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Autore: MiaBlack    25/07/2014    9 recensioni
Seguito di "Carpe diem tutto accade per una ragione"
La storia si colloca nella seconda stagione, Felicity conosce già Oliver. ma Oliver non se lo ricorda, non ha riconosciuta la bella informatica e lei non si prodiga a farsi riconoscere anzi cercherà di evitare che lui lo scopra, ma Felicity nasconde un segrete un grosso segreto. Cosa accadrà quando il suo segreto sarà sul punto di essere rivelato, quanto sarà disposta a fare perchè Oliver non venga a sapere quello che nasconde.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Nuovo personaggio, Oliver Queen, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La storia che tutti stavate attendendo con ansia sta prendendo forma!
seguito di Carpe diem "tutto accade per una ragione" che vi consigli di leggere prima di leggere questa (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2491963&i=1) e' finalmente in fase di scrittura e qui davanti ai vostri occhi c'è il primo capitolo:
 

What? really? My ...


capitolo 1


Era notte fonda, tutta la città era ormai andata a dormire, anche i cattivi che cercavano in tutti i modi di rovinare la tranquillità di quella città quella sera avevano deciso di rimanere chiusi in casa, il freddo e la pioggia, che da quel pomeriggio si era abbattuta sulla città, era stata sicuramente uno dei motivi di tanta calma. Ma non tutti dormivano, c’era chi nonostante la pioggia battente, il freddo e l’ora tarda era ancora a giro per le strade desolate della città.
Una ragazza aveva appena parcheggiato la macchina nel garage del suo palazzo e rapidamente, per quanto i tacchi alti le permettevano, stava raggiungendo il portone dell’appartamento.
Silenziosamente aprì la porta di casa, all’interno non si sentiva nessun rumore, le luci erano spente, si sfilò i tacchi così da non produrre alcun suono mentre camminava sul parquet scuro. Chiuse la porta a chiave, posò la borsa e il cappotto su uno scatolone vicino alla porta d’ingresso, c’era talmente tanto caos in quel posto che nessuno avrebbe fatto caso se avesse abbandonato li la sua roba.
-Felicity Megan Smoak. – sentendosi chiamare la bionda si voltò, le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando era solo una ragazzina e veniva colta a fare qualcosa che non doveva fare.
-Mamma!- esclamò la ragazza cercando di non urlare, la donna davanti a lei la guardava seria, gli occhi azzurri erano fissi nei suoi e poteva leggere chiaramente la disapprovazione del suo comportamento, sul suo viso.
-Ti sembra questa l’ora di tornare? – chiese, lei guardò il piccolo orologio che aveva al polso, le tre di notte, per essere stata una serata fiacca aveva fatto dannatamente tardi, forse più tardi del solito.
-Mamma sono grande non puoi aspettarmi alzata per farmi la predica. – esclamò cercando di ignorare la donna, aveva ventiquattro anni e aveva una sua vita che a sua madre piacesse o no, lei poteva tornare anche alle sei del mattino, erano problemi suoi.
-Invece sembra che te la debba fare, mi spieghi cosa fai tutte le sere fino a quest’ora? Capisco che tu debba lavorare, ma ogni dannata sera? Felicity! Spiegami! – chiese la donna preoccupata, sua figlia era sempre stata una ragazza con la testa sulle spalle, poi alla fine del liceo un incontro sbagliato le aveva quasi rovinato la vita, ma nonostante quell’intoppo, la vita che si era costruita era quella che aveva sempre sognato, ci aveva messo più impegno e fatica, ma aveva ottenuto ciò che fin da piccola desiderava e lei non poteva che essere orgogliosa e felice per sua figlia, ma da un anno a quella parte il comportamento era cambiato, qualcuno era entrato nella sua vita e la stava portando sulla cattiva strada.
-Mamma! Avevamo fatto un accordo, tornavamo a vivere insieme, ma non ti impicciavi della mia vita.-esclamò decisa superando la donna ed entrando nel corridoio scansando altri scatoloni che erano posati nel mezzo bloccandone il passaggio.
-Dovrei stare zitta? Felicity, mi spieghi cosa stai facendo? Ti ricordo che hai delle responsabilità, hai fatto determinate scelte, non puoi fingere che non esistano. – chiuse gli occhi e accusò il colpo che sua madre le aveva rifilato, nemmeno se le avessero tirato un cazzotto nella bocca dello stomaco avrebbe sentito tanto male; sua madre era una vera esperta nel far male con le parole, arte che ovviamente lei non aveva ereditato.
-Non fingo che non esistano! – rispose lentamente pesando con cura le parole, come poteva dire una cosa del genere, ogni momento della sua giornata lei lo passava pensandoci, si chiedeva costantemente cosa stessero facendo e se stessero bene era un pensiero costante che non poteva allontanare dalla sua mente, nemmeno mentre guarda Oliver mezzo nudo allenarsi al covo.
-Mi pare di si, in questo ultimo anno, sei cambiata, non ci sei mai a casa sei sempre a lavoro, sei strana se suona il telefono vai via di corsa. – insistette la donna.
-Mamma basta. E’ semplicemente lavoro. – rispose esasperata, quello non era certo il primo agguato che la donna le faceva e tutte le volte si dicevano sempre le stesse cose.
-Lavoro non pagato ovviamente. – roteò gli occhi, come poteva spiegare che non poteva essere pagata per il lavoro che svolgeva per Arrow al covo, se solo avesse saputo che aiutava il giustiziere le sarebbe venuto un infarto e sarebbe morta, quello era un segreto che le avrebbe impedito di rimane orfana.
-Mamma non essere sciocca. Ci sono stati problemi? – chiese cercando di cambiare discorso, ormai era diventata una conversazione noiosa e monotona.
-Nessuno. –
-Bene, buona notte! – Felicity aprì la porta di camera sua e fece per entrare, voleva cambiarsi, mettersi qualcosa di caldo e asciutto, per poi infilarsi sotto le coperte per dormire almeno cinque ore, prima che la sveglia suonasse e lei si dovesse alzare per un'altra giornata di lavoro.
-Felicity, ti sei già fatta rovinare la vita, perché dai a quel ragazzo così tanto potere su di te? – ovviamente sua madre non era completamente stupida, anche se aveva provato a tenere segreto quel dettaglio lei lo aveva capito e ora che era tornato nella sua vita sua madre non aveva certo evitato di evidenziare come la sua vita fosse stata nuovamente stravolta da lui.
-Non gli do nessun potere mamma, è solo lavoro. – rispose lei lapidaria, poi entrò e si chiuse la porta alle spalle, inutile cercare di nascondere la verità a quella donna, lei sapeva tutto, anche quello che ancora non era chiaro a te, lei già lo sapeva.
Rimasta sola in camera Felicity si cambiò e si avvicinò alla porta, aveva sentito la porta di sua madre chiudersi segno che finalmente era andata a letto, se ne andò in cucina a prendersi un bicchiere d’acqua, anche li c’erano scatoloni ovunque e gli oggetti erano ancora per metà imballati, le sarebbe servito un clone per finire di sistemare casa, era uno tre mesi che si erano trasferiti in quell’appartamento e ancora la maggior parte della roba era imballata e riposta nelle scatole.
-Prima o poi metterò tutto a posto, lo giuro. – disse Felicity mentre batteva contro una scatola lasciata in mezzo alla stanza.
Prima di tornare in nella sua stanza attraversò nuovamente il corridoio e aprì la porta in fondo per controllare che tutto fosse tranquillo.
 

Il sole era sorto troppo presto, un raggio dispettoso era filtrato attraverso le tende scure non perfettamente tirate colpendo il viso della giovane ragazza che stava dormendo, quando la tenue luce si fece più forte, la ragazza si mosse infastidita, si portò una mano sul viso e si girò cercando di evitare il raggio. Ancora addormentata allungò la mano verso il comodino dove la sua radiosveglia era posata, l’infernale oggetto segnava le sei e cinquantacinque del mattino, tra meno di cinque minuti l’apparecchio avrebbe iniziato a produrre l’irritante suono che l’avrebbe costretta ad alzarsi, lanciò l’oggetto poco delicatamente sul letto accanto a lei, voleva dormire, possibilmente per due giorni di fila. Voleva che quel coso non suonasse, che il sole tornasse dall’altra parte del mondo e che la realtà non fosse così dannatamente vogliosa di abbattersi su di lei, ma ovviamente i desideri sono solo sogni che non sempre si avverano. La sveglia non aveva ancora suonato che la porta di camera si aprì lentamente, sentì dei passi leggeri percorrere la distanza tra la porta e il letto e poi qualcuno lanciarsi sopra.
-MAMMA! SVEGLIAAA!!! – l’urlo non la colse di sorpresa, allungò le braccia e tirò a se l’essere pestifero che era saltato sul suo letto per svegliarla.
-Ma allora sei sveglia!?- chiese stupido il nuovo arrivato, Felicity sorrise con gli occhi ancora chiusi.
-Si amore, sono sveglia, ma tu non devi fare questi urli, mi farai morire d’infarto. – lo prese in giro lei mentre lo stringeva a se, quello era uno dei momenti che amava di più, quei cinque, dieci minuti che si concedeva tutte le mattina per abbracciare suo figlio, sapeva di essere una pessima madre e se solo se ne dimenticava per un secondo, sua madre glielo ricordava, non c’era mai a casa, aveva pochissimo tempo da dedicargli e la maggior parte delle volte che era in casa aveva un sacco di cose da fare, ma ogni giorno, ogni dannatissimo giorno lei faceva di tutto per ritagliarsi quei minuti la mattina e un po’ di tempo la sera.
-Pronto per andare a scuola Robert? – gli chiese, il bambino si era infilato sotto le coperte e abbracciava la madre mentre si lasciava coccolare e ricoprire di baci.
-NO! Voglio stare a casa con te! – rispose lui mettendo il broncio. Felicity rise e si costrinse ad aprire gli occhi, il suo amore era li tra le sue braccia che la guardava, gli passò la mano tra i capelli biondi, gli occhi azzurri la fissavano speranzosi di ricevere quel regalo, niente scuola, ma un giornata intera con lei.
-Non si può, tu vai a scuola io vado a lavoro. – rispose sorridente.
-Uffy! Mi vieni a prendere te a scuola? – ancora una speranza che la donna avrebbe dovuto infrangere.
-No amore, viene la nonna, poi tornate a casa e io arrivo! –
-Prima però venivi sempre a prendermi… Non è giusto. –
-Robert, lo sai che sono stata promossa a lavoro ora ho molte più responsabilità e faccio più tardi. – era una cosa che gli aveva spiegato molte volte, ma sapeva che era un concetto difficile da far capire ad un bambino di cinque anni.
-Non puoi tornare a fare il lavoro di prima? – quando era solo una tecnica informatica il suo orario era diverso, alle cinque faceva festa e poteva tranquillamente andare a prendere suo figlio a scuola e passare con lui il resto del pomeriggio, ma da quando era diventata l’assistente di Oliver i suoi orari si erano allungati, certe sere rimaneva in ufficio fino alle sette, tornava a casa e aveva appena il tempo di preparare la cena prima di uscire nuovamente per andare al Verdant, dove il lavoro per il vigilante l’aspettava.
-Amore mio, il nuovo lavoro ci ha permesso di cambiare casa, non ti piace? – lui scosse la testa, l’appartamento dove vivevano prima era leggermente più vicino a the Glades, non tanto da essere danneggiato dal terremoto, ma abbastanza per aver percepito la scossa e aver fatto capire alla donna che era più sicuro spostarsi verso il centro di Starlyng City. Il nuovo appartamento era molto più grande, aveva due camere in più e un salotto molto più spazioso, certo oltre alla casa più spaziosa avevano anche ottenuto sua madre, ma era stupido pagare due affitti quando la donna era praticamente sempre a casa sua.
-Ti prometto che appena ci sarà il bel tempo ti porterò ai giardini e staremo insieme tutto il giorno. – gli promise.
-Prometti?- chiese lui scostandosi un po’ dal corpo caldo per poterla guardare negli occhi.
-Promesso. –
-OKAY! Vado a vestirmi! – il bambino scivolò giù dal letto e corse fuori dalla stanza.
-PRIMA PERO’ LAVATI! – gli urlò dietro lei mettendosi seduta sul letto, con un colpo spense la sveglia che aveva iniziato a suonare in quel momento, si sarebbe volentieri ributtata sul letto e seppellita sotto le coperte, ma non poteva farlo, aveva la colazione da preparare, la doccia da farsi, accompagnare il piccolo uragano a scuola e poi iniziare la sua giornata lavorativa, chiuse gli occhi pregando silenziosamente che Isabel non decidesse di stressarla anche quel giorno, anche se dal viaggio in Russia si era decisamente calmata, forse il fatto che Oliver se la fosse sbattuta l’aveva tranquillizzata, non c’era nessuna relazione tra lei e il capo, certo però faceva male.
-Dannatamente male. – sbuffò lasciandosi cadere sul letto e fissando il soffitto.
-MAMMA! IO HO FAME! – sorrise e scese dal letto, la sua vita la stava reclamando.
-Arrivo amore! Ti sei lavato e vestito? – chiese mentre usciva dalla stanza. Se ne andò in cucina e mise su il caffè, mentre iniziava a preparare la colazione al figlio.
-Giorno Felicity. –
-Buongiorno mamma. – la madre di Felicity entrò in cucina sorridendole, la rabbia del giorno prima era già scomparsa, quella donna era veramente lunatica.
-Amore? Che fine hai fatto? – chiese Felicity mentre metteva sul tavolo un bicchiere di succo e tutto l’occorrente per fare colazione.
-Eccomi! – Robert comparve tutto sorridente e nudo come un verme in cucina.
-Amore!? –
-Non trovo i pantaloni neri . – si lamentò lui rubando dal tavolo un biscotto e iniziando a sgranocchiarlo.
-Metti questo e mangia! – Felicity si tolse la vestaglia e la passò al bambino che se la infilò e si accomodò. Felicity se ne andò in camera del figlio, anche li c’era il caos, forse tra tutte le stanze quella era quella più caotica di tutte. Iniziò a cercare nell’armadio i pantaloni che il figlio voleva, tutti i giorni era la stessa storia, voleva quei pantaloni, ma non saltavano mai fuori, chissà che fine avevano fatto, magari erano addirittura andati perso nel trasloco. Dopo dieci minuti in cui aveva aumentato il caos, Felicity buttò una maglia e un paio di pantaloni della tuta sul letto, al diavolo mandarlo a scuola figo, tanto sarebbero andati in giardino e lui sarebbe tornato a casa ricoperto di fango.
-Robert, non li ho trovati, prometto che salteranno fuori! Ma per oggi mettiti quello che ti ho posato sul letto… -
-Me lo dici tutti i giorni! – come dargli torto ogni giorno li prometteva che avrebbe trovato quei benedetti pantaloni, ma tutte le volte era troppo occupata a cucinare e a lavorare per mettere in ordine.
-Giuro amore, stasera sistemiamo la tua camera. Ora mangia io vado a fare la doccia. – gli diede un bacio sulla fronte e uscì dalla cucina, guardò l’ora poteva farcela a non arrivare a lavoro tardi.
-Visto nonna te l’ho detto che l’avrei convinta. – fece il bambino tutto contento.
-Ho visto, sei stato molto furbo, ma sai, prima o poi tua madre scoprirà che hai nascosto i pantaloni sotto il materasso. –
-SHHH!! Non farti sentire, è il nostro segreto ricordi? – il piccolo abbassò la voce sperando che la madre non lo sentisse. Felicity appena fuori dalla cucina sorride era veramente una piccola peste tutto suo padre.
 
Continua….

Questo è il primo capitolo della storia, ho deciso di postarlo ora perchè settimana nuova parto: io, la mia amica (quella famosa della scommessa) e il suo portatile, questo è il mio modo per dirvi che STO scrivendo la storia, odio pubblicare qualcosa che non è nemmeno vagamente pronto, perchè poi non riuscirei ad essere puntuale con l'aggiornamento, ma ormai mi conoscete quindi, QUESTO è il primo capitolo, io durante agosto continuerò a scrivere ancora, ma il secondo capitolo arriverà a SETTEMBRE, lo so mi odiate! Ma mia avete chiesto voi di scrivela e io vi accontento.
Prima di lasciarvi e di augurarvi buone vacanze c'è un altra cosa da dire...
SONO SU FACEBOOK mi trovate con il nick di MiaBlack EFP se volete aggiungermi fatelo anche perchè se avessi bisogno di voi di per sondaggi, o solo per chiedere consiglio per la storia potrei facilmente coinvolgervi come ho fatto con "solo strane coincidenze"

Quindi che dire BUONE VACANZE ci vediamo a Settembre
Un bacione Mia
   
 
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