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Autore: Wemil    08/09/2008    2 recensioni
Uno scrittore mezzo fallito perde tragicamente l'occasione della sua vita. Un beta-tester innamorato vive semplicemente la sua vita. Un politico appassionato combatte per la sua causa. Cosa succederebbe se questo fosse solo l'antefatto del terzo conflitto mondiale?
Un racconto ove vita quotidiana e apocalisse s'incontrano in uno scenario che muta di capitolo in capitolo, da individuo a individuo.
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Lo scrittore

Flavio prese come al suo solito una bustarella di carta dal cassetto della sua scrivania, iniziò a scriverci qualcosa ma subito lo buttò via, deluso per la minimale, ma ennesima, perdita di tempo che era seguito a quel movimento.
Già... il blocco dello scrittore; glielo aveva detto anche il suo insegnante universitario: "E' inevitabile; dopo i primi dieci o venti capitoli la pausa, il fermarsi e il dilaniarsi per cercare di procurarsi nuovi termini, nuove parole e nuovi discorsi per accattivarsi la simpatia del lettore erano fattori inevitabili." ed ora Flavio non ce la faceva, in nessun modo, a proseguire con quel suo dannato racconto.
Niente: la sua testa era un candido manto di neve ove al di sotto, forse, erano nascosti i germi di qualche idea ma che fino al disgelo celebrale erano praticamente irrecuperabili.
Il ragazzo si alzò dalla scrivania e si diresse in cucina a prendersi un bicchiere di latte; accese la luce al neon, che come al solito ci mise i suoi trenta secondi buoni a stabilizzarsi, e quindi si diresse verso l'unico frigorifero dell'appartamento.
Il rumore di uno sbadiglio fece girare lo scrittore: dietro di lui un assonnato Sasu lo guardava con occhi poco svegli.
"Flavio, che ci fai sveglio a quest'ora della notte?" chiese il ragazzo che si era appena alzato dal letto e che ora guardava l'altro indossando solo un paio di boxer, questo a causa del terribile caldo di quell'estate.
L'altro mentre aspettava che la domanda si compisse, si riempì il bicchiere di latte ed iniziò a berlo avidamente.
"Allora?" lo incalzò Sasu.
Dopo aver mollato le labbra dal bordo del bicchiere e averlo appoggiato sul tavolo, Flavio girò il polso e guardò la posizione delle lancette del suo orologio da polso: "Le due e un quarto? LE DUE UN QUARTO?!? Maledizione... domani devo alzarmi anche presto che ho un incontro con l'editore per la presentazione dei nuovi capitoli."
"Cioè mercoledì?"
"No, martedì... ah, ho capito... è perchè è già passata la mezzanotte." Flavio odiava Sasu quando faceva questi stupidi giochetti sull'ora comunque, in quel momento, aveva zero voglia di discutere anche perchè per qualche strano motivo il latte gli aveva incentivato il sonno: "Penso che andrò a letto".
"Penso che sia una buona idea Flavio. Stavi facendo un casino della malora coi tuoi lamenti da scrittore fallito." queste parole ferirono leggermente il poveretto, ma si fece coraggio: non era la prima volta che Sasu lo "incoraggiava" a suo modo.
Finì il bicchiere di latte e, quindi, imitò il suo compagno d'appartamento andando a dormire.
Domani sarebbe stata una grande giornata.

La giornata seguente arrivò, forse, troppo rapidamente e come tutte le cose veloci spesso non si sentono: così accadde al buon Flavio che malauguratamente non sentì la sveglia che suonava ripetutamente.
Quando si alzò la sveglia segnava le 11.30; l'appuntamento dall'editore era per le 10.00... lascio a voi immaginare, nella sequenza che desideriate, le urla, le bestemmie e le invettive sadiche che il ragazzo lanciò a se stesso, alla sveglia e a Sasu ch'era già uscito senza svegliarlo.
Flavio prese, come colazione, un pezzo di pane e se lo infilò in bocca correndo rapidamente verso l'uscita dell'appartamento.
"Idiota di un me stesso, stronzo di un Sasu, schifosa sveglia... maledizione. Se non presento il progetto in tempo tutto il mio lavoro sarà stato drammaticamente inutile."
Il ragazzo si fermò sulla strada alla ricerca della sua auto: speranza ovviamente vana... l'aveva presa ovviamente quel fottuto di un Sasu per andare al lavoro.
"Calmo... sta calmo Flavio... mettiti in ordine le idee. L'auto non ce l'hai e l'ufficio che dovevi raggiungere un'ora e mezza fa si trova dall'altro capo della città. A piedi è impossibile, gli autobus sono uno stillicidio... dovrò chiamare un taxi."
Dalla mano comparve quasi di scatto un vecchio Nokia; digitò rapidamente il numero del centro-tassisti aspettando che la centralinista rispondesse.
Il telefono tubò un po' di volte quando una voce femminile registrata rispose: "Siamo spiacenti, ma tutti gli operatori non sono attualmente disponibili. Se vuole comunque fare una prenotazione digiti 1, per urgenze digiti 2, per..."
Il dito indice cliccò rapidamente il tasto numero "2": se quella non era un'emergenza non poteva sapere cosa poteva essere.
Una musica leggera di sottofondo fece attendere il povero ragazzo: poi finalmente la dolce voce di una tenera ragazza lo accolse per dargli il doveroso e rispettabile aiuto che la società gli doveva.
"Senti brutto coglione, ora non abbiamo tempo per..."
Avevamo detto "dolce voce di una tenera ragazza"? Anche i migliori sbagliano... ciò che accolse Flavio fu il duro e aspro parlare di un vecchio cinquantenne che probabilmente aveva fatto lo scaricatore da porto prima di fare il centralinista.
Comunque tornando alla telefonata: "Senti brutto coglione, ora non abbiamo tempo per le tue stronzate. Sappiamo perfettamente che è una fottutissima emergenza. E' la trecentesima di oggi... lo sappiamo. Addio."
In quel momento il povero cuore del ragazzo fece una specie di "cric" interno: fu come una terribile rottura emozionale che lo pervase fin dell'animo.
Il fatto che l'altro interlocutore avesse riattaccato non fece che aumentare l'isteria che il poveretto stava accumulando da qualche mese.
Flavio urlò, urlò senza alcuna pietà contro quello schifoso mondo che gli si continuava a rivoltare addosso, contro il sadismo del suo cervello che non lo faceva trovare una buona idea per proseguire quello stramaledetto brano, contro ogni speranza che pian piano lo distruggeva interiormente.
Basta... non ne poteva più. Non ne poteva veramente più.
Flavio gridò... con tutto il fiato che aveva... gridò a squarciagola.
Poi pianse.

Nessuno.
Nessuno venne a calmare il povero ragazzo, a chiedere cosa gli fosse successo: perchè piangeva? Perché era lì con le mani sulla faccia?
Nessuno...
Non c'era nessuno...
E, finalmente, lo scrittore bloccato se ne accorse... non c'era il traffico del mattino, il venditore di panini all'angolo che olezzava la via con i suoi fetidi kebab era sparito, nessun passante era lì presente...
Nessuno...
Era completamente solo.
Cosa stava succedendo alla sua vita?
Poi improvvisamente un rumore metallico iniziò a farsi strada per le vie della città come se dovesse rispondere alla sua domanda.
Aguzzò le orecchie come se dovesse giungere una risposta: il rumore pareva aumentare.
Poi, finalmente, una persona corse nella sua direzione: era una donna cinquantenne ma il viso stravolto, come avesse visto il diavolo in persona, la faceva invecchiare terribilmente.
Benché questo non fosse il genere di cose che un poveretto come Flavio in quel momento volesse vedere, lo scrittore si concentrò su questo donnone che fuggiva sconvolta dall'orrore di un qualcosa che lui per ora completamente ignorava.
Sospirando e cercando di digerire il fatto di aver perso l'occasione della sua vita per entrare nel mondo della scrittura (e questa tensione era un ottimo digestivo per distrarre la rabbia) ritornò in casa con la speranza di avere più informazioni direttamente dalla televisione o da internet.
Agguantò il telecomando e cliccò senza problemi il pulsante numero 5: la televisione non diede segni di vita.
Riprovò... completamente morta.
Ricliccò quasi ossessivamente e quindi buttò per terra con rabbia il telecomando: questo grazie alla copertura Elasto3000 rimbalzò due, tre volte sul pavimento e, infine, si fermò sdraiato per terra.
Il fallito si portò le mani alla testa e guardò verso il soffitto: "Perché?" mormorò fra se e se.
Quindi riabbassò lo sguardo e guardò attraverso la sola finestra del salottino che dava alla strada che aveva appena lasciato.
Un carrarmato, in quel momento, passò per quella via davanti alla finestra dell'appartamento di Sasu e Flavio.

  
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