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Autore: Scarlett_Brooks_39    02/08/2014    3 recensioni
A volte non c'è niente da fare quando qualcuno ha fatto una scelta. A volte bisogna solo accettarlo, anche se si parla di una delle persone più importanti della nostra vita...
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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*° Dovevo perdonarti quando sapevo che avresti potuto sentirmi °*

Prima di leggere, vi consiglio di usare Skinny Love, di Birdy, come sottofondo. E Down, di Jason Walker. Le ho  ascoltate tante volte mentre scrivevo questa One- Shot e parlano di un amore che ormai è arrivato al capolinea e dei sentimenti d'insicurezza di Nick, uno dei due protagonisti.


Titolo: Dovevo perdonarti quando sapevo che avresti potuto sentirmi
Autore (forum e EFP se sono diversi): Scarlett.Brooks (forum), Scarlett_Brooks_39
Fandom (se scelto): Originale
Personaggi: Nick Morgan, Juliet Mitchell e Raymond Mitchell (padre)
Pairing (se scelto):/
Pacchetto: Ibisco
Genere: Drammatico, Romantico
Rating: Arancione
Introduzione: A volte non c'è niente da fare quando qualcuno ha fatto una scelta. A volte bisogna solo accettarlo, anche se si parla di una delle persone più importanti della nostra vita...
Avvertimenti: Tematiche delicate
Note (se presenti): /



  Nick, ma come posso perdonarti? Tu non ti rendi conto..."
"Juliet, ti prego, sarò una persona migliore!"
"Lo dici sempre e non lo fai mai. Bugie, bugie, solo e soltanto bugie!"
"Juliet, io..."
"Vattene, vai e lasciami in pace."
"Ma io.." "Vattene!"
"Tu non capisci! Io ti amo!"
"Non è vero! Smettila di dire bugie, peggiori solo la situazione!"
"Ma cosa devo fare? Juliet, Juliet, per favore, aiutami!"
"Aiutarti? Aiutarti dopo quello che mi hai fatto?"
"Si, per favore."
Gli tirai uno schiaffo così carico di rabbia da fargli voltare la testa da un lato.
"Aiutato. Adesso vattene."
Stavamo litigando davanti alla casa di riposo di mio padre. Ero scappata dalla casa in cui io e il mio ragazzo Nick abitavamo, perché avevo bisogno di schiarirmi le idee. Non avevo intenzione di dire o fare più niente, così mi strinsi nel cappotto ed aspettai che se ne andasse. Guardarlo andare via era struggente, perché volevo fare pace, ma non potevo, perché la cosa che mi aveva fatto era troppo grave.
Io e Nick ci eravamo conosciuti al college, in un giorno di pioggia e ci eravamo innamorati al primo sguardo.
Eravamo rimasti a parlare in un Café bevendo cioccolata calda con panna, mentre la pioggia continuava ad aumentare; sembrava che il mondo ce l'avesse con noi, data la violenza del temporale, ma a noi non importava, eravamo al sicuro.
Ci laureammo e comprammo una casa insieme. Stavamo convivendo da tre anni, ormai.
I nostri amici ci reputavano come la coppia più bella di sempre, ci paragonavano a Rose e Jack. Io li liquidavo con un'occhiata cinica: avevo visto 'Titanic' solo due volte, e quelle due volte mi erano bastate. Non ero il tipo da piangere guardando un film del genere, né quello da credere di impersonarmi nella protagonista. Credevo invece nella realtà, nel fatto che lui era il mio Nick ed io la sua Juliet, che anche se il mondo ci fosse crollato addosso, noi avremmo resistito e alla fine saremmo sopravvissuti, insieme.
Persi mia madre all'ultimo anno di college, pochi giorni prima la mia laurea. Se non fosse stato per Nick, non ce l'avrei mai fatta. Era sparita in una notte buia, aveva litigato con mio padre e la sua macchina si era schiantata contro il tronco di una grossa quercia. La perdita fu tale che mio padre iniziò a ritenersi colpevole e dopo poco cadde in depressione, come lo è tutt'ora. Si trova in una casa di cura, perché ha tentato due volte il suicidio. Lo andavamo a trovare due volte a settimana, quando il lavoro e gli impegni ce lo permettevano.
Tuttavia eravamo felici, come ogni altra coppia sulla faccia della Terra.
Nick era cresciuto con lo zio, che lo aveva adottato. Dei suoi genitori non aveva più saputo niente. Gli avevo chiesto se gli mancavano, lui mi aveva detto che anche se non se lo meritavano li pensava spesso e che si, gli mancavano da morire. Dopodiché avevamo soppresso tutto con un caldo abbraccio, facendo affidamento l'uno sull'altra. Lui era una persona dolce, ascoltava sempre ciò che avevo da dire, non mi giudicava mai. Era bello, intelligente, alto... tutto ciò che una ragazza come me potesse desiderare.
Però aveva un difetto: l'insicurezza. Essendo stato abbandonato da piccolo, ne aveva sofferto tanto e questo lo portava a fare delle pazzie. Una volta aveva iniziato a bere e non aveva più smesso: mi ci erano voluti cinque mesi per rimetterlo sulla buona strada.
"Perché fai tutto questo per me, Juliet? Perché, se non me lo merito?"
"Perché ti amo, Nick, e le persone fanno cose matte, quando sono innamorate."
Spesso aveva pianto, spesso lo avevo consolato. Era bello avere qualcuno che ti capiva.
L'ennesima festa tra amici, gli ennesimi giri di alcool. A me non piacevano quei suoi amici e più volte gli avevo detto di uscire da quel gruppo, ma lui mi ripeteva che erano persone importanti, che non poteva perderle. Io così gli avevo creduto e lo avevo lasciato andare.
Lo avevo avvisato che sarei tornata tardi da lavoro, perché dovevo finire la stesura del mio prossimo articolo. Lui aveva risposto con un solo e semplice 'Ok.'
'Lascialo stare Juliet, è normale, si sta solo divertendo, mica può scriverti poemi', mi ripetevo. Restavo in ansia lo stesso. Due caffè bastarono a farmi concentrare sul lavoro da finire. Verso l'una di notte tornai a casa, stanca morta.
Sentii dei rumori strani, così mi preoccupai ed entrai di corsa. Aprii la porta di camera e li trovai: Nick e Tamara. Il mio ragazzo e la mia migliore amica, nel mio letto. Spalancai gli occhi, certa che fosse uno scherzo della stanchezza, ma quando capii che non era così iniziai a respirare affannosamente, portandomi una mano davanti alla bocca.
'Non è così, non è così!' Continuavo a ripetermi, scuotendo la testa. Nick si alzò, ricomponendosi e tendendo una mano in avanti.
"Ti prego, perdonami! Non so cosa mi sia preso!"
"Non mi toccare." Sembrava che stesse piangendo. La 'me' altruista e comprensiva voleva abbracciarlo e perdonarlo, ma la 'me' del momento, quella egoista e sconvolta, aveva avuto la meglio. Non potevo essere comprensiva. Era la mia migliore amica, diamine! Come poteva... lui... lei... no! Basta, devo andare via di qui! Il legame cervello- gambe non funzionava, ero paralizzata a fissare Tamara e Nick, Nick e Tamara. Alla fine esplosi e me ne andai. Ma non raggiunsi la porta di casa, che Nick mi afferrò per un braccio.
"Juliet, ti prego, aiutami! Non so che mi sta succedendo! Mi sento così... così... solo!"
Avevo le lacrime agli occhi, come lui. In quel momento non volevo perdonarlo, volevo solo ucciderlo. Non m'importava che soffrisse di sindrome della solitudine, non era l'unica persona a stare male! Non poteva pretendere questo da me.
"Mi dispiace Nick, ho... ho bisogno di tempo. Lasciami andare."
Quella sera presi la macchina e raggiunsi la casa di cura, dovevo parlare con mio padre, dovevo sfogarmi. Non potevo dire tutto alla mia migliore amica, dato che non ne avevo più una.
"Papà, scusa, scusa, ma dovevo vederti."
Lui era seduto sulla poltrona imbottita e leggeva un libro, illuminato dalla luce dell'abat-jour, in vestaglia da notte. Quando mi vide arrivare, sbattendo la porta e con le lacrime agli occhi, scattò in piedi, preoccupato.
"Juliet! Bambina mia, che ti è successo?"
Non riuscii a sfogarmi e mi abbandonai alla stanchezza e allo shock, crollando nelle braccia di mio padre, sfinita. Quando mi svegliai, verso le cinque di domenica mattina, gli raccontai tutto, senza tralasciare dettagli. Era da tanto che non lo facevo.
"Papà, io so che ha bisogno d'aiuto, che ha bisogno di me, ma come posso perdonarlo? Ha fatto una cosa troppo brutta..."
"Vedi, tesoro, quando litigai con tua madre, quella sera..."
"No papà, non devi raccontarmelo se ti fa male ricordarla."
"È tutto a posto. Quella sera lei era esasperata, davvero esasperata. Non litigavamo spesso, non così intensamente. Prese la macchina ed il resto lo sai. Vedi Juliet, se io non l'avessi lasciata andare, se l'avessi perdonata, ora sarebbe ancora qui."
"Non è così, non devi ritenerti colpevole."
"Ma io sono colpevole! Lo volete capire o no?! Sono stato io ad ucciderla!"
"No, papà! È stato il temporale, la pioggia, il destino, ma non tu! Tu sei la persona più buona del mondo, tu non avresti mai potuto ucciderla!"
Ci furono alcuni attimi di silenzio, poi, in un sussurro, disse quella che secondo lui era la verità.
"Eppure è morta, e non c'è niente che possa fare per riportarla indietro."
Il solo ricordo di lei mi faceva piangere, anche se in quel momento, davanti a mio padre, dovevo essere forte. Dovevo farlo per lui. Perché non ci riuscivo?
"Perdonalo, digli che lo ami, prima che sia troppo tardi. Corri. Corri!"
Presi di nuovo la macchina e misi in moto. Il sole mattutino splendeva nel cielo, in quella che ero sicura essere la mattina più bella della mia vita. Avrei perdonato Nick. Ne ero sicura, potevo farlo, dovevo farlo. Parcheggiai nel solito posto dei giorni abitudinari, senza badare più di tanto a come era messa l'automobile, chiusi la portiera e mi affrettai a salire le scale. Non m'importava quanta confusione avessi fatto. Non m'importava niente.
"Nick! Nick, dove sei?"
Entrai in casa, riconoscendo il profumo della lavanda sul tavolo d'ingresso, l'urto quasi quotidiano con l'attaccapanni difettoso, lo scricchiolio della piastrella sotto il tacco dei miei stivali. Nick non mi rispondeva. Forse non era in casa, ma era strano: dove poteva andare alle sei di domenica mattina? Controllai la sala, il bagno, la cucina, tutto il piano di sotto. Niente. 'Sarà in camera, smetti di fare la paranoica'. Salii le scale che portavano al piano di sopra tutto d'un fiato e spalancai la porta della camera. Nick era lì e mi mancò il respiro. Nick era accasciato sul letto, con una bottiglia di whisky in mano mezza piena ed altre cinque o sei da un litro l'una sparse per la camera.
Mi precipitai su di lui, per sentire se il battito del cuore c'era sempre.
Niente battito.
"Nick! Nick! Svegliati! Nick, ti perdono, ti perdono, ti perdono, ma svegliati! Nick!"
Stavo piangendo ed avevo una voragine aperta nel petto. Era tutto così assurdo, così surreale. Nick non si svegliava. Nick non si sarebbe più svegliato. Lo abbracciai forte, piangendo sul suo corpo inerme, che la sua anima non possedeva più. La sua anima era volata in cielo già da tempo, senza sapere che l'avevo perdonato. Nick era morto con la consapevolezza che io non lo amavo più, che era un mostro, e tutto questo solo per colpa mia! Per colpa del mio egoismo.
"Nick!"
Sapevo che era inutile continuare a ripetere il suo nome, dato che non poteva più sentirmi.
Ero a pezzi, continuavo a piangere, rimanendo aggrappata alla sua maglietta grigia, quella che gli avevo regalato io, quello stesso Natale. Nick non c'era più ed era solo colpa mia. Ora capivo come si sentisse mio padre.

Rimanevo inerme a guardare la sua bara andare giù e sparire nella terra fredda e priva di vita. Non meritava quella morte, non meritava di morire così. Ad ucciderlo era stato un mix micidiale di farmaci ed alcolici, questo era quello che dicevano i medici. Io sapevo che non era così: ad ucciderlo erano state le mie parole ed il mio egoismo.

Rientrai in casa alla fine del funerale ed ebbi la forza di entrare nella nostra camera da letto, dove avevo trovato il suo corpo. Da sotto il letto faceva capolino l'angolo di un pezzo di carta, così lo presi, mettendomi a sedere sulla coperta lilla. Sulla busta c'era scritto:
'Per Juliet'.
Era di Nick.
La calligrafia era frettolosa e tremolante, ma rimaneva comunque bella. La data: 19 novembre 2014, il giorno stesso in cui l'avevo trovato.

Mia dolce Juliet, Se sto scrivendo questa lettera vuol dire che sono davvero disperato. Quello che ho fatto è inaccettabile, assurdo, meschino, malvagio ed insensato, eppure l'ho fatto lo stesso anche se sapevo che non era la cosa giusta da fare. La verità è che sono un mostro, una persona della quale non ci si può fidare, una persona insicura, che non riesce a tenersi uno straccio di lavoro, né una fidanzata. Tu eri l'unica cosa bella nella mia vita e ringrazio il cielo per averti incontrato. Beh, presumo che fra poco glielo dirò di persona. Il fatto è che tutto quello che tocco va in pezzi, che tutto quello che faccio è sbagliato. Non so cosa mi succede: un momento prima so cosa devo fare e l'attimo dopo mi ritrovo perso a fare delle stupidaggini. Vorrei che mi perdonassi, ma forse chiedo troppo. Quello che ti ho fatto è troppo orribile perché tu possa perdonarmi. Voglio andarmene da questo mondo, mettere fine alla mia vita, così tutti saranno più felici. Smetterò di ferire te, soprattutto. Io non ti merito, Juliet. Ti ringrazio per ogni momento passato insieme, ma non posso continuare a farti soffrire, tu hai bisogno di qualcuno che badi a te, non di qualcuno a cui badare. All'inizio sarà difficile, all'inizio mi odierai, ma sappi che io ti amo, che ti ho amata e che ti amerò per sempre. Solo che non potremo più stare insieme. Sono sicuro che questa è la cosa più giusta da fare.
Addio,
Nick.


Iniziai a piangere così forte che la mia voce sembrava quella di un'altra. Odiai me stessa per non aver fatto abbastanza per Nick. Odiai Nick per avermi fatto tutto questo. Potevamo venirne fuori insieme, se me l'avesse chiesto. Io però gli avevo detto di no, era tutta colpa mia. Forse voleva davvero morire, voleva davvero che il suo incubo finisse. Forse non potevo davvero fare niente, la sua mente era davvero mangiata dall'insicurezza e dalla paura, ma io lo amavo ancora.
"Io ti perdono Nick, nonostante tutto io ti perdono."
Sussurrai in tono strozzato dal pianto.
"Ti perdono e ti amo."
Chiusi gli occhi, perché le lacrime mi stavano offuscando la vista. Lo perdonavo davvero ed in quel preciso istante avrei tanto voluto vedere, come in un film, il suo fantasma avvolgermi o magari guardarmi, mentre dicevo quelle cose. Speravo davvero che, ovunque fosse, mi avesse sentito e continuai a vivere con questa speranza, perché era l'unica cosa che mi faceva andare avanti, giorno dopo giorno, senza di lui.


Angolo autrice: questa storia partecipa al concorso 'Petali di lacrime! [multifandom e originali]', indetto da DarkElf13.
  
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