Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Artemisia17    29/07/2014    8 recensioni
Ned ha fatto una promessa sul letto di morte della sua amata sorellina Lyanna. Di che genere? Tutti, chi più, chi meno, si sono posti La domanda. Molti idee e filoni di pensiero si sono sviluppati e ognuno ha la propria teoria personale. Ma.
Voi avete idee di quante cose possono cambiare per un solo,unico, infinitesimo dettaglio? Uno solo? Vite, storie, pensieri, narrazioni, stravolte per un sì o per un no, per un gameto o per un altro.
E quindi, se Jon fosse nato con gli occhi viola?
Se nelle vie imperscrutabili della genetica, gli dei del Nord avessero deciso un destino diverso per il bastardo di Ned Stark? Occhi viola, dolci come la pervinca, affilati come la metista, occhi così tipicamente Targaryen, occhi pericolosi nel mondo dell'Usurpatore ... vi ho incuriosito?
Capitolo XIII: numero non scelto a caso, Jon cavalca verso la Barriera accompagnato dal Folletto, cercando di scappare dai sicari del re, ma un corvo è più veloce sia delle lame che del veleno
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eddard Stark, Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cavalcarono a lungo i cavalieri, tormentati dal freddo e dalle chiacchiere salaci di Tyrion Lannister.
Man mano che le colonna si spostava verso Nord, il terreno diveniva sempre più duro e brullo, gli zoccoli dei cavalli che si abbattevano con sempre maggior ferocia sul selciato. Avevano lasciato la strada maestra dopo appena un’ora e subito dopo si erano addentrati in stradine salmastre e virulente.
Più Jon Snow si allontanava da Grande Inverno, più la madre terra sembrava ritornare al suo stato primitivo. Gli alti alberi del Nord, con la corteccia di muschio, proiettavano la loro ombra al suolo, mentre i centri abitati si scorgevano con sempre minor frequenza. Gli abitanti non si fermavano mai ad accoglierli. Bastavano i lunghi mantelli neri delle loro guide a rassicurarli e a scoraggiarli insieme.
Jon aveva sin da subito indossato la lunga tonaca da Guardiano della Notte, giurando a se stesso, che se anche non avesse mai pronunciato quel giuramento, ne sarebbe stato comunque degno.
Malgrado tutta la sua buona volontà, il ragazzo stentava a riconoscersi in quegli uomini rudi e volgari. Solo suo zio sembrava levitare nell’aria frizzantina, imperturbabile al freddo, alle bestemmie e a ogni bisogno materiale.
Jon non sopportava più la lunga camicia di lana grezza, che gli irritava la pelle. Se avesse potuto, avrebbe fatto volentieri scambio con quella indossata a Grande Inverno. Ma non poteva. I suoi indumenti, insieme a tutti i suoi ricordi passati, erano stati racchiusi in due pesanti bauli da viaggio, trasportati da un piccolo cavallo, che gli trotterellava gioioso davanti.
Jon Snow, il bastardo di Grande Inverno, era morto. Eppure il profilo che si stagliava sulla superficie dell’acqua era drammaticamente simile a quello di una settimana prima.
L’unico pellegrino che sembrava stesse mantenendo la sua innata salacità era proprio il Folletto. Dovunque andasse, qualunque cosa facesse, il piccolo nano deforme si portava dietro qualche tomo dei Grande Maestri della Cittadella. Jon non aveva mai visto un uomo così assorto nella lettura e, nello stesso tempo, attento a scorgere qualsiasi movimento furtivo nel mondo esterno. Quando il ragazzo gliene aveva chiesto il motivo, il nano aveva sorriso di quel suo sorriso troppo ferino. Sopravvivenza, aveva risposto.
Jon non poteva che essere d’accordo con lui.
Gli Antichi Dei erano stati inclementi con Tyrion Lannister. Già da neonato si era procurato più nemici di un sicario e, sebbene la sua miserevole stazza, appariva di troppo in qualsiasi luogo. Era bastato poco per capire che il piccolo uomo non avrebbe potuto cavalcare interrottamente per una giornata di viaggio e ad ogni, frequente, pausa, veniva additato dai corvi. Le sue membra erano grottesche. Le braccia e le gambe sembravano fagocitate nel tronco tarchiato a basso, il mento troppo sporgente e le dita grosse come piccoli salsicciotti. Forse per scusarsi di avergli dato in sorte un destino così tragico, gli Dei gli avevano concesso una mente arguta e salace. Le battute sferzanti del Folletto sapevano schiacciare sotto il loro pesi uomini ben più grandi di lui, Jon compreso.
Il ragazzo si era ritrovato in imbarazzo di fronte a quelle mura per lui insormontabili. Eddard Stark aveva anche provveduto alla sua educazione sui libri, ma nessun maestro di retorica aveva mai varcato le loro stanze. Anche se il ragazzo sospettava che quella rapidità di lingua non fosse dovuta a qualche lezione, bensì alla cruda vita che tentava di stritolarlo tra le sue spire.
Incominciarono a farsi compagnia, prima inconsciamente, i cavalli affiancati nelle dure ore di viaggio, poi con sempre più frequenza, prendendosi l’uno cura dell’altro.
Tyrion ogni tanto scoppiava in una risata pregna di derisione e tristezza.
Ciò che mancava all’uno, si sobbarcava nell’altro.
Tyrion era praticamente solo un nome, un nome altisonante, un Lannister di Castel Granito, un’intelligenza fulminea nelle cortine di Approdo del Re.
Jon Snow invece non era nulla, solo un bastardo del Nord o del Sud, che dir si voglia, ma il suo corpo era agile e scattante, anche se acerbo.
Si completavano nelle loro mancanze.
Finirono per divenire amici, o per lo meno, alleati.
Jon era affascinato dalla mente del Folletto e dai corposi tomi che lo accompagnavano, scritti in lingue mai studiate o in parole troppo complesse per lui. Più di una volta si vergognò della sua ignoranza, della sua ottusità che si scontrava contro l’arguzia del nano.
Come un cucciolo, lo seguiva ovunque, standogli accanto durante le lunghe ore di marcia, cercando di assorbire ogni stilla di conoscenza perduta, ogni più piccola parola arguta, sospirando a fine giornata. Si sentiva inadeguato di fronte al Folletto, ironia a farsi e a dirsi, e perfino il Folletto stesso lo scimmiottava per questo suo comportamento. Jon non era ben voluto lungo la carovana.
Consci di star vigilando su un carico prezioso non per loro, i suoi fratelli in nero preferivano ridere di lui intorno alle braci del fuoco e nessuno di loro aveva osato rivolgergli la parola, all’infuori di suo zio.
Zio Benjen, d’altra parte, si mostrava imperscrutabile di fronte alle angherie più o meno evidenti, lasciando morire il bambino che era in lui per far sorgere l’uomo.
Tyrion non avrebbe potuto invece spiegare, che cosa ci vedesse in quel lupacchiotto spelacchiato.
Jon Snow era poco più che un ragazzo e sarebbe morto in qualsiasi corte, Approdo del re e Lancia del Sole, in primis. Lo vedeva in quei suoi occhi troppo grandi e vispi, così sbagliati di gradazione, che studiavano affascinati il mondo. Troppo piccolo, troppo ingenuo. Troppo Stark.
Più lo conosceva, più sviscerava la sua essenza più recondita, e più la condanna rimaneva senza appello.
Eppure ogni volta torceva la bocca e ricominciava, come se non fosse successo nulla, con una determinazione se non pari, superiore. Gli erano sempre piaciute le cause perse.
E Jon Snow era dichiaratamente una causa persa.
Non valeva nemmeno la pena chiederlo. Sapeva che Jon non era diretto alla Barriera. Lo aveva capito dai suoi sguardi pudici e gli occhi da falco dello zio, gli abiti custoditi nelle borse di pelle, fino lino del Sud, avevano solo confermato il segreto che Jon Snow nascondeva.
Il Folletto avrebbe potuto smascherare il bastardo ogni secondo, ma si stava divertendo troppo. Qualunque cosa avrebbe fatto, Jon avrebbe finito per pestare i piedi a suo padre e alla sua cara sorella maggiore. Non c’era cosa che lo divertisse di più.
Così rimaneva insieme, nelle lunghe serate davanti al fuoco, immersi in conversazioni bisbigliate tra le labbra. Jon conosceva poco o nulla sul mondo esterno, ma la cosa più drammatica di tutte, conosceva pochissimo se stesso. O meglio, aveva addirittura paura di se stesso.
Paura della sua famiglia e del suo terrore, paura, anzi, terrore del suo passato e delle sue origine, cauta preoccupazione per il suo presente.
 Questo era il più grande crucio di Tyrion. Jon ricercava sempre la verità  con la cieca determinazione di un mastino, ma ogni volta essa lo colpiva duramente in volto. E come un cucciolo ritornava da lui, alla ricerca di confidenze e risposte, ma non bastavano gli sguardi abbattuti e la coda tra le gambe.
Le battute del Folletto gli facevano così male, solo perché lui lo permetteva.
Jon non faceva assolutamente nulla perché gli insulti o le prepotenze nei suoi confronti cessassero. Non muoveva un dito quando la sella del suo cavallo finiva misteriosamente slegata. Il viso bianco come la neve si incupiva per pochi secondi, le labbra viola che si stringevano salaci, ma infine, come da copione, la testa si incassava tra le spalle, gli occhi meravigliosi si inabissavano e chino chino riprendeva il suo lavoro.
Tyrion poteva scorgere il timbro di Ned Stark in quel comportamento. Che di certo era utile per la sopravvivenza di un bastardo. Ma Jon Snow non era soltanto del seme sparso al vento all’infuori del matrimonio.
Jon era un uomo. O almeno avrebbe dovuto esserlo. E il piccolo uomo stava dando tutto se stesso perché ciò avvenisse il prima possibile.
 
Ne Jon ne Tyrion avevano mai visto la Barriera. Certa potevano immaginarsela. Potevano sognare, con tutti i limiti posti alla mente umana, una lama di ghiaccio e tenebra posta a difesa del mondo degli Uomini. E chiedersi a che cosa i Cavalieri della Notte facessero la guardia era di certo la parte più emozionante del miraggio.
Eppure nessuno dei due era preparato alla visione.
Era viva. Pulsava all’orizzonte come il cuore di un drago immenso, captando i pallidi riflessi solari e accecando gli astanti con la sua letale luce. Sì, nel lontano Nord, non era il sole che illuminava la Terra, ma la Barriera.
Immensa, incrollabile. Schiacciante. Già. Sembrava opprimere perfino il terreno su cui poggiava e mano a mano che la distanza fra loro diminuiva, Jon Snow non poteva fare a meno di fissarla, incantato. Non aveva mai visto nulla di simile. Ed era convinto che nella sua vita non avrebbe mai visto niente di così meraviglioso, illuso.
Catturava gli sguardi, la Barriera, come una vedova nera che aspetta, sicura della propria bellezza e letalità. E Jon Snow, come un ignaro pellegrino, avanzava. Non poteva fare a meno di seguire il percorso tracciato per lui. Se ne sentiva oppresso, ma non schiacciato. Ad un tratto, una vita passata all’ombra di quella creatura di neve e ghiaccio, non gli parve più così spaventosa.
Anzi, il pensiero lo solleticava sempre più frequentemente. Non più per spirito di sacrificio, nemmeno per il senso di colpa- colpa di essere venuto al mondo?- o il senso dell’onore. Il ragazzo si accorse di voler andare alla Barriera. Per prestare servizio, per trovare un proprio posto nell’ordine del cosmo, per sviscerare i segreti di un passato a tutti ignoto.
Tyrion lo studiava irritato. Non poteva fare nulla per spezzare l’incantesimo che legava il ragazzo a Ned Stark, troppo grande era stato il danno, ma non si sarebbe arreso di fronte a quel ragazzo testardo. 
 
Il corvo arrivò alla torre di Brandon proprio quando il gruppo di cavalieri riusciva ormai a intravedere i filoni della Barriera.
Il primo a distinguere il puntino nero contro le nuvole soffici fu un ranger, vecchio di mille avventure, che lo indicò con un dito secco, senza proferire parola. Benjen Stark annuì e con ordine ben ponderato fece voltare la colonna verso la torre disabitata.
Il volto del comandante si indurì. Se mai ci fossero stati problemi a Grande Inverno, due corvi sarebbero subito partiti alla loro ricerca, uno alla Barriera, un altro verso la torre, entrambi recanti ordini di fuga immediata.
-Dei corvi che inseguono un altro corvo.- Il Folletto,  per nulla impensierito, continuava a dondolare ironicamente sulla sella del proprio cavallo, il ghigno malefico abbozzato sulla faccia ispida.
- Ali oscure, oscure parole. La vecchia Nan lo dice sempre.- Mormorò Jon Snow, il capo coperto da un pesante panno nero. La pelle delicata si era male abituata alle fredde temperature dell’estremo Nord e da sotto il tessuto, il Folletto poteva scorgere due guance paonazze che tutte le ragazze di Approdo del Re avrebbero invidiato.
- Non a caso, si trattava di una vecchia. I corvi solo i soli latori di novelle che tutti vogliono ricevere. Nessuno trae soddisfazione dal mozzare una lingua ad un corvo.-  Il nano sorrise. – A meno che non porti un mantello nero.-
- Ne siete davvero convinto? Mio padre non ha mai toccato un messaggero che ha toccato il suo sale e il suo vino dell’ospitalità.-  Quest’ultima espressione provocò un acuto attacco di ridarella nel figlio di Tywin Lannister.
- Voi dite di essere un giovane istruito, Jon Snow, non è così?- Le guance del ragazze divennero ancora più rosse. Il Folletto aveva appena toccato un suo punto debole.
-Non me ne sono mai vantato, Tyrion. Non c’è mai limite alla conoscenza. –
-Oh sì, questo è vero, mio ingenuo amico, acuta osservazione. Ma non basterà a farti sopravvivere in qualsiasi corte di questo mondo. Studia la storia, Jon! Gli unici ideali che fanno muovere l’intero fottuto cosmo sono il potere, le donne e il denaro. Non necessariamente in quest’ordine.
Scopri che cosa vuole qualcuno, quale di questi ideali può muovere una persona fino al precipizio e anche oltre, allora avrai in pugno la tua esistenza.- Gli occhi di due diversi colori lo fulminarono , eppure Jon tentò di rimanere imperturbabile.
-Non tutti ruotano intorno a questi “ideali”. Mio padre non ripudierebbe mai il suo onore.- Il Folletto rise di un’amara gioia.
- E questo il punto. L’onore muoverà tuo padre fino al precipizio e anche oltre. Purtroppo per lui, ciò non è così difficile da comprendere.- Le labbra di Jon si tirarono in un’unica affilata linea mentre gli occhi viola pulsarono minacciosamente.
-Mio padre è un uomo giusto e onorevole e …- L’arringa fu interrotta. Non da una battuta salace di Tyrion, come il Folletto si apprestava a fare, bensì da un robusto attendente che scosse rudemente Jon per la spalla.
-Il Lord Comandante ti aspetta in cima alla torre. Fai in fretta.-
I due si risvegliarono. La torre, un tempo orgogliosa della sua cupola d’oro, proiettava sulla colonna una fragile ombra. Jon scese da cavallo, senza incontrare gli occhi asimmetrici del suo compagno di viaggio. Si tolse il cappuccio nero e sguisciò tra le porte di quercia nera, come una lontra bagnata. Tyrion rimase solo a fissare il vuoto, domandandosi se Jon Snow fosse davvero una causa persa.
Il Folletto di casa Lannister e i suoi armigeri rimasero per diversi minuti ad aspettare, sotto il cielo coperto del Nord, e i minuti scorsero sempre più lenti fino a trasformarsi in ore. Solo dopo che la vescica del nano aveva già richiamato l’attenzione del suo proprietario, un ranger sbucò, informando che per quel giorno la marcia non sarebbe continuata e il campo sarebbe stato allestito al limitare della foresta.
Dopo il ranger che aveva dato la notizia, comparvero i restanti cavalieri, gli attendenti, i servi.
Il pomeriggio levitò verso lo scuro tramonto del Nord e Tyrion stava osservando meravigliato lo spettacolo offerto dalla Barriera, quando il Lord Comandante dei Ranger face il suo ingresso nel misero campo di brande e letame.
Eppure il Folletto non vide nessun cucciolo spelacchiato dietro di lui e perfino Spettro, presenza ultraterrena del bastardo, sembrava essere evaporato nell’aria frizzante.
Ci vollero diversi minuti prima che il nano decidesse di alzarsi e di andare a cercarlo. Non era abituato a camminare sull’intricato paesaggio del Nord e ancor meno in una foresta del Nord. Sì, perfino le foreste erano diverse lì. Non accoglienti e verdeggianti come quelle dell’Altopiano, nemmeno rade e lussureggianti come quelle dorniane.
Le selve del Nord conservavano una loro primitiva natura, immortali allo scorrere del tempo e degli uomini, che dal canto loro, non avevano fatto nulla o nulla avevano potuto contro quello strano equilibrio. Gli alberi apparivano ricoperti di una coperta di lanoso muschio, il terreno, così scuro da sembrare nero, era maciullato da sterpi, pietre, pietruccole e radi ciuffi d’erba. Le fronde ricoprivano completamente l’orizzonte e in breve Tyrion si domandò se avesse fatto la scelta giusta o se sarebbe morto in quel passaggio tra mondi. Quest’ultima eventualità avrebbe a dir poco rallegrato suo padre.
Un lampo bianco lo rincuorò. Spettro vigilava silenzioso sul suo padroncino.
Jon Snow giaceva dismesso su un masso grigio, la testa stretta fra le mani bianche. Sotto la luce fredda del bosco, la pelle candida del ragazzo sembrava brillare, ricoperta di lacrime di fate.
Il mantello nero era stato gettato di lato e quasi si confondeva sul terreno scuro.
Le spalle del ragazzo vibravano, scosse da un terremoto interno che nessuno poteva controllare.
Il Folletto si permise un paio di secondi, osservandolo con inusitata dolcezza.
Malgrado il dolore che lo squassava, Jon cercò di ritrovare il controllo, sferzandosi le guance con le mani. Poi, lentamente, come se dovesse riabituare la vista alla penombra del bosco, alzò il viso.
Era distrutto. Lacerato dentro, il cuore oppresso da un senso di colpa che lo avrebbe seviziato per tutta la vita.
Le dita lunghe, che fino ad allora aveva nascosto lo spettacolo, tremavano, così come tremava tutto il suo corpo. Le labbra viola e succose, il naso aquilino, le ciglia lunghe.
Tyrion, sebbene si fosse preparato, si stupì ancora una volta di fronte al suo giovane amico.
Gli occhi viola, gli occhi da Targaryen, gli occhi di Rhaegar che sfavillavano in un viso di Stark, piangevano. Calde lacrime che vibravano nella pupilla e scivolavano giù verso il mento glabro. Gridavano, quegli occhi, sì, urlavano di una disperazione nera e profonda, pari ai sentimenti di Jon.
Il Folletto si avvicinò lentamente, badando bene a dove metteva i piedi, prima di sedersi sul masso, accanto all’amico.
Jon, dopo una prima occhiata, non osava più alzare gli occhi.
Accanto al mantello nero, una tacita accusa alle lacrime di Jon, giaceva una lettera di pergamena, sfibrata per il continuo attrito delle dita. Il ragazzo seguì lo sguardo del nano e deglutì sommessamente. Eppure annuì, prima più sommessamente poi con maggior vigore, e l’amico la raccolse.
Seguirono dei secondi penosi, in cui la pena del giovane sembrò aumentare sempre più, fino ad ostruirgli le vie respiratorie.
-Mi dispiace molto per tuo fratello.- Commentò Tyrion, ripiegando educatamente la lettere. Jon accennò ad una smorfia che voleva essere di ringraziamento.
-è … è tutta colpa mia. È colpa mia.- decretò il ragazzo, nascondendo il viso fra le mani, strizzando i riccioli scuri fra le mani.
- Il bambino è caduto o almeno così dice la lettera.  Cadere da una torre è fuori dalla portata di chiunque mi pare.- Tyrion si umettò le labbra, cercando di confortarlo, ma lo scatto di Jon lo sorprese. Improvvisamente il giovane si tirò su, le spalle erette, le lacrime che ruscellavano a terra.
- Ma non capisci? Tu stesso me lo hai insegnato! Non esistono le fatalità. E …. Bran … Brandon non può cadere. Lui non cade mai, capisci? Lui non può cadere!- Spinto dall’incrollabile fede delle sue parole, Jon si alzò, camminando ferocemente sotto lo sguardo del metalupo e del nano.
- Bran sa scalare qualsiasi cosa. Ogni torre di Grande Inverno non ha segreti per lui. Lui non può cadere!!- Quest’ultime parole erano un rantolo, una preghiera. Con un singulto, Jon si risiedette.
-Ma Bran è caduto.- Constatò con il massimo tatto Tyrion. – Non c’è nulla che tu possa fare al riguardo.-
Jon si dondolò, preda della disperazione.
-Proprio tu, tu che mi hai insegnato … se lui non può cadere … ed è caduto …. qualcuno lo ha spinto, capisci?- Tyrion si congelò sul posto, studiando con più attenzione il suo protetto. A quanto pare non è poi così una causa persa, pensò. Jon continuò.
- E se questo è giusto … allora … allora lo hanno spinto per causa mia, per causa mia!- Il discorso finì in un singhiozzo.
Tyrion gli mise una piccola mano sulla spalla.
-Le persone sbagliano, Jon, sbagliano continuamente. Tradiscono le nostre aspettative, commettono errori. Sono umani. Potranno farlo in buona o cattiva fede, ma niente potrà mai sollevarci dal nostro destino di uomini. Forse tuo fratello ha sbagliato o forse è stato gettato giù volontariamente.- Quest’ultima affermazione provocò un moto di bile in Jon, ma la presa del Folletto si fece più salda.
- Forse lo avranno fatto per causa tua, ma non per colpa tua. O forse no. Ma quando saprai la verità, di qualunque natura essa sia, non permettere che essa ti distrugga.-
Jon si riscosse.
-Noi Stark non abbiamo mai paura della verità.-
-Oh sì, invece! Ne siete terrorizzati. Per questo la ricercate con tale cupidigia e alla fine è sempre la causa della vostra rovina. La verità fa male, Jon. È un’arma a doppio taglio, non uno scudo.
La verità non ti parerà mai il culo in battaglia. Elia di Dorne era la legittima moglie di Rhaegar, ma ti pare che qualcuno abbia avuto rispetto per lei o per i suoi bambini? Eppure erano nel giusto.- Jon fissò il Folletto terrorizzato dalla inconcepibile verità di quelle parole.
-Non fare quella faccia! Tu sai che io ho ragione. Robert aveva ragione a rivendicare la sua legittima moglie? Sì, era nel giusto. Adesso ha conquistato un regno. Ma ti pare che questo regno domini nell’armonia e nella ricchezza? No, perché la verità non vuol dire necessariamente giustizia. O merito.
Tu, dannato Jon, usi la verità come uno scudiscio, con cui ti fustighi da solo. E lasci che gli altri ti feriscano. Sai a chi fa paura la verità? A chi non la conosce. 
A chi tenta di allontanarla il più lontano possibile o, al contrario, chi la insegue in un impeto suicida.-
Tyrion prese Jon per le spalle e non gli importò se fosse più grosso di lui di un terzo e nemmeno che avrebbe potuto gettarlo a terra con un buffetto.
-Non permettere che siano gli altri ad usare la verità contro di te, Jon. È vero fa male, ti urtica la pelle e il cuore. Ma è la vita, ragazzo, e tu non puoi fare nulla per fermarla.
La verità non sarà mai un valido scudo. Vale quanto i capezzoli in una armatura, la verità, in guerra.
È un’arma a doppio taglio. E ferisce soltanto coloro che non sono pronti a riceverla. Ti stupiresti a scoprire quanti sono in questo mondo.
 Ma se tu già la conosci, se è già presente nel tuo cuore, allora non ti potranno mai ferire.
Mostra che le loro parole possono ferirti, e non sarai più libero dalla derisione. Se proprio vogliono darti un nome, accettalo, fallo tuo, in modo che poi non possano mai più usarlo per farti del male.–
Il Folletto saltò giù dal masso e studiò il suo corpicino deforme.
-Io sono un nano. Perché dovrei prendere come un insulto una verità così ovvia?
Guardati. Tu sei un bastardo. Non soltanto dal tuo comportamento dimesso, ma anche dal tuo cognome. Snow. La neve è ovunque al Nord, così come i bastardi nel mondo. Così come la sabbia, i monti e i fiumi.
Ma ciò non vuol dire che i bastardi siano migliori o peggiori degli altri. Solo vengono posti per primi di fronte alla crudeltà della vita. E sta a te decidere se rimanere un bastardo qualunque o qualcosa di più. Un uomo forse.
Essere nati bastardi non prescinde l’essere uomo. – Tyrion sbuffò, affaticato dalla sua predica.
-Mi dispiace molto per tuo fratello. Ma faresti uno degli errori più grandi della tua vita se ora ti voltassi e tornassi indietro. Oltre al fatto che faresti un enorme favore ai tuoi sicari. Un regalo di compleanno quasi. Devi continuare, andare avanti. Per la tua famiglia, ma anche per te stesso.-
Jon Snow lo fissava immobile dall’altro capo dello sguardo. Non aveva proferito parola, ma ascoltato attentamente ogni più piccola sillaba fuoriuscita dalle labbra tumide del nano. Le sue guance avevano ripreso l’usuale colorito porpora e le spalle avevano smesso di tremare.
Rimaneva lì, attento, studiando il suo mentore e il mondo in generale.
-Sai qual è stato uno degli errori più grandi della mia vita, Tyrion?- La voce del principe era roca e bassa e ben si intonava al frinire delle foglie nel vento. Le pupille si contrassero come uno schermo d’acqua.
-Non salutare i miei fratellini per l’ultima volta. Non gli ho detto addio. Non ho detto che li amavo e che credevo in loro.- Jon sospirò, fissandosi le dita.
- L’unica cosa di cui dovremmo aver paura è quello che può ferire le persone che amiamo. Ma nonostante ciò, non dovremmo mai aver paura di amare.- Jon si premette i pollici sulle palpebre chiuse, ascoltando il suono dell’aria nei suoi polmoni.
-Trovi che sia stupido, vero?- Il ragazzo non osservò il moto di dolore che si frantumò sul viso del Folletto. Jon non conosceva nulla dell’infanzia tormentata dell’uomo davanti a lui, senza amore, senza affetti. Un peso da buttare a mare, considerato con sdegno e disprezzo. Mai una parola di ringraziamento o anche solo positiva.
Tyrion Lannister non aveva mai ricevuto amore. Se non da Tysha. Già, Tysha. Che cosa ne poteva sapere un lupacchiotto spelacchiato dell’amore? E ancor di più del coraggio di amare. Quanto coraggio poteva esserci nello sposarsi di nascosto? Nel rifuggire qualsiasi dovere, nel rimanere nelle sue braccia tutta la notte, sentendosi per la prima volta accettato, normale, addirittura bello.
Quanti miracoli può compiere l’amore! Tysha non vedeva la sua fronte sporgente e gli occhi asimmetrici e mai lo aveva scimmiottato per le gambe piccole e tozze. Ammirava soltanto la sua intelligenza fulminea, le sue battute eleganti e l’autoironia che gli aveva permesso di sopravvivere. Lo chiamava il suo leone – il suo leone!- ma senza disprezzo, solo con dolcezza. 
Quanto amore era rimasto dopo l’arrivo di suo padre? Quanto? Solo il suo cuore devastato. La promessa di un futuro che non si sarebbe mai realizzato.
-Sì … sei un ragazzo dannatamente stupido.- Concluse il Folletto, un groppo che non gli permetteva di parlare. E sei un ragazzo dannatamente intelligente. Questo però non lo disse. Lo pensò soltanto.
Come quei discorsi inconsci, tra sé e sé, che si preparano da lungo tempo, ebbri di emozioni e buoni consigli, ma che alla fine raramente vengono proferiti.
Avrebbe voluto dirgli di non commettere il suo stesso errore. Di non aver paura di combattere per ciò che si ama. Che non era lui lo stupido, ma era il mondo in cui vivevano tremendamente sbagliato e crudele.
Se troverai mai una donna, una donna che amerai e ti ricambierà, promettimi che combatterai con tutte le tue forze per lei. Promettilo. Pensò il Folletto, ma non tradusse in parole questi pensieri. Non ne trovava la forza.
Jon Snow si alzò, raccogliendo con cura il suo mantello nero e la lettera abbandonata. Spettro li fissava, immobile.
-Dobbiamo andare, si staranno domandando dove siamo finiti.- Il ragazzo osservò le fronde, ma improvvisamente puntò i suoi immensi occhi viola sul nano, davanti a lui.
-Grazie, Tyrion. Non lo dimenticherò mai.-  Gli porse la mano guantata di nero, offrendogli un patto di pace.  
-E io non dimenticherò mai te, Jon Snow. Sarebbe molto difficile, d’altra parte.- Rispose Tyrion, la sua piccola mano immersa nel guanto nero del ragazzo.
Jon Snow sarebbe stata la sua miglior vendetta. Se ne rendeva conto ora, mentre fissava quel serio viso da uomo.
 Jon Snow non era una causa persa. Ed era l’arma più potente che avesse mai avuto contro suo padre.
Un ghigno ferino si disegnò sul viso abbronzato. Non avrebbe abbandonato il ragazzo.
  
E dopo un mese e mezzo di vita senza connessione internet eccomi qua!
E me ne vergogno tantissimo. Vi ho lasciato con un capitolo finale esplosivo, melodrammatico oltremodo ... insomma vi ho abbandonati! In un primo momento per mia stessa volontà, in quanto l'ispirazione languiva. E proprio quando ho incominciato a scrivere con un certo ritmo- fine giugno- la mia connessione internet è partita in vacanza, lasciandomi con un pc inutilizzabile. L'unica nota piacevole è che adesso ho già due capitoli pronti da sfornare uno dopo l'altro.
Spero che sia un piccolo regalo per i dispiaceri e i ritardi che vi ho fatto patire. E per questo voglio scusarmi immensamente.
Perchè una cosa voglio precisarla. Questa storia è nata con voi e soprattutto è proseguita solo per merito vostro. Grazie alle recensioni, sempre molto gradite, sono riuscita a sentire sulla punta delle dita il filone della storia. Ho creato nuovi scenari, nuove comparse solo grazie ai vostri spunti. Questa capitolo ne è proprio un esempio, inizialmente la Barriera non era nemmeno contemplata all'interno della mia mente, ma alla fine mi sono lasciata convincere che una visitina sarebbe stata più che gradita.
Per cui ... grazie, immensamente grazie. E scusatemi molto. E soprattutto continuate a farmi sapere che cosa ne pensate, le vostre idee o come vi piacerebbe che si svilupasse la trama.
Inoltre vorrei fare anche un piccolo punto della situazione.
Questo capitolo è per lo più un capitolo di passaggio da Grande Inverno alla Barriera e dovevo anche dare modo a Tyrion di diventare amico e mentore di Jon. La Barriera occuperà quasi sicuramente due capitolo- quasi completamente scritti- per poi passare a Dorne. Già, Dorne. Non so voi, ma credo che Jon fino ad ora ne abbia passate di cotte e di crude e mi sento di lasciargli vivere almeno cinque capitoli di relativa pace (?!) con intrighi di palazzo, combattimenti, veleni e soprattutto * rullo di tamburi* i primi amori.
Grazie ancora per il vostro supporto e mi scuso ancora, anche con tutti quegli autori,
Ainsel in prima linea, che hanno continuato * giustamente* le loro storie e che io per motivi di connessione non sono riuscita a seguire.
Beh, che dire, buone vacanze a tutti!
Artemisia17

 
  
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