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Autore: _Aras_    26/07/2014    3 recensioni
Max era felice: voleva farle una proposta di matrimonio ed era certo che lei avrebbe accettato. Se c’era una cosa di cui era sicuro era proprio il suo amore.
Si rese subito conto che c’era qualcosa che non andava.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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la felicittà mancata

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La felicità mancata

 

Max ricordava ancora perfettamente quel giorno di tanto tempo fa. Era un’afosa mattina di luglio e lui aveva preso il primo treno per raggiungere al più presto la sua fidanzata. Aveva percorso la strada dalla stazione alla sua casa velocemente, dominato da un impaziente desiderio di rivederla ora che finalmente potevano godersi le vacanze insieme. Era sicuro che, se si fosse sbrigato, sarebbe riuscito a sorprenderla. Amalia era una vera dormigliona, se non fosse stato per lui non si sarebbe mai alzata dal letto prima di mezzogiorno. Max era felice: voleva farle una proposta di matrimonio ed era certo che lei avrebbe accettato. Se c’era una cosa di cui era sicuro era proprio il suo amore.

Si rese subito conto che c’era qualcosa che non andava. Le imposte del primo piano erano aperte ed era molto improbabile che Amalia fosse già in piedi. Una volta superato il cancello e avvicinatosi all’ingresso, notò che una finestra era rotta. Il cuore iniziò a battergli forte nel petto e nella sua testa risuonò un lungo fischio continuo mentre fissava quei frammenti di vetro infranto. Se le imposte aperte potevano essere una dimenticanza, per la finestra distrutta non riusciva a trovare una giustificazione che lo aiutasse a calmarsi. Non c’erano bambini che potevano averla rotta giocando a pallone in quel quartiere, e nient’altro si presentava alla sua mente. Notò l’erba rovinata e pestata ai piedi della finestra, il vaso che avrebbe dovuto essere sul davanzale rovesciato a terra.

All’improvviso si sentì attraversare da una forza quasi innaturale, si sbloccò e corse verso la porta: era aperta. Gridò il nome della sua ragazza, sperando di sentire la sua voce assonnata rispondergli dal piano di sopra. Si diresse subito in salotto, la stanza in cui si trovava la finestra rotta. La chiamò ancora, senza ottenere nient’altro che l’eco della sua voce in cambio. Un vaso era sul pavimento, in frantumi. Scorse una scarpa spuntare da dietro il divano e la vista cominciò ad annebbiarglisi. Raccogliendo le sue forze, continuò a camminare. Si aggrappò allo schienale del divano, sentendo le gambe cedere di colpo.

Amalia era a terra, davanti a lui, immersa in una pozza di sangue. I capelli impiastricciati le nascondevano il viso, il braccio destro era piegato in modo innaturale sotto il corpo. Vicino a lei stava la statuetta che aveva vinto da bambina alla gara di pattinaggio artistico, scheggiata e sporca di rosso.

Max non riusciva a reagire, a spostarsi, a chiamare aiuto, a toccarla.

La ragazza che amava era morta, se n’era andata troppo presto, quando ancora non aveva vissuto davvero. Qualcuno gliel’aveva portata via e Max non riusciva a capire come, perché era successo.

La polizia disse che si trattava di una rapina finita male: i beni rubati furono ritrovati dopo qualche mese insieme al corpo del presunto ladro e assassino, ma la questione sembrava comunque inconclusa.

Max sapeva che Amalia non era in pace, non ancora, e si ripromise di aiutarla a raggiungere la serenità. Quello doveva essere il suo ultimo regalo per lei, poiché non era riuscito a darle la felicità che avrebbe voluto in vita.

   
 
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