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Autore: gridanelsilenzio    27/07/2014    5 recensioni
« Mancanze così non si possono colmare. Mancanze così ti divorano l'anima e distruggono anche la più minima speranza. Mancanze così, mancano per sempre. »
Genere: Avventura, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ALTRA PARTE DEL MIO CUORE.




Tutte le persone hanno bisogno di qualcuno.
Qualcuno che le sappia amare.
Ma non sempre, questo qualcuno, rimane.







1.






Starmene seduta qui, da sola, a guardare l'enorme edificio che trasmette tutte le possibili emozioni a parte la felicità, sorseggiando il caffè da una tazzina bianco ceramica, non era stato mai programmato nei miei piani.
O almeno, io non l'avevo programmato.
Pensavo di poter vivere una bella vita, una di quelle che si raccontano nei libri e che si vedono nei film, sapete no?
Una bellissima storia d'amore normale, una storia d'amore che sembrava potesse durare secoli. Costruire una famiglia forte e intatta, una famiglia addirittura indistruttibile, che certo ogni qual volta poteva litigare anche per delle sciocchezze, ma che poi risolveva tutto con un sorriso.
Di avere una bella casa isolata dalla città, dal caos e dalle persone impertinenti e troppo impiccione, che non mi sono mai andate a genio. Di vivere in serenità con le persone a me più care, con le persone che amo di più nella vita. Di godermi a pieno il mio lavoro di guida turistica per la città, io che ho sempre amato parlare e socializzare con le persone. Anche se alle volte preferivo chiudermi in me stessa per pensare e per rilassarmi, amavo il contatto con la gente. Mi faceva sentire in qualche modo importante.
Pensare che adesso nessuno mi rivolge più parola.

Ma evidentemente Dio, per me, aveva altri piani.
Probabilmente il mio futuro l'aveva già scritto dal momento della mia nascita, aveva già deciso di farmi diventare una dannata.
Una ragazza, quasi una donna, di vent'anni con un passato pieno di delusioni e di paure, e di incomprensioni. Se quel passato prima lo odiavo, non potevo immaginare di odiare ancor di più il mio futuro. Pensavo, anzi, ero certa che col passare del tempo le cose sarebbero cambiate. Che sarebbero migliorate. E invece, col passare dei mesi, sono solo peggiorate, degenerate, e io ho toccato il fondo.
Ho dovuto abbandonare il mio lavoro per concentrarmi sulla mia famiglia, su mia madre Anne e su mio padre Josh, che sono gli unici che ancora mi riescono a guardare in faccia e ad avere un dialogo civile con me. Sono le uniche due persone che mi sono rimaste sempre accanto, anche se non sono entusiasti del mio passato, ma non mi hanno mai abbandonata.
Al contrario, molte altre persone l'hanno fatto. Ma questa è solo una delle tante cose che son successe.
Tutte quelle che io prima definivo "pilastri fondamentali per la mia sopravvivenza", mi hanno abbandonata per colpa sua. Mi hanno lasciata a combattere da sola contro i pregiudizi della gente che giudicava e che continua a giudicare ancora oggi, guardandomi con disprezzo e con ripudio.
Come se avessi ucciso io una persona. Quando mi trovano qui, seduta al bar davanti al carcere, mi guardano e non mostrano pietà nei miei confronti. No. Mi passano con gli occhi tutto il loro odio verso di me, tutto il rancore e anche il terrore.
Ormai in questa piccola città anche gli animali, le piante, le case e il mare hanno paura di me. Hanno paura di quello che potrei fargli perché pensano che io sia una malata di mente. Una squinternata. Una drogata. E tutte queste cose non sono vere. Hanno paura dei miei occhi bui e profondi, hanno paura dei miei pensieri. E sinceramente, anche io se fossi in loro avrei paura di me.
Avrei paura di vedere una ragazza, ventenne, passare per la città vestita tutta di nero, mai con un vestito di qualche colore diverso, con i capelli lunghi e anch'essi neri e con gli occhi spenti, scuri.
Avrei anche paura del mio sguardo triste ma attento, attento ad ogni singolo movimento degli altri abitanti di quella stupida cittadina composta solo da parlatori.

Sotto lo sguardo attento del cameriere del bar, che per rivolgermi una parola e uno sguardo ci ha messo ben mezz'ora e in più ha balbettato, ho spento la sigaretta sotto il mio stivaletto in pelle nera, e mi sono alzata, noncurante di tutti gli occhi puntati addosso.
Con la coda dell'occhio l'ho visto, il cameriere, fare un sospiro di sollievo, appena ho girato l'angolo per trovarmi di fronte all'immensa porta in ferro o in acciaio del carcere.
Sbuffo, perché non vorrei e non dovrei trovarmi in questa situazione, ma ormai ci sono dentro fino al collo.
Non posso più uscirne. Posso solo continuare ad andare avanti per la mia strada.
Il mio problema, quando arrivo davanti a questa porta, è sempre quello di non riuscire ad entrare subito. Devo prima guardarmi intorno, assimilare tutte le cose che posso vedere al mio ritorno uscendo da quella topaia, vedere ancora una volta la luce del sole che, fortunatamente, anche oggi splendeva e trasmetteva calore.
E anche adesso l'ho fatto.
Con una mano trasandata e magra appoggiata alla porta, ho guardato in fondo al parco vicino alla prigione e ho visto una mamma tenere per mano una bambina.
Non volontariamente, mi sono ritrovata a sorridere.
Anch'io, da bambina, ero così con mia mamma.
Ma poi succede quello che speravo non succedesse.
La bambina si è accorta del sorriso che le stavo rivolgendo e subito l'ha ricambiato. Istintivamente la madre ha girato il volto verso di me, ha tirato uno schiaffetto debole dietro la testa della figlia e le ha urlato sottovoce «Non devi. Lei era con quei pazzi. Lasciala stare.»

Così ci si sente quando si sta male?
Ci si sente così quando si sta per perdere il controllo?
In questo momento io mi sento vuota. Come se non provassi nessuna emozione. Come se non fossi più in grado di sorridere.
E in effetti non sono più in grado di farlo da sette mesi ormai, perché ho sempre paura del giudizio della gente, della gente che prima era mia amica, che prima mi era fedele.
Mi sento terribilmente frustrata al solo pensiero di essere sola, di essere stata abbandonata, di essere solo un rigetto di una società che non mi vuole più tra i piedi.
Trattenendo le lacrime, in tempo record sono riuscita a suonare al campanello per segnalare il mio arrivo. Quel fastidioso 'drin' allungato ogni giorno mi da sui nervi. Non lo sopporto più.
Ed eccolo.
Un uomo sui cinquanta, fortemente palestrato, in divisa blu con una miriade di distintivi piazzati sul taschino destro e sulle spalle. Erik, si chiama.
E' forse l'unico abbastanza gentile e premuroso, dentro quella gabbia di matti.
« Ancora qui, eh? Non ti stancherai mai? » mi chiede sogghignando.
, vorrei rispondergli, mi sono già stancata da molto tempo.
« No, non penso che mi stancherò mai. » gli sorrido.
E detto questo, entro in quella fogna, nella quale da bambina non avrei mai desiderato entrare.

Da dentro, la prigione è ancora peggio che vista da fuori.
I muri crollano al solo passaggio, la vernice viene giù come gli aerei quando atterrano.
La puzza di piscio e di vecchio entra nelle narici facendoti venire la nausea, quasi il vomito. Ma ormai ci sono abituata.
La stessa identica e nauseabonda puzza si sente anche quando passeggi per la città.
Una città che di nuovo e di pulito non ha proprio nulla.
Case su case incastrate lì, l'una vicino all'altra, ed è palese che le hanno costruite anni e anni fa, visto che l'intonaco cade ad ogni folata di vento e che le fondamenta di tutte le case stanno cedendo.
Non ce la passiamo bene, qui. Ma nessuno si lamenta.
Siamo un piccolo paesino in provincia di una grande e moderna città, chi mai ci potrebbe dare ascolto? Nessuno.
Viviamo qui da generazioni passate e penso che mai ce ne andremo.
Ma dopotutto qui si sta bene, anche se tutti si conoscono con tutti, anche se tutti giudicano e spettegolano, anche se non ti lasciano vivere serenamente.
Sarebbe tutto più facile se Justin fosse qui con me.








Angolo scrittrice:
Ciao a tutte!
E' la prima volta, da quando sono entrata su EFP con un nuovo profilo, che scrivo una storia su Justin.
Solitamente scrivo storie sugli One Direction, ma siccome ho deciso di voler sperimentare, ho deciso di pubblicare questa storia che avevo già pronta da un bel po' di tempo.
Come potete vedere, questa storia è diversa. Sarà la protagonista a raccontare che cosa sta vivendo nel presente, e che cosa invece ha vissuto nel passato con, appunto, Justin.
Ci saranno tantissimi colpi di scena e, se avete voglia, vorrei sapere che cosa ne pensate tramite una piccola recensione. Vorrei davvero avere la vostra opinione su questa storia perché è la prima volta che scrivo in questo modo, e non so cosa ne verrà fuori.
Per qualsiasi cosa, contattatemi pure.
A presto,

Francesca.

@tipregosorridi su Twitter, per qualsiasi cosa contattatemi pure.
  
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