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Autore: Clara Holmes    26/07/2014    1 recensioni
"Se ne stava sempre compita, appollaiata sul bordo della sedia, beveva a piccoli sorsi e mangiava a piccoli bocconi e lui, estatico, mettendo su un cipiglio vagamente annoiato, la osservava."
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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01.

Prese a tamburellare con le dita sul piano del tavolo, per poi abbandonare il capo contro il palmo della mancina. Tacque in contemplazione della sua potenziale interlocutrice e, mettendo su un cipiglio divertito, le chiese cosa l’avesse spinta ad intraprendere quel percorso di studi. Decise di concederle il beneficio del dubbio e, traendo un profondo respiro, con un cenno del capo, la congedò. Fu allora che la vide. Se ne stava lì, addossata alla parete, stretta nel suo completino di tweed. L’incarnato pallido, su cui spiccavano le labbra rosee e le sopracciglia marcate, aveva un che di malato. Gli piacque e, pur tuttavia, in principio la detestò.

02.

La cannuccia stretta fra le labbra ed i lunghi capelli color del pane spettinati, era letteralmente appollaiata sul bordo di un’aiuola. Aveva ambedue le sopracciglia aggrottate e lo sguardo perso nella contemplazione del vuoto. Mise su un cipiglio divertito, per poi schioccarle le dita sul naso. Squittì di dolore, la ragazzina, nel mentre sgranava i grandi occhi scuri, dal taglio orientale, e schiudeva le labbra, sorpresa.
«Non dovresti essere qui.», le disse, con tono annoiato, «La tua presenza mi disturba.»
Le offrì la mancina, per aiutarla a rimettersi in piedi, e poi le assestò una poderosa pacca sulla schiena. Trattenne il respiro, la ragazzina, nel mentre gli scoccava un’occhiata ricolma di sottintesi.
«Va bene, – si arrese, concedendole il beneficio della proprio attenzione – ora che cos’è che vuoi?».
«Una possibilità.»

03.

Le sorrise beffardo. I capelli stretti in un nodo sulla nuca, il camice bianco dalle maniche arrotolate ed una chiave inglese saldamente stretta nella mancina, quella ragazzina, quella potenziale seccatura, ci stava dando letteralmente dentro. Aveva la punta del naso nera di grasso e le guance picchiettate di rosso, eppure se ne stava lì, diligente ed impettita, a fare il suo lavoro d’officina. Applaude, nel mentre ride. Quando, all’incirca tre settimane prima, se l’era ritrovata lì, dall’altra parte della cattedra, stretta nel suo completo di tweed, non le aveva neanche concesso il beneficio del dubbio.
«Potrai anche avere un certo talento per la fisica, ragazzina, ma, stando alla tua faccia, un propulsore neanche sai cosa sia.», le aveva detto, e lei, mettendo su un cipiglio famelico, prima di andarsene, gli aveva sorriso.

04.

Doveva essere un sabato sera come tanti, all’insegna anticonvenzionalismo, e lui se l’era ritrovata lì, stretta in una gonna troppo corta per i suoi standard, appollaiata su di uno sgabello. Aveva la tendenza ad appollaiarsi, la ragazzina, ed a risultare sin troppo compita ed elegante anche in determinati contesti.  Le schioccò nuovamente le dita sul naso, come aveva fatto due giorni addietro, e poi le offrì un sorso del proprio drink analcolico. Nel mentre sorseggiava il suo drink, la ragazzina continuava imperterrita a contemplare il soffitto a volte della sala.
«Tendi ad estraniarti sin troppo spesso: non sarai mica un po’ tocca?», le domandò, picchiettandole con l’indice una tempia. La ragazzina, in tutta risposta, gli sorrise. Lo faceva spesso.
«Questo drink è inservibile.»
«In tal caso, restituiscimelo.»
«E’ inservibile, non imbevibile. Ha un discreto talento per la chimica, lei: il numero di moli dei singoli componenti è perfettamente bilanciato. Non è mica il solo a dedicarsi agli esperimenti culinari, sa?».
Aggrottò ambedue le sopracciglia, concedendole il beneficio della sua sorpresa, e fu allora che si decide a soppesarla, critico, con lo sguardo, una volta per tutte: ha il naso dritto, le guance pallide, le labbra rosee ed i penetranti occhi scuri, contornati da ciglia chiare e non particolarmente folte, brillano d’intelligenza ed impertinenza; ha la mandibola squadrata e porta i lunghi capelli color del pane, lisci e pari, rabboccati dietro le orecchie piccole.
«Sei incredibilmente fastidiosa, per essere così piccola.», osservò, con disarmante sincerità, nel mentre arricciava il naso, disgustato.
«Dimentica che ho una scarsa attitudine al dialogo.»
«Ebbene, taci.»
E lei tacque.

05.

Era trascorsa appena una settimana, un lasso di tempo relativamente trascurabile, eppure avrebbe potuto osare definirsi di già una variabile dipendente. La ragazzina mulinava i suoi lunghi capelli, ridendo gioiosa. Rincorreva i colombi, alla stregua di una bimbetta, destando lo stupore dei passanti. Quel prototipo di donna, quello scricciolo in gonnella, aveva talento.
«Guardo all’universo come guarderei ad una tela ancora sbozzata.», gli aveva detto quel mattino, picchiettandogli con l’indice il dorso della mancina. Disquisiva di esoscheletri e meccanica orbitale, la ragazzina, con disarmante facilità, sorseggiando il suo tea English breakfast allungato con il latte. Adorava i biscotti al burro e la marmellata di albicocche, beveva il caffè amaro, e nutriva una certa avversione per lo zucchero e per il miele. Se ne stava sempre compita, appollaiata sul bordo della sedia, beveva a piccoli sorsi e mangiava a piccoli bocconi e lui, estatico, mettendo su un cipiglio vagamente annoiato, la osservava.

06.

Ancora una volta al di là della cattedra, sorridendo famelica, la ragazzina attendeva. Lui, le dita intrecciate all’altezza della giugulare, per la prima volta nella sua triennale esperienza di assistente, era indeciso.
«Ed ora che hai piena cognizione di cosa si intenda per propulsori, che cosa hai intenzione di fare?».
«Ringraziarla.»


07.

Ha il fiato corto. Il volto della ragazzina ad appena un palmo dal suo e le sue cosce magre strette attorno ai fianchi, quel grave impedimento fisico, quegli abiti, cominciano a divenire superflui. Non doveva andare così. Continuano a scrutarsi, i nasi arricciati e le labbra secche stirate in due sorrisi famelici gemelli. Non era esattamente così che la ragazzina aveva pensato di ringraziarlo, eppure, ora che ha modo di rimirare i suoi grandi occhi azzurri così da vicino, non può fare a meno di guardare a quel giovane uomo, a quello spocchioso dottorando in ingegneria aerospaziale, animata da genuino interesse, che trascende l’ambito scientifico. Geme, quel giovane uomo, respirando forte fra i suoi capelli. La ragazzina, inarcando appena la schiena, ormai priva della costrizione degli abiti, gli si concede con disarmante docilità, mugugnando ogni qual volta il suo bacino ossuto si scontra con il suo. Ed è quando la ragazzina gli è sopra, le labbra tumide ed il seno pressappoco inesistente a contatto con il proprio nudo petto, che si ritrova a considerare che, tutto sommato, quella ragazzina è riuscita a piegarlo. La stringe a sé, protettivo, nel mentre lei, nel suo orecchio, sussurra dei versi Yeats.

 
«I heard the old, old men say
'All that's beautiful drifts away
Like the waters.'»
  
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