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Autore: aury gene mars    30/07/2014    1 recensioni
"La vita è tutta fatta di momenti di impatto e di come cambiano la nostra vita per sempre. Ma cosa accade se un giorno non potessi più ricordarli?"
-cit. La memoria del cuore
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Nessuna ricchezza potrà essere tanto grande quanto amare e essere amati.”
 
-Vera Santoro
 

Capitolo 1: Eyes like stars 


Los Angeles, la città più bella che abbia mai visto. E poi, vista dalla scritta Hollywood durante la notte è ancora più bella.
Sembra che le luminose stelle del cielo siano proiettate sulla città.
Le luci dei palazzi, i bar, i pub, i ristoranti, le case, le macchine. Ogni cosa, vista da sola sembra niente, ma la luce che emana ha reso la città un cielo stellato.
E da qua su, il rumore della città, si sente a malapena. Lasciando spazio ai grilli e il vento estivo.
Tutta questa calma ci serviva, dovevo rilassarmi i nervi dopo la settimana che ho passato, anzi abbiamo.
Chissà, il nostro appartamento, questa settimana non farà parte delle stelle. Ci hanno staccato la corrente, e domani andrò a vendere un vecchio braccialetto che mi ha regalato mia madre, per pagare la bolletta. E poi si vedrà con gli altri debiti.
Per fortuna che la persona che vive insieme a me riesce sempre a vedere il lato positivo, riesce a trovare sempre la bellezza e non l'imperfezione. E lei è la perfezione.
Preparava un panino per il nostro pic-nic, per liberare la mente, e andare via di casa. Cercando di salvare qualche candela, e salvando un altro mobile dalla cera sciolta.
Presi posto vicino a lei, aveva una treccia appoggiata sulla spalla sinistra. Lei non si piace così, ma secondo me è ancora più bella.
Addosso portava la mia giacca, gli diedi un piccolo bacio sulla guancia, facendola sorridere. Con le sue fossette.
I suoi occhi verdi erano ancora più luminosi sotto quella luce.
Mi porse il pane, con le sue piccole mani, le unghie nere (come sempre) e l’anello che gli avevo regalato. Che non toglie mai.
Sophia appoggiò la sua schiena contro il mio petto, io intanto la strinsi a me.
Mentre il nostro cane correva verso di noi, una piccola palla di pelo nero, un dolce rottweiler di nome Geronimo.
Appoggiai la testa, la fronte, sulla spalla della ragazza che stavo stringendo, del mio amore. Mentre lei accarezzava il cane.
“Ehi, cos’hai?” Disse girando la testa, Geronimo abbaiò, e corse vicino a me.
Non riesco a mentire a Sophia, così guardai in basso e mi grattai il collo. “Mi dispiace, tu non meriti una vita piena di debiti. Dove bisogna fare sacrifici, non so neanche come faremo ad andare avanti i prossimi mesi.”
Gli dissi la verità, mi alzò il mento con le dita. Incontrai i suoi occhi, così verdi, così belli. Sorrideva, un piccolo sorriso sincero. Non so come, ma mi sentii già meglio.
“Non lo so, ma sai una cosa.” Qualcosa nei suoi occhi si illuminò. “Io so che amo te, e non ti devi scusare per questo. Ma è stupendo stare qui insieme a te, mi stai migliorando la vita.” Poi mi baciò, portando le sue braccia intorno al mio collo.
Si inginocchiò, la strinsi a me portandole le braccia intorno ai suoi fianchi.
Tra i nostri baci, che dimostravano il nostro amore, Geronimo iniziò ad abbaiare a un gatto randagio.
Ci misimo entrambi a ridere, ancora con gli occhi chiusi, sentivo il sorriso a trentadue denti sul mio e l’assaporai dandole un bacio a stampo.
“Geronimo, torna indietro.” Urlai contro quel cane, che si arrotolava nell’erba. Mimetizzandosi nell’ oscurità.
“Meglio andare a casa.” Disse quella splendida ragazza. Entrambi ci alzammo, presi il cestino e lei Geronimo.
Camminammo, con le mani intrecciate, giù per la collina. Scambiandoci baci e sorrisi.
Stavamo insieme da ormai sei anni emmezzo, da quando io ne avevo diciassette e lei quindici, ma il nostro periodo ‘luna di miele’ non finisce.

 Passammo un incrocio, ed Sophia mi chiamò. La guardai, spostando la mia mano dalla marcia sulla sua gamba.
“Questo è il primo posto che ho visto di Los Angeles, dopo che mi hai tirato via quella stupida benda.”
Risi, aveva ragione. Quando avevo diciotto anni sono venuto qui per intraprendere la mia carriera di cantante, e una volta al mese l’andavo a trovare. Poi quando Sophia diventò maggiorenne, proprio il giorno del suo compleanno. Fece le valige, parlò con i suoi genitori e partimmo verso questa magica città. Io la bendai da quando partimmo e rimase con quella benda per qualche ora.

Mancava una decina di minuti per arrivare al nostro appartamento, Sophia si slacciò la cintura e guardò nei sedili dietro.
“Geronimo dorme.” Disse sbadigliando. Poi mi baciò, dicendomi che mi ama.
Mi fermai allo stop, e risposi al bacio.
Poi una spinta, il mio corpo fu spinto con pressione contro il volante, e poi solo nero.

 
   
 
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