Cuori,
quadri, fiori, picche…
Come quando fuori piove…
PROLOGO
Bill
Weasley era di buon umore: non che solitamente fosse
una persona burbera, ma quella sera aveva un valido motivo per essere felice.
Ormai erano venti minuti buoni che camminava insistentemente per il salotto
guardando l’orologio ogni due secondi; di tanto in tanto si sedeva su una delle
poltrone e prendeva in mano il giornale, lo sfogliava, fingeva di leggere un
articolo, lo ripiegava in una qualche maniera e poi si alzava nuovamente.
E sì
che quello nervoso non doveva essere lui.
Due
dei suoi “Bimbi”, si ostinava ancora a chiamarli così, erano ad Hogwarts, sarebbero tornate a casa di lì a una settimana
per le vacanze estive; la terza figlia, la più grande, Victoire
era al piano superiore, rintanata nella sua stanza, in attesa del principe
azzurro per una cena a lume di candela e una passeggiata romantica sotto le
stelle.
La
definizione “Principe azzurro” non si discosta molto dalla descrizione di Ted
Lupin, fidanzato di Victoire e di due anni più
grande.
Entrambi
avevano finito i loro studi ad Hogwarts ed ora, Victoire aveva intrapreso la strada per diventare
giornalista, mentre Ted aveva appena concluso il corso per Auror
e adesso lavorava al Ministero, grazie anche alle sue conoscenze. Aveva
intrapreso quella carriera per seguire le orme dei suoi genitori, morti nella
battaglia finale contro Voldemort e quelle del su
padrino, Harry Potter.
Fleur, la moglie di Bill, fece la
sua comparsa dalla porta della cucina per poi andarsi a sedere sul divano. Loro
si erano sposati durante la guerra e tutti avevano scommesso su loro divorzio
entro breve, ovviamente si erano sbagliati: i due, dopo anni, erano ancora
felicemente sposati e con tre figli stupendi, ormai adolescenti.
“Caro,
cosa fai?”, chiese Fleur vedendo che il marito
guardava ostinatamente fuori dalla finestra.
“Osservo…” rispose lui vago facendo un cenno con la mano.
“Cosa?”
“L’infinito.
Cioè, il giardino di casa nostra. Sai, credo che verrà un bel temporale, quelle
nuvole all’orizzonte non promettono niente di buono.”
Fleur non riuscì a rispondere dato
che uno schiocco secco, proveniente da fuori, annunciò l’imminente arrivo di
Ted.
Come
supposto, qualche secondo dopo il campanello suonò e una volta che Bill ebbe
aperto la porta il ragazzo entrò.
I
due uomini si scambiarono uno sguardo e si sorrisero poi Bill appoggiando una
mano sulla spalla di Ted lo accompagnò in soggiorno dove ad attenderlo vi erano
Fleur e Victoire che con
tutta probabilità lo aveva visto Materializzarsi in giardino: quando sapeva che
doveva arrivare il suo ragazzo stava incollata alla finestra e come lui si
Materializzava si precipitava giù. Non voleva lasciarlo troppo tempo nelle
grinfie di mamma e papà, anche se i due lo conoscevano fin da quando era in
fasce.
“Noi
andiamo!” Esordì Victoire. La ragazza indossava un
abitino rosa, dei sandali bianchi, un mantello leggero nero con relativo
cappello.
Preso
per mano Ted, che si vide trascinare fuori di casa, i due uscirono. Il ragazzo
era appena riuscito a scambiare due parole volanti con i genitori di lei:
sembrava alquanto nervoso quella sera.
“Buona
fortuna!”, gli urlò Bill quando ormai la porta si era chiusa, poi iniziò a
ridere senza un motivo preciso.
“C’è
qualcosa che devo sapere?”, chiese Fleur.
“Non
per ora”, rispose vago Bill andando poi a sedersi accanto alla moglie. “Aspetta
e vedrai.”
“Aspettare cosa?”, chiese curiosa.
“Ti ho detto che lo vedrai! E mentre
aspettiamo… lo sai che abbiamo la casa tutta per noi?”