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Autore: Elsa Maria    25/07/2014    3 recensioni
Un angelo si innamorò e per punizione venne scaraventata sulla terra. Una ragazza, ormai rassegnata a sposarsi con qualcuno che non amava, la salvò e si innamorarono; solo che non era permesso e la giustizia calò come una scure sulle loro teste, implacabile, progettata per smorzare il loro amore peccaminoso.
[...] Abbandonerò il mio cuore puro,
se mi sarà possibile viverti ed amarti [...]
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One-shot, song-fic, Fem!TakaoxFem!Midorima/ TakaoxFem!Midorima/ AkashixFem!Takao (in parole povere: triangolo AkaTakaMido); ispirata alla canzone dei vocaloid: Alluring secret (black vow - white vow)
La dedico ad Athenae che mi ha aiutato a scegliere quale ruolo dare a chi!
Avviso: ho tentato di scriverla come se fosse una favola, quindi lo stile di scrittura è abbastanza 'poetico' e i dialoghi sono ridotti al minimo; per cui ho scelto apposta questo nuovo modo per sperimentare anche qualcosa che si incentrasse maggiormente sulla descrizione e pensieri dei personaggi.
Buona lettura!
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Shintarou Midorima, Takao Kazunari
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Alluring Secret

 

Hane otoshita datesi wa
Kagareta chigiri ni mi o yudane te
Aishi atta kako de sae mo
Sono te de kenshi satte stimata no


Angeli che risedete nei cieli, che fate muovere gli astri, non lasciate corrompervi dal peccato che in vita vi ha sempre ammaliato e che avete espiato, lì tra le candide nuvole fate risplendere all'intensa luce del sole le vostre ali dal meraviglioso piumaggio. 
Vivete la meritata pace del sonno eterno.

In alto nei cieli, lontano dagli occhi degli uomini, oltre la sottile linea azzurra che divide l’atmosfera dallo spazio, in quel minuscolo frangente risiede l’accesso alla terra divina, quella terra destinata alle anime buone, conosciuta dagli uomini come: Paradiso. Un mondo distante dalla realtà e dal tempo, fatto di luce e purezza, dove i più candidi desideri prendono forma dalle nuvole che si avvicinano al varco per quella dimensione. Tutto è luce, tutto è gioia, non c’è oscurità, non è ammessa.
Fra il grande popolo celeste, c’era un angelo che tra tutti spiccava: la pelle chiara e delicata come un petalo di ciliegio, gli occhi azzurri quanto l’immenso celeste che la circondava. Se in quel popolo ci fosse stata invidia probabilmente ne sarebbe stata fonte, e ciò che in realtà di lei più piaceva erano i setosi capelli color oro, che rubavano la scena persino alle sue ali dalle soffici piume. Lei, tanto pura, era probabilmente la più incline al peccato; riusciva a sentire ancora un cuore battere nel suo petto, un cuore che sarebbe potuto essere facilmente piegato dalle gioie di una vita più umana che angelica. Era sempre felice, allegra, quel tipo di persona attiva ed esuberante, che riusciva a travolgere tutti, ma in realtà dentro di sé provava una profonda solitudine, e proprio questa le faceva battere il cuore, facendole sentire che dentro, in realtà, così pura non era.
Ci fu poi un giorno in cui venne a far parte del cielo un altro angelo, dai fiammeggianti capelli rossi e gli occhi del medesimo colore, aveva un portamento come pochi, autorevole e forse spaventoso a causa del suo sguardo intenso, abbinato ad un ghigno.
Se ne innamorò. Peccò. E questi la rifiutò.
Al crepuscolo lo squarcio tra i cieli si allargò e da questo fu fatto cadere l’angelo, giù, sempre più giù, in una caduta che le ali non potevano sopportare e rallentare, verso la terra umana, terra sospesa tra peccato e beatitudine.
Vide il sole allontanarsi da lei, i capelli biondi tentare invano d’avvicinarsi a quel sole, in una disperata ricerca di salvezza, perché più alla terra si avvicinavano, più di un nero corvino si tingevano, e quelle ali che al sole risplendevano, sempre più deboli si facevano.
Toccò il duro terreno di pietre con il dorso, facendo arrossare la sua pelle candida, gemendo di dolore non appena provò a risollevare il busto, non riuscendo a percepire le ali che sulla schiena le dolevano. Ferita nel corpo e nell’animo, il povero angelo rimase a terra, fissando il cielo con i suoi occhi del medesimo colore e i capelli oramai non più lucenti che le accarezzavano le spalle e il busto. La sua allegria, il suo bel sorriso spensierato erano dentro di lei e in quel momento si sarebbero voluti mostrare.
“Siete ferita?” Domandò una voce femminile, allungando una mano verso di lei, rivolgendole un’espressione preoccupata. Subito l’angelo si voltò, mettendosi a sedere sui propri polpacci, guardando quella mano che si ritrovò vicino il viso, timorosa. Esitò, prima che la curiosità, sentimento innato, la portò ad esaminarla attentamente e a dubitare: che fosse un inganno? Alzò lo sguardo confuso e sospettoso verso di lei, facendo incontrare i loro occhi. Si trattò di un secondo, di un attimo, quel frangente in cui il suo animo era più debole.
Il cuore palpitò.
Degli occhi fini dalle lunga ciglia e due meravigliose iridi di un verde intenso che ricordavano due pietre preziose, ancora più degli smeraldi troppo effimeri, troppo spenti per essere paragonati a quell’immenso sguardo brillante, profondo; sentiva il desiderio di voler attraversarli alla ricerca di una fine.
Il cuore aveva iniziato a batterle forte, facendolo provare un sentimento mai provato prima, tanto peccaminoso da trovarlo interessante. Tornò a guardare la mano, ancora titubante se accettare o meno quella che poteva essere una gentilezza proveniente da un animo immacolato come da un animo macchiato. Gli umani erano deboli a qualunque tentazione, l’aveva imparato nei secoli in cui li aveva osservati, ma mai si era ritrovata a desiderare di toccare quel peccato, di cui ne vedeva il simbolo in quella mano ricoperta da un guanto nero. Cosa sarebbe accaduto se avesse afferrato ciò che le era offerto?
Un sentimento proibito si fece avanti nella spaccatura formatasi nel suo animo puro, facendole avvicinare la sua mano a quella dell’altra donna, prendendola, stringendola forte, accettando di prendere parte a quel delitto che insieme avrebbero coronato. Quello scelse l'essere celeste, accettò quel battito del cuore, accettò quei sentimenti umani, accettò di distruggere se stesso pur di poter portare a compimento quel dolce, nascente, amore.
Ed ecco là che lo scrigno di Pandora veniva aperto e tutti i mali del mondo furono diffusi; ecco come quell’angelo decaduto accompagnò quell’umana per i giorni che seguirono, dimenticando il cielo, la sua casa, e tutto ciò che era stata la sua vita passata, d’importante da ricordare c’era solo il suo nome.
“Kazumi Takao, è l’unico ricordo di quando ero umana.” Le confidò l’angelo sedendo sulla ringhiera spessa di pietra del balcone che affacciava sull’enorme cortile della villa in cui la sua salvatrice viveva. La notte oramai era calata, i caldi colori del crepuscolo erano svaniti con il sole che era stato inghiottito dall’orizzonte. Agli angeli non era permesso vedere la notte, troppo cupa per le loro anime… Eppure era così affascinante quel manto scuro, illuminato fievolmente da quei piccoli punti di luce: le stelle; ma c’era anche la luna, quel grande cerchio che regnava nel cielo, la figura che spiccava e rubava la scena alle altre, magari non era così bella a causa della sua massa rocciosa, ma la sua imponenza portava a trovarla sontuosa. Quanti spettacoli si era persa nella sua dimensione? Non riusciva neanche più a ricordare cosa di quel luogo privo di colori amava tanto, neanche più la sensazione di pace riusciva a percepire. Sentiva soltanto il suo cuore battere forte davanti tutta quella meraviglia, al pensiero di quella fanciulla che l’aveva attratta in quel dolce peccato.
“Shina Midorima.” Si presentò con un tono altezzoso spazzolandosi i lunghi capelli verdi, con una spazzola dalle setole morbide con il manico d’argento, incastonato da delle pietre. L'altra sentendo la sua voce si voltò a guardarla mostrando il più luminoso dei suoi sorrisi, così candido che faceva a gara con la luna. Da quel sorriso, da quegli occhi, da quell’atteggiamento quasi infantile, lei rimase colpita. Aveva raccolto un angelo, un essere puro per definizione, malgrado quei capelli così scuri tanto simili ai vestiti che indossava, il solo vederla in volto gli infondeva serenità, quiete, colmando quel profondo vuoto marcato da una vita segnata unicamente dall’eseguire impeccabilmente gli ordini imposti, seguendo le regole, non sbagliando mai.
In quei ultimi tempi, in un cui la sua mano era stata promessa ad un uomo, quella stessa mano che quella mattina aveva gentilmente porto a quell’angelo, faceva un triste sogno: riviveva i peccati di cui i suoi abiti erano macchiati, celati nelle profondità del suo cuore, sentimenti soppressi per compiere il suo voto da portare a termine; prima di svegliarsi, giunta al punto che solo una vuota solitudine riempiva il suo cuore rimaneva in silenzio, tendeva al cielo le sue braccia, attendendo l’arrivo di qualcosa… Ma non era mai giunto nulla. E aveva paura di dormire, paura di rivivere quelle emozioni, che sembravano essere state scacciate da quell’angelico sorriso.
E proprio dietro quel dolce e felice sorriso era nascosto quel desiderio proibito, desiderio coltivato in quel suo animo fragile di creatura celeste, e quanti più sorrisi all’altra largiva, più quel folle amore cresceva. Si confidava Shina con lei, passavano tutto il tempo assieme, come estraniate da quella realtà: nuova per Kazumi, pesante per Shina; fuggivano in un mondo tutto loro, tenendosi per mano: impugnando in quella libera una la mela, l’altra il suo voto… Per quanto il destino sembrasse felice, in realtà questo non lo era, non si era dimenticato di loro, affatto, le attendeva al varco di quella terra oltre il reale, impaziente.
E non tardò a presentarsi.
Un pomeriggio da ritorno di un incontro con il suo promesso sposo, Shina ritornò alla sua casa, andando nella sua camera da Kazumi, sperando che la volesse sentire, ne aveva bisogno; per quanto potesse mostrarsi seria e adulta con tutti, persino con l'angelo, dentro di sé sentiva la sua personalità venir oppressa, anche se non l'avrebbe mai ammesso, non si sarebbe mai ribellata, perché quello era il suo destino e doveva lasciar che si compisse. L'angelo era al solito posto, ondeggiando le gambe nel vuoto, con le mani che si reggevano alla pietra, mentre lo sguardo era rivolto al cielo chiedendosi se i suoi fratelli o le sue sorelle la stessero guardando, non sentendo però la mancanza di casa. Aspettava che le si presentasse l'occasione giusta per poter liberare quel sentimento che tanto le riempiva il cuore: l'amore impuro degli umani, non quello compassionevole degli angeli. Venne chiamata dall'altra e le rispose voltando la testa mostrando quel sorriso che l'altra adorava.
“Com'è andata, Shina-chan?” Le chiese girandosi e scendendo dalla ringhiera con un saltello. L'umana osservò i suoi movimenti che per quanto fossero agili, gli sembravano leggiadri, sistemandosi i capelli con una mano e raccontandole la giornata; tralasciò i dettagli inutili e le narrò invece il generale, di come procedevano i preparativi e tutte quelle cose che le avevano ripetuto fino la nausea la madre e la sorella dello sposo. Kazumi l’ascoltava con interesse, facendo una battutina qua e là, guadagnandosi però uno sguardo di disapprovazione da parte dell’altra che appena concluse il suo discorso rilasciò un impercettibile sospiro e guardando davanti a sé, in un punto lontano dallo scenario che le si parava davanti, pronunciò quella frase che diede inizio ai crudeli meccanismi delle vicende future, quelle poche parole che le scapparono dalla bocca: “Quanto vorrei avere le tue ali.”
Fu in quel momento che l’angelo sentì un impulso peccaminoso. Si ritrasse di un passo, poggiandosi una mano nel cuore che sentiva scoppiare. Davanti i suoi occhi aveva la schiena dell’altra, quelle esili spalle, le braccia delicate che poggiavano sulla dura pietra, fredda, della ringhiera, la vita minuta ben delineata dal corpetto le stringeva sotto il vestito e la gonna che la pronunciava maggiormente, le gambe longilinee nascoste dal tessuto nero sorretto da una crinolina; la bellezza che quel giorno aveva visto riluceva alla luce della nascente sera di cui solo una stella era visibile. Non riusciva a respirare a causa dell’emozione, riconosceva del patetico in ciò che provava, in quella sua incapacità di esprimersi, la paura dell’odio; eppure quell’impulso le stava annebbiando la mente.
Morse il frutto proibito.
Lo scrigno di Pandora cigolò.
Alle sue spalle si avvicinò, per un braccio la tirò, il volto con delicatezza le accarezzò per poi girarlo e avvicinarlo al suo. Le ali bianche avvolsero i loro corpi, accarezzando le pelli candide simili per quanto di provenienza diversa. Ci fu uno scontro tra i loro occhi: il verde intenso che incontrava l’azzurro infinito.
Le labbra caste e pure dell’angelo, morbide come un fiore, toccarono le labbra peccatrici e macchiate dell’altra, succose quanto un frutto.
Non un pensiero nelle loro menti in quel frangente, non una parola in grado di scrivere il momento.
Una mossa improvvisa e lesta le divise, una spinta data da quei guanti di seta; con questi si coprì le labbra, completamente rossa, creando un forte contrasto fra i colori che la caratterizzavano, compreso l’abito, e quell'imbarazzo. L'angelo fece un espressione di compassione, rivolta a se stessa, triste: era veramente così pietosa? Il disgusto sulla volta dell'altra ne era l'esempio.
Non odiarmi. Desiderava pronunciare.
Dammi il tuo perdono. Voleva averlo.
Non guardarmi con quello sguardo pietoso. Pensava intensamente. 
Ma quella distanza che si era improvvisamente creata, i loro sguardi ormai lontani.
“Kazu-” Neanche quel nome fu pronunciato che l'angelo scomparve, lasciando dietro di sé solo una piuma delle sue candide ali. 
Mai più al cielo si sarebbe elevata, lei che quel frutto aveva assaggiato. 
Mai più ad altri si sarebbe dedicata, lei che il voto aveva infranto.
Una che aveva commesso.
Una che aveva subito.
Colpevoli di uno stesso dolce peccato che diede inizio agli atti macabri commessi da altri, causati da loro stessi.
In quei giorni come un'ombra Kazumi seguì l'altra in ogni suo movimento, ammirandola come un sogno lontano, intoccabile, nella speranza che il suo desiderio diminuisse, che potesse trovare sollievo, ma nel vedere sul viso dell'altra un'espressione di infinita tristezza non poté che sentire il suo cuore stringersi in continue morse di dolore, aumentando non solo il suo folle amore, ma anche la sofferenza; e ciò la portò a prendere una drastica decisione. 
Shina, di contro, assalita ogni notte da quel sogno triste non poté che continuare imperterrita per il suo cammino, esaudendo i desideri altrui; ormai sola senza l'angelo che accanto le era sempre stata dal loro incontro, ne rivedeva il casto sorriso prima che il sonno l'accogliesse fra le sue braccia di spine. Ciò che le permetteva ancora di andare avanti, ciò che ancora le permetteva di dormire, era proprio colei che sola l'aveva abbandonata; ma non era arrabbiata, d'altronde anche lei con la sua reazione l'aveva allontanata, e solo avendola persa iniziò a volerla nuovamente accanto a sé. 
Accettarono entrambe quella colpa commessa che più sembrava volersi ripetersi. 

Kegarenai kokoro sutete 
Kimi o aishite ikirareru nara 
Kono hane sae kirisutete 
Akuma ni mi o yudanete shimaou

Abbandonerò il mio cuore puro,
se mi sarà possibile viverti accanto ed amarti.
Non esiterò a tagliare le mie ali.
Lasciate che mi consegni al diavolo.

Questo fu il volere dell'angelo. 

Kanashī yume no naka
Waratte te o nigiri shimeta
Sono hito wa dare nano...?
Todoka nai sora no hate made
Anata o sagashi ton de iketa nara
Kono ryōte ni daki shime te
Mō nido to hanasa nai to!
Chikau wa

Nel sogno triste,
qualcuno sorride e mi stringe la mano...
Chi poteva essere?
Fino ai confini del cielo,
vorrei tenerti tra le mie braccia,
e non farti mai andar via!
Faccio il mio giuramento su questo.

Questa fu la speranza dell'umana.

Nel giorno del bianco voto, Shina era pronta a recarsi, vestita del suo nero abito, all'altare per sigillare quel grande progetto di potere in cui lei era rimasta spiacevolmente coinvolta. Lei era l'olio che faceva continuare a muovere i meccanismi delle ambizioni dei più grandi, vittima di esse. Non appena scese da carrozza e arrivò davanti la sacra chiesa, la fecero attendere il suo momento sotto un portico di colonne cesellate dai bellissimi capitelli corinzi; ad una di queste lei si poggiava, respirando pesantemente non potendo più reggere le preoccupazioni altrui che si ritrovava sulle spalle. Tentò di graffiare lo scuro marmo con le piccole unghie, nel tentativo di colpire la fredda pietra con le proprie paure. 
Dei passi marcati sentì avvicinarsi a lei, il tacco di scarpe eleganti battere sul pavimento in pietra; quella persona le si fermò a distanza di qualche passo. Alzò lo sguardo su questa rimanendo come folgorata. 
I loro sguardi si incontrarono. I suoi occhi verdi intensi, tanto che dietro quel velo di tristezza sembrava si celasse una pianura dai ciuffi d'erba inumiditi dalla rugiada, incontrarono quelli del ragazzo azzurri di un infinito, sembrava che quelle piccole iridi racchiudessero, sotto un vetro lucente il cielo al luminoso sole del mattino. 
Il cuore palpitò alla vista di quello sguardo triste così conosciuto. L'aveva già visto, provato. 
Pateticamente nel profondo del suo animo iniziò a sentire un sentimento mai provato prima, tanto peccaminoso da sentirsi macchiata al solo percepirlo. Ma lei era sempre stata nera, quindi non gli fu nuovo, solo diverso. 
Il ragazzo dai capelli corvini le porse la mano, non privando il proprio volto di quel leggero sorriso.
“Sei ferita?” Le chiese con tono pacato, placido con l'acqua di un piccolo bacino, immobile anche alla leggera brezza. 
Lei guardò quella mano che le veniva porta sentendo un desiderio crescente; schiuse di poco le labbra simili a boccioli di rosa non pronunciando alcuna parola. Come un vento impetuoso sull'acqua cristallina dei tumulti si creavano nel suo animo incline al tradimento. 
Non rivolgendo neanche uno sguardo al luogo sacro alle sue spalle afferrò quella mano, decidendo quella a tutto il resto. Quel sentimento patetico che le aveva smosso il cuore aveva radici profonde, lontane... Aveva pensato di attenderlo da una vita. 
Non appena le loro mani si intrecciarono, le rivolse un allegro sorriso, portandola subito via da quel luogo pieno solo d'avarizia e inganni. 
“Dove mi porti?”
“Voglio provare a farti volare.” Pronunciò con ancora quel sorriso sul volto che lasciò la ragazza incantata; nei suoi ricordi si riaccese l'immagine dell'angelo, quella figura che la fece cadere ancora di più nelle braccia di quel ragazzo che le teneva stretta la mano. 
Per nulla al mondo l'avrebbe lasciata, oramai aveva scelto quel destino e l'avrebbe portato a compimento per lei. 
Un pomeriggio passarono insieme, il sole del mattino li guardò vigili, quasi spiandoli da dietro le nuvole, cambiando ogni volta posizione fino a raggiungere quella dell'orizzonte e a questo sembrava aggrapparsi per non lasciarli andare a quel crepuscolo che sembrava troppo intenso, quasi gravasse sulle loro teste, minaccioso. Eppure a loro non il crepuscolo, ma la più buia notte illuminata da una spenta luna li accolse, indecifrabile capire se con cattiveria o benevolenza. Su di un giaciglio, vestita unicamente della sua lingerie sdraiata supina in una posizione erotica, con i verdi capelli sparsi a ventaglio sulla sottile coperta di seta porpora, attendeva il suo amato che non tardò a raggiungerla. Sopra di lei si pose e con passione iniziò a baciarla. L'acqua placida ecco che venne scossa da un vigoroso vento, tanto che procurò turbini in questa che perse forma. Lei sotto di lui si contorceva, graffiandogli la schiena, sentendo al tatto due cicatrici simmetriche della stessa grandezza; lui la baciava, la riempiva d'attenzione vezzeggiando il suo corpo, tenendola stretta a sé mentre insieme si lasciavano risucchiare da un'irrefrenabile frenesia, ormai anche il puro voto era stato abbandonato. Nulla più apparteneva ai due che avevano rinunciato a loro stessi per consumare lo stesso peccato.
Entrambe le mani condividevano lo stesso frutto; si erano uniti in tutto. 
Per quella fragile anima che sotto di sé godeva della loro passione aveva venduto ciò che per sé era più prezioso, per concedersi a lei.
L'altra gli stringeva i capelli corvini, mentre gli accarezzava con una coscia il fianco destro scoperto, distendendola poi sulle coperte sfatte, aggrappandosi a lui. Quel momento non avrebbe avuto limite se non esisteva tempo. Non avrebbe avuto ripercussioni se non ci fosse stato il destino; eppure tutto questo nelle loro menti non trovava spazio, non c'era altro se non l'uno nella mente dell'altro.
Ancora una volta i loro sguardi si incontrarono e entrambi erano umidi della libido che si stavano scambiando, in quel piccolo luogo pieno del loro amore. Sensazioni di calore, piacere, e altro di indescrivibile provarono una volta che la loro unione fu completa. Il ragazzo stringendola al suo petto sentiva che mai l'avrebbe più abbandonata.
Lascia che sia io a guarirti.
Fa leccare a me le tue ferite.
Lascia andare il tuo mondo.
Fatti avvolgere da queste braccia.
Lascia che la passione si impossessi del tuo io.
Fa che questo amore si compia. 
Questo pregò il ragazzo, guardandola supplichevole, mentre questa rilasciava l'ultimo gemito, il più acuto, abbandonando tutti i sensi che si riversarono sul letto; aveva raggiunto l'apice di un piacere incommensurabile... A tal punto che neanche il suo corpo sembrava aver rilasciato tutto. Lui le sorrise accarezzandole i capelli scompigliati, felice di aver potuto condividere fino a quel punto di lei, aver potuto vedere per la prima volta un'espressione differente da quella triste che componeva la sua maschera caratteristica, dalla quale trasparivano solo i suoi occhi, quegli occhi che l'avevano catturato. 
“Shina-chan.” La chiamò stringendola di più a sé con le lacrime di gioia che gli scorrevano sul volto. Quella ricambiò la stretta senza dire nulla, silenziosa, sentendo dentro di sé sentimenti contrastanti... Un profondo vuoto gravava sul suo cuore, e se anche sentiva l'amore per quel ragazzo straboccare, la sua metà ancora nera non le permetteva di provare affondo quel sentimento; eppure lei l'avrebbe voluto amare ancor di più. Nascose il volto nell'incavo della sua spalla non volendo che quei pensieri lo raggiungessero, e chiuse gli occhi sperando di assopirsi presto. Beandosi l'uno del calore dell'altro lentamente si cullavano, e mentre il sonno era pronto ad accogliere Shina in un sogno felice, i suoi occhi che andavano via via chiudendosi riuscirono a catturate un'ala dall'impuro piumaggio, nero come la pece, macchiato da un'imperdonabile peccato. Questa davanti a lei si spiegò per poi piegarsi su di lei in un abbraccio, sfiorandole la pelle nuda e fragile. 
Non ebbe il tempo e le forze di ammirare altro, solo le labbra riuscirono a trasmettere un ultimo messaggio, un'unica parola: “Kazumi.” e pronunciata questa cadde nel sogno felice, composto da rimpianti e solitudine.
Altre lacrime macchiarono il volto del ragazzo al ricordo dell'antico nome che ormai non gli apparteneva più, che aveva lasciato cadere nel profondo oblio prima di se stessa.
“È Kazunari, adesso.” Le sussurrò, assaggiando ancora una volta quelle labbra delicate, accarezzando quei capelli setosi dal colore unico. Si alzò, lasciandola, prendendosi il capo fra le mani iniziando a pensare a ciò che aveva commesso, l'aveva macchiata, eppure pentimento non c'era, era giusto che così fosse e così ormai sarebbe stato; le rivolse ancora uno sguardo, quasi fosse spaventato dal fatto che sarebbe stato l'ultimo.
E lui ancora non sapeva che il destino aveva programmato tutto. Nella maniera più drammatica possibile. 
Quando lei aprì i suoi occhi vi ritrovò lui che la osservava, accarezzandogli il dorso della mano. Lentamente questa levò il busto, arcuando la schiena, facendo scivolare le punte dei capelli che seguivano il suo movimento; gli accennò un sorriso lieve, mantenendo però l'espressione austera, quel volto che sempre presentava per mascherare i suoi sentimenti, e che lui riusciva a smascherare facilmente; catturò le sue dita facendole intrecciare.
“Buongiorno.” Disse per primo alzando all'altezza dei loro petti le mani. Lei rispose con un mormorio, ancora stanca. Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un anello creato con degli steli del fiore che componeva la bellezza del gioiello elaborato semplicemente. Quattro petali di un candito chiarore con sfumature rosee, non adatto a lei, ma per lei l'aveva pensato ed elaborato e l'aveva trovato più che adeguato. Lo ringraziò, felice del gesto, e un altro sorriso nascosto gli rivolse, ma ci pensò lui a sorridere per entrambi, mostrando ancora lo splendore dell'espressione che la riempiva di calore; erano fuori dalla realtà che li attendeva e che aveva appena aperto i cancelli.
Giustizia divina doveva essere fatta e fornito dell'arma un angelo giustiziere discese dal cielo; marcò il manto celeste con i suoi capelli rosso fiamma, una forbice d'argento e oro teneva nel pugno, pronto a portare il verdetto su quella terra. Un peccato troppo grande era stato commesso e la sua ira era troppa, non poteva accettare ciò che era stato fatto a quel dolce angelo che lui stesso aveva rifiutato, ma di cui non aveva mai bramato tale destino e che ancora fra le proprie braccia avrebbe voluto stringere. La sentenza era stata decretata e lui l'avrebbe portata a compimento così che l'amata creatura celeste si sarebbe potuta riunire in cielo ai suoi fratelli e le sue sorelle, avrebbe cancellato i suoi peccati. Ecco che vide su di un prato seduta delicatamente su di questo, con la gonna nera fatta di pieghe e balze completamente aperta, che poggiava la propria stoffa pregiata sui ciuffi d'erba ormai asciutti della rugiada mattutina, la donna di cui l'angelo si era innamorato, accarezzava un anello che portava al dito guardandolo amorevolmente, ma anche malinconicamente come se nella sua mente stessero riaffiorando infelici ricordi e le sue labbra si increspavano a pronunciare un nome che non apparteneva più alcuna dimensione. La rabbia che era nei passi marcati dell'angelo dalla chioma rossa bruciavano il terreno e quando iniziò a correre procurando un fruscio che superava il suono del vento, Shina si voltò verso questo rumore pensando ingenuamente fosse il suo amato, invece... Dritta nel petto la forbice d'argento penetrò la ragazza nera come la pece; sentenza fu fatta.
Sul prato, si accasciò il candido corpo, i capelli verdi lunghi a cui lei prestava una cura particolare si sparpagliarono, confusi, come tentacoli che cercavano di appigliarsi al filo della vita ormai reciso.
Distante da lei, rotto, giaceva l'anello, adesso informe. 
Il ragazzo arrivò poco dopo e davanti il suo sguardo si parò quel macabro scenario; il verde di cui erano tinti gli occhi spenti era macchiato di sangue, tutto lo era anche l'abito nero; da lei corse come un matto, come se ci fosse ancora una possibilità. Le argentee forbici erano ancora conficcate nel cuore dal quale la calda sostanza rossa continuava a sgorgare rendendo lei fredda. Le alzò il petto, la sua testa strinse a sé, mentre con le lacrime che al sole rilucevano guardò il cielo arrabbiato, urlando contro quello squarcio che l'aveva privata di ciò che a lei era più caro. 
Ma la colpa era sua. Lo sapeva, non la dava a nessun altro. E quella mancanza doveva pagare. Si chinò sull'altra facendo toccare le loro fronti, la sua bollente, l'altra ghiacciata. Il respiro usciva affannato e le lacrime, che come il corso di un torrente, venivano spinte lungo il volto, ricadendo sull'altro. Queste ultime parole le rivolse prima di compiere un miracolo:
“Mia cara, che giaci fredda, passerò tutta la mia vita con, voi, come ho giurato in quel giorno. Il mio peccato contro Dio... Tutti i miei peccati dovrebbero essere pagati con la morte. E così io morirò per te; questo è il mio destino.” 

L'angelo cadente senza ali, liberatosi dal contratto pattuito con il diavolo donò la sua ultima ala, la sua ultima speranza di vita alla sua amata; salvandola. 
All'ultimo frangente, quando Shina iniziò ad aprire gli occhi tornando a vedere, come se quel sonno eterno che l'avrebbe dovuta accogliere era stato solo un semplice capogiro, un sonno improvviso, incontrò gli occhi azzurri infinito del ragazzo, bagnati di lacrime piene di amarezza, ma l'espressione era felice e quel volto... Allungò le mani per afferrarla, chiamando il suo nome, ma proprio mentre tentò di toccare la pelle dell'angelo amato questo svanì dalle sue mani, l'aria strinse e solo una piuma nera rimase al posto dell'angelo.
Svanì.
L'urlo disperato e struggente della ragazza che invocava più volte il nome di Kazumi si perse nel vento come un eco, un lamento remoto che a nessun orecchio sarebbe potuto giungere, solo a quella creatura che vendetta aveva compiuto e senza rimpianti la scena dall'alto vedeva, certo della sua giustizia compiuta... Se quello fu il desiderio ultimo dell'angelo peccatore allora non sarebbe intervenuto, tanto da mortale anche l'altra ragazza sarebbe morta e il destino, come si era dimostrato, poteva essere crudele con chi era meritevole di tale destino. 
E stringendo quell'ultima reliquia pianse e pianse.

Per quanto poi il futuro fu diverso e più lieto, ciò che lei e l'angelo avevano commesso nel suo cuore era rimasto impresso; quel peccato imperdonabile sarebbe rimasto conservato fino alla fine. Ed ogni mattina, quando Shina si risvegliava la mattina, pronta a consumare la vita che dall'amata le era stata concessa, e il suo sguardo volgeva fuori la finestra sentiva in lei la decisione di espiare i proprio crimini, per poter levarsi quell'abito nero ed indossarne finalmente uno bianco per far diventare di questo colore tutto ciò che amava. Questo si era ripromessa di fare nella nuova vita; e quel voto bianco per poter cancellare il voto nero ogni mattina si ripeteva. 
E questo per lei. Con la speranza di poterla rincontrare ancora. 

E solo quanto il frutto del peccato sarà insulso potranno incontrarsi di nuovo,…

…Sono hi made
 






Angolo dell'autrice:
Et voilà! Rieccomi con questa fan fiction becera dove è difficile capire il vero io del personaggio! Mettiamola così: essendo la versione scritta e riportata in un altro fandom di una canzone dei vocaloid, ho tentato di trovare quella via di mezzo che c'è fra il carattere dato al vocaloid nella canzone e al personaggio scelto; dato che, avendo puntato alla descrizione, purtroppo non sono riuscita a far uscire il carattere dei personaggi neanche attraverso i dialoghi! E di solito io mi baso soprattutto su questi (ho un debole per i botta-risposta). Comunque, parlando della canzone: la traduzione non è mia, ma di una bravissima youtuber: VocaloidTranslator e a lei vanno tutti i diritti della traduzione! Ecco il video della canzone se siete interessati, e troverete anche il suo canale: http://www.youtube.com/watch?v=Y6haATR2u_s 
E' stato estremamente complicato decidere a chi far fare cosa, inizialmente Miku doveva essere Akashi! Mentre l'angelo vendicativo Midorima; però dopo una, più o meno, approfondita analisi, ho preso la decisione di cambiare e dare il ruolo di Miku a Midorima, e non per i capelli verdi, ma Midorima che uccide per Takao un'umana l'ho pensato irreale (soprattutto per il dettaglio che uccide), come Takao che si sacrifica per Akashi, sarebbe stato un bell'esperimento per una crack, ma dato il triangolo ho pensato fosse più adeguato fare l'altra protagonista femminile Midorima... Non credete anche voi sia stata la scelta migliore? Su Takao angelo non avevo dubbi, era perfetto per il ruolo, e dato lo scenario drammatico e la canzone stessa, credo che lui per Midorima sacrificherebbe la vita. Ringrazio subito Athenae che è stata un fondamentale supporto per far nassere 'questa cosa' considerado che questo stile di scrittura nemmeno mi appartiene! (Ha salvato il mondo di efp da ripetizioni e ripetizioni!) 
Volevo anche dire due parole sulla scelta dei nomi: per quello di Takao mi sono lasciata aiutare da una ragazza che conosce il giapponese e le ho chiesto come si poteva mutare, mentre per Midorima ho cercato su internet e ho notato che alcuni nelle fan fiction usavano Shina e così ho deciso di fare anch'io.
Cos'altro? La parola finale l'ho lasciata appositamente in giapponese e (dovrebbe essere così, sono certa al 98%) significa: "ma fino ad allora..."; non prendetevela con me, ma con chi ha scritto la canzone! Riferimenti presi anche dalla canzone Alluring secret white vow, che è dal punto di vista di Miku (quindi Shina) e li ho congiunti con la prima canzone che è la storia. 
Spero sinceramente di non aver annoiato! E scusate lo stile un po' noioso, ma come ho precisato l'ho scelto apposta per raccontare! Non credo avrebbe avuto un bell'effetto se l'avessi scritta come se fosse una narrazione... 
Detto ciò ed avendo chiarito abbastanza punti: Lasciate recensioni, eh! Devo sapere cosa pensate! E' una necessità! Inoltre esistono anche i pulsanti, quello per le storie preferite ricordate seguite... Se ne vale la pena cliccateli, per favore! 
Quinidi...
Here we Go! 

 

 

   
 
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