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Autore: _Morgan    29/07/2014    4 recensioni
“Ora ricorda cos'è quel sapore amaro sulle labbra pregne di sangue,
il fastidioso senso di 'fatalità' che l'ha colpito al cuore attraverso gli occhi;
la paura di cadere e farsi male che, nonostante il raziocinio e l'imposizione,
attraversa le membra prima d'impattare al suolo.
Sta per morire.
Sorride.
Davvero?”

[Seconda classificata al “10 Songs Contest Reprise” di Frandra, sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alucard, Integra Farburke Wingates Hellsing
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autore: _Morgan [EFP], Morgan_of_Nighfall [Forum]
Titolo: Fall, again
Fandom: Hellsing
Personaggi: Alucard, Integra
Coppia: AlucardxIntegra [molto sottinteso]
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo
Avvertimenti: One-Shot
Canzone utilizzata: What if this storm ends? - Snow Patrol
Introduzione:
Ora ricorda cos'è quel sapore amaro sulle labbra pregne di sangue, il fastidioso senso di 'fatalità' che l'ha colpito al cuore attraverso gli occhi; la paura di cadere e farsi male che, nonostante il raziocinio e l'imposizione, attraversa le membra prima d'impattare al suolo.
Sta per morire.

Sorride.
Davvero?”

NdA: Scritta per il “10 Songs Contest Reprise” di Frandra, sul forum di EFP.
Dunque, dunque, un paio di note random per i coraggiosi che vorranno cimentarsi nella lettura di 'Questa Cosa': è stata scritta mettendo in loop la canzone su cui dovrebbe basarsi, ovvero
What if this storm ends dei Snow Patrol quindi, se leggendo avrete la percezione di essere precipitati all'interno di un trip stile “Paradisi artificiali” di Baudelaire [no, non mi paragono a lui...ma l'idea è quella], sappiate che è lo stato in cui l'ho scritta, febbre compresa, Hashish ed alcol esclusi.
È basata su quella decina di pagine del 10° volume del manga in cui Alucard svanisce, i dialoghi li ho ripresi da lì.
Sono sensazioni, riflessioni sugli eventi e su un legame – quello fra Alucard e la sua padrona, Integra – che è una delle basi di tutta la vicenda; magari l'unica cosa che impedisce a Lui di liberarsi sono le sue catene e gli obblighi verso la famiglia Hellsing, ma posso dire che, per me, Alucard la serva per scelta e, se è tornato indietro alla fine, l'ha fatto anche per lei.

Fall-Again





...Dovrò restare fra le alte onde?
Dovrò giacere con la Morte, mia sposa?
Ascoltami, io canto:

Nuota verso di me, vieni a me,
sono qui, sono qui, che aspetto di averti”

[Stefano Benni, Margherita Dolcevita]






La luce dell'alba gli ferisce la cornea, una miriade di piccoli aghi spietati che gl'incendiano le mille iridi cremisi, mentre il dolore – come la luce – si propaga attraverso i lembi oscuri,
sfilacciati, del suo corpo disgiunto; ha le labbra secche e pallide, pregne d'un gusto amaro che non può essere sangue, né ceneri, un sapore antico che credeva d'aver dimenticato.
Rassegnazione.
È stato davvero così stupido?

Nella cecità di quell'eterno minuto, ove il tempo pare arrestarsi, può quasi vedere la Scala dell'Esistenza o Albero della Vita incidersi nel cielo,
ove gli ori ed i rossi fendono nubi e notte come fossero la fulgida spada di fuoco dell'arcangelo Michele, giunto a porre fine a quel surrogato d'apocalisse abbattutosi su Londra;
i cerchi perfetti, undici come d'antica tradizione, ruotano come ingranaggi d'un orologio, toccandosi appena attraverso i bordi ed annullando le distanze imposte dalle linee, formando uno schema.
La struttura divina è modellata sul corpo umano ed ogni mostro antropomorfo che abita questa dimensione dovrebbe rammentarlo; ora ricorda cos'è quel sapore amaro sulle labbra pregne di sangue, il fastidioso senso di 'fatalità' che l'ha colpito al cuore attraverso gli occhi; la paura di cadere e farsi male che, nonostante il raziocinio e l'imposizione, attraversa le membra prima d'impattare al suolo, come ogni volta in cui, durante l'addestramento, fu sbalzato da cavallo.
Sta per morire.
Sorride.

Davvero?

Sospeso nell'aria immobile, scivolando verso il fondo d'un abisso in cui non vi è Nulla oltre alla fine stessa, il vampiro mostra le lunghe zanne perlacee al cielo e, attraverso la miriade di occhi
osserva il mondo dilaniato dalla tempesta, accumulando le infinite prospettive d'una carneficina così diversa dalle due precedenti, ma simile nell'insieme; sangue e cadaveri, fuoco e acciaio ritorto.
Pian piano, come onde che si ritirano seguendo la marea, i ricordi di infinite vite iniziano a rifluire lontano, spegnendosi poi come piccole fiaccole private d'ossigeno; gli occhi iniziando a dolere,
a luce è troppo forte e la stanchezza inizia ad affaticare la moltitudine di membra, sorgendo assieme ad altre sensazioni 'basse', umane, che ormai credeva dimenticate.
Le Sefiroth compiono un'ultima rotazione, Daat e Keter iniziano a svanire.
Il Re ha perduto la propria corona, caduta nel fango dell'esistenza materiale, fra le infinite possibilità d'un futuro dubbio ove l'unica certezza è che perdere sé stessi – la coscienza del mondo –
significa finire d'esistere; non avverte più il vento fetido, appesantito dalle nere fumigazioni che si levano dalle braci ancora calde, né l'odore intenso di sangue e cadaveri.
Non ode più il respiro di Walter, né gli occhi bruciare a contatto con il sole; le Sefiroth sono svanite, dimenticate assieme ai ricordi e alle conoscenze d'intere vite – una vita sola –
passata ad acquisire una stabilità che, ora lo comprende, è effimera come una manciata di cenere lanciata nel cielo.
A cosa è servito accumulare tanto potere, tanta straziante sofferenza, se poi non è immune ai travagli della vita terrena?

What if this Storm ends?
La battaglia è finita, c'è silenzio ora.

«Alucard! Non chiudere gli occhi! Riaprili, Alucard! È un ordine!»


Dio, io non ho mai voluto la tua misericordia.
Dio, perché? Perché, pur essendo giunti alla fine lei, ostinata, s'aggrappa alla vita con la folle forza di chi, ormai, non ha più nulla da perdere?
Perché, nonostante la dispensi per mia mano, lei rifiuta d'accettare la morte e di comprendere che, anch'essa, fa parte del mondo?
Da dove viene quest'incoscienza, ragazza?


Non la vede, molti dei suoi occhi si sono chiusi da tempo – o forse da attimi – permettendogli di cogliere solo alcuni sprazzi di realtà, nel mare nero di follia che ora lo divora,
spingendolo verso un abisso di domandedi cui ha dimenticato la risposta.

Chi è Lui? Cos'è?
Non un uomo, altrimenti sarebbe dovuto morire da tempo, inginocchiato nel fango d'una terra il cui nome è un suono disarmonico trattenuto fra i denti, sulla punta della lingua, nell'incertezza
che possa essere sbagliato; non un Dio poiché, se così fosse, dovrebbe Esistere al di sopra d'ogni cosa, pure del caso e delle ipotesi, dovrebbe esistere perché “È“, senza il bisogno di vedere sé stesso per riconoscersi.
Esisterebbe e potrebbe ancora vederla, dall'alto della sua superiorità di razza, piccola e fragile come un qualsiasi altra creatura mortale, ma tanto – troppo – più forte di lui;
la vedrebbe lì dov'è ora, in piedi fra le macerie d'una sala computer ridotta in pezzi, circondata da metalli e schegge di vetro, con i capelli incendiati dai raggi del sole ed un'aureola incandescente a cingerle il capo,
intenta a maledire colui che l'ha ferita.

Anima e corpo.

È una donna strana, Integra Hellsing.
Troppo mascolina nell'aspetto per meritare l'appellativo “lady”, troppo algida per venir intaccata dalla crudeltà degli eventi e dai continui rovesci dell'esistenza, troppo concentrata ad essere
la perfetta icona del Milites Christi anglicano votato al martirio per espiazione e consapevole della fine, per rendersi davvero conto di come realmente sia; a farlo vacillare fra i flutti dell'incertezza
è quella supplica mascherata da ordine, quelle poche parole sbraitate con voce arrochita dal fumo e delicatezza da caserma.
L'idea che solo ora, dopo tanti anni passati al suo servizio, quando sta per prendere commiato e svanire, è riuscito a comprenderla nella sua interezza lo colpisce come il lampo della tempesta che ha devastato Londra poc'anzi, arrestando la sua caduta.
Per pochi istanti è la volontà di Lei a vincere l'illogica esistenza di
Schrödinger, tesa come una catena in tensione in balia dei flutti violenti, l'unico nodo di raccordo fra le migliaia di frammenti
in cui s'è frantumato il suo essere.
Nella sua voce può udire ora la preghiera sussurrata a fior di labbra di Wilhelmina ed il triste singulto della moglie folle, lasciatasi cadere oltre le mura della
Cetatea Poenari; è una donna Integra,
e udendo il suo grido lui comprende da cosa derivi l'attaccamento alla vita di lei: si nasce e si muore nel nome della Madre, perché nel loro ancestrale ruolo di progenitrici, hanno in sé la conoscenza dell'Oltre
che manca agli uomini e quella fede nella vita tipica di chi la dispensa attraverso volontà e corpo.

Partorire, oltre che un atto d'amore, è un atto di fede e nell'antichità si credeva che le donne compiessero da sole la creazione d'una nuova vita, come Gea generò il suo figlio e sposo; nozioni su tradizioni precristiane ed antichi culti gl'attraversano la mente come lampi sconnessi, disarticolati, mentre una nuova tempesta infuria –
una nuova guerra
-, scuotendo l'inconscio; quel poco raziocinio che gli resta lo spinge a sorridere,
perché l'idea di lei madre è più folle dell'abisso in cui sta sprofondando.

È vergine, frigida come un pezzo di ghiaccio, crudele e fragile, umana...allora perché Lui si inginocchia dinnanzi a lei come mai ha fatto con uomini ed altari?
Non sono i vincoli impostigli da Van Helsing, né qualche assurdo voto da mantenere a piegarlo, poiché ne ha già infranti tanti – troppi- e non teme le conseguenze; non è mai stato così difficile con le altre,
né aveva mai avuto bisogno di discutere di superiorità e gerarchie con mogli ed amanti.
A ben pensarci, nemmeno con lei.
Padrona.

«Alucard!»


Come fece Gea a generare Ouranós sola?
Fu la volontà? Fu attraverso il desiderio o le parole?

Dio, Integra, sei ancora la mocciosa che fuggiva spaventata dalle guardie dello zio aggrappandoti al mio braccio; sei la ragazza che, impugnata la pistola, non ha esitato a fare fuoco pur disprezzando la morte.
Sei davvero una cazzo di Madonna ed io, di nuovo, il cavalier servente d'una dama dai fianchi stretti, secchi e androgini come quelli d'un icona barbara.
Le signore non m'interessano, lo sai, ma quelle poche su cui ho posato lo sguardo qualcosa di femminile l'avevano, mentre tu...

Perché? Perché non vuoi accettare il destino e lasciarmi andare?
Perché ti aggrappi ancora al mio braccio, pur sapendo d'essere in grado di sparare da sola?
Perché, Madonna...perché vuoi compiere quest'ennesimo atto di blasfemia, imitando Dio?
Non è amore, quelli come noi non ne provano.
Cos'è allora quell'increspatura che agita il tuo animo?


«Non sparire!»


L'eterno minuto volge al termine, la forza delle sue parole, come lui temeva, non è stata sufficiente.
Gli ultimi occhi si chiudono sul mondo e le infinite propaggini d'ombra del suo corpo svaniscono nell'aria fresca del mattino, sotto un cielo striato d'un azzurro sconvolgente, così simile alle iridi di lei; avviluppato nelle cangianti spire dell'incertezza solo la sua figura 'umana' ancora rimane in piedi, immobile, sotto i raggi accecanti di quel sole post-apocalittico velato di fumo e, mentre l'eco di memorie lontane sfuma lentamente, portandosi via l'ultimo brandello della sua anima, le labbra esangui s'incurvano in un sorriso amaro.


«Mi dispiace, questo è un addio...»


Con l'ultimo sguardo la vede distintamente ora, ed il dolore sul suo viso imbrattato di sangue è la conferma a quel fiume di supposizioni incoerenti formulate poco prima, sospeso fra la volontà di rimanere al suo fianco e l'ineluttabilità del fato, pensieri che ora non ricorda già più.
Nonostante fatichi a rammentare il proprio nome, quello di lei riecheggia nella sua mente come il rombo del tuono che preannuncia la tempesta, seguito dai ricordi sconnessi, velati di fiamme e sangue, degli anni – attimi – passati al suo servizio; socchiude le palpebre in silenzio e mostra i denti come una fiera, sibilando un'imprecazione quando la consapevolezza di ciò che l'aspetta si fa più nitida della realtà circostante.
Il potere di legarlo nuovamente alla vita, infine, Integra l'ha utilizzato davvero, anche se le ci vorranno anni per rendersene conto e quando accadrà sarà troppo tardi.


L'ultima battaglia è per te, ragazzina dai mille nomi.
Sii paziente e lasciami cadere ora; lascia che di te rammenti solo il 'Ser' stronzo dalla voce roca, graffiante come unghie sulla lavagna e fammi dimenticare la donna vergine, la Madonna dalla pelle bronzea venerata sin dagli albori del tempo, la Grande Pute che – ostinata – vuol concedermi la grazia d'una quarta vita.
Ne ho già buttate tre, cosa ti fa credere che il tuo dono non andrà sprecato?

Combatterò per far ritorno, per un'altra goccia di quel sangue santo che ti scorre in corpo, perché infondo l'ho sempre saputo, dalla prima volta in cui ho bevuto la tua essenza, che saresti stata il mio Graal e la mia Croce.
A te affido ora l'onere di accomiatarti da me con un'imprecazione, come le donne in Romania cantano i Bocete per i loro defunti, senza gl'inutili piagnistei di queste ultime, mi raccomando.
E spara un colpo in testa a quell'imbecille del Maggiore.
Puoi farlo senza il mio sostegno questa volta.

«...mia Signora.»









«Tu, Maggiore, non sei per nulla un uomo
e Lui tornerà!»






E. N. D.






















  
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