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Autore: Wellknower    28/07/2014    0 recensioni
Josh è una persona particolare, non riesce a non aiutare le persone...
Genere: Comico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

Quanto segue non è esattamente concernente all'inizio della mia storia, o forse si, insomma, non lo so, lo scopriremo insieme andando avanti nella lettura delle avventure del nostro Josh Handly e delle sue curiose... Capacità! Devo, però, inoltre, ringraziare anticipatamente un persona, Flaminia, una grande amica, senza la quale non avrei avuto l'ispirazione per questa storia e la volontà di metterla su "carta". Un bacio Flax, ti voglio bene, davvero... <3


Chissà cosa fanno le formiche quando fuori piove?
 
Devo essere sincero, è la prima volta che me lo chiedo anche io. Sin da quando ero bambino ero attanagliato da domande ben più comuni e frequenti, niente di che insomma. Da dove vengono i bambini, cosa mangiamo stasera, perché esistono le guerre, andiamo al parco domani, la fame nel mondo, fra quanto arriviamo etc etc... E invece ora, ora che sono "grande", diciamo adulto va', senza troppe presunzioni, mi faccio domande decisamente meno... Importanti. Questa domanda, a dire il vero, non me la sono neanche posta spontaneamente. Ho letto una didascalia di una foto su Facebook, di una persona che tra l'altro non sopporto e che, quindi, forse con pregiudizio, no, anzi, sicuramente con pregiudizio ma diciamo che almeno è totalmente ingiustificato, reputo una persona poco valida, vuota, bieca e... Inutile. Stavolta però devo, ahimè, forzatamente ricredermi, senza lei non avrei potuto trovare un titolo per la mia storia e neanche un sano spunto di riflessione. Cosa fanno le formiche quando piove? Non ne ho idea, questa è la realtà. Come prima risposta mi viene da dire che anche loro se ne stanno a "casa" e pensano lo stesso chiedendosi ciò riguardo gli umani. Chissà quanta malinconia fra tutti quei cunicoli e quelle infinite gallerie dove riecheggiano i rumori della pioggia infinite volte. La scienza mi risponderebbe sicuramente con qualcosa di molto più serio e "palpabile", ma non è questo che credo di star cercando, non penso neanche che la domanda sia propriamente quella che mi sono posto poco prima. Forse tutto è un simbolo, un significato per qualcos'altro che non riusciamo a concepire, o per lo meno a rappresentare a noi stessi in modo usuale. Diciamoci la verità, a nessuno frega realmente, forse a qualche entomologo, cosa davvero facciano le formiche durante gli acquazzoni estivi e soprattutto cosa "pensino". Eppure questa domanda non mi abbandona affatto, incagliata nel mio cerebro, e neanche la palese volontà di trovar una risposta che sia di mio gusto, soddisfacente, quindi, indirettamente, una risposta e basta, senza l'obbligo, la condizione di esistenza che sia, per lo meno, verosimile o apparentemente credibile. Diavolo. Non ho mai desiderato così ardentemente in vita mia che piova che io sia una formichina. Che cosa... Stravagante, ecco la parola giusta, stravagante. Non riesco a non pensare che questo non sia altro che un modo che ha il cosmo per comunicarmi che, per quanto io possa dare importanza a qualcosa e che per farlo io m'impegni a conoscerla in tutti i suoi aspetti, ci sarà sempre qualcosa, anche di infinitamente più piccolo, o meno importante, secondo il mio "metro", e bizzarro che non potrò mai spiegarmi fino in fondo, costretto ad ignorare molto per conoscere poco. Paradossale. Non riesco proprio a trovare niente, non c'è niente attorno a me che possa aiutarmi nella ricerca di una risposta accettabile. Accettabile... In teoria sono io che decido cosa sia accettabile o meno per me, no? Si... No! Decisamente no... E' molto più credibile e probabile, incredibile come le due cose vadano di pari passo, che sia tutto riconducibile all'illusione del libero arbitrio. Per logica mi basterebbe rendermi una qualsiasi risposta sufficiente per me ed esaustiva e invece? Nulla. Non riesco a uscire da questo paradosso logico. Perché per le persone è così facile mentire, sparare delle bugie colossali contro tutto e tutti e, invece, quando servirebbe mentire per stare tranquilli con sé stessi è così difficile? Per carità, forse non è così per tutti, ma, allora, perché lo è così tanto per me? Che sensazione di fastidio. Che tortura.

Ed ecco finalmente il reale inizio della storia di Josh, spero vi piaccia... Enjoy your reading, folks!
 
Ho conosciuto Josh Handly, per la prima volta, a New York, sulla 5th Avenue, quando lavoravo come guardia del corpo per un ricco sceicco intento a fare spese folli nei carissimi negozi delle più famose griffe e marche.

-"Oops, mi scusi!".

 
Quel pazzo era entrato correndo dalla strada come se stesse inseguendo uno che gli aveva rubato il portafogli, io già mi ero prefigurato la scena di lui che avrebbe placcato il tagliaborse, del resto era un uomo robusto, non enorme, ma abbastanza da poter sbattere a terra qualcuno con la giusta premura. Buttai un occhio sul mio "protetto" e, assicuratomi del suo benessere e della sicurezza dei suoi acquisti, animato da una innaturale, per me, curiosità, cercai con lo sguardo l'omone per gustarmi a fondo la scena.

-"Permesso, permesso fate largo, è un'emergenza!".

Quel tipo massiccio continuava a strepitare, tutto preoccupato, facendosi largo fra i ricchissimi clienti dell'altrettanto ricco negozio e, senza motivo, ero sicuro che, il ladruncolo, fosse un bimbetto vestito da turista; cappelletto rosso e maglietta fantasia a righe orizzontali blu e bianche "abbinati" a degli orrendi bermuda color senape cui seguivano delle mostruose Crocs blu scuro, quasi violaceo. Il "Pilone", invece, si diresse con un ulteriore scatto e balzo inaspettatamente atletico, per la mole che mostrava, verso una graziosa ragazza, sulla ventina, che vestiva di gusto anche se un po'troppo retrò per quanto mi riguardasse. Era troppo lontano da me e, nonostante l'apparente inseguimento avesse creato una sorta di silenzio artificioso e pieno di tensione, una volta visto che nessun placcaggio sarebbe avvenuto, ritornò il brusio delle compere intervallato e diretto  dai vari "beep" delle casse e dei Bancomat e, perciò, mi fu impossibile sentire. Tutto ciò che seguì fu solo che un mistero. Era di profilo, neanche il labiale venne in mio aiuto perciò, ma dopo una chiacchierata di pochi secondi con l'omone, le guance della ragazza ben vestita si coprirono di lacrime, il suo nasino di muco e i suoi occhi di tristezza mista a immensa gratitudine. Di primo impatto pensai che quel folgorato fosse il suo fidanzato e che le avesse detto chissà che cosa sulla fine della loro relazione ma, un istante dopo, la mia teoria fu vanificata malamente. Lei saltò addosso allo strano individuo e lanciò le sue braccia attorno al collo di lui che, con una certa e fastidiosa, da fuori, disinvoltura rispose, allo spiccato gesto, con un caldo e affettuoso abbraccio. La fanciulla piangeva a dirotto, strepitava sommessamente e non riusciva a formulare frasi di senso compiuto e nonostante ciò, l'uomo, continuava a sussurrarle all'orecchio misteriose parole. Ero il caposquadra delle guardie del corpo del mio ricco datore di lavoro, ordinai ad alcuni sottoposti di seguirlo e ai restanti di aspettare in macchina il mio ritorno, in vent'anni sotto le armi e cinque di questo nuovo lavoro, non provai mai così tanta curiosità, dovevo, anzi, avevo il bisogno di sapere cosa fosse successo. Perché? Ancora oggi, dopo altri dieci anni, io, non so affatto rispondermi.

 
  
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