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Autore: Serpentina    31/07/2014    14 recensioni
Lei: ha deciso di dedicarsi anima e corpo al lavoro, nonostante una migliore amica determinata a ravvivare la sua vita sentimentale, "più piatta dell'elettrocardiogramma di un cadavere". Dopo una cocente delusione, ha deciso di fare suo il mantra: "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte".
Lui: strenuo sostenitore del motto "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte". Il suo obiettivo è fare carriera, non ha nè tempo, nè voglia di perdersi dietro ai battiti di un organo che, per lui, serve soltanto a mandare in circolo il sangue.
Così diversi, eppure così simili, si troveranno a lavorare fianco a fianco ... riusciranno a trovare un punto d'incontro, o metteranno a ferro e fuoco l'ospedale?
Nota: il rating potrebbe subire modifiche.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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L’epilogo di una storia, secondo me, è come il cioccolato fondente: dolceamaro.
Per comprendere meglio la scelta di questo paragone, vi rimando a fine capitolo. Buona lettura! ^^

 



New roads to follow




“Bene, mia cara, non ho null’altro da dire. Se le cose stanno così, lui ti merita. Non mi sarei potuto separare da te per qualcuno di meno meritevole.”
Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio.

Il segreto di un matrimonio felice - a parere dei coniugi Irving - era un’equa suddivisione dei compiti, secondo inclinazioni e carattere di ciascuno.
Rose e suo marito, ad esempio, avevano stabilito a tavolino, seppur con una certa flessibilità, la ripartizione delle faccende domestiche e dei doveri genitoriali: a lei toccavano lavaggio dei piatti, bucato e pulizia dei pavimenti, alla sua dolce metà asciugatura dei piatti, stiratura e pulizia dei balconi; per quanto riguardava l’educazione della loro unica figlia, Faith, avevano deciso, di comune accordo, che il genitore “buono” sarebbe stato il padre, incapace di negare alcunché alla sua Tartarughina, quello “cattivo” la madre, che si accollò pure il discorsetto sulla sessualità responsabile. A dire il vero il dottor Irving, forse perché medico, non si vergognava di discutere apertamente di argomenti prettamente femminili, ma aveva lasciato l’onere alla sua dinamica moglie per evitare anche solo di avvicinarsi al campo minato dei rapporti con l’altro sesso; Faith ai suoi occhi sarebbe sempre rimasta la bambina sorridente che allevava lucertole, non ci teneva a sapere quali ragazzi le piacevano e/o cosa faceva in loro compagnia.
La sua cecità intenzionale si era infranta quando sua figlia aveva portato a casa Cyril Wollestonecraft. Inutile dire che aveva provato un’istantanea e immotivata avversione nei suoi confronti, affievolitasi soltanto dopo aver appurato che rendeva felice la sua Tartarughina. Quando “quella sottospecie di putto troppo cresciuto” l’aveva abbandonata a una settimana dalle nozze, la disperazione di Faith aveva risvegliato un lato sanguinario che non sapeva di possedere: nulla gli avrebbe procurato maggior piacere che torcere il collo a quel galletto, l’unica ragione che lo aveva trattenuto dal farlo, oltre alla prospettiva di trascorrere la vecchiaia in carcere, fu la consapevolezza che avrebbe potuto ucciderlo una volta sola.
Da allora aveva giurato a se stesso di vegliare da lontano sulla sua bambina, naturalmente senza farle sospettare interferenze da parte sua: indipendente com’era si sarebbe senza dubbio arrabbiata, e nessuno sano di mente avrebbe rischiato volontariamente di incorrere nelle ire di Faith Irving.
A ottobre, al cocktail party dei Patterson, aveva notato le schermaglie tra Faith e il suo nuovo tutor, e aveva espresso a sua moglie i propri timori. Rose gli aveva confidato di ritenere Franz Weil un giovanotto promettente dal punto di vista professionale, e un fuoco di paglia da quello sentimentale: Faith non era ancora pronta a innamorarsi di nuovo, però aveva bisogno di rimettersi in pista, e…
–Si sa, niente accresce l’autostima di una donna come un innocente flirt”.
Il dottor Irving aveva risposto –Spero, Rosie, che questo sia l’unico argomento sul quale ci troviamo in disaccordo: è mia opinione che Franz Weil sia estremamente pericoloso. Nostra figlia ha un caratteraccio ed è molto esigente, e questo tizio ha tutte le carte in regola per farle perdere la testa: è bello, e lo dico da uomo - di una bellezza virile e “terrena”, non come quelle effeminate facce da poster che piacciono alle ragazzine di oggi - intelligente, con la battuta pronta e la lingua affilata come un bisturi.
–Se anche fosse?
–Se anche fosse, non voglio che le si spezzi il cuore ancora una volta. Ha sofferto abbastanza.
–Questo lascialo decidere a lei, caro- aveva a quel punto sbuffato Rose, scrutandolo al di sopra degli occhiali. –Non è più una bambina. Per quanto mi riguarda, Faith è preda di una infatuazione adolescenziale tardiva, ma se sei così convinto che possa evolvere in qualcosa di più serio, imitami: resta in disparte a osservare se e in che modo cambierà il loro rapporto. Faith ha le stesse possibilità di essere felice con lui come con chiunque altro.
I mesi passarono, e i timori del padre di Faith si fecero man mano più reali: sua figlia non aveva argomenti di conversazione all’infuori del suo lavoro e, di conseguenza, di Weil; non spendeva nemmeno mezza sillaba buona per lui, certo, ma ne parlava in continuazione, sottolineando quanto fossero insopportabili il suo sarcasmo e il fatto che le tenesse testa. Al contrario di Rose, convinta che il risentimento di Faith derivasse semplicemente dalla sua incapacità di accettare che qualcun altro fosse il primo della classe, era sicuro che quei battibecchi nascondessero il germe di un sentimento ben diverso, pronto a sbocciare alla prima occasione.
Ne ebbe la conferma quando, una mattina, si recò insieme alla moglie a trovare Faith, che aveva fatto loro intuire di avere grandi notizie.
–Lo so io qual è la grande notizia: lei e quel Weil!- abbaiò il padre (impostando la modalità “mastino”).
–Se anche fosse, dimostrerebbe solo una cosa: che nostra figlia ha buon gusto- rispose Mrs. Irving. –Come sua madre, del resto.
–Rosie!
–Siamo sposati da ventotto anni, caro, troppo per pretendere che io non abbia occhi che per te!- scherzò Rose, divertita dal malriuscito tentativo di suo marito di mascherare l’irritazione che provava nel sentirla elogiare qualcun altro. –Comunque, il complimento era indirettamente riferito a te: se ho buon gusto e ti ho scelto, significa che sei un uomo con la U maiuscola!
Il dottor Irving, sbuffando, premette il tasto del citofono sotto il nome “Irving” e spinse il portone d’ingresso non appena scattò la serratura. Mentre teneva aperta la porta dell’ascensore a beneficio di Rose (un atto di galanteria da vero gentiluomo), borbottò –Quel Weil non mi convince.
–Ma se l’hai incontrato una volta sola!
–Una volta basta e avanza.
–Non dire sciocchezze!- lo rimbeccò la sua (non tanto) dolce metà. –Sei risentito perché l’ha presentato in anteprima a mia madre, invece che a noi.
–Non la trovi una mancanza di rispetto? Noi siamo i suoi genitori, veniamo al primo posto nella scala parentale!- latrò. –Tua madre è solamente sua nonna.
–Una nonna molto amata. Ora smettila di fare il bambino e bussa- ordinò sua moglie in tono imperioso, una volta raggiunto il terzo piano.
Fu il lupus in fabula di nome Franz Weil ad aprire ai signori Irving, che accolse con un sorriso esitante. Faith lo raggiunse con Agatha in braccio e stampata in faccia l’espressione di chi ha visto realizzarsi tutti i suoi sogni.
–Mamma! Papo!- trillò, lasciandosi stritolare, ehm, abbracciare (alla povera Agatha, schiacciata a sandwich tra la padrona e i di lei genitori, non rimase che miagolare di dolore).
–Se la forza dell’abbraccio è proporzionale all’affetto odiami, ti prego!- commentò ironico Franz.
Il dottor Irving dovette rendergli merito di aver saputo stemperare la tensione, rendendo la conversazione più agevole. Approfittando del clima disteso che si era venuto a creare lo tempestò di domande, scoprendo che dietro il patologo tutto d’un pezzo si celava un universo e, soprattutto, che avevano una passione in comune: il cinema e la letteratura horror. Non l’avrebbe mai ammesso, ma gli stava simpatico, il che, considerato che un padre geloso della sua unica figlia parte prevenuto nei confronti di qualunque maschio la circondi, era tutto dire!
–Papo, mi aiuteresti a portare il vassoio?- gli chiese tutto a un tratto Faith, chiaramente un pretesto per parlargli a quattr’occhi.
–Certamente- rispose, la seguì in cucina e si divertì a tenerla sulle spine per un po’, prima di ridacchiare –Sputa il rospo, Tartarughina: vuoi la mia benedizione?
–La tua opinione. E’ diverso- sbottò Faith.
–Domando scusa, signorina- replicò lui in tono scherzoso, con tanto di inchino. –Vuoi sapere se mi piace? La risposta è… preferisco tua madre!
–Papà!
–Uh, siamo passati a “papà”! Si contano sulle dita di una mano le volte in cui mi hai chiamato papà, perciò la faccenda è seria. Va bene, ti darò il mio spassionato parere: è un tipo un po’ chiuso, non è il massimo della simpatia…. ma non ha importanza, se ti piace, e credo ti piaccia molto.
–Lo amo.
–Ehi, ehi, ehi! Piano con questo amore! Ho fiducia nel tuo giudizio, ma avanza coi piedi di piombo: deve meritarlo.
–Lo merita, papo. Se soltanto sapessi cosa ha fatto…
–Perché, cosa ha fatto?

 
***

–Ha pagato di tasca sua per farle frequentare il corso estivo di Noyce?- strillò con gli occhi a forma di cuoricino Rose Taylor in Irving, dirottando l’attenzione dal libro che stava leggendo al marito.
–Sì- rispose lui, infilandosi sotto le coperte. –Ecco spiegato perché l’ho strapazzato meno del “putto troppo cresciuto”.
–In effetti pareva strano ti fossi limitato alle minacce di evirazione, senza neppure un accenno di minaccia di morte. Oh, signore, non posso crederci!- trillò Rose, la cui giovialità non si sapeva se attribuire alla notizia o al sidro che aveva bevuto a cena. –Un gesto dolcissimo! Sembra che dopo tanti rospi Faith abbia finalmente trovato il suo principe!
–Non dire assurdità- obiettò suo marito. –Il principe azzurro non esiste! Faith ha semplicemente beccato uno apparentemente decente, ma giuro che se osa farla soffrire come quell’essere innominabile…
–Ecco, appunto, non lo nominiamo- lo interruppe Rose. –Nostra figlia si è rimessa in gioco e ha gettato il passato alle sue spalle; se riesce a pensare positivo, perché noi non dovremmo? Sembrano fatti l’uno per l’altra, il che mi preoccupa leggermente: questa passione viscerale per l’horror, i gialli, il fatto che l’abbia coinvolta in sport estremi… ma, contenta lei… Piuttosto, pensa a come restituirgli il denaro: non possiamo permettergli di rimetterci!
–Credi che non l’abbia fatto?- replicò lui. –Ha risposto che se avesse regalato a Faith un gioiello, un paio di scarpe o un abito non ci saremmo mai sognati di ridargli i soldi spesi, perché un corso dovrebbe essere diverso?
–Ha davvero usato queste parole?- chiese Rose, esterrefatta: sua figlia aveva più volte denigrato Weil definendolo tirchio, ma un tirchio non si sarebbe comportato in questo modo.
–Ha pure aggiunto che qualsiasi donna può avere dei gioielli, ma pochissime hanno il cervello di Faith, quindi tanto vale investire su quello. Oltretutto è a prova di furto!
Mrs. Irving sgranò gli occhi, favorevolmente impressionata dalla pungente ironia e dall’amore sincero di Franz e boccheggiò, prima di riuscire a esprimere una frase di senso compiuto –Se non lo sposa lei, lo faccio io!
–E rinunceresti a dividere il letto con questo baldo giovane?- scherzò, esibendosi in pose da macho.
–Sai che scherzo, caro- gli assicurò Rose, sporgendosi per baciarlo sulla guancia. –Sarai il mio toyboy giovane dentro finché morte non ci separi!

 
***

–Muoviti, Faith, rischiamo di fare tardi!- abbaiò Franz, camminando avanti e indietro lungo il corridoio.
Erano attesi a casa di sua madre, e stavolta la Irving non sarebbe finita in un angolo a fare da tappezzeria, anche se forse avrebbe finito col desiderarlo, dopo l’interrogatorio di Gertrud.
–Zitto, tu! Sono in crisi!- gnaulò lei.
–Calmati, è solo un pranzo con la mia famiglia. Sono strani, ma non mordono!
“Oddio, mia madre forse sì, ma è meglio che non lo sappia!”
–Non capisci… non ho niente da mettermi!- ululò la Irving prendendo a pugni una parete.
Comprese allora che il problema era serio: se non fosse intervenuto, Faith avrebbe rivoltato l’intero guardaroba, e sarebbero sicuramente arrivati tardi, indispettendo sua madre.
–Senti, secondo me la tensione ti offusca la mente; hai tanti bei vestiti, ma ti sembrano brutti perché hai paura che mia madre li bocci. Che ne dici se scelgo io?
Attese qualche secondo, immobile, temendo che al minimo movimento lei potesse dare in escandescenze; non accadde, anzi, acconsentì a che selezionasse lui i capi da indossare, ossia un abito corto con la parte superiore bianca - dalle maniche ampie che si stringevano al gomito - e la gonna gialla a fiori, un paio di scarpe rosse col tacco basso e una cintura di cuoio da inserire nei passanti del vestito.
–Non male- disse, prima di sbatterlo fuori dalla sua stanza per prepararsi alla svelta. –Hai gusto… per essere un maschio!
Franz avrebbe protestato per quel commento sessista al contrario fino a casa di sua madre, se il casco non glielo avesse impedito. Era stato costretto, infatti, a scomodare la Harley, dato che Nina, l’automobile di Faith, giaceva immobile nell’officina di Freddie.
–Avrei potuto chiedere ai miei di prestarmi la loro auto, ma sono andati a trovare mia nonna.
–Non preoccuparti, la tua presenza la tratterrà dal tormentarmi perché non ho la patente.
–Ma tu hai la patente!- osservò Faith.
–Non quella che vuole mia madre- esalò Franz, la prese per mano e pigiò sul campanello.
Come previsto, Gertrud arpionò Faith - che ricevette occhiate solidali da Martin, Alexander e Serle, e un abbraccio da Hans e Wilhelm - e la sottopose a un vero e proprio terzo grado: dal racconto della comica dichiarazione d’amore passò al suo lavoro, i suoi amici e la sua famiglia, risalendo tanto indietro nell’albero genealogico che a un certo punto temette sarebbe arrivata ad Adamo ed Eva. Tuttavia dovette rendersi conto di aver esagerato, perché, dopo averla ringraziata per l’aiuto offertole in cucina, chiocciò –Perdonami se ci sono andata giù pesante, ma è la prima e, spero, l’ultima volta che potrò torchiare una fidanzata di Franz: sei la sola che mi abbia presentato di sua spontanea volontà!
–Non c’è problema. Spero solo di aver superato l’esame- rispose la Irving.
–Se non ti sposa lui, lo faccio io!- esclamò Gertrud, mettendosi poi a ciarlare degli abiti più brutti che avesse mai visto e dei ricevimenti peggiori ai quali aveva partecipato.
Il rumore dei piatti sbattuti sul tavolo dagli uomini affamati suonò alle orecchie di Faith come una melodia salvifica, perché pose fine alla conversazione. Scambiandosi un sorriso tra il divertito e l’esasperato con Gertrud, la aiutò a portare a tavola gli antipasti, invece Serle assecondò il moto di indipendenza di Wilhelm, che voleva provare a mangiare da solo, limitandosi a ripulirlo quando si sbrodolava.
Spazzolato il dolce, una torta al triplo cioccolato che Faith riconobbe come opera di Melanie, Franz si piazzò davanti alla tv insieme al fratello e al patrigno per guardare la partita; le signore, invece, sorseggiarono caffè osservando i bambini giocare.
Wilhelm si avvicinò a Faith passettini, le consegnò il suo peluche e gridò, orgoglioso di se stesso –TIA FAI!
–Gliel’ho insegnato io- dichiarò solennemente Hans, senza sforzarsi di celare il suo auto-compiacimento. –Gli ho spiegato che sei zia Faith perché sei la fidanzata di zio Franz, cioè come mamma e papà, ma senza anello al dito.
–Oh! Ehm…wow. Io… non so cosa dire…
–Tu e lo zio starete insieme per sempre?
–E-Ecco, n-noi…
–Sempre sempre, o il sempre dei miei nonni?- incalzò Hans, un po’ triste.
Faith si stupì nel sentirlo parlare con tanta naturalezza del divorzio, e si complimentò mentalmente con i genitori per avergli fatto capire che Martin, per quanto affettuoso e sposato con Gertrud, non era suo nonno. Si chiese se il padre di Alex e Franz avesse mai incontrato i nipoti.
–Sempre sempre sarebbe un bel traguardo, però non posso sapere in anticipo se un “sempre” si perderà per strada- rispose, scegliendo con cura le parole. –E’ il bello e il brutto dell’amore: l’unica certezza è che non filerà mai tutto liscio, per il resto… puoi soltanto impegnarti affinché duri.
Hans annuì e le sussurrò in gran segreto all’orecchio, prima di precipitarsi a spintonare il fratellino –Se non dura, ci sono io!
Ridacchiando, Faith andò in cucina a servirsi un bicchier d’acqua. Stava bevendo, quando si sentì afferrare per i fianchi; era Franz, che la baciò.
–Mi mancavano le tue labbra. Non sai che fatica vederle muoversi mentre parlavi e mangiavi e non poterti baciare.
–E la partita?
–Intervallo. Inoltre stiamo perdendo, quindi sono particolarmente bisognoso di coccole.
Quello che era nato come un bacetto tenero e dolce si trasformò presto in uno molto più sensuale, interrotto, con un misto di disappunto e imbarazzo dei due piccioncini… da Hans.
–Che fate?- chiese, fissandoli da sotto in su con un sorriso poco raccomandabile, eredità dello zio.
Faith rimase di stucco, i neuroni che lavoravano febbrilmente per elaborare una risposta decente priva di fantascientifici varchi spazio-temporali e incantesimi, ma Franz la precedette; si abbassò, portando la sua testa all’incirca al livello di quella del piccolo, gli strinse una spalla e disse, serio –Prometti sulle teste dei tuoi robot che non lo dirai a nessuno, nemmeno alla nonna?
–Promesso!
–Io e Faith ci stavamo baciando.
La Irving avvampò, boccheggiò e rischiò di svenire quando Hans scosse il capo e sbuffò –Così non va!-, per poi farle cenno di abbassarsi e… posarle un bacino sulla guancia. –Impara, zio: questo è un bacio!
Consapevole che ridendo avrebbe ferito i sentimenti di suo nipote, Franz si limitò a sorridere, piegò leggermente la testa di lato e replicò –Lo terrò a mente. Grazie della preziosa lezione.

 
***

–Adam, vai tu, sono impegnato!- gridò Brian.
Il cugino obbedì, e aprì la porta sorridendo alla visitatrice: la sua migliore amica, Monica Hawthorne.
–Devi obbligare tuo cugino ad assumere una governante- disse la ragazza mentre lo abbracciava. –Vuoi mettere la soddisfazione di venire annunciati? “Mr. Cartridge, una visita per lei”. Fa così età vittoriana! Una figata!
–Riferirò- rispose Adam, per poi aggiungere, lievemente imbarazzato –Ehm, Rossa, scusa se te lo chiedo… ti sono cresciute le tette? Ho avvertito una pressione sospetta contro il torace…
–Ho messo un reggiseno imbottito- ammise. –Così, riguardando le fotografie, potrò illudermi di avere un paio di airbag decenti.
–A me non dispiacciono- replicò Adam. –Sono della grandezza ideale: a misura di mano!
Monica gli diede uno scappellotto e sbuffò –Sfido che John mi ha mollata perché geloso di te! Ti pare una frase da migliore amico? Avanti, su, rimedia con un complimento neutro.
L’altro alzò gli occhi al cielo e scrutò la figura slanciata dell’amica: avvolta in un semplice tubino bianco col collo alto ornato da un grosso fiocco, i lunghi capelli rossi raccolti in un’acconciatura alla Audrey Hepburn e un trucco leggero, Monica sembrava una stella del cinema.
–Sì, beh, non mi aiuti parlandomi di reggiseni! Comunque è stata una tua decisione relegarmi nella “friendzone”, fosse per me..
–Adamino, ti prego, non oggi. Ce la fai a tenermi sottobraccio, ballare e dirmi che sono bellissima senza rimpiangere quello che avrebbe potuto essere?
–Ci proverò- asserì lui. –Sei uno splendore, e già so che dovrò tenere a bada diversi invitati. Oppure vuoi rimorchiare?
–Cuccare a un battesimo?- sbottò oltraggiata la rossa. –Per chi mi hai presa? E adesso portami dal festeggiato, sono venuta apposta per spupazzarmelo!
Si udirono il pianto di un neonato e i lamenti di un padre stremato.
Adam curvò le labbra in un mezzo sorriso ed esalò –Segui le urla. Io resto qui, per il bene della mia sanità uditiva.
Monica gli fece la linguaccia, salì al piano superiore e percorse il corridoio fino alla stanza del bambino, dove vide Brian, in pantaloni eleganti e torso nudo, intento a placare le strida di Aidan, che non gradiva gli si cambiasse il pannolino.
La goccia che fece traboccare Brian fu uno zampillo ribelle di pipì, che lo colpì all’altezza dello sterno. Furibondo, ruggì –Stammi a sentire, piccolo demonio: io non ti piaccio e tu non piaci a me- il pargolo gli afferrò un dito, emettendo un urletto eccitato, al che Brian, espressione tirata e profonde occhiaie a testimonianza di una notte insonne, sospirò e si corresse. –Ok: io ti piaccio… ma tu non mi piaci!- Aidan si portò il dito alla bocca e lo usò come ciucciotto. –Oh, come faccio a essere arrabbiato con te? Sei una spina nel fianco, marmocchietto… ma sei la mia spina preferita.
Monica intuì di poter palesare la propria presenza; bussò alla porta, nonostante fosse aperta, quindi trillò –Ehilà, paparino! Come va?
–Vediamo- rispose Brian, in lotta col neonato recalcitrante. –Non dormo otto ore di fila da mesi, la mia vita mondana si è quasi azzerata, ho delle occhiaie schifose e mio figlio mi ha appena battezzato con un po’ della sua urina. Sto alla grande!
–Oh, andiamo, non può essere tanto terribile!
Brian, le voltò le spalle, ripulì Aidan, applicò il talco e, distraendolo con buffe smorfie, riuscì finalmente a chiudere il pannolino pulito. Trionfante, gli infilò la tutina comprata per l’occasione e sospirò –Adam dice che è colpa mia: un uomo nella mia posizione non dovrebbe abbassarsi a fare il mammo. “Secondo te Donald Trump faceva il bagnetto a Ivanka”? Beh, io non sono Donald Trump - sono molto più figo - e voglio godermi il mio piccolino: giocare con lui, fargli il bagnetto, farlo mangiare… cambiargli il pannolino… non sarà tutto rose e fiori, però ne vale la pena. Poi la mia famiglia mi dà una grossa mano, persino Abby! Ci crederesti?
–Eccome!- replicò la rossa, che prese in braccio il piccolo per consentire a Brian di vestirsi. –E’ impossibile resistere a questo bel faccino!
–Meno male che non ho perso il mio fascino!- ridacchiò l’uomo, ammiccando nella sua direzione.
–Parlavo del pargoletto.
–Oh. Oh!- esclamò, deluso: la nipote del suo amico Axel era maggiorenne e molto carina, visto che suo cugino non si decideva a darsi una mossa sperava di fare lui gli onori di casa. –Beh, almeno ci ho provato!
–Tu ci provi sempre, è questo il problema- ribatté Monica.
–Problema? Un problema non dà una simile ricompensa- obiettò Brian facendo il solletico ad Aidan, che era riuscito a spettinarsi e perdere una scarpa, e gli posò un bacio sulla testolina.

 
***

–Sei stupenda- esalò Franz, lasciando vagare la mano sulla coscia di Faith, seduta al posto del guidatore.
–Lo dici perché vuoi che mi fermi nel primo angolino appartato per fare sesso- soffiò la Irving, arrossendo.
–Lo dico perché è la verità- protestò Franz. –Se non lo fosse… non avrei tutta questa voglia di fare sesso con te ora e subito.
–In caso non te ne fossi accorto, stiamo andando a un battesimo!
–E allora? Aidan nemmeno se ne accorgerebbe!
–Suo padre sì, però!
–Se Brian fosse qui, mi darebbe ragione. Dai, tesorino, amoruccio mio bello, zuccherino del mio cuore…
–Franz, piantala!
–Accosta, e la pianto… poi ti pianto il… hai capito, no? Accontentami, stamattina eri talmente presa dalla scelta delle scarpe che ho smaltito da solo l’alzabandiera!
Per la gioia di Weil, la Irving sorrise sorniona, gli chiese –Vuoi del sesso… sesso? Violento, sudato, magari in piedi, contro un albero?- gli chiese sorniona, per poi aggiungere –Dovrai accontentarti di qualcosa di più tradizionale: abbiamo poco tempo!
Felice come se Natale fosse arrivato in anticipo, Franz si tolse la cintura di sicurezza, slacciò quella di  Faith e la fece sedere a cavalcioni su di lui, la posizione più comoda per una sveltina: purtroppo il tempo a loro disposizione era poco, prima che gli invitati al battesimo si chiedessero che fine avevano fatto la madrina e il di lei fidanzato.
–Passami la borsa, ho messo lì dentro i preservativi- esalò lui quando intuì che i preliminari erano durati anche troppo, il naso tra i suoi seni, il respiro affannoso.
–Avvertirmi no, eh? E se l’avessi aperta davanti ad Abby? O a uno dei bambini?- sibilò lei, e lo morse per punirlo.
–Audace e mordace: la donna dei miei sogni!
Faith ridacchiò, e rispose –Osa scompigliarmi i capelli e ti ammazzo! E sai che so come farlo apparire un incidente!
Franz non replicò, si limitò ad accarezzarle l’interno coscia con lentezza esasperante, mentre tacciava con la lingua il contorno dei nei. Adesso capiva perché le avesse consigliato quel vestito verde salvia: il corpetto, rivestito di pizzo, scopriva un’ampia porzione di decolté, offrendogli un gran bel panorama.
–Ora , però, non sprechiamo il nostro amichetto di lattice. Diamoci dentro, sto…
Faith si scostò le mutandine quel tanto che bastava a consentire la penetrazione, emise un risolino e finì la frase al suo posto.
–Fammi indovinare… scoppiando?

 
***

Appena misero piede in chiesa, ansanti e in clamoroso ritardo, Abigail accorse per investirli con una litania di rimproveri e lagnanze, perché, essendo stata costretta a sostituirli nell’accogliere gli invitati insieme agli altri due padrini, aveva dovuto spiegare che lei era soltanto la zia di Aidan, non la madrina, dato che, giustamente, ci si aspettava avesse quel ruolo.
Weil ingoiò gli insulti che avrebbe tanto voluto riversarle addosso mordendosi la lingua e concentrò la propria attenzione su Ben, più trattabile della moglie.
Si sedette accanto a Faith in seconda fila e sibilò –La tua amica nelle vene ha succo di limone! Mamma mia!
–Abby è melodrammatica e maniaca del controllo- bisbigliò lei di rimando. –Quando le feci da damigella d’onore mi trattò talmente uno schifo che mi vendicai scopando con Cyril nella suite dove avrebbe trascorso la prima notte di nozze!
–Uuh! Perfida!- commentò Franz, scoccandole un’occhiata maliziosa. –Mi piace!
Fuori dalla chiesa sobbalzò quando Brian lo colse di sorpresa con una domanda indiscreta.
–Vi siete fermati lungo la strada a fare sesso? E’ questo il motivo del ritardo?
–Certo che no! Abbiamo trovato traffico, tutto qui- mentì, allentandosi la cravatta, diventata improvvisamente strettissima. –Ti pare che farei mai qualcosa di così… così…
–Eccitante?- concluse Brian. –Franz, ti si legge in faccia che ti sei divertito. Non mentire: non hai trovato traffico, hai imboccato la galleria di Faith per raggiungere l’autostrada del piacere!
–Ehm… hai bevuto, per caso?
–No, ma da quando è nato Aidan non posso più spassarmela come prima, per cui passo parecchio tempo su internet, non so se mi spiego. Vagando tra i vari siti, mi sono imbattuto in uno dove pubblicano scritti erotici- confessò. –Le gentili donzelle ne combinano di cotte e di crude in quei racconti! Peccato non mettano in pratica neanche la metà di quelle porcherie nella vita reale.
–Ehm, ad ogni modo scusa se…
–Rilassati- lo tranquillizzò Brian, per poi aggiungere, assumendo la tipica posa di Fonzie, –Un altro si sarebbe scandalizzato, oppure offeso, ma - ehi! - io sono Brian Cartridge!

 
***

Incoraggiata dal tocco gentile di Franz, Faith si accoccolò tra le sue braccia, agitando i piedi dolenti a causa dei tacchi alti.
–Grazie di avere accettato di dormire da me. Cazzarola! Maledetti arnesi di tortura!- mugugnò. –Scommetto che li ha inventati un uomo!
–Avevi dubbi in proposito? Una volta mio padre mi disse che le scarpe col tacco erano state ideate per i macellai, in modo da non far poggiare tutta la pianta del piede sul pavimento insanguinato dei mattatoi.
–Che schifo!- esclamò Faith. –Non credo li indosserò mai più!
–Esagerata! Sei un patologo o no?
–Un patologo non cammina su pavimenti insanguinati!
–Il patologo forense sì- obiettò Franz. –Immagina quel pazzoide di Noyce mentre si muove intorno al morto, cercando di carpirne i segreti…
–Sono stesa sul letto accanto all’uomo più sexy del mondo, che qualche ora fa mi ha regalato una sveltina letteralmente da urlo, ti pare voglia pensare a Noyce su una scena del crimine?- sbottò Faith.
–Ci sarà un motivo, se lo chiamano “l’uomo che sussurra ai cadaveri”- asserì lui, per poi cambiare argomento. –Comunque bel discorso, mi è piaciuto.
–So che non si usa tenerne uno ai battesimi, però… erano parole che venivano dal cuore- mormorò lei, rinserrandosi nell’abbraccio.
–Credimi, traspariva da ogni sillaba. Davvero Brian ti disse: “Conosci un modo per avere figli senza il fastidio di una donna per casa? Se sì, allora ci sto”?
–Naturalmente scherzava, intendeva anzi evidenziare quanto fosse lontano dal comune ideale di papà, diviso com’era tra affari… di vario genere- rispose. –Curiosa la vita, eh? Sembra che esaudisca i nostri desideri soltanto quando vuole farci del male.
–Ha fatto male a farci incontrare?- le chiese Franz, sforzandosi di celare la preoccupazione: era sicuro dei propri sentimenti, quelli di lei…. restavano un mistero.
–No- mormorò Faith, sollevandosi per baciarlo. –Ma ha fatto malissimo a farci rincorrere per mesi.
Franz la baciò sul naso e sospirò –Non saprei. Credo che questi mesi ci siano serviti per liberarci delle nostre insicurezze; però è stata dura non saltarti addosso, sprizzi sesso da tutti i pori!
–Ma va’!- sbuffò Faith, dandogli una spallata. –Mi lusinga che ti ispiri fantasie porche, ma dubito di sprizzare sesso da tutti i pori! Non sono una gran gnocca.
Dopo averci riflettuto, Franz pose una domanda apparentemente banale.
–Ti piace il cioccolato?
–Da morire!
–Ti piace tutto allo stesso modo, oppure hai delle preferenze?
–Detesto il cioccolato bianco - privo di cacao, che razza di cioccolato è? - tollero a fatica quello al latte, adoro il fondente.
–Perciò, se dovessi metterti davanti una tavoletta di cioccolato bianco, al latte e fondente, mangeresti soltanto la terza?
–Sì- rispose Faith, perplessa: dove voleva andare a parare il suo fidanzato?
–Non ti stancheresti mai di mangiarlo?
–Mai. A volte un’intera tavoletta, altre un quadratino solo, ma non posso farne a meno. C’è qualcosa che mi attira verso il fondente e mi fa disdegnare il resto; forse il retrogusto amarognolo, forse la sensazione voluttuosa di quando si scioglie sulla lingua…
Franz ridacchiò e la interruppe, prima che gli venisse di nuovo fame.
–E’ così che mi sento con te: sei il mio personale cioccolatino fondente. C’è qualcosa che mi attira irrimediabilmente verso di te e mi fa disdegnare le altre; forse l’organo che hai tra le orecchie, forse la tua linguaccia, forse, ehm, le “gemelle”. Certo, mi guardo intorno, ma non vedo, perché so cosa perderei se uscissi dalla mia vita.
Faith allungò una gamba ad avvolgere le sue, gli si avvinghiò koalescamente e pigolò –Si chiama amore. Comunque tranquillo, ho intenzione di non uscire di scena tanto presto. Abbiamo una lunga strada davanti, e voglio percorrerla al tuo fianco.
Negli occhi di Weil passò uno sfavillio malizioso e, mentre le accarezzava un braccio, rispose –Oppure avanti a me, così potrei palpeggiarti più comodamente.
–Tu sì che sai come rovinare un momento magico, Franz!

 
FINE

Nota dell’autrice:
E’ finita.
Al solito, scrivere quelle quattro lettere mi ha commossa, ma sapere che ogni fine è un nuovo inizio mi fa sentire meno triste.
Forse il finale è banale, ma volevo chiudere con uno scenario normale, come normale è la storia d’amore tra Franz e Faith, due persone che hanno imparato ad amarsi, godendo dei rispettivi pregi e ridendo dei rispettivi difetti. Spero non siate deluse.
Non so che altro dire, ogni parola mi sembra superflua, perciò passo ai ringraziamenti: grazie, grazie, grazie, innanzitutto ai lettori silenziosi (ma numerosi ;-) ), poi ad abracadabra, Bijouttina, DarkViolet92, elev, madewithasmile e soulscript per aver recensito, a Natalie Gjoka e Calliope Austen per le belle parole sul capitolo precedente, e a tutti quelli che hanno inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite, incluse le new entries boobear26, monnie, pippicalzelunghe e Ripped Jeans. Vorrei abbracciarvi una ad una! ^^
Un mare di baci, spero passerete una bella estate! (se si decide ad arrivare -_-)
Serpentina
 
 
 
   
 
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