessuno dei due gli stava prestando attenzione, tutti intenti a battibeccare sul sesso di suo figlio. “Scommetto che è femmina” ; “Illuso”. “Io preparerò solo regali da femminuccia e poi vedremo” sentenziò deciso Niall; “Quando gli regalerò il suo primo pallone da calcio vedremo chi sarà il suo zio preferito”. “Ragazzi!” urlò Louis ma ormai la discussione era troppo accesa per dargli voce in capitolo, soprattutto se verteva su punti quali vestitini o completini da calcio.
 
 
“Sono a casa, Lou” lo avvertì Harry rincasando dal lavoro. “Nello sgabuzzino” disse di rimando, informandolo sulla sua posizione. Aveva bisogno di alcuni coni per l’allenamento del pomeriggio e avrebbe giurato che fossero in uno dei borsoni nel ripiano più alto del ripostiglio. “Louis! Cosa cazzo stai facendo?!” urlò il marito facendolo sussultare. Il maggiore si posò una mano sul petto; “Dico sei impazzito? Mi hai spaventato a morte”. “Amore” ringhiò Harry con finta calma, chiudendo i pugni e stringendo fino a far sbiancare le nocche, “Gioia mia, spiegami che cazzo stai facendo, sulla cima di una scala traballante mentre sei incinto di due mesi. Spiegamelo”. “Se vuoi fare la ramanzina su quanto poco mi curi del fatto di essere incinto e bla bla bla Zayn ti ha preceduto” lo informò tirando un borsone. “Lou è pericoloso perché non lo capisci? Potresti cadere, farti male o addirittura perdere il bambino” il riccio si sistemò ai lati della scala in modo da sostenerla visto che Louis non sembrava intenzionato a scendere. “Ho solo bisogno di quel borsone rosso” biascicò allungandosi un altro po’. “Dico solo che avresti almeno potuto aspettare che tornassi a casa. Sono più alto avrei potuto… Ma mi stai ascoltando?!” ovviamente no. Louis aveva trovato i coni e li stava contando per vedere se sarebbero bastati; “Puoi scendere da lì, per l’amor del cielo?” il maggiore sbuffò lanciando a terra il borsone e scendendo lentamente i gradini della scaletta. Harry gli fu accanto in un attimo, gli posò le mani sui fianchi e lo guardò intensamente “Non farlo mai più”. “Cosa? Vivere una vita normale? Sembra che solo perché aspetto un figlio io debba rinchiudermi in casa e impacchettarmi nel cellophane”. “Il dottor Payne ti ha raccomandato di-” “di sigillarmi in casa e sbarrare le finestre, passare il disinfettante su ogni superfice disponibile e si è premurato di dire a tutti voi di trattarmi come fossi invalido”. Harry si passò una mano sul viso, mentre Louis ne approfittò per sgusciare via dalla sua stretta sbuffando e trascinando con sé il borsone. Non era la prima volta che discutevano per una cosa del genere, solo che Louis pareva prenderla troppo alla leggera e Harry troppo sul serio. Di solito non si parlavano per il resto della giornata, per poi far pace con una buona dose di coccole nel letto la sera. “Vado all’ allenamento. Ti ho preparato il pranzo, avrei dovuto chiederti il permesso? Non so, avrei potuto tagliarmi un dito nel preparare il tuo piatto preferito” fece indignato Louis muovendosi verso la porta d’ingresso. Gran bella mossa, davvero, cucinare il suo piatto preferito, litigare e rinfacciarglielo. Harry si sarebbe sentito in colpa per mesi. “Lou, per favore” ma l’unica risposta fu la porta che sbatteva.
 
 
Rispondi. Rispondi, rispondi. “Hiya Herreh!” il marcato accento irlandese di Niall invase la cornetta. “Niall, dov’è Louis?” chiese il riccio nel panico. “Non lo vedo dall’ allenamento, che è finito un’ ora fa” lo informò il biondo; “Sembrava nervoso, Haz. Pensa che due bambini sono scoppiati a piangere durate l’allenamento” . “Ti ha detto dove andava? Abbiamo litigato e… Non risponde ai miei messaggi, non so dove sia e sono nel panico” e lo era, nel panico. Non faceva che ruotare intorno al tavolino davanti al divano masticandosi le unghie e imprecando contro se stesso e la sua boccaccia. Se non avessero litigato, Louis sarebbe tornato dopo l’ allenamento come faceva sempre. “Provo a chiamarlo io, mh? Magari vede il mio numero e risponde” suggerì Niall. Gli occhi di Harry s’inumidirono e proprio in quel momento sentì la serratura scattare. “Non c’è bisogno. È qui. Grazie comunque” lo liquidò riattaccando per poi correre all’ ingresso. “Lou!” si gettò tra le sue braccia ricacciando via le lacrime e stringendolo forte. Il maggiore ne fu sorpreso, credeva che avrebbero continuato la discussione cominciata prima che uscisse. “Che ti prende, Haz?” mormorò baciandogli i ricci e passandoci la mano a mo’ di carezza. “Sei sparito per due ore, non sapevo dov’eri, non rispondevi. Ero terrorizzato. Scusa per prima, scusa per tutto” piagnucolò con il viso ben nascosto sulla spalla del marito. Louis ride, “Non ti ricordi che oggi c’era la visita di controllo dal dottor Payne? Non ti ho risposto perché avevo impostato il silenzioso. Ero solo troppo arrabbiato per chiederti di accompagnarmi, ma credevo te lo ricordassi”. “Pensavo mi volessi lasciare” biascicò il più piccolo sollevando la testa e mostrando i suoi smeraldi lucidi di lacrime. Louis gli accarezzò la schiena e gli diede un bacio dolce sulle labbra. “Sei il peggiore, amore” gli rivelò ridacchiando e ad Harry non importava, perché sapeva che avevano già fatto pace.
 
 
Louis se ne stava a gambe incrociate al centro del letto, con una t-shirt di Harry addosso e dei semplici boxer sotto. La maglietta gli stava così grande che nemmeno pareva incinto. Ultimamente tutti i suoi jeans gli stavano stretti e quelle fasce elastiche prémaman gli davano un fastidioso prurito, morale della storia: passava molto tempo in mutande. “Hei! Sei qui” mormorò Harry entrando, il maggiore si limitò ad annuire continuando ad accarezzarsi il ventre. Harry gli diede un buffetto sul naso e Louis sbuffò infastidito facendogli il verso. “Che fai?” domandò il riccio sdraiandosi; “Penso. Tu ci pensi mai a come sarà il nostro bambino?”. Harry si risollevò, posizionandosi dietro Louis, in modo da abbracciargli la schiena e posare le mani insieme alle sue sul pancione, “Me lo immagino già, davvero. Un piccolo Louis che corre e mette caos in casa. Vorrei tanto avesse i tuoi occhi”. “Le tue fossette” intervenne il liscio; “Il tuo naso alla francese” elencò il più piccolo accarezzando lo stomaco del marito. “I tuoi ricci” Harry sorrise. “Pensa a quando sarà nato e avrà queste manine così piccole. Le ditta piccine e l’unghia come metà di un chicco di riso” Louis si voltò per baciarlo. Rimasero un po’ così, a baciarsi e ad immaginarsi il loro bambino, alternando carezze a sul ventre pronunciato di Louis, alle sue dita affusolate tra i riccioli di Harry. “Pensa solo” lo interruppe il maggiore, “Al fatto che se sarà una bambina, non darà il primo bacio prima dei vent’anni sotto mio obbligo”. Harry soffiò una risata dal naso, “Pensa che se sarà un bambino, verso i quindici anni lo scoprirai a masturbarsi in bagno”. “Harry! Non tutti veniamo scoperti da mamma Anne perché siamo chiusi lì dentro da tre quarti d’ora” lo canzonò il marito. “Non vedo l’ ora di poterlo tenere tra le braccia” sussurrò posando la testa sulla spalla del maggiore. “Ti amo, piccolo” soffiò ad un certo punto Harry. “Anche io, amore” rispose Louis dandogli un bacio sul capo riccioluto. “Io parlavo al bambino” il maggiore gli tirò uno schiaffo, e il marito scoppiò a ridere sdraiandosi sul letto e trascinando l’altro con sé.
 
 
 
Secondo Trimestre:
A chi è in dolce attesa comincia a spuntare la pancia,
le voglie sono sempre più frequenti. È possibile conoscere il sesso
del bambino e comincia a scalciare.
Niall aveva comprato un libro di nomi femminili,
Zayn aveva montato un canestro in giardino.
 
 
Louis odiava il contatto fisico (Bè, tranne quel contatto, ovviamente). Lo infastidiva anche il fatto che Harry intrecciasse le loro dita, lo urtava che qualcuno lo toccasse e soprattutto detestava che quasi chiunque si prendesse la libertà di posare la sua mano sul suo pancione. Forse era un po’ azzardato parlare di pancione a soli quattro mesi, ma aveva comunque una sporgenza piuttosto evidente che solo lui, suo marito, il medico e in casi rari Zayn e Niall avevano il consenso di toccare. Nonostante ciò, tutti facevano le stesse stupide domande “Quanto manca al parto?”, “Si sa già il sesso?”, “Lei cosa preferirebbe?”. E Louis non vorrebbe pensare al momento in cui taglieranno in due il suo stomaco per far uscire il bimbo, sta bene lì dov’è, grazie mille. Comunque, anche la cassiera del supermercato aveva poggiato la mano sul suo pancione e Louis era a tanto così dal mettersi ad urlare. Entrò in casa barcollando per il peso delle buste della spesa. Avrebbe detto ad Harry che Niall l’aveva aiutato a salirle per evitare discussioni inutili. La vena protettiva di Harry aumentava con il crescere del loro bambino, non voleva che Louis si affaticasse troppo, che si stressasse o che lavorasse ma il maggiore era irremovibile su alcuni punti. C’erano quei momenti però, quelli che piacevano tanto a Louis, in cui si sdraiava sul letto senza maglietta e il riccio cominciava a posare tanti bacini affettuosi sul suo pancione, o a parlare con il bimbo “Per fargli sapere che papà Harry è vicino”.  Si sedette sul divano, stanco e quasi inconsciamente si massaggiò il ventre, come a proteggere il piccolo (o la piccola?). “Non dire niente a papà Harry, mh?” bisbigliò in direzione del piccolo rigonfiamento, “È solo tanto preoccupato per me e te, non vuole che ci affatichiamo. Ma noi stiamo bene vero?”. Ogni tanto gli sembrava di sentire piccoli movimenti come se si trattasse di bolle d’aria che si spostavano da un lato all’ altro della pancia, ma il dottor Payne gli aveva detto che era ancora presto per sentire il bambino scalciare e che avrebbe dovuto aspettare il mese successivo. “Vuole solo proteggerci, perché ti ama già più di me e dovrei seriamente essere geloso” rise sottovoce continuando ad accarezzarsi il pancione. “Però tesoro, non voglio che diventi come Rick, il ragazzino che alleno. Quello che dice tante parolacce, siamo intesi fagottino?”. Un’ altra di quelle strane bolle d’aria. Louis rise, “Lo so che non sarai come lui, tranquillo”.
 
 
Harry aveva comprato un manuale. Uno di quegli stupidi manuali dalla copertina rosa con un titolo simile a “Come affrontare al meglio la gravidanza” oppure “10 Mosse per essere un ottimo papà”. Il punto era che Harry era ossessionato dal manuale. “Sei sicuro di non avere doglie?”, “È troppo presto per le contrazioni, vero?”, “Le voglie dovrebbero cominciare tra due settimane, Lou”. “Senti un po’” cominciò il riccio, mentre Louis piegava i panni e li riponeva ordinatamente nell’ armadio. Sbuffò, già sapeva che una StronzataDaManuale come amava definirle, era in arrivo. “È vero che in gravidanza si hanno sempre i capezzoli turgidi?” il liscio quasi si strozzò con la sua saliva. “Dovresti seriamente buttare quel coso nella spazzatura” rispose riponendo una camicia del riccio sulla sua gruccia. Non avevano avuto nessun contatto intimo da quando Louis aveva scoperto della gravidanza, Harry era spaventato dall’ idea di far male al bambino e a nulla erano servite le parole rassicuranti del Dottor Payne su quanto fosse positivo invece arrivati a questo punto della dolce attesa. “Liam, ti prego! Spiega ad Harry che possiamo fare l’amore” aveva esordito il liscio durante una delle visite di controllo. Il ginecologo, allora, si era profuso in una serie immensa di spiegazioni su quanto bene facesse al bambino e a loro stessi, ma Hei! Non era previsto nel manuale. “Vaffanculo al manuale” bofonchiò in silenzio il maggiore.  “Dice anche che nel secondo trimestre è normale che tu sia voglioso” Louis continuò a riporre gli indumenti nell’ armadio imperterrito. “Dovrò trovare qualcuno disposto a soddisfare i miei bisogni allora” Harry gli si avvicinò cingendogli la vita ed impedendogli di sistemare altri vestiti; “Ti ho chiesto se è vero che i capezzoli sono sempre turgidi” sussurrò roco nell’ orecchio di Louis. “Perché non lo scopri, mh?” e sembrò esattamente quello che il riccio voleva sentirsi dire, perché liberò il maggiore della sua maglietta e prese a baciargli vorace le labbra e il collo. I pollici scesero a tastare le piccole protuberanze dei capezzoli che erano effettivamente sempre, costantemente rigide da ormai qualche mese. “Dimmi come sei comodo” sussurrò il più piccolo sul collo dell’ altro, mentre Louis già gemeva sommessamente.  “Credevo non fosse previsto dal manuale il sesso in gravidanza” lo rimbeccò il marito, indietreggiando fino a sdraiarsi completamente sul letto. “Vaffanculo al manuale”. Già.
 
 
 
“Ricordami perché dobbiamo prendere solo roba verde, gialla oppure rossa” ripeté Harry per l’ennesima volta prendendo dalle mani di Louis una tutina di quelle intere color smeraldo. “Perché Niall sta facendo un guardaroba interamente rosa, e Zayn uno completamente celeste. Ti è chiaro o i ricci impediscono al cervello di prendere aria?” Harry si finse risentito, salvo poi sciogliersi davanti a dei piccoli body. “Guarda quanto sono minuscoli, Lou” gli occhi che brillavano e un sorriso si dipinse sulle labbra del maggiore, per riflesso. Quel giorno Louis aveva lavorato, pulito casa da cima a fondo e non aveva comunque rinunciato a fare shopping per il bambino. Dire che era esausto era un eufemismo. “Ti piace quello con l’orsetto?” chiese affabile, e il marito annuì quindi lo ripose nel carrello. Il cellulare del più piccolo squillò, “È Zayn” spiegò velocemente e si allontanò un attimo; “Ti aspetto nel reparto bavaglini”. Spinse il carrello e posò una mano sul suo ventre: si sentiva… Strano. Sicuramente era la stanchezza, ma aveva anche dei piccoli giramenti di testa nell’ ultimo periodo. Si acchiappò alla mensola più vicina e le bavette cominciarono a ruotargli dietro le palpebre serrate. Le apine e le facce di panda che si confondevano nella sua testa, alternandosi a strisce e fiorellini. Sentì il forte impulso di vomitare ma si trattenne, tenendo premuta una mano sul ventre; “Fai il bravo” intimò a mezza voce riferendosi al bambino. “Lou!” Harry se lo tirò addosso e con sguardo preoccupato lo costrinse a sedersi su una delle panche lì vicino. “Amore, tutto bene? Sei pallidissimo” Louis mise a fuoco i suoi occhioni verdi e sorrise rassicurante; “Era solo un giramento di testa. Paghiamo queste cose e andiamo a casa, mh? Sono davvero stanco”. Harry annuì poco convinto e lo aiutò ad alzarsi, spingendo lui il carrello al posto del marito.
 
 
A quattro mesi e mezzo il bambino aveva cominciato a scalciare. La prima volta rimasero sorpresi entrambi, erano sul letto mentre Louis faceva degli esercizi di respirazione e proprio quando Harry posò le labbra sul pancione del marito, un calcetto dalla forza smorzata rimbalzò contro la bocca del riccio. Il liscio aveva gioito, felice che il suo bambino prendesse vita pian piano dentro di lui, salvo poi pentirsene amaramente nel momento in cui i suoi calci avevano cominciato a tenerlo sveglio la notte. Era anche entrato nel periodo delle voglie (sì, come diceva quel fottuto manuale), quindi tra fame improvvisa e colpi sul suo fegato passava innumerevoli notti in bianco. Il suo pancione era diventato ingombrante ed era ormai impossibile lasciare che gli altri tenessero le mani lontane dal suo stomaco. Zayn e Niall avevano momentaneamente seppellito l’ascia di guerra in favore di un unisex scivolo in giardino. Louis indossava ormai praticamente solo maglie di Harry, per nascondere il pancione e per fondere i loro odori insieme. “Harry” mugugnò scuotendolo, “Harry, stai russando”. “Mh” brontolò l’altro dandogli le spalle. “Harry! Non ignorarmi” si imbronciò, tirandogli un calcio sul polpaccio. “Sto russando, Lou” biascicò girandosi di nuovo in direzione del marito, “Perché sono le tre di notte e sto dormendo, cosa che dovresti fare anche tu”. “il bambino è sveglio” spiegò, e solo allora il riccio notò la mano piccola di Louis a massaggiarsi il punto in cui il figlio puntava i suoi ,non del tutto formati, piedini. Harry sbuffò, e si avvicinò ancora accarezzandogli i capelli. “Hai voglia di qualcosa? O vuoi sederti?” Louis fece un sorrisino di chi la sa lunga; “Sono contento che me lo chieda… Perché ho un certa voglia”. E al riccio non poté non sfuggire un lamento. Non dopo che aveva varcato la soglia di Tesco alle quattro del mattino cercando dei lamponi, non dopo aver pagato venti sterline per del cocco (del tutto fuori stagione). “Cosa vuoi, amore?” chiese comunque; “Popcorn al caramello”. Ew. “È una specie di intruglio tra dolce e salato, lo sai sì?”, “Ne ho tanta voglia HarHar” piagnucolò massaggiandosi ancora il ventre. “Sono certo che tuo figlio si placherà dopo”, il riccio sbuffò abbandonando il calore avvolgente delle coperte per dirigersi invece in cucina. “Ti amo” gli urlò Louis e il riccio biascicò un “Ci mancherebbe” prima di mettere a sciogliere il caramello nel microonde. “Lou ne sei sicuro? Dio… È disgustoso” gridò di rimando dal primo piano. Quando risalì le scale con la ciotola in mano, il maggiore si era messo seduto e lo stava aspettando con gli occhioni grandi e azzurri, in attesa. “Fammi spazio” borbottò Harry, e  Louis sorrise perché quel ragazzo era davvero l’amore della sua vita. “Sembriamo quelle ragazzine che ai pigiama party fanno lo spuntino di mezzanotte” rivelò il liscio ficcandosi in bocca una manciata di popcorn. “Mangiano cose così schifose?”; “Assolutamente. E si dicono i segreti, ma in realtà tengono nascosti i loro trucchi per fare in modo che le amiche non le superino in bellezza”. Louis imboccò Harry con uno dei popcorn strabordanti di caramello, “Non è giusto”. “Sì che lo è, amore. Altrimenti le altre ti batterebbero”; il viso del riccio si contorse in un’ espressione disgustata, “Sei cresciuto con troppe sorelle”. “Sarà, ma sei tu quello che metterà lo smalto alla bambina se sarà femmina” decretò convinto, spazzolando il resto dei popcorn nella coppa.
 
 
“Vuoi una mano per allacciarti le scarpe, Lou?” domandò Harry con le chiavi dell’ auto già in mano; “Ce la faccio ancora, grazie” sbuffò il maggiore. “Bene, andiamo a scoprire se questo fagottino è un maschietto o una femminuccia, mh?” e così dicendo, mise il braccio sulle spalle del marito lasciandosi la casa alle spalle. “Allora Louis, come stai?” esordì il dottor Payne tendendogli la mano; “Mi gira la testa molto spesso, le nausee sono sparite ma ho voglia di cose strane”. Strane? Aveva voglia di cose assurde come la focaccia spalmata con la nutella, oppure toast prosciutto e acciughe, ma comunque… “Il bimbo sta cominciando a diventare pesante” continuò Louis, “E scalcia spesso e volentieri”. “Facciamo una visita di controllo e vediamo se è tutto apposto, poi possiamo tentare di scoprire il sesso del bambino se volete” propose il dottor Payne alzandosi e facendo svolazzare il camice bianco; Harry annuì eccitato. “Stenditi sul lettino” e Louis guardò il marito con uno sguardo supplichevole, perché odiava non essere indipendente ma ormai il pancione era troppo ingombrante e aveva bisogno del suo aiuto. Il riccio non si fece pregare, gli sorrise rassicurante e lo aiutò a stendersi sulla branda. Del liquido freddo venne posato sulla pancia di Louis e un calcio di protesta provenne dal bambino; “Uh, qualcuno è sveglio qui” mormorò Liam passando la sonda lungo il pancione. Harry gli fu subito accanto baciandogli la fronte e accarezzandogli i capelli. “Sembra che sia tutto ok, e… Oh! Ma cos’abbiamo qui?” Fece il ginecologo con un sorriso; “Qualcosa non va? Il bambino è sano vero?” domandò subito il riccio, teso come una corda di violino. “Sì, Harry, lo è. Sano come un pesce, e pare che abbia un amichetto tra le gambe”; “Un maschietto…” mormorò Louis con gli occhi lucidi in direzione del marito. “Un maschietto!” ripeté sorridendo a dismisura, le rughette intorno agli occhi e i denti bianchi in bella mostra. “È davvero un piccolo Louis che metterà caos in casa” disse Harry sorridendo anche lui e intrecciando la mano a quella di Louis, e per una volta il maggiore non si lamentò del palmo sudato, del fatto che non volesse contatti o chissà che. Gli sorrise sereno per poi sollevarsi di poco e baciare il marito sulle labbra rosse e carnose. “Tanto auguri allora” li interruppe il dottor Payne, “Per oggi abbiamo finito, ci vediamo il prossimo mese, Louis”. Harry lo aiutò a ripulirsi dal gel e a mettersi in piedi e poi lo abbracciò stretto stretto, infischiandosene del fatto che fossero in uno studio medico e non fossero da soli.
 
 
“Guarda cosa ho preso per la bambina!” esordì Niall quello stesso pomeriggio, mentre Louis ancora aveva gli occhi brillanti per la notizia che in grembo avesse il secondo uomo (ok, ometto per il momento) della sua vita. L’irlandese gli sventolò una tutina fucsia con un unicorno dalla criniera dorata al centro, abbastanza kitsch ad essere onesti. “In realtà” cominciò il liscio, per poi essere interrotto dal marito che “Sono sicuro che l’adorerà”. Louis lo guardò con sguardo stralunato, per poi sussurrargli “Che diavolo stai dicendo?” mentre il biondo si allontanava per recuperare i controller della playstation. “Oh andiamo! Lui e Zayn non devono saperlo per forza… In più è troppo divertente vederli litigare o affannarsi per chi sarà lo zio migliore”; “Sei davvero una cattiva persona, Styles” mormorò schiacciandogli un bacio sulla guancia. “Ma mi ami” rispose con un sorriso sornione. “Ma ti amo, sì”.
 
 
A sei mesi Louis era praticamente enorme. Era impossibile che passasse inosservato, così come era impossibile riuscire a vedersi i piedi. Aveva bisogno di Harry costantemente, anche per le cose banali come vestirsi e detestava questa sua dipendenza. A lavoro, non poteva più mostrare i piegamenti, figuriamoci correre dietro un pallone e lasciava che Niall se ne occupasse. Il bambino si faceva sempre più grande e Louis sentiva il suo peso, tanto che a volte aveva il bisogno di sedersi o chiedere a suo marito un massaggio alla schiena. E poi scalciava. Tanto, e forte. Sarebbe stato un ottimo attaccante, di questo suo papà ne era certo. I litigi con Harry aumentavano, dal momento che Louis non era intenzionato a lasciare il lavoro, né a dividere le mansioni domestiche. “Lou, tesoro! Sono a casa” lo avvertì il riccio, entrando con la sua ventiquattrore di pelle nera; “Ciao” sussurrò il liscio, accettando di buon grado il bacio che suo marito gli stampò sulla fronte. “Come state?” chiese amorevole, e Louis aveva cominciato ad amare questo rivolgersi a lui al plurale come per includere anche il piccolo. “Benone” rispose premendosi la mano sul ventre ed accarezzandolo un po’. “Bene, perché domani sera abbiamo un impegno” butto lì il riccio, prendendosi una banana dalla cesta della frutta; “Sì? Quale?”. “C’è la cena dei dipendenti a lavoro, e indovina chi avrà l’ onore di essere il mio cavaliere?”; “Oh mio Dio. Fa che sia Zayn, fa che sia Zayn!” bisbigliò Louis con gli occhi rivolti verso il cielo. “Sarai tu, ovviamente” il maggiore sbuffò sonoramente, “Non ho intenzione di venirci, Harry”. “Lou, non fare storie. È una cena di lavoro, ci verrai e basta” sentenziò sbarazzandosi della buccia della banana; “Sì? Sarà divertente come l’altra volta allora”. E… Ok, l’anno precedente non era stata esattamente un’ esperienza positiva, visto che uno dei colleghi di Harry si era ubriacato e aveva cominciato a chiedere chi dei due fosse l’attivo nella coppia, ma Mark era stato licenziato. “Sai anche tu che non sarà come l’anno passato” sentenziò stanco; “Già, hai ragione. Sarà peggio, perché quest’anno sono una specie di balena e tutti sanno chi è il passivo, grazie tante”. “Il manuale dice che la perdita di autostima comincia dai sette mesi, sei prematuro amore”, “Ancora con quel coso?! Non ho intenzione di venire con te, fine della questione”. “Fai tanto il melodrammatico perché vuoi vivere normalmente  nonostante la gravidanza e adesso? Sei una contraddizione vivente” Louis gonfiò le guance pronto a rispondere a tono, ma un calcio proprio sotto il suo ombelico lo fece piegare in due dal dolore. Una smorfia sofferente si dipinse sul suo viso, ma Harry era troppo arrabbiato per notarlo; “Vuoi lavorare, vuoi pulire casa da cima a fondo come un maniaco dell’ igiene e quando c’è qualcosa di veramente normale, ti tiri indietro”. “Harry” bofonchiò Louis tenendosi il pancione, ormai piegato su se stesso; “No, Lou, non ho ancora finito! Perché devi smetterla di-” “Harry!”. Il riccio si girò con sguardo furente, ma i suoi occhi verdi si dipinsero di preoccupazione non appena vide la posizione del marito e il dolore che traspariva dal suo tono di voce. “Mio Dio, amore stai bene?” lo aiutò a sollevarsi e lo fece sedere sulla sedia più vicina, intorno al tavolo. “Sta solo… Scalciando. Forte. Credo che non gli piaccia quando litighiamo” sussurrò il liscio accettando il bicchiere d’acqua del più piccolo. “Va tutto bene, va tutto bene” bisbigliò Harry piegandosi all’ altezza del pancione e lasciando qualche bacio sull’ ombelico ormai sporgente di Louis. “Papà e io stiamo solo discutendo, non ti arrabbiare mh?” gli accarezzò il pancione e ricevette calcetti smorzati in risposta contro il palmo della mano; “Apprezzo che ti preoccupi già per noi, solo… Non scalciare così forte se puoi, mh? Non vogliamo che papà Lou stia male, vero?” aveva la voce mielosa di una principessina Disney e si rivolgeva allo stomaco di Louis come se il bimbo potesse rispondergli. Quasi inconsciamente, il maggiore passò una mano tra i ricci dell’ altro papà sorridendogli dolcemente. Poi sospirò, “Allora… Questa cena è più una cosa da jeans e camicia o da smoking?”; Harry sorrise. Un altro piccolo calcetto.
 
 
Era una cena da giacca e cravatta, ovviamente. E, per chi non lo sapesse, non esistono smoking prémaman. Che razza di discriminazione è mai questa!? Louis indossò un semplice maglioncino grigio su dei pantaloni eleganti e Harry gli disse che era perfetto per cui andava bene così. “Haz” bisbigliò, tirando il marito da parte. “Sono stanco, ho male ai piedi e tutta la sala mi ha toccato il pancione. Dio, al prossimo giuro che mi metto ad urlare” Harry rise, facendo comparire le sue adorabili fossette e prese a massaggiargli la schiena; “Solo un altro po’, mh? Ascoltiamo il discorso del capo e poi andiamo via”. “Ma sarà noioso!” sbuffò il maggiore e cos’aveva pensato Harry una volta? Ah! Un bambino che aspetta un bambino. Già. “Lo so, ma passerà in fretta” bisbigliò nel suo orecchio, lasciandogli poi un bacio a stampo. “I coniugi Styles finalmente!” una voce roca li interruppe, e Louis sbuffò ancora; “Nick!” salutò invece Harry affabile. “Non vi avevo ancora incontrati qui in giro, come va?” il riccio intrattenne una breve conversazione con lui, e il maggiore rimase al suo posto, piegando il capo per cercare di intravedere le sue stesse scarpe lucide. Missione fallita, comunque. “Vino?” domandò l’uomo alto, dopo un po’ che la conversazione andava avanti, bloccando uno dei camerieri con un vassoio pieno di flûte dall’ aria invitante. “Oh, per me sì grazie” rispose Harry sorridendo; “Io… Non posso bere alcolici” declinò invece il liscio, seppur a malincuore. Harry gli posò un braccio intorno ai fianchi stringendolo a sé, come per consolazione e al maggiore stava più che bene. “Già, me n’ero dimenticato, scusami” rispose Nick gentile, “Harry me ne ha parlato. Come va con la gravidanza, allora?”. Louis arrossì, non aveva fatto altro nel corso della serata, e poi “Va tutto bene, grazie”. “Sapete già…?” lasciò in sospeso il suo collega, ed Harry annuì velocemente sussurrando “È un maschietto”. “Oh! Un bel ragazzone!” commentò Nick prendendo un sorso di vino bianco; “È bravo? Oppure passi notti insonni o robe simili?”. Louis si accarezzò il pancione pronunciato, mordendosi il labbro per ingoiare un sorriso “È solo… È come il suo papà: è forte, e quindi scalcia un po’ più del necessario” , spiegò velocemente. Harry gli posò un bacio sulla tempia, come a ringraziarlo del complimento. “Avete pensato ad un nome?”, Louis scosse la testa ma sorprendentemente il riccio rispose “Io… Uhm, io avrei un’ idea in realtà”. Il maggiore lo fissò sorpreso, per poi chiedere “Quale?”. “Matthew. Significa dono e cos’è lui se non un dono inaspettato?”  Nick sorrise sollevando il flûte. “Matthew” ripeté Louis, quasi a vedere come suonasse se pronunciato dalle sue labbra. “Matthew” sussurrò ancora accarezzandosi il pancione, “Mi piace” decretò infine. Harry sorrise lasciandogli un bacio innocente sulle labbra, e allora Nick comprese che era arrivato il momento di congedarsi; “Ci vediamo al buffet! Ancora auguri”. “Matt per gli amici” disse Louis sovrappensiero. “Sì” concordò Harry, sollevandogli il mento e baciandolo a dovere, lasciando che la lingua dell’altro si incrociasse con la sua e ancorando le sue mani lungo i suoi fianchi. “Mi fai venire ancora le farfalle nello stomaco. Dopo tutti questi anni” gli rivelò Louis sulle labbra, senza staccarsi di un centimetro. La mano di Harry scese ad accarezzare il suo pancione; “Faranno compagnia a Matt”.
 
 
 
Terzo Trimestre:
Chi è in dolce attesa è soggetto a cali di autostima,
il corpo si prepara per il parto: le ossa dei fianchi si allargano
e la muscolatura si fa più elastica. Sono frequenti le contrazioni.
Niall ha comprato un cavallo a dondolo,
Zayn una cabriolè radiocomandata.
 
 
C’era un sole cocente quel giorno, era primavera inoltrata e Louis stava allenando. Bè, stava tentando di allenare, visto che il pancione di sette mesi non gli consentiva una poi così grande agilità. “Rick più su con quelle gambe! Ash, quello lo chiami un passaggio?” Niall gli si avvicinò con due palloni sotto al braccio; “Non affaticarti, Lou. Harry mi ucciderebbe”. “Non lo farà, hai comprato la nuova serie in dvd di My little Pony” Il biondo lo guardò perplesso, “L’ho presa per la bambina…” lo sguardo eloquente del liscio spiegò molte cose. “Michael, ascolta. Quello non è un piegamento. Se non pieghi le ginocchia, non stai facendo un piegamento. Mi segui?” il bambino annuì. Niall si offrì volontario per mostrargliene uno. Ultimamente Louis si affaticava spesso, pur evitando sforzi fisici, passava molto tempo seduto in panchina perché il bambino, Matthew, era troppo pesante ormai. Le faccende di casa lo debilitavano notevolmente e più di una volta aveva mentito ad Harry per non farlo preoccupare, dicendo che fosse stato Zayn a montare la culla quando in realtà era stato lui a passare due ore seduto per terra circondato da cacciavite e istruzioni in svizzero. Una palla rotolò nelle vicinanze della panchina, e dal momento che Niall aveva le mani piene pensò bene di raccoglierla lui stesso. Era solo una palla infondo, no? Fu un attimo. Sentì una sorta di strappo, il bambino che si contorceva e scalciava furente ed una contrazione violenta. Poi svenne, accasciandosi sulla panchina.
 
 
“Niall, non è un buon momento” esordì Harry rispondendo al telefonino, incastrandolo tra la spalla e la guancia continuando ad impaginare le pubblicità della rivista. Ironico. Pensò Niall, che avrebbe voluto rispondergli con un “Non dirlo a me”, ma davvero non trovava la forza di essere così allegro. “Haz! Sono in ospedale. Louis… Lui- non lo so! È svenuto nel bel mezzo dell’ allenamento e ho dovuto chiamare Zayn per badare ai bambini e trascinarlo qui. Ora è in una stanza con dei medici e-”. “Che stai dicendo, Niall?!” Lo interruppe il riccio già sollevandosi dalla sedia del suo ufficio, e spostando dei fogli per cercare le chiavi della macchina abbandonate sulla scrivania; “Sto dicendo che Louis sta male, sono in ospedale e… C’è qualcosa che non va”. “Sto arrivando” riattaccò Harry, e corse via dall’ ufficio senza dare spiegazioni, nemmeno al suo capo.
 
 
Niall girava intorno alle sedie di plastica blu da più di venti minuti, mangiucchiandosi le pellicine intorno alle unghie. “Niall!” lo richiamò la voce di Harry, che si fece spazio correndo per il reparto; “Dov’è Louis?”. “È in quella stanza da quasi mezz’ ora, io gli avevo detto di lasciar fare tutto a me, Haz. Te lo giuro! Ma non credevo che raccogliere una palla potesse essere pericoloso” gli occhi azzurri dell’ irlandese si riempirono di lacrime, si velarono dal senso di colpa. “Va tutto bene, Niall. Non è colpa tua. Ora ho solo bisogno che tu chiami Zayn e lo faccia venire qui, così ti sfoghi con lui ok?” il biondo annuì, mordendosi il labbro. Harry stava per chiedere a qualche infermiera delle informazioni, quando il dottor Payne sbucò dalla porta che gli aveva indicato l’amico. “Harry!” lo richiamò, e il riccio corse letteralmente nella sua direzione; “Louis non fa che chiedere di te”. “Come sta? Il bambino sta bene? Cosa è successo?” domandò affannato, il ginecologo gli sorrise bonario prima di spiegargli: “Ha avuto una minaccia d’aborto per il troppo stress. La placenta si è distaccata in più punti e ha bisogno di totale riposo. Deve smetterla di lavorare, anche solo di tenere una scopa in mano. Gli ho prescritto delle pillole che facilitino il riattaccamento della placenta, perché il bambino ha bisogno di altri due mesi prima di arrivare. Ha avuto piccole perdite di sangue e si è agitato molto. Abbiamo fatto gli esami, tra poco avrò i risultati. L’unica cosa che posso raccomandare è il massimo riposo”. Harry lo osservava scioccato, parole come minaccia d’aborto, placenta, esami gli vorticavano in testa e si sentiva perso. “Il bambino… Lo ha..?” lasciò la domanda in sospeso perché non ce la faceva nemmeno ad immaginarlo, lui doveva proteggere il suo Matt… Che razza di padre era? “Non possiamo dire con certezza se l’abbia perso o no. Si potrà solo tra qualche tempo, bisogna che le medicine facciano effetto e poi sta al bambino dare segni di vita. Come dei calci per esempio”. “Posso vedere Louis?” chiese Harry, solo lievemente rincuorato; “Certo, è di là che ti aspetta e, Harry… Non dirgli che glielo avevi detto” lo ammonì. Il riccio annuì sbadatamente, spingendosi nella stanza di suo marito. Nel sentire la porta aprirsi, Louis voltò il capo e tirò un sospiro di sollievo quando la familiare figura dinoccolata di Harry si fece avanti. “Amore” bisbigliò il ragazzo dagli occhi verdi, e il marito semplicemente gli tese la mano (quella al cui braccio non c’era nessuna flebo attaccata). Il riccio gli sorrise in modo dolce, stringendogli la mano e sapeva bene quanto Louis odiasse quel genere di contatto, doveva essere proprio distrutto. Harry lo guardò, il viso stanco, gli occhi gonfi e rossi e l’altra mano abbandonata sul pancione nonostante l’ago. “Amore” ripeté lasciandogli un bacio sulla fronte; “Avevi ragione” sussurrò il liscio ricominciando a piangere. “Non dire sciocchezze, tesoro” lo riprese asciugandogli le lacrime con il pollice, “Andrà tutto bene”. “Lui… Non si muove più, Haz” rivelò Louis, un chiaro senso di colpa dipinto negli occhi, “un’ infermiera mi ha detto che possiamo sempre riprovarci. Come se fosse la stessa cosa… Come se Matt non fosse il nostro piccolo”. “Sssh, amore. Tranquillo” lo coccolò il più piccolo accarezzandogli i capelli. “Puoi- Puoi solo stenderti qui con me, per favore?” Harry annuì stringendogli forte la mano e sistemandosi su un fianco in modo da non schiacciare il pancione. “Dobbiamo solo aspettare” sussurrò con fare rassicurate lasciandogli un bacio all’ angolo della bocca, “Il nostro bambino starà bene, vedrai”. “Promettilo” impose Louis, ed era consapevole che il marito non avesse alcun potere in quel campo, ma aveva bisogno di qualche certezza. Harry parve capirlo, perché si limitò ad accarezzargli il ventre gonfio e a sussurrargli “Te lo prometto” suggellando il tutto con un bacio.
 
 
Louis si svegliò a suon di baci posati sul suo pancione, quella mattina. Era passata già una settimana. Una settimana e nessun cambiamento. Una settimana in cui Louis non aveva lasciato il letto se non per mangiare e per i suoi bisogni fisiologici. Una settimana e nessun segno di vita da parte di Matthew. Continuò a fingere di dormire, mentre Harry spostava la sua t-shirt fino al suo petto, scoprendo tutto lo stomaco gonfio di Louis. “Hei, ci sei ancora qui dentro?” domandò picchiettando dolcemente l’indice contro la pelle tesa della pancia del marito; “Perché se ci sei, devi assolutamente darci un segno”. Il liscio si impose di non muoversi, e tanto meno di scoppiare a piangere. “Io e papà stiamo malissimo sai? Lui si sente in colpa e io cerco di dimostrarmi forte, ma la verità è che ho paura che tu non ci sia più” gli premette un bacio contro l’ ombelico sporgente. “Quindi se ci sei Matty, ti prego, dacci un segno. So che l’ultima volta ti ho detto di non scalciare forte, ma sai cosa ti dico? Dimenticalo! Dimenticalo e scalcia più forte che puoi. Per favore” qualcosa di umido scivolò sul pancione di Louis, e si rese conto che suo marito stesse piangendo. Frenò l’ istinto di mettere una mano tra i suoi capelli e accarezzarlo, fingendo di dormire ancora. “Ti amo, fagottino” sussurrò lasciando un altro bacio, ricoprì il pancione di Louis e si sollevò. La situazione di bilico, di equilibrio precario tra vita e morte li stava distruggendo. La paura di averlo perso per sempre li divorava dall’ interno. Louis era così preso dai suoi pensieri e dai suoi sensi di colpa che quasi gli sfuggì il piccolo movimento nella sua pancia. Una bolla d’aria. Come quelle dell’ inizio. Una fottuta bolla d’aria. Si spostò in un modo che sapeva rendesse scomodo il bambino, perché più volte la notte lo aveva tenuto sveglio a suon di calci mantenendo quella posizione. Un colpo. Fioco, piccolo. Un calcio. “Harry, Harry! Oh mio Dio” chiamò mantenendo la posizione, il marito fece capolino nella stanza in fretta e furia. “Scalcia” sussurrò con le lacrime agli occhi, e Harry era tentato di mettere la mano per controllare che Louis non lo stesse prendendo in giro, ma il marito si sollevò la maglietta e l’ombra di un piedino si proietto contro il suo stomaco. “Scalcia!” urlò Louis con maggiore enfasi. Harry si precipitò ad abbracciarlo e a baciargli via le lacrime, gli accarezzò il pancione e sentì i colpetti dolci di suo figlio. “Ero sicuro che fossi ancora lì, Matty” sussurrò baciando Louis. Forte, proprio come un calcio.
 
 
Da quando il bambino aveva cominciato a dare segni di vita, Louis era molto più tranquillo. La situazione si era quasi capovolta, adesso era lui a non voler far nulla e Harry ad implorarlo anche solo di mettere un passo fuori casa. Ad otto mesi, però, Louis si affaticava sempre più facilmente. Aveva bisogno di sedersi spesso e di tutte quelle attenzioni che solo suo marito poteva dedicargli. La cameretta di Matthew era quasi pronta, Harry ci lavorava in ogni momento libero della giornata. Aveva sistemato una sdraio nella stanza, così poteva ultimare la preparazione mentre Louis era sdraiato comodo. Avevano scelto il verde pastello per le pareti e il riccio le stava dipingendo senza sosta. Aveva poi disegnato un sole giallo al centro del muro e passava praticamente le giornate con abiti vecchi addosso e vernice cosparsa sui tre quarti del corpo. Harry ripose il pennello nella latta di vernice e si avvicinò a Louis, abbassandosi alla sua altezza, mettendosi di spalle. Il maggiore sorrise, raccolse i suoi ricci e fece un codino. Ultimamente i capelli di Harry erano diventati troppo lunghi ma non aveva tempo per una spuntatina. Sollevò un ciuffo e glielo posò dietro l’ orecchio. “Allora? Ti piace?” chiese il ragazzo dagli occhi verdi indicando la cameretta. Il sole giallo scaldava la stanza conferendole un’atmosfera familiare e dolce, il fasciatoio dello stesso colore del muro spiccava sul lato destro e le tende con i personaggi di Winnie The Pooh stampati sopra coprivano la grande finestra. Sospesi sulla culla c’erano delle apine e dei vasetti di miele che ruotavano se azionati. Un cavallo a dondolo femminile (grazie, Niall) nell’ angolo opposto all’armadio giallo e verde. “La adoro” sentenziò Louis convinto. “Tra poco saremo in tre” disse Harry tutto elettrizzato, lasciando un bacio sulla fronte del marito; “Ci pensi? Lo vedremo crescere e sarà… bellissimo. So che lo sarà”. “Certo che lo sarà” confermò Harry accoccolandosi con Louis sulla sdraio.
 
 
A nove mesi, Louis era praticamente una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Harry non dormiva tranquillo da settimane, sempre pronto ad ascoltare i lamenti del marito nel sonno, o a portare il conto di eventuali contrazioni. Il maggiore sembrava continuamente nel panico, era preoccupato per il cesareo che avrebbe dovuto affrontare e Harry non faceva che ripetergli quanto fosse forte, coraggioso e pronto a mettere al mondo il loro bambino. “Secondo te rimarrò tanto grasso?” chiese Louis sorseggiando la sua tazza di tè, con un goccio di miele e due cucchiaini di zucchero. “Eri, sei e sarai perfetto” sentenziò convinto Harry asciugando i piatti dell’ ora di pranzo; “Adulatore”. “Il manuale dice che-” , “Ci risiamo…” il riccio sorrise e gli baciò la punta del naso. “Andrà tutto bene, mh?” e suonava tanto come una promessa.
 
 
Avevano appena finito un torneo alla playstation, Niall aveva umiliato Louis che aveva prontamente dato la colpa alle dita gonfie per la gravidanza. Harry si era allontanato un attimo con Zayn per mostrare al suo migliore amico la cameretta del bambino. “Non è la gravidanza, è che fai schifo. Il mio mini- Cristiano Ronaldo è troppo per te” si stava vantando il biondo. L’orgoglio del maggiore bruciava notevolmente, tanto che decise di alzarsi ed abbandonare il divano alla ricerca di suo marito. Fece un movimento brusco, o si sollevò troppo velocemente o Dio sa cosa! Ma una contrazione forte gli strappò un gemito di dolore. Sentì qualcosa di umido scendere e bagnare i suoi boxer e “Cazzo” biascicò stringendo i denti. “Sì, lo so. È dura Tommo”. “Niall, chiama Harry. Il bambino sta arrivando” il biondo lo guardò con aria stralunata; “Lo sa già, Lou. Lo stiamo aspettando da mesi” ridacchiò. “No, Niall. Il bambino sta arrivando adesso”. Harry non avrebbe saputo dire se l’urlo successivo fosse di Louis o dell’ amico irlandese, ma tanto bastò per farlo correre in salotto. “Harry, ho le contrazioni e mi si sono rotte le acque” Zayn non perse tempo, raccolse la borsa ormai pronta da giorni vicino alla porta e le chiavi della macchina. “Tu vai dietro con Louis, Niall nel sedile del passeggero. Io guido” comandò imperioso il pakistano. “Va tutto bene amore, respira con me” sussurrò Harry stringendosi nell’ abitacolo ristretto dei sedili posteriori; Louis rantolò un respiro per poi lasciarsi sfuggire un urlo di dolore. “Dio, è davvero così male?” chiese Niall al mulatto, che lo ignorò premendo l’acceleratore. “Va tutto bene, Lou” continuò il riccio accarezzandogli i capelli madidi di sudore; “Siamo pronti per questo ricordi?”. “S-sì, andrà bene, no?” riuscì a biascicare tra un urlo e un altro, “Sì, certo amore. Sei forte, e coraggioso e sei bellissimo anche adesso e io ti amo. E adesso metti al mondo nostro figlio, siamo intesi?”. Le labbra del maggiore si stirarono in un sorriso, ma una contrazione improvvisa lo deformò in una semplice smorfia. “Ci siamo” li informò Zayn, parcheggiando. Il dottor Payne fu fuori in un attimo con una sedia a rotelle pronta ad accogliere Louis. “Ci vediamo tra poco, amore” lo salutò Harry baciandogli il capo e le labbra; Louis emise un altro grido di dolore. “A dopo, Harry” salutò il ginecologo, spingendo la carrozzella su cui suo marito si contorceva verso una sala dall’ aspetto sterile.
 
 
“È lì dentro da un’ ora. Quanto diavolo ci mettono?” chiese Harry quasi scavando un fosso per tutte le volte che aveva girato intorno agli stessi dieci metri scarsi di sala d’attesa. “Sono passati solo tre quarti d’ora, e ci vuole tempo affinché Louis si riprenda dall’ anestesia e gli applichino i punti” spiegò pazientemente Zayn che sembrava essere l’ unico in grado di mantenere la calma. Niall, per l’agitazione, aveva mangiato tutte le sue cuticole, optando poi per svuotare le macchinette dell’ ospedale di tutti i loro snack zuccherati. “Non è solo… Questione di un paio di spinte?” fece il biondo con la barretta energetica a metà tra la bocca e le sue dita; “È un cesareo, Niall” ribadì il mulatto alzando gli occhi al cielo. Il dottor Payne varcò la porta con il camice verde e la mascherina ancora indosso, sorrideva e Harry decise (per la sua sanità mentale) di interpretarlo come un buon segno. “Il papà può entrare” si limitò a dire, scortando poi il riccio fino alla stanza 144b. “È permesso?” chiese incerto, entrando nella stanza; “Uh! Guarda chi è venuto a trovarci” sussurrò Louis, una nota stanca nella voce che spariva se considerato il tono felice ed emozionato. “C’è papà” bisbigliò ancora, e scosse un po’ le braccia. Harry mise un passo nella stanza, e trovò Louis seduto sul letto, con uno di quei camici aperti dietro tipici degli ospedali, l’aria stravolta e una nota di dolore forse dovuta ai punti che tiravano, ma con un sorriso da fare invidia al mondo intero. Tra le sue braccia, un fagottino dal colorito roseo e gli occhietti semichiusi, la manina piccola che spuntava dalla copertina giallognola e l’altra le cui dita erano completamente avvolte intorno al pollice di Louis. “É… Bellissimo” sussurrò Harry avvicinandosi; posò un bacio sulla fronte di suo marito che evidentemente capì la domanda velata perché sorrise rassicurante “Sto bene, amore”. Un po’ di tensione lasciò le spalle di Harry che poté concentrarsi solo sulla sua nuova ragione di vita, quel piccolo fagotto che Louis teneva tra le braccia. “Ciao”  gli disse, accarezzandogli con l’ indice la guanciotta paffuta; “Hei! A me quello non è permesso” si finse risentito indicando con la testa la manina del piccolo che stringeva il pollice di suo marito. “Lui può avvolgere le sue dita intorno al mio pollice tutte le volte che vuole” rispose Louis facendo spallucce. “Vuoi conoscere papà, Matt?” propose poi, e così dicendo passò il piccolo alle grandi braccia di Harry. La commozione ebbe il sopravvento e il riccio scoppiò a piangere solleticando il pancino del suo bambino. “Ciao Matthew” ripeté cullandolo e il bimbo gli rivolse un sorrisino bavoso e sdentato. “Tua madre sta arrivando” informò Louis sedendosi sul letto affianco a lui, “Anche mia mamma è quasi arrivata”. Il maggiore scosse la testa, come a dire che tutto ciò di cui avesse bisogno era esattamente lì, in quella stanza, con lui. “Siamo una famiglia adesso” sussurrò emozionato, stringendo la manina di Matthew. Un gorgoglio inarticolato in risposta.
 
 
“Hai visto, Zay? Alla fine è venuto fuori un maschietto” disse Louis ridacchiando all’ amico; “Caspita se ho visto! Ha un pistolino degno di quello di papà Harry”. Il riccio alzò gli occhi al cielo, pur non perdendo mai di vista Matthew da dove si trovava spaparanzato tra le braccia di zio Niall. “Sorvolerò sul come tu faccia a sapere le dimensioni di mio marito” scherzò Louis; “È meglio” concordò il mulatto. Matt aveva il nasino a patata come quello di Harry, era ancora troppo presto per stabilire di che colore fossero i suoi occhi ma al momento tendevano all’ azzurro e il riccio non poteva esserne più felice. I capelli erano ancora radi, di un dolce color caramello e in segreto, entrambi speravano ( e sapevano) che si sarebbero arricciati almeno un po’. A quanto pare, le dimensioni di un bambino sono del tutto forvianti, perché anche un esserino così piccolo può produrre tanta cacca. Così tanta da sporcare anche le tutine e costringere i suoi genitori a mettergli quell’ orribile onesuit fucsia con un unicorno dalla criniera dorata al centro. “Sono lo stesso il tuo zio preferito, non è vero piccolo Matthew?” chiese Niall avvicinando il naso a quello del neonato, guadagnandosi un gorgoglio bavoso. “Sta scherzando, vero?” fece Zayn con tono melodrammatico, e Louis e Harry scoppiarono a ridere.
 
 
 
Dopo il parto, Louis aveva perso qualche grado (come avviene di consueto) ed era stato costretto a mettere gli occhiali. Cosa di cui Harry non era affatto dispiaciuto, dal momento che pareva risvegliasse in lui una vecchia fantasia sul farlo con il suo professore di lettere. Louis davvero non voleva indagare. Il maggiore aveva ripreso il suo peso forma, per la sua gioia. A quattro mesi da quel giorno meraviglioso di primavera, si poteva affermare che i capelli del piccolo Matthew si erano deliziosamente arricciati alle punte, che i suoi occhi fossero azzurri e che avesse due profonde fossette che mostrava ogni volta che papà Harry gli faceva il solletico sotto i piedini. Niall era diventato allenatore, mentre Louis aveva preso il suo posto di co-allenatore, per occuparsi meglio di Matt. La casa era in un perenne stato disastroso, come se si fosse appena scampata una catastrofe naturale. Biberon, pannolini e ciucci di diverse forme e dimensioni occupavano ogni superficie disponibile. A Matt stavano comparendo i primi dentini, quindi non faceva altro che piangere disperato e stringere forte il pollice di papà Louis con la manina piccola e affusolata. “Che ne dici di dormire un po’, fagottino?” propose il maggiore cullandolo, erano le undici di sera e più che una proposta pareva una preghiera. Le notti insonni erano quasi un must per i due neo-papà ormai. “Com’ è noioso papà, eh? Io invece proporrei una dose extra di coccole nel lettone!” intervenne Harry, posando un bacino sul capo di suo figlio e fingendo di mordergli la guancia così da farlo ridere. “Non mi ricordavo di avere due bambini” commentò il maggiore fingendosi seccato. “Solo perché guardo My Little Pony? Davvero, Lou? È un po’ esagerato da parte tua” il liscio portò gli occhi al cielo depositando il bambino tra le braccia di suo marito, “Vi raggiungo tra un momento”. Vide il riccio sparire nella loro camera, e fece qualche passo per raggiungere la cameretta di Matt e prendere una copertina. Andava tutto bene, finalmente. Quattro mesi e tutto si era sistemato, avevano cominciato ad abituarsi alla nuova presenza del piccolo in casa, ai suoi pianti e alle sue tacite richieste. Ogni tanto ancora gli si inumidivano gli occhi a specchiarsi in quelli identici del figlio, e Harry non aiutava uscendosene con frasi del tipo “Sono lo specchio esatto del mio amore per te”. Era tutto nuovo per loro: bavette, pannolini, tutine e omogenizzati ma facevano del loro meglio per essere degli ottimi papà. Matthew rideva felice con loro, e apprezzava tanto anche la compagnia di zio Zayn e zio Niall. C’erano però anche dei momenti cupi, in cui Louis si chiedeva se potessero farcela davvero a crescere un figlio, se sarebbero stati all’ altezza. E proprio in questi momenti, aveva imparato qualcosa dal suo bambino: si accucciava affianco ad Harry e stringeva le dita intorno al pollice del marito. E sapeva che in un modo o nell’ altro tutto si sarebbe sistemato. Tornò in camera da letto, col cuore leggero e la copertina stretta tra le mani. Il cuore tremò un attimo nel sentire la risata del riccio, seguita dai versi estasiati del suo bambino. Poi si unì a loro sul letto, facendo volteggiare anche lui Matthew nell’ aria e tutto diventò così terribilmente perfetto. Sorrise raggiante a suo marito per poi canticchiare una ninnananna a Matt. E se Harry trovò sonno prima del figlio, bè, questo non era decisamente un problema.
 
 
FINE.
 
 

 

  
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