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Autore: Viki_chan    24/07/2014    0 recensioni
- Seconda serie di (s)fortunati eventi -
Anna-chan ha vissuto qualche giorno in Corea, nel quale ha avuto modo di conoscere meglio se stessa e un mondo che da sempre l'ha affascinata. Tornata a Tokyo da qualche mese, il suo breve periodo a Seoul diventa un sogno da cui svegliarsi definitivamente.
Ma è davvero possibile dimenticare?
E soprattutto, è davvero solo lei a soffrire di questa situazione?
Evento #1: Nuova vita, nuovo lavoro, vecchia Anna
Evento #2: Cambi di programma, una faccia conosciuta e il ritorno di Anna-chan
Evento #3: Amiche deluse, telefonate inaspettate e cosmetici
Evento #4: Pensieri umani, pennarelli scarichi e messaggi cifrati
Evento #5: yakitori francesi, hotel blindati e il libro
Evento #6: le stesse parole, il silenzio e la crisi
Evento #7: l'uomo alla porta, luci drammatiche e accordi disattesi
Evento #8: Gimpo, le fan e la colazione per due
Evento #9: Provocazioni, Kim Camille e il sorriso di Ryeowook
Evento #10: lo schedule, la Kyobo e l'evento dell'anno
Evento #11: la sposa, i manager e la fine della discussione
Evento #12: l'appartamento, lo sguardo di Siwon e il ritorno
Evento #13: Il volo, il Capitol e la tenda bianca
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiedo davvero scusa per l'assenza.
La storia è già scritta, sono già molto avanti, ma ho sempre qualche dubbio e ho aspettato di incastrare tutti i pezzi prima di pubblicare questo capitolo. Ah, vi lascio il mio profilo Facebook: Vikichan Lee

 



Una serie di (s)fortunati eventi 2

Evento #13

 

 

Odio volare.
E odio questa sensazione.
Vorrei tornare a casa.
Lo so, sto facendo ciò che ho sempre sognato, ma per un istante vorrei tornare indietro.
Non in Italia, no.
Ma a Tokyo, nel mio primo appartamento. Affittato con il sudore della fronte, una stanza minuscola e fiocamente illuminata, un puntino in una città enorme.
Mi manca.
Sento la mancanza di quella meravigliosa sensazione di avere la terra sotto ai piedi, un destino incerto ma completamente nelle mie mani.
Quando atterro a Narita, mi rendo conto di non avere nessun bagaglio da ritirare.
Procedo a passo svelto, tra i passeggeri assonnati dei voli notturni, e torno ufficialmente in terra giapponese.
Non so cosa fare né dove andare.
L'orologio digitale sopra al tabellone degli arrivi segna le quattro e mezza.
"Anna-ssi."
Mi volto.
Il manager Jung Hoow fa cenno con un'espressione strana, quasi sofferente.
"Lei?"
"Già. Non riuscivo a prendere sonno, così ho pensato di accompagnare il mio autista a prenderti."
"Sta mentendo" dico in modo troppo serio. Accenno a un mezzo sorriso, ma non funziona.
Il manager mi guarda un istante, poi si volta verso l'uscita.
"Lavori per la SM, ti attieni alle sue regole" commenta. “Voglio lasciare un po' di spazio a Donghae, ha lavorato molto.”
Il fatto che tiri in causa lui mi fa desistere dall'impuntarmi.
"Posso almeno sapere dove siamo diretti?"
"Al Capitol hotel. Dormirai qualche ora, poi parleremo del tuo lavoro."
"Ho una casa, qui a Tokyo, posso dormire li."
"Ci potrai andare domani mattina. Ora cerca solo di rilassarti."
Guardo l'uomo camminare per un po', gli sto accanto.
I suoi occhi sono circondati da occhiaie scure e la situazione è peggiorata da un cappellino, che getta un ombra su parte del suo viso.
"Non volevo sembrare scortese" dico poco prima di salire in auto.
"È notte e non dormi da molte ore. Ti capisco."



Il Capitol Hotel è il Capitol Hotel.
Ho sentito Nana-chan parlare per ore di questo luogo, scintillante e lussuoso.
Me ne ha sempre parlato con la voce annoiata di chi ha passato la vita nella ricchezza senza nemmeno accorgersene.
Vista l'ora, la hall è illuminata da luci soffuse, provenienti da abat-jour e faretti di art design.
E' quasi l'alba e sto morendo di sonno, ma riesco ancora a notare tante cose.
Devo stare all'erta.
“Tu aspetta qui” dice il manager Jung Hoow dopo pochi passi. “Parlerò io con la ragazza della reception.”
Annuisco, poi mi volto verso il bancone.
Una giovane giapponese sta guardando verso di noi.
E' troppo bassa e orientale per essere Nana-chan.
Abbasso lo sguardo e lascio che il manager attraversi la stanza e la raggiunga.
Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e sospiro.
Mi temano le mani dalla stanchezza.
Prima di salire sull'aereo ho avvisato del mio ritorno Ayane e Bon Ha, ma nessuna delle due mi ha risposto. E' notte, per gli altri.
“La stanza è la 564.”
Sussulto.
“Nervosa?” chiede il manager facendo un mezzo sorriso.
“Odio volare” commento di getto.
L'uomo annuisce e  mi invita a seguirlo verso gli ascensori.
“Hai il tuo pass al collo?”
“Sì”
“Bene, perché qui ci sono molte persone che vorranno vederlo per farti passare” dice lui togliendo da una delle tasche dei suoi jeans scuri un foglio un po' stropicciato. “Questo è il tuo schedule e...”
“No” lo interrompo. “Non voglio nulla di scritto, non più. A che ora devo essere pronta?”
Manager Jung Hoow mi guarda sorpreso, poi apre il foglio e lo consulta.
“Alle due passerà un'auto che ti porterà allo studio fotografico. Puoi riposarti un po', ma ti chiedo di non allontanarti dall'hotel.”
“Credevo di poter tornare a casa per qualche ora” commento.
Un suono ci informa che l'ascensore è arrivato.
Al suo interno c'è un uomo in giacca e cravatta. Faccio per lasciargli spazio per uscire, ma l'uomo rimane immobile.
Manager Jung Hoow mi precede sull'ascensore come se nulla fosse.
“Preferirei non ti allontanassi” dice pigiando il tasto numero 17 sulla tastiera accanto alla porta.
“Ma...”
“Non allontanarti. Non ho abbastanza persone qui per gestire sia te che il resto. Ti prego di attenerti allo schedule e, se domani sera finiremo presto, avrai del tempo libero per fare ciò che vuoi.”
Quando le porte si aprono, l'uomo mi indica la strada, di nuovo.
L'ascensore si apre su una sorta di salottino, con un paio di divani così perfetti che ho la sensazione che nessuno vi ci sia mai seduto sopra. Superiamo una porta senza numero e ci fermiamo davanti alla 564.
“Ci vediamo domani” dice facendomi un cenno.
Accenno un mezzo sorriso, poi inserisco la tessera magnetica e cerco di lasciarmi i problemi alle spalle.



L'indomani pomeriggio, un'auto a noleggio con sgargianti scritte verdi sulle fiancate mi porta nella zona di Akihabara, agli studi fotografici della T-Noize.
Sono già stata in passato in questi studi per la Y.Ad, così non ho bisogno di una guida per trovare cosa sto cercando.
Il teatro di posa scelto dalla SM è riconoscibile dal fatto che è accerchiato da uomini in giacca e cravatta e occhiali scuri.
Guardie.
Mi avvicino alla prima coppia di bodyguard e mostro il mio pass.
L'uomo si mette una mano all'orecchio e dice qualcosa in giapponese.
Nonostante sia nascosto da un paio di occhiali scuri, sento lo sguardo dell'altro vigilante attraversarmi dalla testa ai piedi.
La risposta che la guardia aspetta arriva qualche secondo dopo, lo capisco dall'impercettibile cenno con il capo che fa prima di spostarsi per lasciarmi passare.
Prima di arrivare alla porta del set ci sono altre due coppie di uomini, che però non cercano altre conferme della mia identità e si spostano subito.
Quando arrivo all'ingresso, l'istinto è quello di mettermi in punta di piedi e di sbirciare dall'oblò per valutare l'opzione di scappare.
Lo sguardo dei bodyguard è così insistente che alla fine non indugio entro nel teatro velocemente.
E' sempre così.
Felice o triste, stanca e su di giri.
L'emozione di entrare in un set è sempre la stessa.
E' una sorta di strana euforia.
Mi lascio accecare dai fari di luce calda per qualche secondo, poi abbasso lo sguardo verso la produzione.
Tecnici, assistenti e lui.
Al centro del set, seduto dietro a un computer, c'è Charlie Ho.
Il fotografo migliore della cerchia della Y.Ad.
“Anna!!! Grazie al cielo.”
Mi volto, sorrido.
Bon Ha mi si avvicina a passi lunghi, sembra sollevata.
La seguo con lo sguardo, paragonando i suoi leggins e la sua camicetta elegante con i miei jeans.
Non ho avuto modo di prendermi un cambio di vestiti e indosso le stesse cose da due giorni.
“Il manager di Donghae mi ha detto che saresti arrivata a minuti” commenta sorridente. “Ti porto da lui, ok?”
Annuisco, poi mi faccio precedere nella giungla di persone indaffarate.
Passiamo dietro le spalle di Charlie Ho, che è troppo concentrato sullo schema delle luci per badare alla tazza di caffè che il suo assistente gli sta porgendo.
“Quando è arrivato?” bisbiglio a Bon Ha.
“Era già qui quando sono arrivata io, a mezzogiorno. Non mi è permesso parlargli” aggiunge poi facendo un mezzo broncio.
“Che cosa puoi fare, allora?”
“Sono l'assistente di Hiroshi” dice alzando gli occhi al cielo. “Anche lui è qui, oggi.”
Mentre mi faccio accompagnare dal manager Jung Hoow, cerco con lo sguardo Hiroshi, il mio collega della Young Advertising. Alla fine lo trovo in un angolo, intento a sistemare la sua macchina fotografica. Accanto a lui, seduti su delle sedie pieghevoli, vedo i cameraman e la ragazza che hanno ripreso Donghae alla Kyobo.
Quando Bon Ha si ferma,  il manager Jung Hoow mi guarda e mi indica il cellulare che ha all'orecchio.
“La signora Nakamura ha insistito perché mettessero la scrivania al solito posto” commenta Bon Ha al mio orecchio.
In effetti, il set è montato esattamente come quando non ci sono “intrusi”. Tutto è in ordine, salvo i tanti estranei che lo abitano.
Sembra una giornata normale.
Gli studi della T-Noize sono tutti uguali, gradi stanze dai muri bianchi con soffitti altissimi.
C'è lo stesso computer, e lo stesso ambiente.
“Buongiorno” dice il manager infilandosi il cellulare in tasca.
Faccio un profondo inchino.
Accanto a me, anche Bon Ha si inchina, poi fa dietrofront e ci lascia soli.
“La tua assistente mi ha detto che questo ambiente non ti è nuovo.”
“Già.”
“Oggi però non devi fotografare dei modelli, ma devi concentrarti su Donghae. Per la coppia ci sono già Ho e il fotografo della Y.Ad.”
Annuisco.
“Probabilmente anche la troupe seguirà Donghae, cerca solo di non disturbarli e loro non disturberanno te” dice muovendo il  mento verso qualcosa alle mie spalle.
Quando mi volto anche io, la ragazza alza lo sguardo e mi fa un cenno con un'espressione poco convinta.
“Oggi fotograferanno Donghae e Sakura con diversi abiti. Salvo i casi in cui ti viene espressamente richiesto di uscire, potrai fotografare Donghae mentre è in camerino, tra una serie di scatti e l'altra. Come sai, Charlie Ho...”
“Sceglie subito i provini migliori, sì. Ho già avuto la fortuna di lavorare con lui” commento.
“Bene. Direi che puoi andare, ora. Donghae è nella tenda numero due.”
Annuisco, poi mi volto verso la tenda.
“Buon lavoro, Anna-ssi.”

   
 
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