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Autore: alessandras03    31/07/2014    27 recensioni
"Sequel di 'Ostacoli del cuore', per chi lo avesse letto."
Sono trascorsi sei anni da quando la bella e ormai giovane donna Emily Stewart ha abbandonato il liceo. Adesso la sua vita è cambiata. Ha un lavoro, un uomo meraviglioso e nuovi progetti da realizzare.
Non poteva mai immaginare di dover riscontrare nel suo cammino quello che per lei è stato il suo amore adolescenziale. Brandon Felton è tornato a sconvolgere la sua vita in un batter d'occhio, ma quanto è forte il passato? Il loro legame è indissolubile come quello di un tempo o il destino ha nuovi piani per loro?
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«Brandon.. Felton?» Accenno una risata divertita per non apparire su di giri.
«Vedo che la barbetta e qualche anno in più non cambia il mio aspetto.» Sorride com’è solito fare e si avvicina tralasciando la mia lastra sul tavolo. Porta le mani dentro le tasche e si morde le labbra carnose.
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Rivivo nella mia mente i momenti romantici con Brady, le parole dolci, i ti amo, gli sconforti e i numerosi litigi e ricordo quella bambina che si emozionava con poco. Ricordo quella bambina che pensava di poter scavalcare tutto e tutti con quel ragazzo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 1.
 
 
 
Maledetta auto che mi lascia in tredici in mezzo ad una strada, quando l’unica cosa che dovrebbe fare è sfrecciare senza guardare nessuno.
“No, signorina, è perfetta.”
Mi avevano garantito alla concessionaria che quell’auto fosse una delle migliori, ed invece me la ritrovo sempre con qualche problema. Una volta il motore fonde, una volta i freni non funzionano, per una cosa o per un’altra sono costretta ad imprecare di santa ragione.
Ed eccola, che mi fissa, in mezzo alla strada. Fantastico per una donna che è in preda ad una crisi isterica ed è già in ritardo a lavoro. Mi faranno una testa tanta quando si accorgeranno che ho fatto tardi. Ed in momenti come questi mi ritorna in mente l’odio profondo per le auto. Vado subito in esaurimento nervoso. I nervi si riuniscono tutti appassionatamente e cavalcano nella mia mente felici e spensierati, mentre io perdo la pazienza.
«Bene. Benissimo.» Sbatto lo sportello dell’auto e do un’occhiata in giro. Nessuno si accorge di me, sono tutti troppo impegnati alle loro cose.
Sono intenta a fissare il vuoto, cercando una soluzione, fin quando, quasi senza rendermene conto,  qualcuno mi arriva addosso. Una ruota conficcata nella gamba e un ragazzo con gli occhi sgranati cerca di giustificarsi. Per non parlare del mio dito, chiuso nella fessura della portiera e la mia espressione priva di significato, con le pupille che mi stanno quasi uscendo fuori dalle orbite.
Solo Dio sa quanto dolore sto provando in questo momento e quanto odio ribolle dentro di me verso questo stupido ragazzino. La mia mente blatera parole senza senso, impreco a bassa voce ed ho la voglia profonda di pestare quella bici sotto i piedi urlando a squarcia gola.
«Oddio, oddio. Mi dispiace.» Balbetta sistemandosi. Respiro profondamente e cerco di non sembrare una nevrotica isterica, ma in realtà è esattamente ciò che sono. Quel ragazzino mi sta facendo volare ogni nervo ancora vivo nel mio cervello. Sempre se ce ne sia ancora uno sano!
«A chi aspetti per aprire questo cazzo di sportello?» Lo guardo  e stringo i denti per il dolore.
Senza dire una parola lo apre e salta sul sellino scappando. Piccolo bastardo, se ti prendo ti finisce male! Spero vivamente non sia nulla di grave, sennò sarò costretta per il resto del giorno a mandare al diavolo chiunque mi faccia girare le scatole.
 
Fortunatamente di fronte a me, l’insegna “hospital” si fa sempre più nitida e nonostante il malumore della giornata, che è già iniziata disastrosamente, qualcosa di positivo c’è.
Attraverso la strada senza preoccuparmi dell’auto e corro dentro.
Odio gli ospedali. Li odio così tanto. Non ho mai raccontato a Noah il perché, non mi va di fare mente locale su brutti ricordi che ancora vagano nitidi nella mia mente.
«Scusi..» mi accorgo di un’infermiera che sta esattamente passando al mio fianco e porta a braccetto un’anziana signora. Se non mi degna di uno sguardo, giuro che la mando al diavolo!
«Prego, mi dica» rimango piacevolmente sorpresa. Sorrido educatamente nonostante il dolore al dito e prendo un respiro profondo per non pensarci.
«Mi sono appena chiusa il dito nella portiera.. dell’auto..» stringo i denti e mordo il labbro inferiore.
L’infermiera mi squadra dalla testa ai piedi. Che guarda questa? Non ha mai visto una donna farsi male? Cos’ha visto? Un’extraterrestre? Devo decisamente calmarmi, non è educato osservare la gente con aria così minacciosa. Mi prenderanno per pazza!
 «Mi dispiace.. ci sono pazienti più importanti. Dovrà aspettare.» Si scusa con voce flebile e con un sorrisetto talmente irritante da spaccarle la faccia. Mi chiedo da quando in qua io abbia assunto un atteggiamento così mascolino e antipatico!
Non rispondo, alzo gli occhi al cielo e mi chiedo quanto ancora devo aspettare per il mio dannato turno. Devo andare a lavoro. Ho un sacco di faccende da sbrigare, non posso certo perdere tempo in un pronto soccorso che di pronto non ha assolutamente nulla! Okay, forse sto esagerando. Ma sì, in fondo ero io con un dito viola ed una sofferenza atroce.
Rimango chiusa lì dentro per un’ora e mezza piena. Solo Dio sa quante volte ho pregato affinché qualcuno mi degnasse di uno sguardo. Fin quando quell’infermiera, tanto carina e gentile, odiosa rompiscatole, mi fa cenno di seguirla. Dio ha ascoltato le mie suppliche. C’è voluta un’ora prima che formulasse il tutto, ma alla fine ha fatto centro.
«Fortunata te, una volta ho aspettato per tre ore.» Mormora una signora al mio fianco e mi giro per osservarla. Bè, che voleva adesso? Un’ora le pareva poco?
«Gli avrei fatto causa.» Dico infine entrando in una stanza bianca con un odore di disinfettante sgradevole.
«Signorina, prego.» Una donna giovane mi sorride.
«Il mio dito.» Serro la mascella e glielo mostro con cautela.
Senza esitare lo prende fra le mani. Adesso la strozzo! Mi ha fatto un male cane. Ci vuole tanto a capire che mi duole?
«E’ gonfio. L’hai chiuso da qualche parte vero?» Assottiglia lo sguardo.
No, stavo facendo flessioni con il dito e ho deciso di farmi male da sola. Certo, cretina! «Sì.. diciamo.» Rispondo vagamente e cerco in tutti i modi di starmi zitta e non fare la maleducata.
«Faremo una lastra, ma sembra fratturato. Riesci a muoverlo?» Chiede.
Dio. Odio i medici tonti! Con il mio sguardo le lascio intendere che se entro una manciata di  secondi non si muove il dito glielo ficco su per l’ano.  
Prosegue, così, con la lastra ed io rimango altri venti minuti ad aspettare.
 
«Io devo andare a lavoro. Quanto devo aspettare?»  Osservo l’orologio al polso e chiedo con gentilezza.
«Signorina, cercheremo di fare il più presto possibile. Verrà chiamata a tempo dovuto.» Con quel faccino ingenuo vuole solo dirmi “si stia zitta e buona”. E mi urta parecchio questa situazione.
Mi risiedo nella sala d’aspetto per un’altra mezz’ora. Sono sfinita, esausta, ho fame e ho sonno. Sembro quasi una bambina capricciosa, ma tutta questa gente mi sta dando sui nervi ed è proprio la giornata sbagliata. Prendo un giornale, lo sfoglio senza far caso alle scritte e alle figure.
 
«Signorina, può entrare. Il medico l’aspetta dentro.» La dottoressa finalmente si rifà viva con quel grembiulino che le copre mezza coscia e quell’andatura così fastidiosa! Chissà quanti medici avrà soddisfatto lì dentro!
Mi alzo senza esitare e corro verso la stanza chiudendo la porta alle mie spalle. Un uomo è in piedi con il capo rivolto verso la scrivania. Quel camice gli calza a pennello, direi. Mette in mostra il suo bel di dietro e le sue possenti spalle. Se mi avessero detto prima che in un ospedale ci sono tipi talmente sexy avrei scelto medicina come facoltà all’università.  Intanto lui sta osservando le lastre silenzioso e sospira.
«Le dispiace degnarmi di uno sguardo? Sa, non sono un cesso, anzi… e vorrei svignarmela di qua il più presto possibile, se è possibile!» E nuovamente mi rivolgo maleducatamente, ma non ce la faccio più!
Il giovane si volta senza esitazioni ed alza gli occhioni blu. Come dimenticare quell’oceano splendido ed immenso in cui ci avrei rifatto il bagno altre mille volte?
Grandi come sempre, vispi e sgranati come non mai. E’ impossibile non riconoscere quei lineamenti perfetti, quegli zigomi, quel sorrisetto e quel fisico da paura.
Il mio cuore cessa di battere per una manciata di secondi ed io voglio farmi piccola piccola e scomparire.  Perché questa reazione adesso? Perché le mie gambe devono tremare e le guance arrossare?
La mia mascella sta per cadere da un momento all’altro a furia di tenere la bocca aperta, ma detto francamente, un simile spettacolo mi mancava.
«Brandon.. Felton?» Accenno una risata divertita per non apparire su di giri.
«Vedo che la barbetta e qualche anno in più non cambia il mio aspetto.» Sorride com’è solito fare e si avvicina tralasciando la mia lastra sul tavolo. Porta le mani dentro le tasche e si morde le labbra carnose. Voglio svenire all’istante. Non è un’apparizione. Pensavo che non l’avrei più rivisto dopo l’ultima volta ed invece eccolo lì, proprio di fronte a me, con tutta la sua bellezza.
«Oh. Mio. Dio.» Scandisco ogni parola. «Ma sei davvero tu? » Domanda del cazzo, Emily Stewart. Certo che è lui.
«In carne ed ossa.»  Sogghigna ed io rimango a bocca aperta.
E’ difficile nascondere il mio stupore, merda. «Ok, credo di dover prendere una boccata d’aria. Non ti vedevo da tipo.. » Balbetto e continuo a fissare i suoi enormi occhi.
Strizza un occhio e ride, «sei anni..? Sì.» Scrolla le spalle  e si sfrega i palmi delle mani. Per un attimo ho dimenticato il mio dito e tutto il casino. Brandon Felton mi lascia sempre a bocca aperta, diamine. Passano gli anni e lui rimane il figo di sempre. Pazzesco!
«Oddio, come stai?» Cerco di tornare nel pianeta Terra e mi do una scrollata veloce.
Si guarda da una parte all’altra, come se la risposta la sappia già, «bene..» alza le spalle infine.
« Sei diventato un medico.. alla fine?» Sorrido e ripenso a quella cena, a quel capodanno, ma poi sbatto le palpebre e caccio via il ricordo. Fa troppo male pensarci, ma è ammirevole ciò che ha fatto. Sono così fiera.
«Il destino ha voluto così ed io anche.» Mostra un sorriso quasi forzato. Forse sto alludendo ad un argomento che non sfiora da anni.
 Schiarisce la voce. «Allora signorina… Stewart, cos’ha combinato? Vedo che passano gli anni, ma lei è sempre più sbadata.» Mi deride con gusto ed io gli do un colpetto sul petto, sentendolo ancora sodo come un tempo.
Emily, ragiona. «Un cretino mi è arrivato addosso con la bici e il mio dito si è incastrato alla portiera dell’auto.» Arriccio il naso e mostro una smorfia di disapprovazione.
Lui ride, ma poi torna subito serio, «è fratturato.. basterà un’ingessatura.» Mi indica il lettino accanto ed io impreco a bassa voce, tornando al momento cruciale. Ci mancava solo questa, adesso! Domani che succederà? Verrò investiva da un tir?
No. Non posso pensarci proprio ora. Sono anni che non tocco l’argomento “Felton” e sono anni che non parlo con qualcuno di ciò che è accaduto ed in pochi secondi riaffiorano quei ricordi che mi fanno mancare l’aria.
Mi siedo mentre lui compie il suo lavoro attento. Continuo a fissarlo senza staccargli gli occhi di dosso e so che si è accorto dei miei sguardi, lo so dal sorriso compiaciuto che accenna sulle labbra.
«Sai.. mi ha fatto piacere rivederti.» Mi rimetto in piedi e mi sgranchisco le gambe mentre lui appoggia il sedere lentamente alla sua scrivania.
Mi scruta curioso dalla testa ai piedi. Quella punta di malizia non la cancellerà mai dal suo bel faccino. «Insomma.. tu non sei cambiata molto però.» Mi schernisce ed io lo fulmino con lo sguardo.
Incrocio le braccia al petto, «bè, sono sempre io» accenno una risata e poi per qualche strano motivo mi balena in testa una stramba idea. La mia lingua non si frena e sputo il rospo. «Ti va un aperitivo insieme?» Cosa cazzo dici, Emily? Sono anni che non vi vedete, diamine. Credi che lui voglia uscire con te? Mettiti la testa apposto e pensa a ciò che c’è a casa. Muovi il tuo bel culetto e torna fuori da quell’ospedale.
Sorride. «Per me.. va bene. Mi farebbe piacere sentire quante ne hai combinate in sei anni trascorsi.» Annuisce compiaciuto.
Ha accettato. Non ci credo. «Stasera..?» Indietreggio ed acchiappo la maniglia.
«Perfetto.. dove?» Si bagna le labbra superiori con la lingua ed io mi ricordo per un nano secondo quante volte le avevo assaporate. Emily, torna in te.
«Al bar qui sotto. L’ho visto di sfuggita, ma mi hanno detto che..» balbetto come un’adolescente che sta chiedendo ad un ragazzino più grande di uscire, ma noi non siamo più ragazzini e sono cambiate parecchie cose in sei anni, solo che la mia testa sta confondendo un po’ i ruoli.
«Ok, ci vediamo qui sotto alle otto.» Lo saluto con un cenno di mano ed esco.
Ho appena rivisto Brandon Felton. Ho rivisto la mia fiamma adolescenziale, che mi aveva smosso gli ormoni quando avevo la bellezza di diciassette anni. Mi aveva fatto provare emozioni uniche ed ero cresciuta con lui. Adesso c’è una porta che ci separa e sono sei anni che non ci parlo come si deve. Non sono sicura di poter reggere tutto ciò.
Il cellulare irrompe nei miei pensieri. Nello schermo compare il nome del mio futuro sposo ed io ritorno alla mia vita attuale, dove  ho un lavoro che adoro, un uomo magnifico ed una vita grandiosa. Brandon Felton non è uno dei personaggi, però.
«Amore, è successo qualcosa..? Tess mi ha detto che non sei stata a lavoro.» Sembra agitato dal tono di voce. Cavolo, ho dimenticato di avvertirli. Domani mi aspetta una ramanzina senza precedenti, questo sicuro.
«Ehi, è tutto ok. Mi sono solo fratturata un dito.» Cerco di calmarlo.
«Dove sei? Arrivo subito.»
«Dovresti.. l’auto non parte, per la millesima volta.» Sbotto esausta fermandomi esattamente di fronte a quel rottame.
«Di nuovo? Ok, dimmi dove sei che arrivo.»
«Davanti a quel bar che ti piace tanto e non ci siamo mai entrati, hai presente? Quello
accanto all’osp…»
«Sì, capito. Arrivo amore» attacca la chiamata ed io rimango nuovamente sola.
 
Quando la BMW nera di Noah si ferma davanti a me sospiro. Lui apre la portiera e mi viene incontro abbracciandomi.
«Mi hai fatto preoccupare» sussurra tra i miei capelli. Noah è così premuroso nei miei confronti che mi pongo spesso la domanda: cos’ho fatto per meritarlo affianco a me?
Ha tutto ciò che un uomo dovrebbe avere. Nessuna imperfezione. Bello come il sole, con i suoi capelli castano chiaro che svolazzano al vento, un fisico da ex giocatore di football ed una carriera splendida davanti a sé, insieme al padre. Non posso desiderare altro.
«Non c’era bisogno..» Gli accarezzo il volto e gli stampo un bacio sulle labbra, dimenticando completamente la visione celestiale di quale mezz’ora prima.
«Andiamo, sali in auto bambola. » Obbedisco e salgo affianco a lui.
 
«Ehi.. tesoro, ho incontrato un amico del liceo. Stasera gli ho chiesto di andar a prendere un aperitivo. Ci sarai no?» Chiedo mentre lui fissa la strada serio e canticchia Wake me up che mandano alla radio, ticchettando con le dita nello sterzo.
All’inizio sembra non aver sentito, ma poi s’incupisce e mi guarda, «stasera.. stasera.. non so se ci arrivo.» Mostra una smorfia dispiaciuta. Suo padre lo costringe sempre a lavorare fino a tardi e quando arriva a casa, il tempo di due carezze e due baci e crolla.
«Sono solo un paio d’ore. .» m’irrigidisco quando la sua mano mi sfiora una coscia scoperta. 
«Cercherò di esserci..» indugia ancora più all’interno ed io sussulto, mentre lui ride.
«Noah, guida.» Faccio severa.
Ritorna a guardarmi e non molla la presa, «piccola, è da una vita che non abbiamo un momento nostro…» si morde le labbra e mi fa andare in estasi.
«Il momento nostro non è su un auto in corsa, bensì a casa o… » mi blocco e ripenso a quando l’abbiamo fatto sul lavandino. Scoppio a ridere e lui mi segue. Forse abbiamo pensato esattamente la stessa cosa.
«Piccola ci sono tanti posti dove lo farei, fidati, ma hai ragione qui e adesso non è il caso» sorride colpevole e torna a guidare con espressione seria. Non mi sarebbe dispiaciuto poi così tanto, però.
Arrivati a casa corro su per le scale, spogliandomi nel frattempo. Lascio la mia roba in giro e mi getto sotto l’acqua bollente della doccia, lasciando la porta aperta. Ormai è diventata un abitudine. Non saprei dire se buona o cattiva.
«Ma chi è questo amico?» Lo sento entrare in bagno. Mi sciacquo il viso e sorrido. Comincia il terzo grado. E’ sempre geloso quando si parla di vecchi amici o vecchie fiamme. Peccato che lui questo non lo sappia ancora e non ho nessuna intenzione di dirgli che io e Brady eravamo molto più che intimi ai tempi del liceo.
«Un vecchio amico.» Sporgo dalla tendina e lo guardo. «Passami lo shampoo» gli faccio cenno.
Lui allunga la mano e lo porge con un espressione accigliata. E’ pensieroso.
 «E quando l’hai incontrato?»
Continuo a ridere. «In ospedale.»
«Io tra mezz’ora devo essere ad una conferenza. Forse per le otto sono a casa.» Dal suo tono di voce severo e rigido intuisco che non si fida affatto a mandarmi da sola.
«Vabbè, eventualmente sarò sola. Qual è il problema?»
Lo sento sospirare. «Vorrei conoscerlo.. se per te è stato importante.»  Cazzo se è stato importante. Avrei scavalcato muri altissimi per lui. Avrei ucciso chiunque per vederlo sorridere. L’avrei anche lasciato se fosse stato quello che desiderava.
«Sei geloso?» Esco una mano, acchiappo la tovaglia e l’avvolgo al corpo prima di uscire del tutto.
«Nah.» Abbassa lo sguardo e dal tono capisco subito quanto sia irritato. Mi viene da ridere, perché non ha nulla da preoccuparsi. Brady rimarrà il mio primo amore, con il suo fisico perfetto, con la sua bellezza assurda, ma rimarrà solo un ricordo bellissimo del passato. Il presente è adesso. Il presente è Noah.
«Come se non ti conoscessi. Tranquillo, è solo un vecchio amico.» Lo tranquillizzo scompigliandogli i capelli ed accarezzandogli una guancia. Si fa subito rigido e respira profondamente. Sono sicura che se lo vedesse, mi costringerebbe a rinchiudermi in casa come monaca di clausura.
«Ok, va bene.»  Mi posa un bacio sulle labbra e poi torna in camera. Lo osservo dallo specchio. Si spoglia lentamente della camicia azzurrina e dei pantaloni beige. Indossa una camicia classica bianca ed una giacca con un jeans Levi’s. Il mio uomo è proprio un figurino tutto in tiro.
Indosso gli slip neri di pizzo e il reggiseno abbinato. Aspetto con ansia il suo sguardo di disappunto, ma quando si gira per guardarmi e tutt’altro che infastidito. Sorride come un ebete, lancia il giubbotto sul letto e mi viene incontro poggiando le sue mani sui miei fianchi.
«Ehi» continua ad atteggiarsi in maniera sexy ed io scoppio a ridere. «Non ridere scema» si distanzia ed io continuo a ridere.
«Ti giuro, sei così patetico quando cerchi di essere sensuale» commento umidendomi le labbra.
Continua a sistemarsi senza guardarmi. «Lasciala la barbetta, mi piace» sentenziai. Per un attimo mi torna in mente Brady. “Vedo che la barbetta e qualche anno in più non cambia il mio aspetto.” Oh, no che non lo cambia, lo migliora. Cazzo, Emily, smettila!
Accantono il pensiero e torno a fissare Noah, che sta parlando di qualcosa di cui non ho sentito neanche mezza parola.
«Mi hai sentito?»  Schiocca due dita davanti alla mia faccia ed io sbatto le ciglia più volte.
«S-sì.» Rispondo frettolosamente.
«Ho detto che alle otto ci vediamo sotto, giuro che ci sarò» mi lascia una scia di baci sulla guancia e poi sul collo ed infine scappa.



POV BRANDON


Assurdo. Mi ero promesso di allontanare quella meravigliosa creatura dalla mia vita all’incirca sei anni fa e adesso me la ritrovo in carne ed ossa, bella come sempre, a New York. Ho passato l’intera ora a chiedermi se era stata una visione o era davvero lei.
Esco dall’ospedale alle sei in punto e mi dirigo a casa. E’ da circa un anno e mezzo che ci vivo da solo ed è così grande per me! Ho sempre pensato di trovarmi una ragazza degna di viverci al mio fianco, ma tutte quelle con cui sono uscito in questi anni o sono troppo per me o sono troppo poco. Non mi accontento mai. Cerco sempre qualcosa che mi lasci di stucco e di solito sono solo le tette che mi stupiscono.

Faccio la doccia veloce e dopo essermi asciugato del tutto indosso una maglia a V grigia ed un paio di jeans semplici. Devo andare da Marcus, sicuramente sarà in palestra, ancora.

Salgo in auto ed accendo il motore. Arrivo di fronte alla scuola in pochissimo tempo e la sua Land Rover è parcheggiata proprio lì di fronte.

Mi dirigo veloce dentro e lo trovo incasinato come sempre dietro quei ragazzini che avranno all’incirca sedici anni. Marcus è diventato coach qualche anno fa ed è stato assunto in quello che una volta era il nostro liceo e fa sempre un certo effetto ritrovarsi all’interno di quella palestra. Tutto è rimasto impresso, non è cambiato proprio nulla, a parte un allenatore che strilla come un forsennato ed io che mi diverto a fissarlo.

«Coach» un ragazzino si accorge di me, mi fissa e sorride.
«Stephen, se non corri ti amputo le gambe sul serio. Cazzo, prendi quella palla, lancia al canestro.. dai cazzo!» Adams con il passare degli anni non è proprio migliorato, anzi, è peggiorato di gran lunga.
«Ma.. coach» si giustifica il ragazzino. Mi fa proprio pena, ma ricordo quante volte il nostro allenatore si comportava così con me. Voleva sempre il massimo ed io l’ho sempre dato.
«Coach, ma davvero non gli da un attimo di tregua?» Avanzo verso di lui che si volta di scatto con un fischietto fra le labbra. Scoppia a ridere ed io lo abbraccio.
Non ci vediamo molto durante l’arco della giornata ed è già una settimana che siamo distanti. Il mio lavoro mi tiene impegnato molto e lui con i suoi ragazzi viaggia da una parte all’altra per le partite. MI fa piacere vederlo così impegnato. Il coglione di una volta è diventato un uomo, diciamo.
«Bro» mi da una pacca sulla schiena. «Ehi, voi. Correte. Vi ha detto qualcuno di fermarvi?» Improvvisamente si volta di scatto verso i ragazzi che si erano fermati per riprendere fiato, ma il loro momento di pace dura pochissimo.
«Sei proprio pessimo» rido, «questi diventano cannibali a furia di allenarli così» commento divertito infilando le mani nelle tasche dei jeans.
Da un’altra occhiata al campo e poi torna a fissarmi, «sono dei nullafacenti, fumano come turchi e non ce la fanno. Avranno ciò che meritano se vogliono stare in questa squadra» aggrotta la fronte e poi scoppia a ridere.
«Devo ricordarti quante volte è successo a noi? E soprattutto devo ricordarti che il nostro vizio non è passato?» Incrocio le braccia al petto e assottiglio lo sguardo.
Accenna una smorfia e poi si lascia andare in una risata. «Ma con quale onore sei qui oggi?»
Scrollo le spalle. Voglio raccontargli di Emily, ma sembra impegnatissimo.
«E’ successo qualcosa?» Inclina la testa da un lato. «Ho sentito che a scuola oggi doveva arrivare una nuova insegnante. Chissà se è bona» ride.
«Emily è a New York» respiro profondamente e cacciò via un urlo di gioia, perché è seriamente ciò che voglio fare. Marcus corruga la fronte e gratta il capo.
«Dovrei sapere chi sia? No, perché sai amico, capisco che i tempi corrono e tutto, ma io sono un po’ indietro con le tue faccende passionali.» Scherza mentre congeda i ragazzini che si nascondono nelle docce.
Sistema le palle da basket e nel frattempo mi guarda con la coda dell’occhio.
«Marcus, quante Emily conosci?» Alzo le spalle.
Lui si gira e scoppia a ridere, «una marea fidati, ho conosciuto più… Oh mio Dio.» Finalmente la smette di blaterare parole senza senso e sgrana gli occhi. «Non è possibile!» Schiocca due dita e continua a ridere come un ebete. «Ma certo, l’unica Emily che ti può far rimanere così è quella fottutissima acida della Stewart. Sono appena tornato un ragazzino che passeggia con la squadra di basket e fissa quelle ragazzine.» Sfrega le mani e mi da una pacca sulla spalla. «Santo Dio, quanto diavolo è passato?»
«Parecchio» rispondo vago «ma la Stewart è…»
«… sempre figa.» Annuisce convinto. «Caspita, pensavo che non sarebbe più tornata, sai il college, la vita privata, che cavolo ci fa qua?» Indossa la giacca e finalmente usciamo dalla palestra imboccando una stradina a piedi. Questa via mi è rimasta impressa.
Ho limonato con le ragazze più belle dell’istituto, hi riso insieme ai miei amici e ho baciato alla partita finale la ragazza che pensavo fosse stata per tutta la vita.
«Non so che ci faccia qui, ma fidati non è cambiata per niente. E’ più alta, un fisico perfetto, capelli lunghi, sorriso bestiale e nervosismo a fior di pelle» rido ricordando la mattina.
«Ma com’è che vi siete incrociati?»
«Ha rotto un dito ed è venuta in ospedale» respiro profondamente «e mi ha chiesto di prendere un aperitivo stasera» accenno una smorfia, «senza strani pensieri, aveva un anello al dito.»
Marcus scoppi a ridere, «figuriamoci se la Stewart sarebbe rimasta sola. Andiamo, già la immagino, ha tutto al suo posto, inutile dirlo… se fosse stata single mi sarei posto qualche domanda» decreta sincero. «Quindi stasera vai nella tana del lupo, mi raccomando bro, non renderti ridicolo, so quanto ti fa diventare nervoso quella ragazza… anzi… donna» si corregge guardandomi di sottecchi.
Controllo l’orologio e mi accorgo che è tardissimo. «Ho il turno di lavoro fino alle otto, ci sentiamo va bene?»
«Richiamami, sono curioso» sale nella sua auto e scompare.



POV EMILY


Sono in ritardo. Prendo la borsa, mentre Noah accende l’auto. Mi guardo un’ultima volta allo specchio prima di andare e corro giù per le scale.

«Amore, dai, sono curioso di conoscere questo tuo amichetto» sbotta dal finestrino. Quando fa il saputello lo odio! La gelosia lo rende terribilmente fastidioso.


Arriviamo al locale mezz’ora dopo e riconosco dalla targa l’auto di Brandon.
Sorrido involontariamente e Noah se ne accorge rivolgendomi una strana occhiata.
«Sorridi?»
«Santo Dio, Noah, quanto sei pesante. Ti ho già detto che è un amico di scuola, perché non puoi semplicemente accettare ciò?» Borbotto scendendo dall’auto.
Tiro giù l’abito cortissimo che indosso color blu acceso e sposto i capelli su di una spalla sorreggendo il cappotto con un’altra mano.

Sono nervosa, non so perché ma lo sono.  Sto per presentare al mio fidanzato quello che credevo sarebbe stato l’amore della mia vita, per sempre.
Da adolescenti sembra tutto così dannatamente reale, ma ti accorgi solo dopo di molte cose. Ciò che credevi in passato adesso sembra solo un ricordo sbiadito.
Rivivo nella mia mente i momenti romantici con Brady, le parole dolci, i ti amo, gli sconforti e i numerosi litigi e ricordo quella bambina che si emozionava con poco. Ricordo quella bambina che pensava di poter scavalcare tutto e tutti con quel ragazzo.
E adesso? Adesso siamo adulti  e tutto ciò che era, non lo è più.


Angolo autrice. 

 
Ma salve! Ditelo che non ve lo aspettavate così presto! Neanche io, pensavo di pubblicarlo tipo a settembre o anche più tardi, invece eccomi qui! Come avete visto sono cambiate molte cose, spero di avervi intrigato in qualche modo e spero di rileggere le vostre dolcissime recensioni e non. Baci, alla prossima!
  
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