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Autore: Ellie_x3    26/07/2014    8 recensioni
"Aya, hai davanti a te un uomo che ha disperatamente bisogno di capire l'amore. Non posso cantarlo ignorando che cosa significhi e temo, ormai, che senza aiuto non ci riuscirò più."
[Dal Primo Capitolo]
Tomoyui Aya ha ventotto anni, un gatto, un lavoro da impiegata e due amiche in cui crede fermamente. Vive a Tokyo, ma non ha mai capito come questo dovrebbe implicare per forza una vita avventurosa.
Ryosotsukoi Yuu sa quali opportunità può offrire la capitale: con lui è stata più che generosa. All'alba dei trent'anni è il frontman della band più famosa del momento anche se spesso, per non dire sempre, i suoi problemi urlano più forte del successo.
Potrebbero piacersi, se non ci fosse solo un piccolo problema: tutti sanno che la vita non è un manga per ragazze.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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I


 

Il fatto è che non mi è mai piaciuto non sapere qualcosa.”
-Yuu


 

Normalità, per Tomoyui Aya, era sedersi sul divano con una tazza di tè fumante.
Era attendere la pioggia serale con il sorriso sulle labbra ogni estate, poiché tutto ciò che si ripeteva ciclicamente le dava pace. Era accoccolarsi insieme a Ringo, il suo Bombay troppo piccolo per essere un gatto e troppo grande per essere un topo, sotto le coperte e sintonizzarsi su Fuji TV.
Quella sera non fece eccezione.

Rientrò in casa, si chiuse la porta alle spalle togliendosi al contempo le scarpe -un giochetto d'abilità che aveva imparato subito dopo l'università, quando si era trasferita nel minuscolo monolocale che da anni chiamava 'casa'- e gettò le chiavi sul mobiletto d'ingresso. Il parquet era bollente, scaldato dal forte sole di Luglio.
Normalità era anche maledirsi per essersi nuovamente scordata di abbassare le persiane, ma ormai era andata così.
“Sono a casa,” salutò, senza aspettarsi altro benvenuto che il miagolio di Ringo. Non tardò, naturalmente: era un gatto affettuoso, il suo, e anche discretamente affamato.
Aya sospirò, guardandosi attorno e sentendo, per la prima volta, un certo senso di disagio; stress, l'avrebbe chiamat qualcuno.
Nulla era cambiato rispetto alla mattina quando era uscita, eppure il suo mondo si era riempito di risposte che non avrebbe voluto sentire e domande che ancora non era pronta a porsi. Forse per questo, quando andò a sistemare la borsa vicino al divanetto, non se la sentì di posare anche la cartella medica che teneva tra le mani.

Accese la tv prima di spostarsi nel cucinotto, con la voce di Tomohisa Yamashita che improvvisamente riempiva l'appartamento: era martedì e, come ogni settimana, davano le repliche di Proposal Daisakusen.
Se fosse stato un giorno qualsiasi, Aya si sarebbe affrettata a riempire la ciotola del gatto che le si strusciava tra le caviglie e a preparare un bollitore, e senza dubbio avrebbe cercato di perdere il meno possibile di uno dei suoi serial preferiti.
Tuttavia, quella sera si mosse con estrema lentezza, facendo attenzione che la cartella di plastica che teneva in mano non si sgualcisse quando la posò sul tavolo da pranzo e accarezzando distrattamente Ringo quando questi saltò sul ripiano della cucina, mentre lei metteva l'acqua sul fuoco.
La cosa buffa, però, era che quella non era affatto una giornata normale.
Nella sua testa frullavano pensieri che mai, prima di allora, avevano trovato il coraggio di esprimersi -perchè lei era una pavida per natura, e negava la verità quando le si presentava l'occasione.

Maledizione, Aya si disse, con una grande voglia di urlare possibile che non te ne sia mai accorta?
Bugia. Se n'era accorta eccome.
Proprio per via di quei sospetti si era rivolta al miglior specialista che le sue modeste finanze di impiegata le permettevano, cercando una soluzione ad un problema che sperava non avere. Le avevano detto di rivolgersi a quell'uomo che non era esattamente né un consulente né uno psicologo ma che, certamente, avrebbe trovato una risposta per lei e per il suo continuo senso di solitudine; per le risposte che non riusciva a dare ai propri genitori e per il senso di inadeguatezza che seguiva ogni riunione di vecchi compagni di scuola.
Voleva solo sentirsi dire che era normale.
Eppure, per la prima volta nella sua vita, tutta quella normalità la soffocava.

Quando le avevano detto che non era esattamente affetta da alcuna patologia, Aya non aveva potuto che sorridere di gioia, con un peso in meno sul cuore; sorriso che era presto svanito, però, insieme alla seguente precisazione di quell'uomo pingue e verdognolo che l'aveva presa in cura.
“Lei non è affatto malata, signorina Tomoyui.” Le aveva detto il medico, sistemandosi gli occhialetti sul naso “Temo che sia stressata, e molto. Ma questo...peso che lei sente è perfettamente naturale. Dalle rispose che mi ha dato preferirei che tornasse per delle sedute di accertamento, ma posso certamente dirle che non è per niente anormale che lei non provi certi sentimenti. Non siamo tutti uguali, non crede anche lei?”
Certo.
Al chè, Aya non aveva potuto far altro che annuire: era un po' come dirle che era per tre quarti robot e pretendere che lei prendesse bene la notizia. Si era sforzata di mantenersi composta, improvvisamente cosciente di quanto ridicola fosse la sua espressione felice come se avesse avuto una paralisi proprio nell'atto di sorridere.
“Quindi cosa sono, dottore?”
Il suo tono, terribilmente bisognoso, doveva aver commosso il dottore: questi, sbattendo le palpebre, liberò un gran sospiro e prese in mano le carte che aveva tenuto fino a quel momento da una parte.
“L'affettività e le reazioni umane sono uno spettro, signorina, non una definizione clinica. Mi permetta di precisare che questa non è affatto una definizione medica e io non sono uno psicologo, quindi le sto parlando in maniera puramente informale, ma le suggerirei alcuni siti web su cui può informarsi.”
Aya sentì che stava per svenire.
Che diavolo voleva dire? Che non era malata, era solo diversamente funzionante?
“Mi scusi.” lo interruppe, con una certa urgenza. “Ma non la seguo.”
“Mi ha detto di non essere mai riuscita ad avere una relazione, corretto?"

Mordendosi le labbra, la ragazza annuì. Sentirlo dire dal dottore le fece correre il sangue alle guance.
"In altre parole, il suo carattere le rende difficile stabilire relazioni amorose.” Il medico sorrise, debolmente "Posso prescriverle dei calmanti leggeri, ma mi creda: non c'è nulla di sbagliato in lei."
Aya torse il bordo della camicetta tra lei dita, stringendo la stoffa con un misto di rabbia e incredulità: la relazione con l'ultimo uomo che aveva conosciuto non era neanche mai cominciata. Si erano sentiti per qualche mese, si erano visti, ma quando l'aveva baciata lei si era tirata indietro provando unicamente disgusto, nonostante lui fosse tutto quello che poteva desiderare, e di più.
Non si sentiva nel posto giusto, non si sentiva coinvolta.
Eppure non ricordava di essersi mai sentita bene: solo sbagliata. E infreddolita.
“Oh.” aveva detto, senza sapere che altro aggiungere.
Le sembrava una condanna, quando in realtà non era niente che non sapesse già.
Se lo stava solo sentendo dire ad alta voce, ecco tutto.
“Quindi, signorina Tomoyui, si rilassi” le aveva consigliato il dottore, porgendole la cartella clinica con un gran sorriso “Proseguiremo con un trattamento per l'ansia, naturalmente, ed è la benvenuta a parlare dei suoi progressi in campo sentimentale quando vuole, se la fa stare meglio. Ma si fidi, non è niente per cui valga la pena preoccuparsi. Ricordi: non tutti funzioniamo nello stesso modo.”

Alla fine, dopotutto, Aya si era davvero seduta sul divano con Ringo acciambellato sulle gambe. Anche quella sera aveva piovuto e lei aveva gustato il suo solito copione Fuji Tv-tè-dorama con uno spirito diverso.
Non tutti funzioniamo allo stesso modo.
Quella sera stessa, lo scrisse su un bel foglio di carta che attaccò sulla parete della cucina.

 


 

Lasciamo ora la cronaca per parlare dell'evento che sta mandando in delirio le giovani in tutto il Giappone. Con la fine del loro secondo Tour nazionale la band Visual Goth più in voga del momento è tornata a Tokyo, e fuori dagli uffici della Star Tower c'è già la fila-”
Yuu stava studiando le fototessere che gli aveva lasciato l'agenzia quando il servizio attirò la sua attenzione: bastò la menzione al tour appena concluso per fargli scordare il viso che stava guardando fino ad un secondo fa -una risibile giovane donna con i tratti ancora infantili, gli occhi scuri e un taglio fuorimoda.
Si chiese se anche Rei e gli altri, dovunque fossero andati a festeggiare, stessero guardando quello stesso servizio al telegiornale.
Lanciò un'occhiata alla tv, dove i due conduttori del tg del mattino si scambiavano risate e battute. Seduti comodamente sulle loro poltroncine bianche, in quello che era il solito ambiente asettico degli studi dei notiziari della NHK, avevano la pretesa di informare Tokyo su tutto.
Beh...tutto ciò che faceva notizia, almeno.
Erano trent'anni che Yuu vedeva quell'aggeggio nero come una finestra sul mondo e, per la prima volta, desiderava solo spegnerlo.
Parlavano di lui, ma non voleva sentirli.
“Okazama-san, non ha detto il nome della band.” fece notare la donna, con un gran sorriso rivolto alla telecamera.
Che squallore.
Sembrava una televendita anni ottanta e la gente aveva davvero il coraggio di chiamarlo notiziario? Bella fregatura davvero.
Anche se era solo uno dei tanti contro dell'essere tornato a respirare aria di casa, supponeva.
“E che importa?” rispose l'altro, prontamente. Neanche si capiva che tutto era già stato scritto e provato più volte, eh. “I To Bara non hanno certo bisogno di presentazioni.”
“E' proprio vero. Quindi ascoltiamo un'anteprima del singolo in uscita e, subito dopo, il servizio.”
Yuu ringhiò un'imprecazione.
Ora come ora, la sua stessa voce lo faceva impazzire -non avrebbe ascoltato quell'orribile canzone. Non di nuovo.
Era stanco di essere costretto a sentire a ripetizione parole che non comprendeva affatto.


Hai ricevuto un nuovo messaggio da @Yuu_Official.

Aya rimase a fissare lo schermo del proprio smartphone, incapace di distogliere lo sguardo da quell'unica notifica. Doveva esserci un errore.
Doveva.
Pur essendo una grande fan di Ryosotsukoi Yuu, il frontman della band che da ormai un anno occupava il primo posto nelle classifiche, non aveva mai trovato il coraggio di twittargli niente.
I To Bara erano l'esponente per antonomasia di quel genere gotico, sensuale e visivamente impattante che lei aveva scansato per tutta la vita, ma è difficile ignorare qualcosa quando il mondo ne è praticamente ossessionato. I quattro componenti della band, uno più ipnotico dell'altro, l'avevano intrappolata.
Le ci erano voluti giorni per iscriversi alla loro pagina Facebook, tremendamente imbarazzata dall'idea di cosa avrebbe pensato la gente: non aveva più l'età. A ventotto anni una pensa solo ad avere una carriera, a trovarsi un marito e a mettere su famiglia prima che i genitori si stanchino di aspettare e si rivolgano ad un nakodo di paese.
Tokyo non era una città facile, anche se ormai Aya ci aveva fatto l'abitudine, e non ti regalava nulla...men che meno un miracolo.
I miracoli, proprio come i tweet, erano cose da ragazzine.
Eppure, tremando appena, premette il display del telefono e il messaggio si aprì con un trillo, disintegrando ancora una volta la sua normalità lavorativa.
Con il cuore che galoppava furiosamente sentì lo stomaco annodarsi, ricordando quel giorno di tre anni prima quando la sua vita era cambiata ed aveva trovato una nuova strada su cui plasmarsi.
Da allora era stato tutto tranquillo, ma avrebbe dovuto immaginarlo che il fato raramente giace addormentato per troppo tempo.

Incontriamoci da Kyubei, domani, alle dodici.
Per favore, potresti essere davvero la mia unica speranza.

Un altro messaggio privato era stato inviato qualche secondo dopo, come se @Yuu_Official avesse letto nella sua mente. Era più lungo, questa volta, e l'uso frequente dei kana dava l'impressione che il messaggio fosse stato scritto di fretta.
Anche questa volta Aya lesse con attenzione febbrile, più volte, cercando la chiave per smascherare uno scherzo ben architettato.
Certe cose accadevano solo nei manga, no? E lei era un'impiegata qualsiasi, con un monolocale angusto e una vita noiosa.
Non aveva la stoffa dell'eroina drammatica, ma quel messaggio diceva il contrario.

Senti...non è uno scherzo, anche se lo penserai.
Ti spiegherò tutto di persona. Non far leggere a nessuno questo messaggio e vieni da sola. Per favore.
Prometto che non ti farò niente, perché so che penserai anche questo.
Prenoterò a mio nome.
Per favore, non parlarne con nessuno. E' importante.
A
ou re voir






@Note:

Ah, grazie per essere arrivati fin qui! 
Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto ♥ 
Aggiornerò con cadenza settimanale, di sabato, ad eccezione della prossima settimana che sarà Venerdì (se riesco). 


Credo si possa capire il perchè delle 'tematiche delicate': ritengo che i sentimenti trattati siano abbastanza rischiosi da meritare l'avviso.
Ora, so che quelle indicate non sono affatto patologie -sono modi di essere, sarebbe ipocrita da parte mia definire un'inclinazione sentimentale/sessuale come "patologia". E ingiusto. Per questo ho deciso di spedire Aya da una figura che è un po' una via di mezzo e -ci tengo a sottolineare, sebbene nel testo sia citato- che non si azzarda a dare una definizione clinica.
Magari c'è anche una risposta medica, non ne ho idea, ma sinceramente non sarei d'accordo con un tale approccio. 
Mi sono presa un po' di libertà, mi scuso se ciò ha offeso qualcuno.

   
 
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