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Autore: Triumvirat    29/07/2014    0 recensioni
Frances, Marta e Lara sono tre amiche così diverse tra loro, ma accomunate da grandi sogni e ambizioni.
Londra, la città che non dorme mai, è piena di aspettative e di sorprese dietro l’angolo. Ma a volte le stranezze possono essere anche più vicine di quanto tu creda, se non di fronte casa tua…
Commedia senza pretese con un po’ di fluff e angst qua e là, nata per strappare un sorriso.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Premessa: questa é una storia senza troppe pretese. Un piccolo delirio di tre autrici molto fangirl che hanno voluto fare un primo esperimento di multiwriting solo per il gusto di farsi due risate tra loro. Se voi gradirete a noi farà più che piacere, ma non prendetela particolarmente sul serio.
Disclaimer: i personaggi sono ispirati a persone reali -solo per i nomi e l’aspetto, effettivamente la caratterizzazione é l’unica cosa di nostra inventiva. I fatti qui descritti, purtroppo, non sono reali. Tutto ciò é stato scritto a puro scopo di divertimento, non di diffamazione né di lucro (anche perché se si facessero soldi producendo cose del genere saremmo tutti miliardari).
Nota: il tipo di coppia principale é het, ma avremo anche una piccola dose di slash. Anche il fluff e le situazioni comiche saranno dosate, non tutto andrà sempre rosa e fiori.
 
Buona lettura!
 
Pandora, Smartie e Ross
 
 
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Capitolo I – Biglietti da visita e visite
 
 
«E' assurdo!»
Il ragazzo biondo dal buffo accento guardò accigliato lo scontrino: «Nemmeno qui a Londra due pinte costano così tanto!»
Frances Dixon alzò gli occhi al cielo, scocciata.
«Già, ma nel conto c'è anche la grandiosa abbuffata della settimana scorsa, Kevin» sbuffò.
«Killian» la corresse lui «Ma ho pagato! Me lo ricordo benissimo»
«Se avessi pagato, nessuno si sarebbe preso la briga di segnare il credito, ti pare?»
Frances gli sventolò il block notes sotto il naso: «Stai tranquillo, il mio capo non sbaglia».
Avrebbe voluto aggiungere E poi tu e il tuo amichetto dai riccioli bronzei eravate così messi male che non sareste riusciti a contare nemmeno mezzo penny. Ma si trattenne: Peter, il puntiglioso proprietario del Lord Nelson, diceva sempre che far notare a un cliente di essere ubriaco dava l'impressione di volerlo fregare.
Così, Frances rimase zitta e lasciò che il ragazzo tirasse fuori alcune banconote, borbottando: «Tieni pure il resto»
«Che gentile. Devo dedurre che non ti rivedrò per un po'?»
«Oh, hai paura di sentire la mia mancanza?»
Frances non poté fare a meno di arrossire e lui se ne accorse fin troppo bene.
«Tranquilla» disse, ammiccando «non ce l'ho con te. Non è mica colpa tua se il tuo capo è uno stronzo». 
Questo non glielo permetteva.
«Peter non è affatto uno stronzo» replicò «Sarà anche pignolo e facilmente irritabile, ma mi paga bene e tratta i suoi dipendenti nel modo giusto».
Il ragazzo alzò gli occhi al soffitto: «Non si può dire lo stesso dei clienti»
Ora cominciava seriamente a darle fastidio. Frances accarezzò l'idea di tirargli in testa un boccale di birra, ma aveva visto abbastanza film e sentito abbastanza stereotipi da capire che non era proprio il caso mettersi contro un irlandese. Specialmente di quella stazza.
«Facciamo solo il nostro lavoro» borbottò, distogliendo lo sguardo e cominciando a sistemare alcuni bicchieri nella lavastoviglie. Voleva a tutti i costi evitare una conversazione con quel tipo, toglierselo dalle scatole e chiudere il locale: non si sentiva a suo agio a parlare con degli sconosciuti. Non che quel Konnor o come diavolo si chiamasse, fosse un totale estraneo, anzi: veniva spesso al Lord Nelson, solo o in compagnia di un altro deficiente dai capelli rossi. A prima vista, Frances aveva anche pensato che fosse piuttosto carino. Il suo tipo, perlomeno fisicamente: alto, spalle larghe, capelli biondicci e un sorriso simpatico. Peccato fosse un gran casinista, razza che lei sopportava fino a un certo livello e che poi diventava irritante. E lui era arrivato a quel punto.
«Frances, vero?» lo sentì dire «L'ho letto sulla targhetta della divisa, prima che tu te lo chieda. Io sono Killian. Non Kevin» 
«Nessuno te lo ha chiesto» fu la risposta della ragazza, mentre si dirigeva in cucina a sistemare una pila di piatti appena lavati.
«Accidenti» fece la voce di Killian dalla sala «Stavo solo cercando di fare amicizia, che permalosa»
Ah, certo: la permalosa era lei perché non voleva essere infastidita dall’imbecille di turno. Tipica mentalità maschile e retrograda.
Frances decise di ignorarlo bellamente e cominciò a canticchiare una canzone tra sé e sé, sperando che levasse le tende prima della chiusura ed evitando così di chiamare la polizia per costringerlo a levarsi di torno.
Ma, grazie al Cielo, quando tornò indietro, il ragazzo era sparito. Sul bancone, invece, era comparso un biglietto con sopra un numero di telefono e uno smile scritti di tutta fretta.
Frances fece roteare gli occhi e lo buttò nella spazzatura: si stava già vedendo con un ragazzo che frequentava l'Università con lei e doveva ancora capire se le piacesse o meno, ci mancava solo che ne aggiungesse un altro alla lista.
«Lista? Quale lista?» si chiese, mentre, finalmente, cominciava a spegnere le luci e afferrava le chiavi del pub «Come se avessi una sfilza di uomini pronti a farmi la corte».
Il solo pensiero la fece ridacchiare.
Frances chiuse la porta a doppia mandata e cominciò ad avviarsi lungo la strada semi-deserta, pensierosa.
No, la sua vita sentimentale era normalissima, per nulla avventurosa. Era sempre stata piuttosto timida e aveva cominciato a svegliarsi solo quando aveva iniziato l'Università, due anni prima. Aveva conosciuto tante persone, alcune più simpatiche d'altre, e ora condivideva un alloggio con due ragazze italiane. Queste amicizie l'avevano aiutata a sentirsi più sicura di sé.
Quando arrivò a casa, si lanciò sul divano del piccolo appartamento, distrutta.
Non appena annunciò la sua presenza con un sonoro «Che faaaaame!», apparve Marta sull'entrata del salotto.
«Come mai hai fatto più tardi del solito?» la interrogò la sua coinquilina, sedendosi accanto a lei.
Frances si passò una mano sul viso, spossata.
«Ho avuto una piccola discussione con un povero idiota» spiegò.
«Era carino, almeno?» 
«Oh, sì. Davvero tanto. Come tutti quelli scemi, del resto».
Marta scosse il capo con un piccolo sorriso: «Ti capisco, è sempre così. È come se ci fosse una sorta di legge fisica che manovra il tutto».
Qualcuno spalancò la porta d’ingresso.
«Good eveeeening!».
Era la voce allegra di Lara, l’altra studentessa e amica, la più piccola delle tre. Aveva tra le mani tre buste piene di chissà cosa.
«Ho comprato schifezze a volontà, stasera ci vediamo un film. Non capisco perché le chiamino schifezze se poi sono così buone» disse la ragazza, poggiando le buste a terra «Allora? Che state a guardare? Datemi una mano, poltrone!».
Frances sembrava ancora nervosa.
«Dai, non ci pensare. Lo dimenticherai, ne sono sicura» disse Marta, alzandosi dal divano.
«Dimenticare cosa?» chiese Lara, rizzando le orecchie «Cosa non so?».
Marta ridacchiò: «Niente, un tipo con cui ha bisticciato al Lord Nelson»
«Nome? Cognome? Età? Segno zodiacale?».
Frances sbuffò. Lara rise: «Andiamo, fino a dieci secondi fa non sapevo niente e già ho capito che ti piace!».
«È quello che penso anch’io» concordò Marta.
Frances le guardò, torva: «Non ricordo nemmeno come si chiama, non mi sono applicata più di tanto. Qualcosa con la K»
«Mister Key», suggerì Lara «Da oggi in poi sarà Mister Key»
«Da oggi in poi non sarà un emerito niente perché non sopporto gli sbruffoni casinisti che si lamentano del conto», protestò Frances.
«I clienti hanno sempre ragione», recitò la sua amica.
«Sì, ma non lui».
Frances prese una delle buste e andò a sistemare le cose in cucina. Lara e Marta la imitarono – non senza prima essersi scambiate un’occhiata d’intesa – e insieme svuotarono le buste piene di leccornie.
«Che film guardiamo?» chiese Marta, incuriosita.
«Frozen», rispose Lara, con un sorriso: «Ho già avvertito George, più tardi ci raggiungerà».
Marta sorrise.
«Iwan e Hugh? Che fanno?», domandò Lara.
«Iwan che si guarda Frozen? Andiamo!», rise Frances: «E comunque non c’è, esce con Jamie».
Il suo migliore amico trovava sempre ogni scusa plausibile pur di saltare quella maratona Disney che le aveva promesso tempo prima. Aveva sempre una scusa anche per uscire insieme al suo collega di lavoro…
«Neanche Hugh c’è, ha la febbre», confermò Marta «ma non credo sia un problema, George è sempre ben lieto di vederci».
Nel giro di dieci minuti, le ragazze avevano già preso posizione sul divano, munite di patatine, pop-corn e aranciata – per qualche strano motivo Frances aveva proibito le birre irlandesi che aveva acquistato Lara e che sempre quest’ultima avrebbe voluto assaggiare –. Dovevano soltanto attendere il loro amico per poter dare inizio al film.
Finalmente il ragazzo suonò al campanello. Lara si precipitò alla porta.
«Hey Geor… tu chi sei?».
Un ragazzo alto dai capelli rossi era sulla soglia della porta. «Non è che ho sbagliato casa?» si chiese, sottovoce.
Lara lo udì perfettamente e lo guardò interrogativa. Si voltò indietro, cercando lo sguardo delle amiche, o meglio, di Frances: per qualche strana ragione, Marta era come svanita.
Frances si avvicinò alla porta, prendendo le redini della situazione.
«Ah, eccoti. Sei tu Frances» disse il ragazzo, sorridendo.
Lei sgranò gli occhi: era il deficiente con i capelli rossi, come lo aveva definito la sua mente. Era il braccio destro di Mister Key, o almeno era il tipo con cui lui sembrava adorasse sbronzarsi.
«Non ti conosco nemmeno» disse, semplicemente.
«Sono il tuo vicino di casa, io e il mio coinquilino abbiamo preso un alloggio qui da poche settimane. Stavamo preparando la cena e ci siamo accorti che ci mancava il sale. Sono venuto per chiedervene un po’… se non vi dispiace!».
Quel tipo aveva un sorriso davvero smagliante, ma Frances non ci vedeva niente di bello: ci vedeva soltanto il compagno di sventure di Mister Key.
«Cioè, fatemi capire: vi è finito il sale?», chiese Lara, trattenendo a fatica le risate. Era una situazione troppo ridicola perché non la divertisse.
Frances, d’altro canto, era irremovibile.
«Sei l’amichetto di Kevin, non è vero?» domandò, indagatrice: «Ti ho visto l’altra sera al pub»
«Killian» la corresse il ragazzo «Sì, sono io. E tu sei la Frances di cui lui mi ha tanto parlato».
Nel frattempo, anche Lara era sparita alla ricerca di Marta. La colse in flagrante sulla soglia della cucina. Stava di certo origliando.
«Marta, non è bello nascondersi quando ci sono degli ospiti!» disse, divertita, trascinandola per un braccio e scrutando attentamente il volto dell’amica «Ma forse lo conosci? Sei rossa, sembri essere a disagio».
Marta voleva semplicemente sprofondare. Il ragazzo che le piaceva da una vita – non lo aveva confessato a nessuno – era il suo nuovo vicino di casa e la cosa di certo non poteva far bene alla sua salute mentale.
«Solo di vista» ammise la ragazza.
Intanto, Frances era rimasta sorpresa.
«Killian ha parlato di me? Ma davvero?» chiese con freddezza, mentre il suo cuore stava già facendo capriole a sua insaputa –probabilmente per il fastidio.
«Non molto bene, però» Il ragazzo dai capelli rossicci si lasciò sfuggire un sorriso furbastro.
Se solo quel Killian fosse stato lì in quel momento davanti a lei, Frances l’avrebbe incenerito con lo sguardo.
Lara ritornò in salotto con Marta sottobraccio. Quest’ultima chinò il capo, imbarazzata, poi si ritrovò a fissare un’interessantissima crepa sul muro del loro appartamento.
«Amico misterioso di Killian, possiamo sapere il tuo nome?» chiese Lara, curiosa.
«Alistair» rispose lui, semplicemente.
Alistair.
Esistevano miliardi di nomi come John, Jack, Robert, Tom. Ma mai Marta avrebbe pensato che quel ragazzo avesse un nome così bello e misterioso mai sentito prima.
«Chiamami pure Lara, lei è Marta» rispose Lara, allegra, poi sottovoce sussurrò all’amica: «Saluta, Marta… saluta!».
Marta alzò la mano, esibendosi in un piccolo saluto.
«Ti serve il sale, hai detto?» cercò di liquidarlo Frances, che cominciava a stancarsi di quella situazione da sit-com «Aspetta fuori. Vado a prenderlo».
Così dicendo, sgattaiolò in cucina.
Alistair rise leggermente e si rivolse alle altre due: «Sbaglio o detesta il mio amico?»
«Giusto un po’» ridacchiò Lara.
Alistair fece un paio di passi avanti, poi porse un bigliettino alle due ragazze, sussurrando: «È il numero di Killian, voleva accertarsi che lei lo avesse ricevuto».
«E cosa dovremmo farci?» chiese Marta, stupidamente. Il suo ultimo neurone doveva essersi impiccato per solitudine.
«Nascondetelo, che ne so. Ma non diteglielo. Siate mie complici altrimenti Killian mi scannerà» disse lui, facendo l’occhiolino.
Marta si morse un labbro, tenendo a bada le sue emozioni.
«Ci proveremo. Non voglio spargimento di sangue innocente» scherzò.
Alistair sorrise ancora e Marta sperò con tutto il cuore di non essere arrossita di nuovo.
«Ecco il sale» Frances finalmente tornò con una bustina «Buona cena, Alistair».
Che qualcosa vi vada di traverso, pensò, ma non disse nulla perché era pur sempre una ragazza educata e composta.
«Grazie, anche a voi e scusatemi per il disturbo» disse Alistair con l’ennesimo sorriso, per poi sparire lungo il corridoio.
Marta e Lara si guardarono, indecise sul da farsi. Dovevano dare il biglietto a Frances?
Ma no. Appena ne avessero avuto l’occasione, l’avrebbero nascosto in qualche oggetto che l’amica usava quotidianamente, come ad esempio la sua agenda.
Si respirava assoluta tensione quella sera. Frances sembrava infastidita, Marta era come in un’altra dimensione.
Lara era l’unica lucida che se la rideva. Per ora.
   
 
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