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Autore: Felixfair    01/08/2014    1 recensioni
Clove è stata estratta per i settantaquattresimi Hunger Games, ma non ha paura: è forte, spietata e determinata a vincere. Partecipare agli Hunger Games è quasi un onore per lei. Sarà solo quando si accorgerà di provare qualcosa per Cato, il suo compagno di distretto, che inizierà a riflettere sulla natura dei giochi. Tra parole taglienti, sguardi di fuoco, e lotte mortali, Clove scoprirà che l'amore è la più affilata delle lame.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Cato, Clove
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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5. Sotto accusa


 
In ascensore non pronuncio una sola sillaba, premo il pulsante talmente forte che ho l’impressione di sentirlo scricchiolare e poi mi appoggio alla parete. Ne Cato, ne Demetria, ne Niall, ne i preparatori mi rivolgono parola mentre l’ascensore sale e quando finalmente le porte si aprono e io posso uscire credo di sentire un sospiro di sollievo generale. Certo. Ora sono anche la pazza isterica con i coltelli da evitare assolutamente. Tanto meglio. Magari mi risparmiano un attacco di rabbia. Chi li vuole tra i piedi?

Percorro il corridoio a grandi falcate e finalmente mi sbatto la porta della mia stanza alle spalle. Con un ultimo moto di rabbia mi disfo del costume e mi fisso per un secondo nello specchio. Ho la faccia più incazzata di tutta Panem probabilmente. Tiro fuori dall’armadio un vestito a caso e cerco di distrarmi. Non sarebbe permesso, ma io ho portato una cosa da casa. Un anello. E’ di mio padre, perciò mi sta grande su tutte le dita compreso il pollice. Lo tengo in tasca o appeso al collo di solito. Mi butto sul letto rigirandomelo tra le dita. Mi chiedo come mi accoglieranno a casa quando avrò vinto i giochi. Perché sarò io a vincere. Dopo aver ucciso Cato. Sento una fitta al petto. Non riesco abituarmi a questa idea. E anche se non fossi io ad ucciderlo (cosa improbabile dato che sono praticamente l’unica ad avere idea di come combatterlo) lo farebbe qualcun altro.

Cato morirà. Cato non ci sarà più. Tornerò a casa e non lo troverò. Non parleremo più degli Hunger Games, ora ci siamo dentro, non ci alleneremo più assieme, non faremo sfide, non lo batterò più al lancio dei coltelli, non mi prenderà più in giro per la mia altezza… mi raggomitolo su me stessa sperando che il dolore diminuisca. Non so a cosa sia dovuto. Ma è come se al posto del cuore avessi un sasso: pesante e appuntito. E batte, batte… e fa male. Non so cosa mi succede. Non capisco più niente.
Quando Demetria viene a chiamarmi per la cena schizzo su dal letto. Mi sono addormentata, i miei capelli sparano in tutte le direzioni e sul cuscino c’è il segno di una piccola goccia d’acqua salata.

A tavola regna un silenzio teso che cerco di riempire facendo stridere la forchetta sul piatto nel modo più rumoroso possibile. Sono tutti infastiditi ma nessuno fa commenti, finchè dopo un acuto da record Demetria geme coprendosi le orecchie
“Oh per l’amore del cielo basta! È insopportabile! Un po’ di educazione Clove!” la fulmino con lo sguardo e subito lei chiude la bocca tornando a concentrarsi sul suo piatto. Io riprendo a fare rumore, ancora più forte di prima. Demetria geme di nuovo ma questa volta non dice niente. Niall sembra non avere dei timpani e se ne frega, dopo un po’ si alza senza dire nulla e lascia la stanza così ne approfitto per accompagnare la sua uscita di scena con un rumore particolarmente stridulo. Sono davvero di pessimo umore. Non era così che dovevano essere i miei Hunger Games. Dovevo essere sicura di me, beneamina di tutta Capitol City, spietata… non una ragazzina spaventata e trascurabile che fa sentimentalismi su chi uccidere o no. La forchetta piange ancora contro il piatto e una voce profonda chiama il mio nome riportandomi alla realtà.

“Clove” Cato. Mi fissa cupo, gli occhi di solito azzurro ghiaccio, hanno assunto un colore più scuro, come quello del mare in tempesta. Ha le sopracciglia corrugate ed davvero minaccioso, come quando combatte.
“Basta” e io la smetto. Appoggio la forchetta e lo fisso a mia volta con aria di sfida. Lui apre la bocca per parlare ma Niall rientra e si siede con un fracasso tale che i miei rumori della forchetta al confronto sembrano una serenata.

“Finito con la crisi, tesoro? Mi dispiace che tu non abbia vinto il concorso miss barbeque, ma ora qui abbiamo cose più importanti a cui pensare. Il 12 ha ottenuto l’attenzione di Capitol City è vero, ma riportarla su di noi è questione di un attimo se ci giochiamo le carte giuste. Il Distretto 2 non è famoso per gli abitini ad effetto. Il Distretto 2 è famoso per vincere” mentre parla mi pianta i suoi occhi argentei dritto in faccia con un’intensità tale che credo di cadere dalla sedia.

“Miss barbeque” mi strappa un sorriso, nonostante mi abbia infastidito quel “tesoro”, e mi fa pensare che dopotutto la ragazza del 12 non si è accaparrata un vantaggio irrecuperabile e che Niall ha ragione sul fatto che un bel vestito non l’aiuterà a rimanere viva nell’arena. E ha ragione anche sul fatto che il Distretto 2 è famoso per vincere. Annuisco appena e vedo il mio mentore fare un mezzo sorriso mentre si appoggia allo schienale della sedia dondolandosi all’indietro. Cato ha sollevato lo sguardo dal suo piatto e mi fissa di sottecchi. Io fingo di non accorgermene mentre rispondo a Niall
“Voglio distruggerla” dico giocherellando con la forchetta
“E lo farai” mi risponde serafico lui.
Soddisfatta faccio un cenno di saluto mentre mi alzo da tavola uscendo dalla stanza, poco dopo sento il rumore della sedia che striscia sul pavimento e passi fin troppo familiari che vengono nella mia direzione.

Accelero leggermente l’andatura ma evidentemente non sono abbastanza svelta, prima che possa infilarmi nella mia camera, vengo afferrata per un braccio e costretta a girarmi, mentre Cato mi trascina in una direzione sconosciuta.
Protesto sibilando e graffiandogli le mani, mentre cerco di liberarmi. Lui mi da uno strattone intimandomi di tacere e con un ultimo ringhio sommesso mi rassegno a seguirlo in silenzio fino ad una stanzetta che non avevo mai notato prima.

Una volta dentro mi rendo conto che dovrebbe essere una camera per il personale, mi chiedo perché diavolo mi abbia portato qui, poi realizzo che è uno dei pochissimi luoghi dove quello che facciamo non verrà registrato… aspetta, ma allora cosa vuole fare qui? Mi libero dalla sua presa e arretro di qualche passo mentre incrocio le braccia sul petto, fissandolo truce, ma la mia maschera si smonta in fretta quando vedo la sua espressione.

“Si può sapere che ti prende?” inizia, gli occhi azzurri che mandano lampi furiosi, le mani serrate a pugno, lasciate dritte lungo i fianchi
“Come sarebbe a dire? Ero arrabbiata per la sfilata, ora ho indirizzato la rabbia su qualcosa di produttivo. Va tutto bene, non creerò più problemi giuro. Mi dispiace Cato io…”
“Non è per quello, scema!” mi interrompe lui alzando le braccia al cielo esasperato. Lo fisso spalancando gli occhi? Come sarebbe a dire?
“Eh? Ma allora… per cosa?” lo fisso confusa cercando di capire che ho fatto… per la scenetta nel treno? Ma non se ne era più parlato e io… io non ci sto capendo più nulla. Borbotto delle scuse a caso, prossima ad andare nel panico, ma Cato mi interrompe di nuovo afferrandomi per le spalle
“Datti una calmata e lasciami finire di parlare, Clove” questa volta me lo dice un po’ più gentilmente e io faccio come mi dice annuendo. Lui prende un respiro profondo e mi lascia andare. Prima però mi ha stretto forte e mi sembra ancora di sentire la pressione dei suoi polpastrelli sulla pelle. Lo osservo mentre si passa una mano tra i capelli biondi e poi inchioda su di me i suoi occhi color ghiaccio.
“Mi stai evitando” dice in un soffio “e non capisco perché. Sono i nostri Hunger Games, potremmo morire in quell’arena. Lo so che ci hanno insegnato a non considerarla una probabilità, ma è così. POTREMMO. E uno di noi due lo farà per forza. Sono i nostri ultimi momenti assieme dove non dovremmo farci strada in un lago di sangue. Clove, sei la mia migliore amica, insomma, pensavo ti importasse” le labbra di Cato sono distese in una linea dura, severa, le sue parole mi suonano come un’accusa.

Ed è davvero buffo che dica che non mi importi, dato che lo sto evitando (questo è vero), proprio perché non riesco a concepire l’idea che lì dentro potrei essere costretta ad ucciderlo. E sono prossima a sbatterglielo in faccia, a dirgli che invece mi importa eccome, che sono spaventata all’idea di perdere il mio migliore amico, che il fatto che possa esserci un solo vincitore tra noi due mi fa star male… ma poi abbasso lo sguardo e mi fisso i piedi come se fossero la cosa più interessante del mondo. Che senso avrebbe dirglielo? Tanto una volta lì dentro nulla avrà più importanza, sarà vita o morte. Qualsiasi cosa gli dicessi ora, sarei costretta a rinnegarla in futuro. E piuttosto che essere accusata di essere una bugiarda, piuttosto che ferire il ragazzo che mi sta di fronte preferisco restare in silenzio. Sento lo sguardo di Cato puntato addosso, ma resto immobile.
Resto così aspettando la sentenza del giudice, poi lo sento espirare forte, quasi avesse trattenuto il fiato fino ad allora ed uscire a passo di marcia sbattendosi la porta alle spalle.

Forse non mi piace poi così tanto questo gioco.

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Salve a tutti! È la prima volta che mi prendo uno spazietto da autrice per parlare con voi gente. Wow, sono perfino emozionata! Allora, la nostra Clove finalmente accenderà il cervello, però purtroppo dovrete aspettare per vedere quello che combinerà. So che ultimamente sono stata di una lentezza a dir poco spaventosa ma ho avuto problemi di viaggi. Portate pazienza, è estate, e mi duole dirvi che ad Agosto non potrò assolutamente pubblicare nulla. Il motivo? Sarò in montagna in un paesino bellissimo e sperduto… ovviamente senza wi-fi. Comunque il mio caro PC sarà con me e quindi mi impegnerò al massimo per scrivere più capitoli possibile e pubblicarli quotidianamente una volta che sarò tornata. Spero che la storia vi piaccia, a presto gente e buona lettura!

Felixfair
  
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