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Autore: Black Swan    02/08/2014    1 recensioni
[Dedicata a GurenSuzuki, vedi note interne]
Dal cap. 5: Quella donna […] gli aveva fatto vibrare il cuore in una tonalità che non aveva riconosciuto fino a quella sera.
Il pensiero unico è: questa le batte tutte. Tutte, indistintamente.
Mana è riuscito nell’impossibile prima dei quarant’anni: superare se stesso.
Non solo ha aperto i Moi Dix Mois ad una donna… non solo è la tastierista, sollevando il chitarrista da una caterva impressionante di lavoro… non solo l’identità della donna in questione è un mistero… non solo, tanto per gradire, la donna che risponde al nome di (massimo dell’originalità) Mystery gira per il mondo con una maschera che le copre quasi completamente il volto… l’apoteosi è che neanche al resto del gruppo è permesso vederla in viso!
Solo Mana conosce la reale identità di Mystery.
Ma K è più curioso di un gatto, Sugiya e Hayato si divertono troppo a dar mano al chitarrista ritmico e anche se Seth sembra non interessarsene, rompendo quasi le uova nel paniere a Mana (il quale, ovviamente, ha un piano ben preciso in mente)… anche per Mystery non è facile reggere il gioco all’amico di vecchia data.
Alla fine sarà proprio Mana a cedere…
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Dio della Pioggia - Capitolo 4

Il Dio Della Pioggia

4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mana

Senza vana gloria, ma non era un genio solo come musicista.

Se le cose andavano come aveva pianificato in un nanosecondo, e l’inizio era più che promettente, a Seth avrebbe fatto comodo il fine settimana libero. E da lunedì Rain avrebbe potuto girare senza maschera.

E lui avrebbe potuto chiamarla senza prima contare fino a cinque!!!

Se le cose fossero finite a carte quarantotto anche con i Moi Dix Mois, avrebbe potuto davvero aprire un’agenzia per cuori solitari.

Rain si voltò verso di lui, «A volerla dire tutta, non sapevo neanche che ti facessi chiamare Mana.»

«Lui ora si fa chiamare Seth» le ricordò. «Rammenti i discorsi sul Dio del Caos?»

Li vide piegarsi sincronizzati a ridere.

Ci credeva.

«Della Pioggia!» lo corresse Seth senza fiato.

Non era un caso che avesse suggerito e poi caldeggiato quel nome.

Seth lo aveva accettato senza neanche discutere tanto.

«Cosa dovete studiare?» chiese Rain.

«Siamo arrivati all’Egitto» aveva risposto Seiji. «Il primo che sento affermare che la nostra religione è difficile da capire lo stendo, avevano più Dei che capelli in testa e tutti imparentati fra di loro!»

«Forse ricordo male io… ma dalle nostre parti funziona in modo analogo…» era stato il commento di Rain.

Come al solito lui era finito disteso sul letto a ridere.

«Sei uno spasso, il tuo futuro è nel cabaret. Se ci cresci non fatichi a memorizzare… ma con questi faccio casino! Per esempio, cosa dominava Nefertiti?»

«L’Egitto.»

«Eh?»

«Nefertiti era una regina, la consideravano una dea, ma non lo era veramente.»

«Appunto…» aveva concluso torvo Seiji.

«Ti intendi di Egitto?» le aveva chiesto mentre Seiji elucubrava sulla notizia.

«L’ho portato come argomento a scelta all’ultima valutazione.»

«Adesso lo so» si era inserito Seiji.

«Cosa?»

«Che sei completamente pazza, ecco cosa.»

Rain era scoppiata a ridere. «Seiji, di solito basta che ascolti le lezioni, per memorizzarle! A quali tette pensavi stamani?»

Lui era finito a sedere in terra.

Seiji era rimasto in silenzio per qualche secondo. «Avevano la Dea del rompimento di palle? Perché guarda che è la tua. Precisa.»

Rain aveva scosso la testa, «No, ma posso dirti esattamente quale sarà il tuo dio egizio: Seth.»

«Ah, e perché?»

«E’ il Dio del Caos.»

Aveva mancato il letto ed era finito di nuovo a sedere in terra, scatenando la risata di Rain e dando nuovo slancio alla propria.

«Veramente è quello dei morti» aveva obiettato Seiji dopo un breve controllo. «Cazzo Manabu, se questo è tutto l’aiuto che posso aspettarmi da te…»

«No, quello dei morti è Anubi, che poi è anche quello che traghettava le anime. Seth era il Dio benevolo dei morti, non quello cattivo, ma ne ha combinate talmente tante che gli hanno appioppato per acclamazione il caos e tanti saluti.»

«E’ un messaggio subliminale?» si era informato calmissimo Seiji.

E lui aveva rinunciato a tornare sul letto. Aiutare l’amico?? Era già tanto se riusciva a respirare!

«Non vedo perché dovrei inviartene uno.»

«Mh. Certo. Comunque ti informo che mi tengo Seth» aveva aggiunto leggendo qualcosa.

«Bene, come mai ti sei arreso così facilmente?»

«Ti sei semplicemente scordata che era anche il Dio della Pioggia? O si occupava della pioggia solo nel tempo libero? Magari quando non era già troppo nervoso…?»

Si era trovato Rain a sedere accanto.

«Vedi Seiji io non ho bisogno di chiedermi se mi mandi messaggi subliminali!! Capisco sempre quando ce l’hai con me!»

«Ah-ah-ah-che-ridere… il Dio della Pioggia… penso proprio che mi terrò questo, sì… dovrai ubbidirmi se divento il tuo dio, lo sai vero?»

«Ci vuole ben altro che l’essere un dio per avere la mia ubbidienza, Seiji!»

«E cosa dovrei fare?»

«Conquistarmi.»

Non ricordava la risposta di Seiji… forse perché non ce n’era stata una.

«Ah, e prima come ti facevi chiamare?» chiese Rain.

«Seiji» rispose rassegnato Seth.

Il sopracciglio di quella donna scattò come una molla.

«La verità è che la benda che porto dovrebbe nascondere la mia vera identità ai fans dei Moi Dix Mois…» spiegò sempre più rassegnato Seth.

«Hai il tono di uno che sta per inserire un ma nel discorso» disse Rain. «Effettivamente è come cercare di nascondere il Sole dietro uno stuzzicadenti.»

Seth sorrise «… ma ovviamente mi hanno riconosciuto appena ho aperto bocca per cantare!»

«E quindi?» chiese Rain rivolta stavolta a lui.

«Fino a quando io non lo renderò ufficiale, lui è semplicemente Seth, il cantante dei Moi Dix Mois. Conta poco chi pensa di averlo riconosciuto.»

Rain lo fissò per qualche secondo. «Quindi io fuori da queste mura vi devo chiamare Mana e Seth.»

«Esatto. Fuori da queste mura ipotizzano anche il mio vero nome e neanche immaginano l’esistenza di Kaede.»

«Quest’uomo è fissato con i misteri!» riprese Seth «Da una settimana registriamo con una tastierista che porta una maschera in viso.»

Rain sorrise a lui, perché effettivamente aveva il viso girato in un modo tale che Seth vedeva la nuca. «Ah sì?» chiese.

Sorrise a sua volta.

Il piano era già chiaro.

«Da come si comporta con lei la conosce bene.»

«Ah sì?» toccò a Kaede.

Seth la fissò, «Senti, sono già finito nei guai una volta a causa della tua gelosia, vediamo di finirla ancora prima di cominciare stavolta?» chiese calmissimo.

Come al solito fu lui a volare quasi giù dalla sedia per come scoppiò a ridere.

Seth e Rain erano un connubio micidiale, piangeva dal ridere con anche uno solo di loro.

Seth lo fulminò con lo sguardo. «Dicevo? Ah sì, lui la conosce bene, io conosco bene lui, ne consegue che dovrei conoscerla anche io… ma non riesco a capire chi possa essere ed il fatto che abbia ammesso di essere sfigurata mi incasina ancora di più.»

Lo vide bloccarsi come fulminato. Guardò Rain a dir poco incredulo. «Ti dirò… se non fosse per questo particolare, e decisamente il tuo viso non ha problemi… direi che potresti essere tu. Suona divinamente, è testona, è alta come te e anche lei porta i capelli lunghi. Anche quando ho sentito la tua voce…»

«Testona detto da te equivale ad un’onorificenza» lo informò Rain con il migliore dei suoi toni di voce.

Seth aprì bocca per ribattere, come al solito, ma Kaede, fedele alla versione della storia che conosceva, corse in suo aiuto con la puntualità che la contraddistingueva da quando aveva accettato di essere la sua ragazza. «Senti un po’, cos’è questa storia che ti ho messo nei guai?»

Seth richiuse la bocca e tornò a guardare lei, «Rammenti quando ti sei trovata a tu per tu con sua madre la prima volta?» chiese con un cenno della testa direzionato verso di lui.

«Certo.»

«Quindi ricorderai anche che la donna in questione, con lo stile che solo una madre che sotterra il figlio può sfoggiare, ti ha informata che eri la seconda ragazza che suo figlio le presentava…»

Kaede sorrise, «Rammento benissimo… la sua testa è ancora attaccata al resto del corpo perché la prima in questione era la tua ragazza

Si coprì gli occhi con una mano, ma fece in tempo a registrare un sussulto di Rain.

«Kaede, ce l’hai seduta davanti la prima in questione» la informò placido e sorridente Seth.

«Mea culpa, mea culpa, mea grandissima culpa…» cominciò a recitare rassegnato nel silenzio assoluto che seguì.

Quando alzò di nuovo lo sguardo, Kaede lo stava fissando sbalordita, Rain stravolta e Seth… se la stava godendo un mondo.

Deve essere vero che la vendetta va servita fredda…

Chiuse ancora gli occhi, «Ok. Vi spiego…» esordì.

«Lascia stare, faccio io» lo interruppe sadicamente Seth. «Per salvarsi dalla tua già rinomata gelosia, non ha calcolato il dettaglio che sua madre e mia madre non abitassero una al Polo Nord e l’altra al Polo Sud, ma a pochi portoni di distanza. Sua madre, ne sono sicuro, alla notizia non batté ciglio, perché me la immagino senza problemi la scena, ma memorizzò immediatamente la novità…»

Rain fissava a bocca aperta Seth, «Ma… ma… aspetta un attimo…»

Seth la fermò prendendole la mano sul tavolo, «Ascoltami tesoro, tornerà tutto al suo posto. Ovviamente questo fenomeno si guardò bene dall’avvisarmi di che razza di bomba aveva fatto scoppiare nelle mie quiete acque, quindi un paio di giorni dopo, mentre io avevo ancora una febbre da cavallo e Rain era così gentile da venirmi a trovare nel pomeriggio per farmi compagnia, le due madri si sono incontrate al supermercato di zona…»

Kaede cominciò a ridacchiare.

«… Immagina, se puoi, la scena: mamma Matsudo vaga tranquilla fra gli scaffali e incontra mamma Satoru. Dopo i convenevoli di base, mamma Satoru, piuttosto offesa, parte con una frase tipo, cara, non sapevo che Rain fosse la ragazza di Seiji!!»

Kaede scoppiò a ridere.

Rain si portò la mano libera sugli occhi.

«… non lo saprò mai per certo, ma posso immaginare che la risposta piuttosto perplessa di mia madre fu oh beh, neanche io…» stava continuando tranquillamente Seth.

Scoppiò a ridere anche lui.

«… Mamma Matsudo torna a casa covando tremenda vendetta nei riguardi del sottoscritto, ovviamente, mentre mamma Satoru torna a casa tutta contenta per aver aperto gli occhi all’amica… certo che figli bastardi come me ne nascono uno per generazione per la pietà degli Dei…»

Rain scoppiò a ridere a questo punto, lui già piangeva.

«… Per mia fortuna, mamma Satoru arriva a casa prima della mia e dice al figlio di aver incontrato l’amica e di averla avvisata di cosa il figlio le stava combinando sotto il naso…»

«Ti ho chiesto scusa!!!» cercò di difendersi.

Rain era praticamente appoggiata a Seth e rideva con le lacrime che scendevano sulle guance.

«A quel punto, e solo a quel punto» continuò Seth come se lui non avesse emesso fiato, «il tuo illustre fidanzato si è reso conto dell’immane cazzata fatta e corre ai ripari… o se non altro ci prova, chiamando subito me. Avevo la febbre altissima e Rain era già per la strada per arrivare da me quando, appunto, squilla il telefono. Esordì con un Seiji, ti ho infilato la testa in una ghigliottina senza sicura!»

Kaede si appoggiò a lui singhiozzando da come rideva.

«Mi spiega tutta la cosa… vuoi un po’ d’acqua Rain?» chiese premuroso.

Rain scosse la testa ridendo senza quasi riuscire a respirare. «E’ stato… quel giorno… che… tua madre…?» cominciò con un filo di voce la ragazza.

«Sì, intuisco che hai capito benissimo di che giorno si tratta. Considerato che ero in un imbarazzo che per fortuna non mi è più toccato in questa vita, ho preferito evitarlo del tutto a te.»

La puntellò saldamente contro di sé cingendole la vita e riuscendo in qualche modo ad aggirare l’angolo del tavolo.

«Inutile dire che io mi rifiutai di credere a quello che stavo sentendo» riprese raccontando a Kaede, «dovette giurarmi di aver davvero fatto una cazzata di tali proporzioni. Fatto sta, che alla fine mi convinse. Stavo valutando varie ipotesi per intercettare in qualche modo Rain… calcola che ancora non esistevano i cellulari, quando suona il campanello e va ad aprire mio padre. Sento che dice Rain, ben arrivata! So che Seiji ti aspetta, la strada ormai la conosci vero? Quindi, era troppo tardi. Rain bussa alla porta ed entra. A quel punto, ero in trappola. O la buttavo fuori di lì con una scusa qualsiasi, ma avrei avuto due donne pronte ad uccidermi, o le dicevo tutto prima dell’arrivo di mia madre… che arrivò dandomi appena il tempo di chiedere a Rain di avvicinarsi e sedersi sul letto perché le dovevo dire una cosa e avevo poca voce. Quella donna bussò e fece irruzione nella stanza…»

«… con lui sdraiato a letto e io a sedere accanto a lui puntellata con un braccio al lato del suo corpo, piegata su di lui…» disse Rain fra una risata e l’altra come ricordandosi la scena.

«… e con la mano che dalla fronte era arrivata sulla guancia per sentire se avevo la febbre. Dovevamo essere un bel quadretto. Mia madre si blocca sulla soglia, incredula. Io già recitavo le mie ultime preghiere, Rain ignara di tutto la saluta come al solito… e mia madre se ne esce con un Rain, perdona la domanda, ma quanti anni hai esattamente?»

Ormai lui e Kaede si stavano sostenendo a vicenda, se uno dei due avesse ceduto, sarebbero finiti in terra entrambi.

«E Rain, Diciassette signora, mia madre osserva la scenetta per qualche secondo ancora e… Fatemi la cortesia di stare attenti voi due, ok? Chiude la porta e se ne va.»

Rain si voltò verso Seth passandogli un braccio intorno al collo, «Ho pensato che stesse parlando di fare attenzione che non mi attaccassi la febbre!!» esclamò in un nuovo slancio di risata «Tant’è che prima che sparisse oltre la porta le risposi tranquilla, Sì sì signora, non si preoccupi…!!»

«… abbiamo preso delle precauzioni a riguardo!!» concluse allegro Seth «Me lo ricorderò per tutta la vita…» aggiunse scuotendo la testa rassegnato.

«Non mi hai mai detto questo!!» esplose allibito mentre Kaede ormai era allo stadio delle convulsioni per come rideva.

«Io dovrei ammazzarti adesso!! Che razza di figura!!» gemette Rain mentre Seth lo gratificava di un’occhiata che valeva mille accidenti.

Kaede tornò sulla sua sedia per abbracciarsi lo stomaco, assicurandosi però di puntellarlo fino a quando non ritrovò un suo equilibrio senza di lei.

«Che accidenti dovevo fare??» cercò di difendersi Seth, che aveva risposto all’abbraccio «Dirti che la parola precauzioni per mia madre non implicava un’aspirina come intendevi tu? Da lì a pochi mesi sono partito per Tokyo…» aggiunse un po’ meno di slancio.

«Che… ne… avete combinate… di incredibili lo sapevo…» ansimò Kaede senza fiato «ma questa… le batte… tutte…»

«Non è vero, ma lasciamo perdere…» fu il criptico commento di Seth. «Come siamo arrivati a parlare di questo?»

«La possibile gelosia di Kaede verso la tastierista misteriosa…» gli rammentò Rain. «Ho appena scoperto di aver fatto la peggiore figura della mia vita a diciassette anni… e con tua madre, per giunta.»

Si staccò da lui e tornò in equilibrio sulla sua sedia.

Seth sembrò imbronciarsi, poi tornò a guardare lui. «Mi vuoi dire chi è?»

Aprì bocca per rispondere Certo, te lo dice Rain

«Rain la conosce?»

Prese di nuovo fiato per chiudere la faccenda una volta per tutte…

«La conosce» dedusse Seth rassegnato.

Rain si stava tamponando gli occhi con le dita. «Manabu…» cominciò.

Si arrese, la cosa non poteva essere affrontata a tavola appena reduci da una tempesta di ridarella collettiva.

«Che ne dite di un buon vino?» propose alzandosi.

«Cielo, il mio fidanzato che si alza da tavola prima di me…» commentò Kaede, «la situazione è tragica…»

Sentì la risatina di Seth. «E’ questione di tempo, sta cedendo…»

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Seth

Come se non fosse stato sufficiente ricordarsi uno dei momenti più difficili della sua vita, Rain gli passò un braccio intorno al collo. Il suo profumo lo travolse come un treno in corsa. «Ho pensato che stesse parlando di fare attenzione che non mi attaccassi la febbre!! Tant’è che prima che sparisse oltre la porta le risposi tranquilla, Sì sì signora, non si preoccupi…!!»

«… abbiamo preso delle precauzioni a riguardo!!» terminò lui salottiero, anche se all’epoca era almeno sdraiato e l’infarto lo aveva graziato «Me lo ricorderò per tutta la vita…» ammise scuotendo la testa.

«Non mi hai mai detto questo!!» esplose allibito Mana mentre Kaede scansò per un pelo una testata contro il tavolo singhiozzando dal ridere.

Incenerì Mana con un’occhiata.

E certo, doveva dirgli che sua madre, lui e Rain si erano trovati in un ginepraio di doppi sensi mentre lui era bloccato a letto febbricitante… già che c’era perché non ringraziarlo anche? O fargli un regalo?

Aveva scoperto quel giorno che sua madre poteva accennare al sesso senza stramazzare a terra dall’imbarazzo‼! Sarà che l’imbarazzo della situazione se l’era preso tutto lui.

«Io dovrei ammazzarti adesso!! Che razza di figura!!» gemette Rain.

«Che accidenti dovevo fare??» cercò di difendersi «Dirti che la parola precauzioni per mia madre non implicava un’aspirina come intendevi tu? Da lì a pochi mesi sono partito per Tokyo…»

Adesso però è più facile parlarne.

«Che… ne… avete combinate… di incredibili lo sapevo…» articolò in qualche modo Kaede «ma questa… le batte… tutte…»

«Non è vero, ma lasciamo perdere…» gli scappò di bocca prima di pensarla.

Oh cazzo.

«Come siamo arrivati a parlare di questo?» s’informò.

«La possibile gelosia di Kaede verso la tastierista misteriosa…» gli rammentò Rain. «Ho appena scoperto di aver fatto la peggiore figura della mia vita a diciassette anni… e con tua madre, per giunta.»

Si perse un attimo a guardarla e Rain tornò eretta sulla propria sedia… ma doveva proprio allontanarsi?

«Mi vuoi dire chi è?» chiese rivolgendosi a Mana ricordandosi giusto in quel momento che tutto sommato poteva ancora interessargli saperlo.

Lo vide prendere chiaramente la rincorsa per rimbalzarlo.

«Rain la conosce?» insistette.

Prese nuovo slancio per rimbalzarlo meglio.

«La conosce» dedusse da solo.

«Manabu…» cominciò Rain che si stava tamponandosi gli occhi con le dita… dovette imporsi di stare fermo, di non tendere le mani verso di lei per sistemarle il trucco.

A quel punto era chiaro che non fosse un sogno e che era reale… quindi non c’erano scuse per toccarla.

Mana balzò in piedi come se fosse stato morso al culo da un serpente. E non era escluso che gli avrebbe aizzato contro il suo bimbo in ricordo dei bei tempi «Che ne dite di un buon vino?»

«Cielo, il mio fidanzato che si alza da tavola prima di me…» commentò Kaede, «la situazione è grave…»

Non riuscì a trattenere una risatina. «E’ questione di tempo, sta cedendo…»

«Questa è una fuga» disse Rain divertita.

Mana sparì oltre la soglia.

«Ritirata strategica» la corresse il padrone di casa alzando la voce per farsi sentire.

«E comunque non preoccuparti, perché mia madre ti adora» riprese rivolgendosi a Rain.

«Come sta quell’angelo?» chiese.

Quando parlava di persone alle quali teneva, la sua voce cambiava.

Era sempre stato qualcosa che lo aveva messo in difficoltà.

Come quando se l’era vista materializzarsi in camera sua dopo aver saputo che si era sentito male e aveva la febbre alta, pronta a proteggerlo dal resto del mondo… anche se con la sua solita ironia.

L’espressione di sua madre, quel giorno, non se l’era ancora scordata.

«Come stai Seiji?» gli aveva chiesto sedendosi accanto a lui e passandogli una mano fra i capelli.

«Non un gran bene» aveva ammesso istintivamente, «ma…» aveva subito aggiunto per correre ai ripari.

La tosse cavernosa che lo perseguitava da settimane lo aveva sotterrato insieme alle rassicurazioni che si era accuratamente preparato.

Ormai la posizione fetale era la sua preferita.

«Il dottore ti ha visitato?»

«Sì, è bronchite» aveva risposto sua madre dalla soglia.

«Me lo immaginavo. Quando ti ho detto la prima volta che quella tosse non mi piaceva era troppo facile darmi retta, vero testone? La voce ti è calata una settimana fa.»

«Sei venuta qui per cazziarmi?»

«Quando sei talmente stordito da non poterti difendere? Che gusto ci sarebbe?» Si era alzata in piedi e si era rivolta a sua madre, «Il dottore gli ha prescritto delle medicine?»

Sua madre aveva abbassato lo sguardo e aveva annuito.

I suoi genitori stavano giusto parlando di come fare a comprarle.

Rain aveva teso una mano verso sua madre, «Mi dia le ricette, vado a comprarle io.»

Erano saltati in due: lui per poco fuori dal letto e sua madre fino quasi a battere la testa contro l’intelaiatura della porta. E sua madre era alta quanto lui.

«Ma…» aveva pigolato quella povera donna, ignara del monumento alla testardaggine che si trovava davanti.

«E’ una cosa fra me e Seiji, signora. Mi dia quelle ricette per favore. Anche mio padre ha avuto la bronchite e non c’è più tempo da perdere.»

Sua madre aveva ceduto con le lacrime agli occhi mentre lui aveva perso del tutto la parola.

Anche l’espressione di suo padre, apparso accanto alla moglie, era impressa a fuoco nella sua mente.

Da uomo intelligente qual era, la figura di Rain aveva immediatamente guadagnato una luce diversa.

Rain era schizzata fuori dalla stanza alla velocità della luce. «Torno subito!»

I suoi non gli avevano fatto domande.

E Rain non aveva mai accettato i soldi indietro.

Alla fine sua madre le aveva fatto in regalo un completo in uncinetto creato da lei: cappellino, sciarpa e guanti.

Era uno dei lavoretti extra che sua madre aveva trovato per raccogliere qualche Yen in più.

Aveva visto piangere per la prima volta quella creatura, quando aveva ricevuto quel sacchetto. Lo slancio nell’abbracciare sua madre per ringraziarla lo aveva abbagliato.

Aveva finalmente cominciato a capire.

E, con il senno di poi, a cedere.

Sfortunatamente, aveva già giurato a se stesso che avrebbe coronato il sogno di diventare cantante a qualsiasi costo.

Era stata una delle cose più difficili della sua vita, andarsene da Hiroshima lasciandoci lei.

Rimase a fissarla per qualche secondo.

Perché lo ammetto solo ora?

Ripensandoci, sua madre e suo padre non gli avevano fatto domande neanche in quell’occasione.

«Sta bene…» si riprese rispondendo alla domanda di Rain «non la sento da tre giorni ora che ci penso. I tuoi?»

Rain scosse le spalle, «Mio padre sta bene, la sua seconda moglie idem… e anche il mio fratellastro se la passa bene.»

«Ah…» gli scappò di bocca prima di pensarla.

Doveva aver saputo della morte di suo padre. Sicuramente da Mana. Quindi evitava domande.

Rain annuì, «Ha quattordici anni. Una peste. Alla fine mio padre ha avuto il tanto agognato erede maschio e lo sta tirando su a sua immagine e somiglianza.»

Auguri.

«Tua madre?»

«E’ da qualche parte in Europa con il suo secondo marito.»

«Altri figli anche lei?»

«Oh no, ci sono errori che si fanno una volta sola. Mia madre non è adatta a fare la mamma, Seiji… non lo era trent’anni fa…»

«Sei stata sei anni a Parigi, Rain?» chiese Mana comparendo con una bottiglia stappata «Quindi parli bene il francese…»

«Non starai per cominciare con la tua solita ossessione, vero?» chiese retorico… ma in fondo grato.

Quella donna era il nervo scoperto di Rain, come aveva fatto a dimenticarlo?

«Aveva il massimo dei voti in francese…» ricordò divertita Rain.

«E lui come andava a scuola?» chiese Kaede indicandolo con la testa.

«Era un autentico secchione» rispose Rain prima che potesse anche solo pensare di fermarla.

«Donna, ho una reputazione di cantante dark-gothic da difendere…» fece presente.

«Resti un autentico secchione» lo informò lei con il classico tono ti sembra un problema mio, questo?

In quel momento decise che, in quella vita, mai e poi mai Rain sarebbe entrata in contatto con K, Sugiya e Hayato. Mai.

«Non te l’ho mai detto?» chiese Mana perplesso.

Kaede fece di no con la testa e due occhioni immensi. «Davvero?» gli chiese sbalordita.

Sbuffò, «Mi bastava ascoltare le lezioni. Non dovevo stare chino sui libri» rispose nel tentativo di salvare il salvabile.

Sentì la risatina di Rain. «Ha avuto qualche problema con gli Dei egizi, eh…»

Cercò di incenerirla con un’occhiata… ci provò con tutto l’impegno possibile… ma cominciò a ridere appena incontrò il suo sguardo.

Ho sentito la sua mancanza, in questi anni.

Fu una scoperta sconvolgente.

«Ehi Seiji…? Ti sei incantato?»

Una mano di Rain sventolò ad un centimetro dal suo naso.

Si riscosse.

Mana scoppiò a ridere, «Oh Dei… vi ricordate quando per poco ha rotto il naso a me con uno scherzetto del genere??»

Automaticamente ricominciarono a ridere.

«Tu eri in una delle tue fasi catatoniche!» ribatté Rain «Seiji si era davvero imbambolato!» Si rivolse a Kaede che era piegata sul tavolo, «Il tuo fidanzato si fissa a guardare le persone! Quando ho avvicinato la mano al suo viso e ho iniziato ad agitarla, lui si è mosso andando a sbattere contro il mio palmo!»

«L’avevo rimossa!!» ammise con un filo di voce.

«Di questo passo avrei potuto evitare di cucinare!» commentò Kaede.

«Ok, mangiamo per dieci minuti senza parlare» propose Mana.

Cominciarono.

O per meglio dire, ci provarono.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Rain

La prima a ridacchiare fu proprio Kaede. «Ma davvero eri un secchione?» chiese a Seiji.

Scoppiarono a ridere tutti e quattro.

«Sì» si arrese Seiji. «Era essenziale che fossi il più bravo a scuola: così i miei non pagavano la retta.»

La famiglia Matsudo aveva poche risorse. Vivevano dignitosamente, ma non potevano permettersi extras di alcun tipo.

Anche e soprattutto per quello Seiji, dopo aver rotto il ghiaccio alla festa per sua madre, aveva cominciato a cantare alle feste di compleanno, anche dei suoi stessi compagni. Tutto quello che guadagnava, lo passava alla madre.

Suo padre aveva la pessima abitudine di informarsi circa le persone che lei frequentava, quindi aveva saputo immediatamente vita, morte e miracoli di quei due.

Era rimasta scioccata quando lo aveva sentito cantare per caso la prima volta, visto che il professore lo aveva ricattato… ma era niente al confronto di quello che aveva provato sentendolo di recente in sala prove. La sua voce era sviluppata incredibilmente, conquistando un’estensione pazzesca.

Kaede stava annuendo. «Sì, ricordo che Mana me ne aveva parlato.»

«La prima volta che ci siamo trovati su un palco insieme» disse lentamente Mana, «è stato al compleanno di tua madre, Rain. Ricordi?»

«Un ingaggio d’oro» disse Seiji con un sorriso. «Ho dovuto imparare delle canzoni allucinanti…» aggiunse.

Con un’occhiata a lei.

Ok, era guerra, tanto per cambiare.

Aprì bocca per sotterrarlo, ma…

«E’ stato quel giorno che mi sono innamorato della tua voce» riprese Mana.

Seiji spostò lo sguardo di scatto sull’amico, l’espressione sbalordita. «Eh?»

Mana stava annuendo «Vuoi registrarmi così la pianti di rompere?»

«Se anche ti registrassi poi non potrei usare la registrazione» gli fece notare Seiji paziente. «Ti ricordo che le persone che hanno ascoltato il suono della tua voce si elencano in meno di dieci secondi.»

Mana sorrise soddisfatto.

«Perché non sorridi mai nelle foto?» le uscì di bocca prima di pensarla.

«Perché ho creato un personaggio» rispose senza esitazioni. «Un personaggio cupo, tetro a volte, tormentato, perfettamente silenzioso e… il sorriso non fa parte della maschera.»

Seiji stava fissando l’amico a bocca aperta.

«Si è creata una sorta di leggenda e a me va bene così. Mi permette di nascondermi restando sotto la luce dei riflettori. Posso fare quello che voglio e avere la mia vita accanto a Kaede, proteggendola dalla ribalta.»

Si trovò ad annuire. «Me lo immaginavo, ma volevo sentirtelo dire. Fra queste mura e quando nessun altro ci sente, tu sei e resterai Manabu, lo sia, vero?»

«Non ci provo neanche, a farti cambiare idea.»

«L’esperienza insegna…» fu il commento di Seiji.

Mana e Kaede scoppiarono a ridere. Lei provò a guardarlo male.

Provò, e anche con scarso successo, visto che fu sufficiente la risatina di Seiji per farla sorridere a sua volta.

♠ † ♠ † ÷ † ♠ † ♠

Kaede

Sarebbe andata a letto con un sonoro mal di stomaco.

D’altra parte Manabu l’aveva avvisata: quei due mantenevano in allenamento gli addominali di quelli che gli stavano intorno.

Seiji preso singolarmente era da colica, non potevi restare seria se lui non decideva di avere pietà… tant’è che aveva il divieto assoluto di fare battute quando Manabu doveva mantenere la maschera di assoluta impassibilità che lo contraddistingueva, proprio perché il suo fidanzato era cosciente di non poter restare serio.

Rain, oltre a confermarsi matrice fisica del prototipo di quell’uomo, si era affermata anche come affinità intellettuale.

Si conoscevano bene, era evidente.

Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma il suo fidanzato sembrava davvero infallibile. Certo, in quel caso aveva dalla sua il fatto che li conosceva già e, dietro sua diretta ammissione, aveva registrato molto prima degli interessati il reciproco coinvolgimento, però… beh, era comunque un azzardo far ritrovare due persone, specie se di sesso opposto, dopo quindici anni.

Ebbe la conferma universale della sua teoria quando Manabu se ne uscì di punto in bianco con un sonoro sbadiglio.

Lei lo guardò basita, Rain sorrise vedendolo, «Stanco?» chiese.

C’era una dolcezza nel suo modo di rivolgersi a Manabu e Seiji, anche se nel secondo caso era accuratamente diluita con l’ironia, che era impossibile non capire che teneva a loro.

«Abbastanza» ammise il suo fidanzato.

«Quindi posso sperare che non farai ostruzionismo se tolgo il disturbo.»

«Tanto la strada per questa casa la conosci, adesso. A proposito, vi siete scambiate il numero di cellulare, voi due?»

«Certo, vi abbiamo aspettato per quasi un’ora» lo informò.

«Bene.» Le rivolse un’occhiata, «Per il fatto del numero, non perché ci avete aspettato» puntualizzò poi. «Al supermercato c’era un casino pazzesco.»

Ridacchiò, seguita da Rain.

Seiji era in piedi anche prima di lei.

La vide cercare con lo sguardo qualcosa, «La tua borsa è nell’ingresso.»

«Giusto.»

«Strano che nessuno ti abbia cercata fino ad ora» disse Seiji… con una nonchalance che non avrebbe convinto nessuno.

Sta cercando di capire se c’è qualcuno nella sua vita.

«Meno di quanto pensi: l’ho spento.»

Manabu si piegò sulla sedia per nascondere il riso.

Rettificava: non avrebbe convinto nessuno, tranne qualcuno che proprio non considerava un possibile secondo fine.

Si spostarono tutti nell’ingresso.

Rain arrivò alla propria borsa e prelevò il cellulare.

Appena lo accese cominciò a squillare.

L’espressione di Seiji si rannuvolò sensibilmente.

Dei del cielo, vi prego: ditemi che il mio fidanzato si è assicurato in qualche modo che non ci sia nessun altro nella vita di questa donna.

«Che fai?» chiese il suo fidanzato quando la vide digitare un numero.

«Chiamo un taxi. Ho la macchina dal meccanico e…»

In un nanosecondo il cellulare si volatilizzò dalle mani della donna. Sembrò smaterializzarsi per quanto la mossa fu fulminea.

«Ti accompagno a casa io» disse Seiji… con in mano il cellulare di Rain, già chiuso.

«Ma…»

«Niente ostruzionismo.»

«Non ti ricordavo così gentiluomo.»

«Hai sempre avuto una pessima memoria.»

«Non è vero.»

«Io sono nato gentiluomo, sei tu che non te lo ricordi.»

«Evidentemente non ero io il paio di tette con cui lo eri di solito.»

Si trovò a ridere piegata in due.

«Come ho potuto scordare la tua fulminante simpatia?» chiese divertito Seiji.

«Hai sempre avuto una pessima memoria» fu la risposta che la portò a doversi appoggiare al mobiletto per restare in piedi.

Stavolta anche Seiji scoppiò a ridere, e in un attimo ridevano tutti e quattro.

Le dispiaceva che la serata fosse già finita, era stata benissimo.

Tornò eretta mentre Seiji indossava il cappotto, con una stranissima espressione stampata in faccia della quale non capì la motivazione, e Manabu aiutava Rain a fare altrettanto. «Promettimi che ci sentiremo presto» le disse di slancio. «Sono stata benissimo stasera. Rimpiango di non averti conosciuta prima.»

Il suo fidanzato le rivolse un’occhiata che da sola valeva un discorso d’amore, Rain l’abbracciò. «Contaci. Grazie per la bella serata, Kaede. Anche se forse non ti è sembrato, ti ho fatto onore a tavola: era tutto buonissimo.»

«Confermo» disse Seiji mentre lei rispondeva all’abbraccio.

«E sappi che ho sempre fatto il tifo per te, sin da quando Manabu ti ha nominata la prima volta!»

Si staccò da Rain mentre il suo fidanzato confermava quanto detto dalla donna, «Il giorno dopo il nostro primo appuntamento le raccontai come era andata, il suo commento conclusivo fu ok, fuori uno

«Era evidente già da allora che eri andato» commentò Rain. «Direi che il tempo mi ha dato ampiamente ragione.»

«Direi anche io» convenne Mana.

Seiji aggirò Rain e scambiò un abbraccio anche con lui. «Grazie anche a te, secchione» non riuscì a trattenersi.

«Eccoci…» cantilenò il solista, «Mana, di lei te ne occupi tu, ok?»

«Sarà fatto» rispose Manabu divertito con Rain fra le braccia.

Risero di nuovo.

Quando chiuse la porta, dopo che Rain e Seiji sparirono dentro l’ascensore, sentì una leggera ansia. «Manabu, sei sicuro?» mormorò.

«Eppure li hai visti» fu l’immediata risposta.

«Ma Rain ha qualcuno?»

«Ma ti pare che non mi sono informato prima?»

Sorrise e si voltò verso di lui, «Scusami… ma sono stata così bene stasera che tremo al pensiero che qualcosa vada storto adesso.»

«Andrà tutto bene.»

«Per fortuna Seiji non sembra stanco…»

«Ma neanche io lo sono…» fu il sigillo al fatto che si fosse messa con un genio.

La gratificò di un sorriso, mentre lei lo seguì con lo sguardo e la bocca aperta mentre tornava in sala.

 

 

 

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NOTE:

 

Conservatoire national supérieur de musique et de danse de Paris = CNSMDP, per gli amici… no scherzo, dai. Ma la sigla è quella.

In italiano Conservatorio nazionale superiore della musica e della danza di Parigi, noto più semplicemente come Conservatoire de Paris, è uno storico conservatorio parigino. Trova le sue origini nel Conservatoire de musique fondato il 3 agosto 1795 dalla Convenzione Nazionale. È stato ed è tutt'oggi un punto cardine della musica classica francese ed europea.

Nessuno può dire che non scelgo sempre il meglio *si lucida le unghie*

 

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