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Autore: Bess Black    29/07/2014    7 recensioni
Odette Gauthier viene trasferita all'età di due anni in un orfanotrofio, in Corsica; un orfanotrofio disciplinato, dedito all'istruzione, osservante delle buone maniere e con ottimi contatti con titolate quanto clandestine cerchie di prostituzione protetta.
A quattordici anni viene venduta al circolo.
A diciannove anni riesce a fuggire e scopre che sua madre l'ha trasferita nell'orfanotrofio, ma è rimasta nella loro residenza a Marseille, in Francia, insieme agli altri tre figli. Non capisce.
Sempre all'età di diciannove decide che non le importa più capire, vuole solo vendicarsi.
Dal testo:
«Se il nome che mi avete dato non è falso, se vi chiamate davvero Odette Gauthier, allora forse posso dirvi il motivo per il quale vostra madre vi ha confinata in uno squallido e corrotto orfanotrofio, in Corsica. [...] Voi siete quattro ereditari, due dei quali a titolo pieno poiché maschi. Tuttavia, vostro padre ha lasciato interamente l'eredità a vostro nome. Non vi è alcun testamento, ma l'eredità risulta a voi e voi soltanto trasmessa.»
L'atto del decesso che aveva in mano era firmato da un medico legale ed una corte giudiziaria con la data del ventidue Febbraio 1945, in alto era chiaramente indicato il suo nome.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento, Dopoguerra
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I Sette Comandamenti
 
 
 
Capitolo Primo
Giacche blu

 
 
 
 
Bonifacio, Corsica – Orfanotrofio femminile di S. Héloïse
 

 
«Togli la gonna! Sbrigati! Tieni, metti la mia, devi coprire le gambe.» Manon tolse la gonna e gliela passò. «Dà la tua a Geneviève!»
Odette obbedì senza fiatare. Snodò prima di tutto il grembiule e lo poggiò sul bordo del suo letto: una piccola promessa, se fosse riuscita a tornare, quella sera, se lo sarebbe rimesso e ci avrebbe dormito. La gonna della divisa le arrivava esattamente sotto le ginocchia e i ripieghi le solleticavano i polpacci; quella di Manon lasciava intravvedere solamente le caviglie.
«Fatti vedere.» Manon le si avvicinò con un paio di elastici per i capelli in mano. «Metti fuori la camicia, altrimenti si vede il contorno vita!» Sbuffò spazientita e gliela sistemò. «Così va meglio.» Annuì, pensierosa. «Devi solo... Ti faccio una treccia, va bene?»
«La treccia mi aiuterà a sembrare abbastanza bambina?» Chiese Odette.
Manon rifletté, distratta. «Se te ne faccio due, con un po' di fortuna, potrai sembrare anche scema.»
 «Le fai anche a me, le trecce?» Saltò su Geneviève, mentre abbottonava la camicia larga che Manon le aveva raccattato dalla lavanderia; larga abbastanza da nascondere il seno, la torcia, le chiavi della dispensa rubate alla custode ed eventuale sudore.
«No!» La rimbeccò l'altra. «Certo che no, tesoro. Ti farò i codini. Non possiamo certo contare sulla loro stupidità.»
«Perché?» Chiese Odette, mentre Manon finiva sbrigativamente la seconda treccia. «Gli uomini con le giacche blu sono persone sveglie?»
«Oh, no.» Sorrise Manon. «Per niente, dolcezza. Sono decisamente stupidi e sanno di esserlo, il che li rende anche cattivi.» Chiuse la treccia con l'elastico e prese a spettinarle qualche ciuffo. «Sono i soldi a renderli svegli, ogni tanto. I soldi hanno un effetto così drastico sulle persone che alterano addirittura il loro quoziente intellettivo.» Sospirò, iniziando ad improvvisare un paio di codini sui capelli di Geneviève. «Non sempre in meglio.»
«Quindi gli uomini con le giacche blu sono cretini.» Comprese Odette. «Solo che hanno soldi e questo li rende qualche volta meno cretini, ma la maggior parte delle volte più cretini.»
«Sono cretini e cattivi.» Le ricordò Geneviève. «Non deve venirne fuori una bella roba.»
«Infatti sono tutti cessi.» Confermò Manon piazzandosi davanti allo specchio. Si mise un rossetto scarlatto sulle labbra per poi cancellarselo subito dopo, il risultato furono due labbra asciutte e naturali, ma poco più vivide.
«Perché tu ti fai bella?» Chiese Odette, accarezzandole i capelli.
Manon si lisciò la camicia, decidendo se aprire o meno un altro bottone. «Questa volta non me la cavo.» Si pizzicò le guance per dare loro un poco di colorito. «Sono tre anni che mi nascondo, Madame Goriot non ci casca più. Mi prenderanno comunque, tanto vale fare una buona figura.»
«Quindi te ne vai davvero?» Si agitò Geneviève.
La ragazza annuì guardando però il suo riflesso nello specchio. «Sapete, il primo anno, qui, mi sono nascosta sotto il materasso.» Indicò il suo letto vicino al finestrino sprangato. «Terribile.» Commentò. «Sono quasi soffocata. Così ho deciso che era il caso di iniziare ad organizzarsi prima ed infatti da quel giorno, non solo sono claustrofobica, ma ho iniziato a nascondermi in lavanderia.» Si guardò le mani con senso critico. «Prima che Madame Goriot mi trovasse, chiaro.»
Si udirono tre picchi secchi contro la porta. «Cinque minuti.» Tuonò una voce, dall'altra parte.
«Scendiamo subito, Sœur Francoise!» Rispose pronta Manon, con voce alta e tono fermo.
«Sono arrivati? Gli uomini con le giacche blu sono arrivati?» Sussurrò Geneviève, poco dopo.
Manon si inginocchiò alla loro altezza e puntò il dito contro entrambe. «Cucina.» Disse a bassa voce, ma sbrigativa. «Se non vi vedono nascondetevi in cucina, come deciso, nella dispensa. State lì fino a tardi e dite poi a Sœur Françoise che non li avete sentiti, che eravate in bagno quando è passata.» Le ammonì. «Se riuscite ad intrufolarvi in dispensa senza che nessuno vi veda, non chiudetevi dentro perché non c'è una luce interna e funziona solo la maniglia dall'esterno. Quella interna l'ho rotta io l'anno scorso.»
«Manon...»
«Non mangiate nulla, niente di niente, non sporcate, non fate rumore; se non se ne accorgono, potete provare ad usare la dispensa come nascondiglio anche il prossimo anno.»
«Manon...»
«Non mettetevi nella parte dove c'è la verdura ed il latte.» Ricordò improvvisamente. «Il climatizzatore vi farà morire di freddo...»
«Manon...»
«Che c'è?»
«E se ci trovano, invece?»
 
 

 
 
§§§
 
 
 

 
 
 
Sharm El Cheich, Egitto – Stazione di polizia
 
 

 
Il poliziotto sputava mentre parlava.
«Non possiamo farti pagare la cauzione e rilasciarti, capito?» Tentava di spiegarle, anche se era cosciente del fatto che lei non poteva comprendere la sua lingua. «Le tue amiche le abbiamo fatte andare perché hanno pagato, il capo dice che va bene… Non vuole problemi con quella gente. I tuoi documenti dicono che sei minorenne, altrimenti ti avremmo rinchiusa e basta. Non possiamo nemmeno chiudere un occhio e far finta di nulla perché sei europea… Sei tutelata, mi capisci?»
No, non lo capiva, non capiva assolutamente nulla di quello che le stava dicendo e non si sforzava nemmeno a farlo; fissava solamente la saliva dell’uomo schizzargli dalla bocca a spruzzi, così come le parole.
«Il capo dice di chiamare i Servizi Sociali, d’accordo?» Lui prese in mano la cornetta del telefono senza distogliere gli occhi dal suo seno. «Ora ti chiamo un tizio bravo, non ti preoccupare, uno che ti aiuta!» Promise, annuendo e componendo il numero. «È uno in gamba, ti dico. Abituato ad avere a che fare con questi casi… Pronto? Pronto, dottor Aymen? Chiamo dalla stazione di polizia centrale… No, no.»
Odette lo guardava in silenzio, seduta sulla sedia al di là della scrivania. Non le avevano ancora permesso di andare in bagno, non le avevano nemmeno concesso di spostarsi dalla sedia, ma aveva improvvisato sul posto: aveva tolto la parrucca rosa e l’aveva buttata in un angolo, si era raccolta i capelli in alto ed aveva cancellato le scolorite tracce di rossetto sul dorso della mano; ad un certo punto aveva pure tolto i tacchi, rimanendo a piedi nudi nell’ufficio, ma nessuno glielo aveva rimproverato. Tuttavia, per quanto potessero essere garbati e talvolta gentili, i poliziotti non le piacevano, nè loro nè le loro divise: Odette aveva imparato a diffidare dagli uomini con le giacche blu.
«Ennesimo circolo di prostituzione protetta, signor Aymen.»
 
 
 
 
 
 
 
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Il motivo principale per il quale ho pubblicato questa storia è che sono una pazza psicopatica masochista che, proprio in quanto tale, ama struggersi e logorare la sua (iper)sensibilità con storie assurdamente complicate e decisamente più grandi di lei.
Dunque, ammesso ciò, anticipo un paio di informazioni, altrimenti mi mandate tutti a a quale paese: la protagonista è Odette, sì.
La storia è ambientata in Francia, nonostante i primi capitoli oscillino tra la Corsica – dove è presente l’orfanotrofio in cui ha passato metà dell’infanzia ed adolescenza – e l’Egitto, collocamento insolito in effetti attraverso il quale si tenta di comprendere cos’è precisamente accaduto dopo quella sera in cui c’erano “gli uomini con le giacche blu”… Anche se ormai non è difficile immaginarlo.
La gran parte della trama però si concentra su un “dopo” in cui Odette ha inscenato la propria morte, cambiato identità ed è tornata a casa. E nessuno l’ha riconosciuta. Quindi, sulla vendetta.
Ora devo essere sincera, ho inserito la storia nella sezione drammatica solo perché sono andata ad esclusione e perché – nonostante ci starebbe – la mia mente psicopatica dedita all’isolazionismo della mia squilibrata persona si ostina a fare l’anticonformista e a non pubblicare nella sezione romantica.
Dopo essermi gratuitamente insultata da sola, me ne vado.

Grazie per aver letto,
Bess
 
   
 
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