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Autore: Erule    01/08/2014    0 recensioni
Alden sembra quasi stufo quando, per l’ennesima volta in cinque minuti, un vecchietto gli si avvicina e lo abbraccia. Posso capirlo, anche con mia nonna è stato lo stesso. Ti chiedi se loro capiscano davvero ciò che stai provando, se ti sono vicini perché amavano tua madre o perché amavano i loro cari più di lei e li ricordano. Parlo di madre, perché in questo caso è morta Patricia. Io la conoscevo poco, ma mi sembrava giusto essere qui per dirle addio. È questo che si fa ai funerali: si ricorda qualcuno tutti insieme per cercare di sentire meno dolore, ma è inutile. Per quanto tu voglia essere forte, per quanto ti sia portata dietro un solo pacchetto di fazzoletti, tu continui a piangere. E non ti serve una stupida parola di conforto, perché non riporterà indietro chi hai perso per sempre. Ti serve solo un abbraccio più forte degli altri, più stretto. Anche se no, non servirà davvero a farti stare meglio. E se credi che sia così, be’, allora sei un bugiardo di prima categoria.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
Hurricane drunk

 
Mi alzo intontita, con la testa che mi fa un male cane. Mi stropiccio gli occhi, poi vado dritta in bagno. Mi spazzolo i capelli, biondi come quelli di mia madre. Quando andavo all’università li portavo lunghissimi. Dopo la laurea ho deciso di darci un taglio. Mi guardo allo specchio per un attimo, dove i miei occhi azzurri brillano stanchi. Metto le lenti a contatto, poi vado a cambiarmi. Mi sono laureata in lettere e poco dopo mi hanno offerto un posto al giornale locale. Ho accettato. Ho lavorato lì per un paio d’anni, poi ho incontrato una nota stilista che mi ha proposto di farle da modella e così ho lasciato il posto. Non era quello che mi aspettavo di fare da grande, ma la paga è buona e non mi dispiace nemmeno tanto.
Scendo le scale del palazzo, prendo la posta e poi chiamo un taxi. Salgo su ed arrivo alla sede centrale. Non sono la modella di punta della collezione di Margaret Devoix, ma ho una parte abbastanza importante. Mia madre mi disse un giorno che non avrei mai fatto carriera come modella. Be’, grazie mille per la fiducia, mamma. Ho deciso di invitarla alla prossima sfilata, tanto per farle capire che non sono famosa solo per le mie gambe lunghe. Sono convinta anche io, in realtà, che fra poco Margaret mi caccerà e troverà un rimpiazzo migliore, ma per il momento ha giurato di aver bisogno di me. La sua modella migliore è a Parigi e non si sa se tornerà. A lei serviva solo qualcuno di bell’aspetto e disponibile. E diciamo che io in quel periodo non avevo molta voglia di scrivere. Scelta discutibile, lo ammetto, ma guadagno mille volte meglio e non rimpiango le fotocopie al Day Journal.
<< Muoviti, mia cara! Margaret è fuori di testa, stamattina! >> esclama Amber, una ragazza molto alta e slanciata proveniente dalle Barbados, con un sorriso ampio. Ha il vizio di chiamare tutti caro o cara, ma è molto simpatica.
<< Arrivo. Che succede? >> chiedo, prendendo il costume da bagno della nuova collezione da indossare, come Amber.
<< Qualche tuo ex collega del Day ha parlato male di lei ed è furiosa! >> risponde, coprendosi la bocca per non far sentire la risatina.
<< Oooh, devono davvero aver scritto qualcosa di pesante! Vengo subito. >>
Mi cambio velocemente, poi corro a piedi nudi verso la sala riunioni, con le scarpe in mano. Margaret sta passeggiando velocemente per la stanza da un po’, con un giornale fra le mani e la sigaretta fra i denti. I suoi occhi verdi emanano scintille. Ha i capelli neri, ma sono tinti ed è molto bassa, ma porta dei tacchi stratosferici.
<< Siediti. >> ordina, senza guardarmi. Amber mi lancia un’occhiata. Mi siedo subito, poi indosso le scarpe. << Questo tizio, un tale idiota con un nome impronunciabile, mi descrive come una ninfomane senza decenza e un pellicano con un naso enormemente grande. >> dice, indignata e furiosa. Amber sta per scoppiare a ridere da un momento all’altro. Io mi giro dall’altra parte per non farmi vedere.
<< Margaret, io credo che lui intendesse solo dire che… >>
<< Chiudi il becco, Darcy. Sappiamo tutti che sei solo una leccapiedi. >> la interrompe Margaret, continuando a leggere l’articolo, camminando avanti ed indietro per la stanza, sbuffando fumo. Darcy sospira, riavviandosi i capelli viola.
Darcy è una di quelle persone che non sono cattive di fondo, ma che si comportano così tanto in quel modo, da diventarlo. Io ed Amber la odiamo, infatti cerchiamo sempre un modo per sabotarla. Che sia chiaro, di solito la mettiamo in imbarazzo con le parole. Solo una volta ci è capitato di andarci giù pesante. E quella volta i suoi capelli sono diventati viola. Da allora, tutti la idolatrano ed io sono maltrattata, per non parlare di Amber, che è addirittura presa in giro con battute razziste.
<< Ah! Fra l’altro, dice anche che Margaret Devoix è una donna senza scrupoli, che raggiunge ogni suo obiettivo con le doti femminili. Mi descrive come se fossi una donnaccia! Voglio la sua testa sul palco della prossima sfilata! >> sbraita, schiacciando la sigaretta con la punta della scarpa. Un gesto che mi ricorda tanto quello di qualcun altro. << Riunione terminata. Tornate tutte al lavoro. Subito! >>
Ci alziamo tutte nello stesso momento. Io ed Amber sgattaioliamo via. Darcy ci squadra, ma per fortuna non pronuncia una parola. Corriamo verso la sala delle prove, ma ad un tratto Amber mi strattona in bagno.
<< Amber! >>
<< Devo dirti una cosa importantissima! >> esclama, muovendo le mani nervosamente. Io annuisco, facendole segno di sbrigarsi. << Ho conosciuto un tizio! È un ragazzo carinissimo! L’ho conosciuto su Internet. Non cominciare a dirmi che non sei d’accordo, perché non è affar tuo. Volevo solo che lo sapessi, cara. >>
Io rido, passandomi una mano nei capelli.
<< Amber, va bene. Non ti giudicherò. Ma stai attenta. >>
<< Stai tranquilla. Ci incontriamo domani sera alla discoteca qui vicino. E tu verrai con me. >>
Io incrocio le braccia, scuotendo la testa.
<< Non se ne parla. >>
<< Dai, Elizabeth! Per favore! Sono l’unica persona su questo pianeta che ti dà retta. Devi venire. >>
Io sbuffo, guardando da un’altra parte. Avevo un bel programmino per domani sera. Avrei guardato un film troppo romantico seduta sul divano con una coppa enorme di gelato, poi avrei cambiato canale e mi sarei lamentata sui social network del malcapitato film. Sarebbe stato divertente.
Cedo, sconfitta. Tanto non mi sarei divertita così tanto.
<< Vengo. >>
<< Grazie, grazie, cara! >> grida Amber, per poi abbracciarmi. << Vestitino corto e tacchi alti. >>
D’accordo, ritiro tutto.
 
***
 
Questo locale è pieno come i bagni femminili a scuola.
Ed è buio. Buio come la notte.
Ma cosa c’è di spassoso (sì, uso ancora questo termine) in un posto del genere? Insomma, la musica è altissima e le nuove hit del momento fanno davvero pena. Non vedi con chi stai ballando e ti ubriachi fino a svenire. A questo punto sarei benissimo potuta rimanere a casa mia, con il mio gelato ed una bottiglia di whiskey piena fino all’orlo. Sarebbe stato lo stesso.
<< Elizabeth, ti presento Mitchell. >> saluta Amber, presentandomi un ragazzo magrolino con i capelli biondicci e gli occhi scuri.
<< Piacere. >> dice, stringendomi la mano. Si aggiusta gli occhiali sul naso. Sembra proprio uno sfigato.
<< Ciao. Amber, io resto solo per un’oretta, poi vado. Non ho voglia di stare qui. >>
<< Come vuoi. >> dice noncurante, poi trascina Mitchell in pista.
Mi sto già annoiando.
E questo vestito è strettissimo.
E queste scarpe sono scomode.
Me le tolgo un secondo dopo. I miei piedi ringraziano con un mazzo di fiori.
Mi dirigo al bar e mi siedo sullo sgabello.
<< Un bicchiere di quello che ti pare, basta che sia alcol. >>
<< Arriva. >>
Un ragazzo si siede accanto a me e prende a guardarmi come se fossi una fetta di carne. Ha gli occhi lucidi e sembra che si sia appena drogato. Io faccio finta di niente. Finché non mi tocca sono tranquilla.
<< Vuoi ballare? >> mi chiede.
<< No, grazie. >>
<< Tu sei per caso una fata? >>
<< Sì, una di quelle con la bacchetta magica. Se mi parli ancora, ti riduco in cenere. >>
Il tizio si zittisce all’istante e torna al suo drink.  A volte devi reagire così con certe persone, anche se hai paura. Per fortuna io non ho quasi mai paura. Le cose peggiori sono passate quando avevo sedici anni. E poi con la morte di mia nonna.
È a quel punto che scendo giù con un balzo ed alzo lo sguardo. Poco lontano da me c’è l’ultima persona che avrei mai immaginato di vedere. So a chi state pensando e no, non è Alden. Andiamo, la vita non è una stupida storia d’amore da quattro soldi come tutte le ragazze pensano. Nella realtà il ragazzo che ti piace o è un grandissimo idiota che non ti merita o è già impegnato. A volte è entrambe le cose.
Comunque, mi nascondo subito dietro al bancone. Il barista mi guarda male, ma non dice niente. Il ragazzo dall’altra parte si chiama Francis ed era il tizio che amavo perdutamente alle superiori. L’ho amato per tre anni. E com’è andata a finire? Mi ha mollata per la ragazza che odiavo. No, non fraintendetemi, non siamo mai stati insieme. È un modo di dire. Ecco come vanno a finire le cose nella vita reale. Nel modo peggiore possibile.
Vorrei solo sotterrarmi e sparire, ma non posso. Esco fuori dal mio nascondiglio, molto piano, cercando di passare inosservata… Diamine! Sbatto la testa contro il tavolo. Una bottiglia cade e si rovescia sui capelli, bagnandomi anche il vestito. Ci mancava solo questa. Voglio scomparire.
Mi alzo, prendo le scarpe e cerco di uscire dal locale. Credo che Francis non mi abbia riconosciuta in tutto questo trambusto, ma è l’ultima cosa che vorrei sapere. Esco in fretta e vado quasi a sbattere contro un tizio.
<< Ehi. >> dice, lievemente sorpreso di vedermi, mentre una fuma una sigaretta.
<< Ehilà. >> rispondo, cercando di assumere un comportamento migliore. Mi sta scrutando. << Lo so, non farci caso. Avevo caldo. >>
<< Lo vedo. >>
<< Ci vediamo, eh. >> dico, poi fuggo via. Alden ha la sensazionale dote di farmi sentire ancora più in imbarazzo del solito. Oh, non mi è mai piaciuto!
Corro verso casa senza scarpe, tanto non è molto lontana. Salgo le scale di corsa, poi mi slancio in bagno ed apro il rubinetto della doccia. Credo che guardare un film non sia poi una così brutta idea.
 
Mi sveglio con il sudore che mi cola sulla fronte.
Sono almeno dieci minuti che qualcuno sta bussando, anzi no, prendendo a pugni la porta. Non credo siano dei semplici ragazzini che vogliono farmi uno scherzo, dato che sono le due di notte.
Vado a prendere la mazza da baseball nella mia stanza, poi spengo la televisione in salotto. Mi dirigo a passi lenti verso la porta, il cellulare in una mano con il numero della polizia fra i preferiti. Una sola mossa e chiamo. Non mi faccio ammazzare da un posseduto qualsiasi.
<< Chi è? >> chiedo. Lo spioncino si è spaccato qualche settimana fa. Non chiedetemi come.
<< Lizzie, sono io… Alden. Amber mi ha dato il tuo indirizzo. Ti prego, fammi entrare. >>
Alden? Davvero? Sembra anche piuttosto disperato. Eh, uhm, sì, anche ubriaco.
Apro la porta. Lui sta in ginocchio e mi guarda in modo strano. Non l’ho mai visto in questo stato. Si inumidisce le labbra. I suoi occhi sono rossi e lucidi.
<< Allora, vogliamo darci da fare qui o mi fai entrare? >> chiede, ironico.
<< Non farti strane idee, idiota. >>
Alden si alza a fatica, poi entra in casa barcollando. Cerca subito il divano e ci si spalma sopra come un pesce in riva al mare.
<< Fai come se fossi a casa tua, eh. >> dico, sarcastica.
<< Certo. >> risponde, il viso schiacciato contro il cuscino.
Non gli rispondo nemmeno, perché dovrei solo prenderlo a calci e non mi pare il caso. Mi siedo per terra accanto a lui ed aspetto che parli. Sembra che si sia addormentato, perché il suo respiro è lento e regolare. Mi rigiro una foto di noi da piccoli fra le mani, dopo averla cercata in un vecchio album nel cassetto. Eravamo piccoli ed innocenti. Ora non lo siamo più. Sono cambiate molte cose, da quando era così. Mi manca essere giovane e spensierata. Guardami adesso. Ho quasi trent’anni e faccio la modella a tempo indeterminato. Potrebbero cacciarmi anche domani. A cosa è servita la mia laurea? Ho quasi trent’anni e sono sola come un cane. Mia madre è in Alaska con il suo nuovo fidanzato e mio padre vive a Manhattan. Non so cosa fare, dove andare o con chi parlare. So che Amber mi aiuterebbe, ma non mi va di chiederglielo. Sono troppo orgogliosa.
Questo scemo non si sveglia mica, eh. Mi alzo e vado in camera a cambiarmi. Indosso il pigiama, una canottiera ed un paio di pantaloncini. Non pensate che adesso io ed Alden finiremo in camera mia o altro. So che siamo a novembre, ma sono sempre stata una tipa calorosa, persino in inverno. Fra parentesi, il riscaldamento nel palazzo, quindi anche in casa mia, è alle stelle.
Torno in salotto. Alden è seduto sul divano, con quella fotografia fra le mani. Lo guardo a lungo, in piedi dietro di lui. Credevo che il suo primo pensiero sarebbe stato quello di correre in bagno a vomitare. Il mio è sempre quello, dopo una sbornia.
<< Alden. >> chiamo, stranamente con un filo di voce. Lui sembra ridestarsi, ma non si volta. << Perché sei qui? >>
Alden non mi risponde. Mi dirigo verso di lui e mi piazzo di fronte al divano. Si è tolto le scarpe e sembra assorto nel guardare quella foto. Poi è un attimo. Alza lo sguardo lentamente e mi fissa. I suoi occhi grigi sono lucidi e rossi come quelli del tizio al bar, ma i suoi sono magnetici e desiderosi di qualcosa. È quando mi guarda le gambe nude che capisco. Ma non dico niente. E neanche lui parla. Non so cosa fare. Il cuore mi batte all’impazzata nel petto e non riesco quasi a deglutire. Non è possibile, non sta succedendo a me. Non è un film, non è una storia inventata. Io non sono il tipo di ragazza che piace ai ragazzi per quel motivo. Anzi, io non gli piaccio e basta. E loro non piacciono a me.
<< Non sapevo con chi parlare. >> confessa, continuando a guardarmi le gambe. Vorrei urlargli che il mio viso è un po’ più su, ma non ci riesco. << Ho cominciato a bere senza neanche rendermene conto. Sono diventato dipendente dal bere. >> dice. Io sospiro. No, anche tu no. << Ero sul punto di portare via una ragazza con me, quando il suo fidanzato mi ha tirato un bel gancio destro. >> continua, indicando la guancia sinistra. Non avevo ancora visto quel livido. << Stavo sprofondando. Poi ho visto una ragazza che usciva con un tizio e ho creduto che ti conoscessero, perché l’avevo vista sulla copertina di qualche rivista e so che tu adesso sei una modella. Così gli ho chiesto dove abitavi e mi ha risposto Amber. Si chiama così, giusto? Mi ha detto che eri qui. Sono venuto a piedi. >> replica. Poi si passa le mani sul viso, arrossandolo. << Mi dispiace, so che non avrei dovuto, ma mi sento uno schifo. Mi manca mia madre. >>
Avrei dovuto capirlo. Sospiro, poi prendo posto accanto a lui. Cerco di confortarlo un po’, accarezzandogli la schiena. Quando è morta mia nonna non avevo nessuno con cui parlare. Ricordo che la sera mi sedevo sul divano e mi abbracciavo talmente forte da farmi male. Le unghie mi rigavano la pelle, è vero, ma poi mi sentivo meglio. È stato difficile uscire da quel tunnel, ma poi ce l’ho fatto. Alden ha perso più di me, purtroppo. Non so davvero come aiutarlo ad uscirne.
<< Non ti dirò bugie. Ti dirò tutto quello che vuoi sapere. >>
<< Non ho voglia di parlare. >> replica.
<< Ed io non ho voglia di essere la tua dama di compagnia per una notte. >>
Alden sorride.
<< Non lo sarai, allora. Parliamo un po’. Raccontami di te. Raccontami tutto quello che mi sono perso in questi anni di Lizzie. >>
<< Come vuoi. Preparati ad annoiarti. >> dico, incrociando le gambe di fronte a lui. Alden fa lo stesso, con sguardo di sfida. << Punto primo: non chiamarmi Lizzie. >>
 
***
 
Mi guardo intorno circospetta, cercando di capire se Alden è ancora in giro oppure no. Non sento alcun rumore, nemmeno drizzando le orecchie. Bene, se n’è andato. Fuori il cielo è azzurro e fa un caldo torrido, sebbene sia novembre. Mi spoglio e rimango solo con l’intimo addosso. Faccio un passo verso il bagno, ma la porta si apre ed esce Alden con un asciugamano addosso ed i capelli bagnati. Si ferma per un attimo, scrutandomi a fondo. Io sento di arrossire, ma la voglia che ho di prenderlo a pugni è più forte.
<< Vuoi passare subito al sodo? Ed io che pensavo che fossi una brava ragazza. >> mi prende in giro. Io gli lancio un’occhiataccia.
<< La mia doccia è sacra. Chi ti ha detto che potevi usarla? >>
Alden scrolla le spalle.
<< È solo una doccia. >>
Alden si volta per tornare di là ed io noto una cicatrice molto marcata all’altezza della scapola destra. Sembra molto vecchia, eppure non me la ricordo.
<< Come ti sei fatto quella cicatrice, Alden? >>
Lui sospira, ma continua a camminare. Oh, amo le persone che non rispondono alle domande. Non potrei mai fare l’insegnante.
Mi cambio in fretta, poi prendo la borsa ed esco dalla porta. Se è abbastanza intelligente lascerà le chiavi al portiere e non si farà più vedere. Chiamo un taxi, salgo e vado al lavoro. Tutto quello che è successo ieri sera è solo un vago ricordo.
Risate.
Fumo.
Odore di pioggia e tè freddo.
Mi scappa un sorriso, ma lo reprimo un secondo dopo. Questa è la vita reale. Tipi come Alden li incontri solo una volta e poi li lasci nel dimenticatoio. O loro lasciano te.
Il cellulare vibra. Amber mi ha mandato un messaggio.
 
Ciao cara, mi dispiace un sacco per ieri sera. Indovina: Mitch è un giornalista! Scommetto che non vorrai più sentirne parlare, d’ora in poi. Un amore proibito? È perfetto per me! Credo di aver dato il tuo indirizzo ad un ragazzo molto carino. Domani mi racconti tutto, oggi ho da fare con Mitch.
Amber xx
 
Premo il tasto per risponderle, ma il telefono vibra di nuovo.
 
Ho lasciato le chiavi al portiere. Sì, avevo ancora il tuo numero in rubrica.
Grazie per ieri sera.
Addio.
Alden
 
Catastrofico, ma intelligente. Non è il tipo per me. Io preferisco quelli che non staranno con me neanche se li pagassi. Sospiro, scivolando contro il sedile.
Il tassista mi dice che siamo arrivati. Siamo sicuri? L’ingresso è pieno di gente. Scendo dall’auto e leggo gli striscioni. Margaret devi andare via, non vogliamo la tua compagnia. Vorrei proprio sapere chi li ha scritti. Squallidi. Mi avvicino ad una ragazza che ne ha in mano uno.
<< Cosa sta succedendo? >> chiedo.
<< Dopo l’articolo del Day, vogliono licenziare Margaret. A quanto pare ha la fedina pensale sporca o roba simile. E di sicuro l’articolo non ha aiutato. È stato l’ultima goccia. Ci sarà un processo in tribunale. >>
<< Davvero? E chi sarà il suo avvocato difensore? >> domando, sorpresa.
<< Il problema non è chi sarà il suo difensore, ma chi sarà il procuratore. >> risponde, ghignando. Ho quasi paura.
<< Chi è? >>
<< Il suo nome è famoso. E lui è bellissimo. >> risponde la ragazza, con aria quasi sognante. Io le lancio un’occhiataccia. Lei si ridesta, scuotendo al testa. << Si chiama Alden Rhodes. >>




Angolo autrice:
Ciao a tutti! Sono tornata in fretta con un nuovo capitolo. A breve andrò in vacanza, quindi non pubblicherò per un bel po' di tempo.
Il tono della storia sarà quello che potete evincere da questo capitolo. Il prologo era più triste per ovvie ragioni. Il resto sarà abbastanza umoristico e divertente.
Il finale si consclude con un bel colpo di scena, in effetti. Elizabeth avrà più di qualche problema per questo.
Nota: banner creato da me. Alden: Aaron Johnson, Elizabeth: Eliza Taylor. Spero che vi sia piaciuto! Ditemelo in una recensione :)
Alla prossima!
Erule :)
  
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