Questa flash partecipa al contest “Lasciati ispirare! – Contest flash sulle flash” indetto da Saruccia97_LTD sul forum di EFP con il prompt “Vetro infranto”.
La
felicità mancata
Max
ricordava ancora
perfettamente quel giorno di tanto tempo fa. Era un’afosa
mattina di luglio e
lui aveva preso il primo treno per raggiungere al più presto
la sua fidanzata.
Aveva percorso la strada dalla stazione alla sua casa velocemente,
dominato da
un impaziente desiderio di rivederla ora che finalmente potevano
godersi le vacanze
insieme. Era sicuro che, se si fosse sbrigato, sarebbe riuscito a
sorprenderla.
Amalia era una vera dormigliona, se non fosse stato per lui non si
sarebbe mai
alzata dal letto prima di mezzogiorno. Max era felice: voleva farle una
proposta di matrimonio ed era certo che lei avrebbe accettato. Se
c’era una
cosa di cui era sicuro era proprio il suo amore.
Si
rese subito conto che c’era
qualcosa che non andava. Le imposte del primo piano erano aperte ed era
molto
improbabile che Amalia fosse già in piedi. Una volta
superato il cancello e
avvicinatosi all’ingresso, notò che una finestra
era rotta. Il cuore iniziò a
battergli forte nel petto e nella sua testa risuonò un lungo
fischio continuo
mentre fissava quei frammenti di vetro infranto. Se le imposte aperte
potevano
essere una dimenticanza, per la finestra distrutta non riusciva a
trovare una
giustificazione che lo aiutasse a calmarsi. Non c’erano
bambini che potevano
averla rotta giocando a pallone in quel quartiere, e
nient’altro si presentava
alla sua mente. Notò l’erba rovinata e pestata ai
piedi della finestra, il vaso
che avrebbe dovuto essere sul davanzale rovesciato a terra.
All’improvviso
si sentì
attraversare da una forza quasi innaturale, si sbloccò e
corse verso la porta:
era aperta. Gridò il nome della sua ragazza, sperando di
sentire la sua voce
assonnata rispondergli dal piano di sopra. Si diresse subito in
salotto, la
stanza in cui si trovava la finestra rotta. La chiamò
ancora, senza ottenere
nient’altro che l’eco della sua voce in cambio. Un
vaso era sul pavimento, in
frantumi. Scorse una scarpa spuntare da dietro il divano e la vista
cominciò ad
annebbiarglisi. Raccogliendo le sue forze, continuò a
camminare. Si aggrappò
allo schienale del divano, sentendo le gambe cedere di colpo.
Amalia
era a terra, davanti a
lui, immersa in una pozza di sangue. I capelli impiastricciati le
nascondevano
il viso, il braccio destro era piegato in modo innaturale sotto il
corpo.
Vicino a lei stava la statuetta che aveva vinto da bambina alla gara di
pattinaggio
artistico, scheggiata e sporca di rosso.
Max
non riusciva a reagire, a
spostarsi, a chiamare aiuto, a toccarla.
La
ragazza che amava era morta,
se n’era andata troppo presto, quando ancora non aveva
vissuto davvero.
Qualcuno gliel’aveva portata via e Max non riusciva a capire
come, perché era
successo.
La
polizia disse che si trattava
di una rapina finita male: i beni rubati furono ritrovati dopo qualche
mese
insieme al corpo del presunto ladro e assassino, ma la questione
sembrava
comunque inconclusa.
Max
sapeva che Amalia non era in
pace, non ancora, e si ripromise di aiutarla a raggiungere la
serenità. Quello
doveva essere il suo ultimo regalo per lei, poiché non era
riuscito a darle la
felicità che avrebbe voluto in vita.