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Autore: Whity    28/07/2014    0 recensioni
Bill Kaulitz e Anis Ferchichi: due cantanti, due personaggi pubblici, due amanti che hanno smesso di nascondere la loro relazione anche ai rotocalchi.
Una coppia fortissima, bellissima, innamoratissima, issima.
Una sera, però, qualcosa non funziona.-
- Dai, Anis, sono appena tornato distrutto da Hamburg… non mi va… -.
A volte, in effetti, è solo questione di voglia.
Voglia di amare, essere amati, sorridere, gioire, godere. Ma anche vivere e lottare.
[Postata sul mio archivio dal 01.04.2010 al 08.06.2010]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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There was a boy
A very strange
Enchanted boy

[Nature Boy – Eden Ahbez]


Era in ritardo.
La prima cosa che Bill Kaulitz – tedesco, annata 1989 – pensò da che si era seduto su quella dannatissima poltrona – che poi che senso aveva chiamare così quella specie di panchina monoposto con due braccioli rinsecchiti?! – era che lui era in ritardo.
La seconda, per contro, fu che Anis lo aspettava a casa, probabilmente perso dietro ad un qualche contratto capestro da rivedere, e che gli aveva promesso che sarebbero andati a mangiare al Vau a cena, se si fosse comportato bene.
Paradossalmente, quella volta, non sarebbe stata una questione di “comportarsi bene”.
Lui, di tutta quella dannatissima storia, non aveva scelto nulla.
O quasi.
Un’infermiera con il camice verde lo oltrepassò senza prendersi il disturbo di considerarlo, di dirgli se era arrivato, se era in ritardo, se non poteva venire.
Incredibile, poi, come la sua vita avesse iniziato a dipendere dagli altri, da un cenno un sorriso un bacio una carezza. Lui, l’orgogliosissimo Bill Kaulitz, a causa di quella storia disgraziata aveva iniziato a chiedere, non c’erano più ordini pretese o ingiunzioni ma solo la timida vergognata richiesta di qualcuno che non poteva farcela da solo. Non più.
Anis – e lui ne avrebbe avuto tutte le ragioni ed anche qualcuna in più – alla notizia si era limitato a tirargli un pugno che l’aveva lasciato steso sul tappeto del soggiorno per una buona mezz’ora, salvo poi prenderlo di peso e metterlo a letto, lasciandolo a compiangersi lamentarsi odiarsi per tutto il pomeriggio. Era tornato solo a sera tarda, quella volta, con le mani piene di improbabili acquisti fatti al take away che avevano aperto di fianco al KaDeWe, con il cuore pieno di amore e voglia di riniziare. Di nuovo. Esattamente come aveva preteso Bill stesso marchiandosi la pelle di china anni prima.
Il cellulare – che avrebbe dovuto spegnere, se solo lui si fosse deciso a comparire – aveva vibrato un paio di volte, segno che gli era stato inviato l’ennesimo messaggio di una giornata che si prospettava eterna.
Ed erano solo le undici di mattina.
Aprì il folder di posta in arrivo e sorrise nel vedere i messaggi fossero in realtà ben due. Il primo – nemmeno a dirlo – era di Tom, perso in un atollo meraviglioso con moglie e figlio, che lo esortava a non divertirsi troppo e a prepararsi per tempo al suo ritorno, ansioso com’era di raccontargli ogni singolo dettaglio di quella vacanza.
L’altro messaggio – e qui sentì distintamente il proprio cuore fare tump con più vigore del solito – era di Anis, che teneva a fargli presente quanto le segretarie fossero noiose incompetenti maldestre. Il che – ovviamente – era uno buona scusa per farsi sentire, per ricordargli che c’era, esattamente come cantava anni prima per i palchi di mezzo mondo.
An deiner Seite, noch eine Weile, du bist nicht alleine.
Finalmente, la caposala – lo sapeva perché aveva la cappa bianca, non quell’orrendo camicione verde bottiglie, e perché la volta prima l’aveva sentita discutere con una stagista di turni e pause – gli si accostò.
- Herr Kaulitz – mormorò – il Dottor Bergmann la attende nel suo studio -.
Bill spense il cellulare e si alzò in piedi con un sospiro, le mani piene di fogli zeppi di cifre valori e incognite, esattamente come era un’incognita la sua esistenza in quel determinato momento.
Cosa sarebbe successo? Cosa volevano dire tutti quei numeri impressi su quei dannatissimi fogli? Dichiarazione o testamento?
Prese un respiro profondo, strinse le palpebre e cercò di richiamare alla mente il sorriso di Anis.
Non era solo, in fondo.
Non importava quanto lungo fosse il cammino, l’avrebbero percorso insieme.
   
 
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