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Autore: Silver Shadow    24/07/2014    2 recensioni
Questa fanfiction inizia dopo "Lo scontro finale", ma non tiene conto degli avvenimenti dei libri "Gli eroi dell'Olimpo".
'Il mio nome è Willow Blackblood. Ho 15 anni e ho dei lunghi, lisci capelli neri che non stanno mai al loro posto. I miei occhi sono verdi “come il mare”, mi dicono tutti, sono piuttosto magra e porto l’apparecchio. Mi piace il colore nero e amo la musica rock e metal. Studio molto e ho ottimi voti a scuola. Sono una ragazza come voi, a parte il fatto che sono la figlia di Poseidone. '
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Chirone, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando tentai di aprire gli occhi, ore, giorni o settimane dopo l’accaduto, trovai delle difficoltà a causa delle ciglia che si erano come incastrate fra loro. Vedevo come attraverso una ragnatela.
Dopo essere riuscita a mettere a fuoco l’immagine davanti a me, riconobbi l’infermeria del Campo. Come era possibile? Non appena tentai di riportare alla memoria gli avvenimenti passati mi fece male la testa. Ricordavo vagamente buio, artigli, e un sacco di dolore. E poi Nico, i suoi occhi, le sue mani fredde, le sue parole. La sua unica parola. Avrei sorriso se non mi avessero fatto male anche i muscoli facciali. Era accaduto davvero o l’avevo sognato?
Lentamente ripresi la sensibilità dei miei arti. Riuscii a muovere un po’ la gamba e a spostare il bacino, fino a sentire qualcosa di estremamente freddo attorno alle mie dita. Con enorme sforzo, voltai il viso verso quella sensazione e la gioia fu tale che riuscii a sorridere malgrado il dolore.
- Ciao – disse Nico, guardandomi negli occhi. Riuscivo a leggere, nei suoi, il cuore che batteva forte. Lo percepivo nel freddo dei suoi polpastrelli.
- Ciao – provai a dire, ma il suono che uscì dalle mie labbra fu piuttosto roco, come spento. Non avevo parlato per giorni, se non per urlare di dolore per ogni ferita che mi veniva inflitta. Man mano che mi riprendevo ricominciavo a ricordare. Quando gli artigli di Mahri mi avevano afferrata e mi aveva travolta in un vortice dal quale temevo non riuscire più a tornare. Quando l’acido sulla sua lingua aveva corroso quasi interamente le mie braccia e le sue dita si erano chiuse attorno al mio collo e il suo corno aveva squarciato il mio viso, mentre ero abbandonata in quella caverna buia, in quell’angolo, da sola, con nessuno che poteva sentire le mie urla..
- Willow? – mi sentii chiamare, e scossi un po’ il capo per tornare alla realtà. Era finita. – mi hai sentito? – domandò nuovamente Nico, fissandomi preoccupato. Mi faceva tenerezza.
- Che cosa? – chiesi io intontita.
- Come ti senti? – leggevo il terrore nella sua voce. Credo avesse paura che non mi sarei ripresa.
Feci vagare lo sguardo lungo il mio corpo e notai discreti miglioramenti. Il dolore si sentiva a livello muscolare, ma le scottature erano solo macchie rosse, i lividi su una gamba si stavano schiarendo e l’altra gamba era (che ancora non riuscivo a muovere) nuovamente nella giusta angolazione. Sentivo tirare da un lato del viso, per cui mi resi conto che dovevo avere un cerotto o una benda sullo squarcio.
- Sto bene – risposi,mentendo con un’evidenza evidentissima. Nico mi guardò storto, arricciando il naso. Mi fece ridere.
- Quanti giorni ho dormito? – chiesi ancora, stringendogli debolmente la mano che si ostinava a tenermi.
- Soltanto tre – mi rispose lui, aumentando di poco la stretta. Dovevo avere la febbre, perché mi sentivo caldissima,e il freddo delle sue dita mi dava un senso di sollievo.
- E sono migliorata tanto in tre giorni? – non riuscivo a crederci, ma il mezzo sorriso di Nico mi fece intendere. L’acqua. Avevano usato l’acqua per velocizzare la guarigione.
- L’infermiera ha detto che per guarire del tutto è necessario che sia tu a immergerti nell’acqua – mi informò Nico – e tra l’altro l’unico che ha potuto aiutarti a curarti è stato Percy. Nessuno che non sia figlio di Poseidone avrebbe avuto un effetto curativo su di te con l’acqua – e qui sospirò, evidentemente scocciato dal fatto di non poter essere stato d’aiuto.
- E tu da quanto sei qui? – sospettavo già la risposta. La intuii dallo sguardo che seguì queste mie parole.
- Da tre giorni – rispose infatti, togliendomi il fiato (il che non era del tutto un bene dato che già non disponevo di molto ossigeno).
- Oh mio Zeus. La pelandrona si è svegliata. Buon giorno, eh! – le entrate in scena ad effetto di Percy mi erano mancate davvero tanto. Gli sorrisi non appena lo vidi, e lui mi venne vicino e mi abbracciò. C’era una luce molto strana su tutto il suo viso, che riuscii a riconoscere anche su quello di Annabeth quando mi corse incontro urlando dopo aver sentito la mia voce dalla porta dell’infermeria. Ero così felice di essere viva.

- Sei sicura? – mi chiese Nico, guardandomi. C’era voluto un sacco di tempo per convincerlo a portarmi fuori tenendomi in braccio, perché aveva paura che avessi una ricaduta o che il movimento mi stancasse o altra roba che avrei ugualmente potuto sentire dalla bocca di mia madre, ma alla fine ce l’avevo fatta. Eravamo arrivati vicino al laghetto, quando gli avevo chiesto di mettermi a terra e aiutarmi a camminare fino all’acqua. Se solo io potevo guarirmi del tutto, tanto valeva farlo subito.
- Sono sicura Nico, e adesso o mi molli o salto giù da sola – e questo lo convinse a poggiarmi subito a terra tenendomi sempre con un braccio. Dopotutto la mia gamba era ancora rotta.
Percorremmo quei pochi metri che ci dividevano dalla riva lentamente, e anche se all’inizio le ginocchia minacciarono di cedermi più volte, dopo qualche passo mi abituai, ricordandomi come si camminava, come si respirava l’aria e come batteva il cuore. Mi sentii subito meglio quando i miei piedi toccarono la superficie cristallina dell’acqua del lago. Mi sedetti, aiutata da Nico, che sostò accanto a me.
Non ci misi molto a lasciarmi scivolare in acqua facendo leva sulle braccia, e mi ritrovai ben presto seduta sul fondo del lago. Nico mi guardava sorridendo, abbracciandosi le ginocchia. So che gli stava costando molto lasciarmi lì da sola.
Mi concentrai sulle ferite e sulla gamba rotta, e chiusi gli occhi respirando l’acqua, sentendola scorrere nelle mie vene, diventando quasi un tutt’uno con essa. Il dolore si alleviò velocemente, e fu come se mi fosse stato tolto un peso dal corpo. La temperatura del mio corpo tornò a livelli normali, i segni rossi delle scottature scomparvero, la ferita sul viso non tirava più, i lividi sembravano solo piccole punture di zanzara e l’arto fratturato si sgonfiò miracolosamente.
Quando provai a muoverlo, qualche minuto dopo, provai una gioia immensa nel riuscirci.

Fu un trionfo tornare in infermeria sulle mie gambe. Avevo Nico alle calcagna che studiava ogni mio movimento e stava ben attento ad essere dal lato giusto per afferrarmi nel caso in cui fossi caduta, ma con mia grande soddisfazione non successe. Solo che la stanchezza non era riuscita a cancellarla neppure l’acqua e provai una sensazione di sollievo quando tornai a stendermi sul letto. Lui si sedette accanto a me.
- Grazie – gli dissi, a occhi chiusi, dopo aver ripreso a respirare normalmente. Mi era venuto l’affanno a furia di camminare. In tutta risposta, lui appoggiò una mano sul mio braccio. Non credo avesse capito cosa volevo dire.
- No, sul serio – e qui riaprii gli occhi – Grazie. Di esserti preoccupato per me e aver affrontato quel viaggio per me e aver rischiato di morire e aver combattuto contro Mahri e averlo distrutto (avevo ancora quell’immagine impressa a fuoco nella mente) e avermi portata a casa ed essere entrato nella mia vita sfondandone la porta e senza chiedere permesso o dare preavviso. – suonava tutto così vuoto perché sentivo che non c’erano parole in grado di esprimere cosa provavo.
Tuttavia ebbero il loro effetto, dal momento che le bianchissime guance di Nico si tinsero di un rosa tenue ma che risultava tanto acceso sulla sua pelle chiara. Mi diede la migliore risposta che avrei potuto ricevere.
- Ti amo – furono le sue uniche parole, ma colpirono nel segno. Avrei voluto dire “Anche io” ma mi sembrava una risposta così banale. Mi sembrava tutto banale in quel momento. Così feci esattamente quello che avevo fatto l’ultima volta che ero stata in una situazione del genere con lui. Presi la sua testa fra le mie mani e con la forza che aveva recuperato l’avvicinai alla mia e lo baciai. Fu un bacio lungo ma andava bene così, perché era giusto che ci prendessimo il tempo che avevamo perso, di cui necessitavamo. Quando, a mio malgrado, mi allontanai dalle sue labbra, lui catturò nuovamente le mie in un bacio deciso, lento, languido, che mi trasmise emozioni diverse da quelle che avevo sentito l’ultima volta. Sentivo come un fuoco ardere sotto la mia pelle, uno strano e meraviglioso calore espandersi lungo tutto il mio corpo. La sua lingua danzava attorno alla mia e sentii il suo petto premersi contro il mio. Non capivo bene cosa stava succedendo, ma sapevo che era una sensazione bellissima e non avrei voluto che finisse. I miei denti si chiusero sul suo labbro inferiore con forza, suscitando un basso mugolio infondo alla sua gola. C’era qualcosa in quei baci di diverso, e sentivo che qualcosa stava cambiando. Mi lasciai trascinare da quelle emozioni, o meglio, fu Nico a trascinarsi a cavalcioni sulle mie gambe, bloccandomi delicatamente i polsi sul materasso e abbandonando le mie labbra per raggiungere il mio collo. A differenza delle sue mani, le sue labbra erano calde e, contro la mia pelle, gonfie per i baci. Sentivo la sua lingua solleticarmi la clavicola e i suoi morsi marchiarmi la spalla. Mi resi conto di aver chiuso gli occhi solo quando un verso simile a quello emesso da lui in precedenza si fece largo fra le mie labbra e ne fuoriuscì. Liberai lentamente i polsi dalla stretta di Nico che si allentò non appena ne sentì i movimenti e lasciai che le mie mani s’insinuassero sotto la sua maglietta e vagassero lungo la sua schiena e poi lungo il torace fino a che non fu quasi completamente sollevata e fui praticamente costretta a togliergliela.
Quando le sue dita fredde raggiunsero i miei fianchi sotto la mia maglietta, mi mancò nuovamente il respiro. Vagarono lente sulla mia pelle, come se i polpastrelli volessero impregnarsi di quel tocco, mentre i baci si facevano più esigenti. Forse fu in quel momento che capii la piega che stava prendendo la situazione, ma lasciai che continuasse perché sentivo che era quello che volevo. Che era lui ciò che volevo.
Dopo avermi sfilato la maglia,all’improvviso entrambi ci sentimmo come spaesati, o forse solo spaventati. Il mio sguardo indugiò nei suoi occhi, e lo stesso fece il suo nei miei. Era come un linguaggio segreto.
- Willow – la sua voce sussurrata scatenò dentro di me altri fuochi d’artificio, come la prima volta che ci eravamo baciati. Stavolta fu lui a prendere il mio viso tra le mani, e appoggiò la fronte sulla mia.
- Prima d’incontrarti non desideravo amare, ed ora non desidero amare più nessuno. Sono innamorato di te e l’amore che provo per te supera l’orizzonte del mare e i confini del cielo e il numero delle stelle. L’amore che provo per te ha tutte le sfumature di colore del tramonto, dell’aurora boreale e dell’universo, ed è tanto forte da squarciare le nuvole e lasciar filtrare i raggi del sole. Sei così bella che è quasi una sofferenza guardarti. Sei abbagliante. Brilli. – tanto per cambiare, non avevo parole. E tra le altre cose avevo momentaneamente dimenticato come si faceva a respirare. Continuavo a guardarlo negli occhi quando mi si formarono delle parole in testa, che non sarebbero state comparabili al suo discorso ma forse erano vicine a definire cosa sentivo.
- Sei l’oscurità di cui ho bisogno per brillare. – Lui ha sorriso, perché diceva sempre che l’oscurità gli si addiceva. Ma non sapeva quanto splendeva. Dentro, era una stella.
- Sei sicura che vuoi..? – la domanda rimase in sospeso, ma era ben chiara. Arrossii perché era un argomento e una situazione delicata, ma riuscii ad annuire. Lui abbassò le spalle, rilassandole, perché era stato in tensione tutto quel tempo. E dopo un lungo respiro, le sue labbra cercarono nuovamente le mie, che furono pronte ad accoglierle. E beh,quello che successe dopo potete benissimo immaginarlo da soli.

Quella sera, ci fu una grande festa al Campo. Erano tutti felici che fossimo tornati sani e salvi (soprattutto che fossimo tornati, e soprattutto io). Non si cenò, per la prima volta, dove lo si faceva di solito, ma portammo tutto in anfiteatro e cenammo attorno a un falò acceso al centro, dove, come facevamo ogni giorno ad ogni pasto, offrimmo la pietanza migliore del nostro piatto al nostro genitore divino. Quando gettai la mia bistecca nel fuoco,guardai il fumo andare verso l’alto e il mio sguardo incontrò il cielo.
- Per te, papà. Per avermi dato il dono così grande di amici così speciali e un fratello così matto – sorrisi tutto il tempo nel proferire quelle parole, e Annabeth, Nico e Percy con me (anche se quest’ultimo mi tirò un pugno sul braccio per l’affermazione offensiva, ma sapeva benissimo anche lui che era vero).
Dopo cena, ci mettemmo a cantare le canzoni del Campo comodamente seduti sugli spalti. Non so come diavolo avevo fatto, ma le avevo imparate. La sensazione di sollievo e di pura felicità che mi dava una semplice cosa come cantare dopo quello che avevo passato era indescrivibile. Non avevo ancora totalmente realizzato che ce l’avevamo fatta, che eravamo salvi e che potevamo stare insieme e forse vivere una vita normale (per quanto “normale” possa essere definita la vita di un semidio). Ci sarebbero stati altri pericoli e altre battaglie,ma non mi spaventavano più perché sapevo le avremmo affrontate insieme.
E proprio in quel momento, seduta accanto a mio fratello e stringendo la mano al mio ragazzo, cantando canzoni con ragazzi dalla storia così simile alla mia attorno a un enorme fuoco e sotto un meraviglioso cielo stellato, mi resi conto che essere vivi non era mai stato tanto vero.



Angolo autrice
Finalmente ce l’ho fatta, ho finito la mia storia! E’ stato piuttosto difficile arrivare fino a qui, rendere bene l’idea dei fatti e dei personaggi e molto spesso ho avuto la pessima idea di mollare,per cui ringrazio chi mi ha aiutata ad arrivare fino in fondo a questo viaggio.
Ringrazio tantissimo anche tutti i lettori e chi mi ha seguito e chi ha aspettato che postassi i capitoli anche quando smettevo di scrivere per tantissimo tempo, a chi non ha perso la speranza e si è emozionato con Willow esattamente come ho fatto io. Spero davvero che la storia vi sia piaciuta, e qui mi congedo.
Alla prossima ff!

- Silver Shadow (BeastBoy)
  
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