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Autore: __Fire__    03/08/2014    2 recensioni
Non dovevo alzare gli occhi da terra, non dovevo guardare i miei padroni negli occhi.
L'avevo imparato a suon di bastonate e frustate che avevano lasciato sulla mia pelle di porcellana cicatrici traslucide. A volte pensavo che fossero sadici e godessero nel vedermi tirare le catene fino a scorticarmi i polsi, presa dalla follia di una fuga impossibile, mossa da un istinto primitivo e primordiale di sopravvivere.
Non dovevo alzare gli occhi da terra, non dovevo guardare i miei padroni negli occhi.
Eppure oggi...oggi sentivo la curiosità accendermi, sentivo gli occhi alzarsi lentamente alla ricerca di lui, di colui che mi teneva rinchiusa, di colui che mi trattava come se fossi sterco, di colui che mi maltrattava e mi picchiava,
Non dovevo alzare gli occhi da terra, non dovevo guardare il mio padrone negli occhi.
Eppure oggi...oggi volevo vedere nei suoi occhi la stessa, identica, sofferenza che vedevo nei miei
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era un gran trambusto quella sera. I servitori correvano avanti e indietro dalla porta, impedendomi un sonno rilassato. Ed era quello che mi ci voleva assolutamente. Il corpo era indolenzito e dolorante, la testa sembrava scoppiare da un momento all'altro. Riposare...dovevo solo riposare e mi sarei ripresa del tutto.
« Talia! Talia! Su forza svegliati! »
una voce quasi lontana, una voce dolce e preoccupata allo stesso tempo e poi un tocco morbido e dolce sulla spalla nuda. Mi sentii scuotere e strinsi i denti per il dolore ai seni e ai muscoli che stava toccando la giovane ragazza.
Lentamente aprii un occhio, trovandomi davanti due occhi dai colori diversi
« Iride, perchè mi hai svegliato? Non è ancora ora e ho assolutamente bisogno di riposo, lasciami dormire ancora un pò »
mormorai, girandomi dall'altra parte della branda. Ero talmente stanca e sfinita che stavo rischiando di addormentarmi per la seconda volta in meno di dieci secondi, ma la mano di Iride di fece ancora più insistente nello scuotermi, provocando fitte dolore che si propagarono per tutto il corpo.
Decisi di alzarmi. Dopotutto Iride non avrebbe insistito se non c'era una buona ragione e dalla sua voce, sembrava seriamente preoccupata. Non capivo cosa poteva essere successo. Mi era stato concesso di andare a dormire solamente poche ora fa e, fino a quell'ora, era tutto tranquillo. Che Tereo ci avesse attaccati? No, impossibile, in quel caso ci sarebbe stato un coro di trombe e corni da guerra e tamburi, mentre dentro al castello era tutto silenzioso, più o meno.
Lentamente, cominciai ad alzarmi dal letto, stringendo i denti per non far vedere a Iride quanto dolore provavo, ma nonostante i miei sforzi lei aveva capito tutto. Vidi le sue mani delicate stringersi a pugno in un impeto di rabbia e i suoi occhi, a tratti inquietanti quanto potevano essere affascinanti, sembravano saettare. Accennai un sorriso e andai alla ricerca della mia tunica, dando una sbirciata allo specchio di tanto in tanto. Il mio corpo era snello e muscoloso con pochi accenni di forme femminili, per nulla aggraziato o delicato, neanche lontanamente perfetto come quello di Iride. Ma non solo non era bello da vedere, era anche pieno di lividi, grandi e piccoli che sembravano a formare una costellazione, seguiti poi da cicatrici traslucide, segno della mia testardaggine.
« Dovresti cominciare a mentire meglio e a nascondere tutta quella rabbia...se non vuoi farti ammazzare »
dissi a Iride, infilandomi velocemente la tunica bianca. Non mi piaceva il mio corpo e lo sguardo impietosito delle persone che lo vedevano mi piaceva ancora meno. Sistemai la tunica bianca, lisciandola per bene, per poi appuntarla sulla spalla con un sole di rame, regalo fattomi da un mercante proveniente da una terra molto lontana.
« Non dovrebbero trattarti in quel modo, fanno così con te solo per il tuo passato e...la tua scelta »
mormorò con rabbia e senso di colpa allo stesso momento e io sapevo perchè. Iride era una ragazza bellissima, unica perchè aveva due occhi diversi; uno come il blu del mare e l'altro nero come la pece, e per questo molti uomini la desideravano e lei non aveva mai rifiutato. Per questo la sua tonaca bianca e di seta, era stretta alla vita da una cintura d'oro fino e il fermaglio che la appuntava era un fiore dalle tante pietre colorate e immensamente preziose; tutti regali dei suoi innumerevoli amanti, molti dei quali erano Master, gli stesso che picchiavano me, visto che non mi concedevo a loro.
Sorrisi e andai vicino ad Iride, sistemandole alcune ciocche di capelli dorati dietro le orecchie.
« Tutti noi facciamo delle scelte e sappiamo quali saranno le conseguenze di queste scelte. Io ho fatto la mia e da quel momento ho abbracciato tutte le conseguenze possibili, ma la rifarei ancora e ancora e ancora. Perciò non preoccuparti per me, sarò forte. Ora dimmi perchè mi hai svegliata »
dissi con gentilezza, allontanandomi per spazzolare i miei lunghi capelli color del cioccolato. Erano la mia vanità, la mia cosa più cara. Erano così lisci e setosi, più belli di quelle delle altre ancelle e, alla luce del sole e delle torce, emanavano particolari riflessi ramati che li rendeva quasi unici. Erano la cosa più cara che avevo. Cominciai ad intrecciarli quando notai che lo sguardo di Iride era cambiato. Lentamente il suo sorriso era morto e i suoi occhi si erano abbassati fino a trovare il pavimento. Il suo respiro cominciò a diventare irregolare e potei notare una minuscola goccia d'acqua andare a formare una pozza a terra: una lacrima.
« Callisto... »
sussurrò lei, singhiozzando. Le mie mani subito si fermarono. Lasciai a metà l'intreccio perchè già sapevo cosa stava per dire. Io e Iride facciamo parte delle ancelle della regina e ci si riconosce dalla tunica bianca e Callisto era la nostra regina. Non era più tanto giovane, doveva avere forse più di trentacinque anni ed era andata in sposa al nostro Re quando lui era troppo giovane per apprezzare una donna dolce e gentile come lei. Callisto con noi era come un'amica, ci raccontava storie di terre lontane e le piaceva scherzare e acconciarci i capelli, parlare di cose da donne e ci rassicurava ogni volta che ne avevamo bisogno. Aveva degli atteggiamenti quasi materni con noi, forse li sfogava sulle sue ancelle visto che non era riuscita ad avere un figlio
« è morta.. »
aggiunse tutto d'un tratto Iride, non riuscendo più a contenere neanche le lacrime e si gettò su di me, abbracciandomi forte e bagnandomi la spalla nuda con le sue lacrime. Dovevo piangere forse. Avrei dovuto disperarmi visto che adesso non avevo più nessuna sorta di protezione. Era lei che aveva impedito ai Master, più di una volta, di fustigarmi senza motivo, ma spesso trovava il marito contro, il Re, che per vedere i suoi leccapiedi felici lasciava che mi fustigassero senza ragione e con una brutalità inaudita.
« Il bambino? Il bambino è sopravvissuto? »
chiesi, la voce senza colore, atona, piatta. Ancora ricordavo quel giorno. Callisto era entrata sorridendo, gli occhi lucidi di gioia e una mano sul grembo a proteggere quella vita che per tanto tempo aveva sperato di portare dentro di se. Era una donna adulta e tutti pensavano che mai sarebbe riuscita a dare un figlio al Re, ma lei aveva dimostrato che si sbagliavano.
Iride lentamente si spostò e scosse la testa, venendo percossa ulteriormente da tremori e da singhiozzi. Neanche lui era riuscito a sopravvivere. Era incredibile come lei aveva lottato così duramente per dare la vita a quel figlio, donando persino la sua, ma non era stato abbastanza e adesso si sarebbero rincontrati in un luogo a noi sconosciuto.
« Dobbiamo...dobbiamo andare a darle l'ultimo omaggio »
disse Iride prima di girarsi e soffiarsi il naso su un fazzolettino bianco che poi inserì in una tasca della tonaca. Annuii e lasciai la stanza, ancora frastornata.
La stanza della regina e del re non era lontana dalla nostra, questo perchè se la regina avesse avuto bisogno di noi, noi sue ancelle avremmo dovuto esserle subito accanto. Eppure questa volta, la più importante di tutte, noi non c'eravamo. Io non c'ero, ero rimasta a dormire nel mio letto. Non le avevo stretto la mano nel momento del bisogno, ne le avevo sussurrato quelle frasi che lei tanto avrebbe voluto sentire. Mi sarei ricordata della morbidezza dei suoi capelli, neri con qualche striatura grigia come segno della vecchiaia e la gentilezza del suo sorriso o la vivacità dei suoi occhi nocciola, caldi come il suo animo.
Entrammo dentro la stanza e quasi stentai a riconoscerla. Solitamente era illuminata con la luce del sole e dai colori caldi della tappezzeria, mentre adesso era buia come una cella per prigionieri e poi un'altra cosa mancava. Callisto amava il profumo di viola e quella stanza odorava di viola perchè molte erano quelle che lei coglieva nei giardini e poi ammassava in quella stanza, ma adesso non c'era profumo di rosa, ma un odore più stantio, pungente e acro: morte.
Dietro di me sentii un singhiozzo forte, Genziana stava crollando e con lei tutte le altre cinque ancelle. Perchè io non piangevo? Perchè continuavo a fissare quel corpo così magro sentendo una strana rabbia montarmi dentro?
Tutti erano venuti a renderle omaggio. Alla sinistra del suo capezzale c'erano tutti i Master, disposti a semicerchio. Per quell'occasione avevano sfoderato i loro farsetti neri migliori e avevano avuto anche il tempo di ingioiellarsi. Per loro era una grande occasione. Il Re era ancora senza eredi, perciò se una sventura lo portava alla morte, uno di loro sarebbe salito al Trono e comunque, con la morte della regina, qualsiasi loro figlia sarebbe potuta salire al trono, portando al padre soldi e potere. Alla destra c'era il Re. Aveva il capo chino, i capelli in disordine che gli ricadevano davanti agli occhi e con le mani stringeva la mano della sua consorte. Sembrava veramente disperato, distrutto, ma era troppo tardi per pentirsi. Il Re era troppo giovane rispetto alla Regina e aveva appetiti e voglie differenti e si era stancato presto della sua fin troppo fragile e gentile consorte, così aveva ricercato rifugio in molte donne di corte e persino nelle damigelle della sua stessa moglie. Callisto doveva aver scoperto qualcosa nell'ultimo periodo perchè aveva cominciato a mangiare poco e a non sopportare la vista di alcune sue ancelle. Lottava per la vita che aveva in grembo e aveva sperato che esse avrebbe potuto riappacificare suo marito con lei, ma non era stata forte abbastanza, non aveva retto. E il suo assassino era la stessa persona che ora piangeva al suo capezzale.
Non dovevo guardare i miei padroni negli occhi, il mio sguardo sarebbe dovuto rimanere incollato al terreno per tutto il tempo eppure quella volta dovevo, anzi no, volevo vedere il suo sguardo. E così alzai gli occhi sul re, alla ricerca dei suoi, quasi disperatamente, finchè non li trovai. Riconobbi quello sguardo, era lo stesso che vedevo ogni mattina allo specchio. Riconobbi quello sguardo furioso, distrutto e triste, perchè lo vedevo ogni mattina allo specchio quando mi guardavo. Sentii le gambe vacillare e la testa farsi leggera. Stavo ancora guardando il Re, ma nel mio campo visivo c'erano macchie di colore che prima non c'erano. Cercai di afferrare qualcosa nella caduta, ma non ci riuscii a presto fui a terra. <



« Dov'è la mia mamma? »
era la voce di una bambina, quasi petulante, fin troppo acuta. Era piccola, forse aveva sei anni, ma era troppo minuta per dirlo con certezza. Era bellissima. La pelle era color porcellana e i lineamenti erano dolci e quasi regali, i capelli erano scuri e dai particolari riflessi ramati e gli occhi erano due fari color smeraldo che sembravano guardare dentro l'anima. Eppure tutta quella bellezza era oscurata. Il visino era sporco di terra e sangue, i capelli pieni di fango e completamente all'aria e gli occhi erano rossi  gonfi di pianto. Potevo vedere soldati che camminavano davanti a lei senza degnarla neanche di uno sguardo. Camminavano portando persone ferite e prigionieri e nessuno dava retta alla bambina, troppo piccola per essere una minaccia.
Era un villaggio, le case fatte di pietra e paglia per il tetto, semplici case di contadini e artigiani, nessuno poteva opporre resistenza di fronte ai soldati che avevano distrutto quell'oasi pacifica. Potevo vedere uno stendardo a terra...Era color avorio e su di esso era disegnata una torre solitaria. Vidi la bambina che cominciava a correre, impaurita dalle voci dei soldati e dalle urla che provenivano dalla casa dietro di lei, dove si erano diretti gli armigeri con i prigionieri. Stava piangendo e correva, correva con le sue gambette corte e piccole, chiamando la mamma. Si fermò per qualche secondo, guardandosi attorno, guardando cadaveri ammassati tutti intorno a lei e poi la vidi scattare, più veloce che poteva. Potevo immaginare il respiro freddo che le bruciava la gola e le lacrime che continuavano a solcare il viso sporco di terra e sangue. Chissà dove si era rifugiata durante l'attacco? Aveva visto anche corpi di infanti giacere a terra e i soldati non l'avrebbero di certo risparmiata se l'avessero vista.
« Mamma! Mamma! Aiutami! »
urlò la bambina andando ad attaccarsi alla gonna di una donna girata di spalla. Vedevo i capelli lunghi e neri, setosi, il corpo femminile e un filo abbondante. Sapevo già chi era prima di vederla in volto. La bambina aveva sporcato con le sue mani e il suo faccino il vestito della donna e non appena un soldato la vide corse verso di lei, strappandola dalla gonna della donna con uno strattone
« Scusi, mia Regina, ci era sfuggita, la ucciderò subito così potrà ripagare il torto che le ha fatto » 
lo disse con cattiveria, senza neanche guardare la bambina in volta, ma lei lo vedeva molto bene. Aveva il pizzetto arancione, come le carote e il naso era stato rotto più volte e adesso era irrimediabilmente storto. La donna si girò ed era Callisto. Più giovane, più in forze, ma con lo stesso sorriso gentile e dolce. Guardò l'armigero con i suoi occhi caldi e poi guardo la bambina che si era rannicchiata e cercava di non far vedere che piangeva, voleva essere coraggiosa.
« Come può una bambina così piccola essere un pericolo o avermi fatto un torto? »
chiese lei guardando il soldato. Il suo sguardo mai era severo.
« Le ha...le ha sporcato il vestito, mia Regina »
rispose lui abbassando improvvisamente lo sguardo. Sapeva di aver fatto una cosa sbagliata.
« Lasciala andare, Orfeo »
sussurrò la regina, avvicinandosi alla piccola, offrendole una mano che però la piccina rifiutò, andando ad abbracciarle la gonna, stringendola così forte che vidi Callisto vacillare un secondo, per poi esplodere in una risata. Il soldato nel frattempo se ne era andato, un poco sbuffando.
« Tu sai dov'è la mia mamma? Mi aveva detto che stavamo giocando a nascondino, di nascondermi bene perchè lei era brava a trovare le persone. Mi sono nascosta bene bene, come la mia mamma mi ha detto, ma non è mai riuscita a trovarmi, così sono uscita e l'ho cercata, ma...ma non l'ho trovata da nessuna parte...tu forse l'hai vista? »
chiese speranzosa la bambina guardando la regina senza timore, pulendosi poi il naso con la manica sporca e rotta della sua maglia leggera
« é alta così, ha i capelli lunghi lunghi e marroni e ha anche gli occhi marroni »
continuò lei guardando la regina e accennando un sorriso timido. Però il sorriso della regina si era spento. Non c'era più traccia di gioia nei suoi occhi e quando prese in braccio la piccola per metterla sul suo cavallo, i suoi occhi cercavano qualcosa, o qualcuno, in quel villaggio che ormai erano solo macerie
«Facciamo così...adesso andiamo al castello e la proveremo a cercare la tua mamma. C'è tanta gente, forse qualcuno l'ha vista -
sussurrò, ma la sua voce non aveva certezza, era triste e potevo riconoscere che stava cercando di trattenersi dal piangere. La bambina invece sembrava felice e accarezzava con la sua minuscola mano, il baio su cui era sopra con la regina
« Come ti chiami piccola? »
chiese lei accarezzando dolcemente i capelli della bambina.
« Talia! Mi chiamo Talia! »
disse sorridendo continuando ad accarezzare il cavallo che, sbuffando, cominciava a salire la collina.
« Talia... »
mormorò la regina, sorridendo appena. La vidi girarsi, solamente con il collo, in modo da non far notare niente alla bambina e il suo sguardo andò sul cadavere che giaceva in mezzo alla strada. Era una donna, il viso coperto dai capelli marroni, le labbra appena dischiuse e un rivolo di sangue che le macchiava la pelle chiarissima. Al cuore aveva conficcata una lancia e subito la riconobbi. Aveva sull'impugnatura il simbolo reale. La lancia del Re...



Mi svegliai urlando. Sentivo le lacrime scendere lungo le guance e andare a impregnare il cuscino già umido. Il cuore batteva all'impazzata e sembrava voler uscire dalla gabbia toracica. Una mano andò a carezzare i miei capelli e, per qualche secondo, immaginai si trattasse di mia madre o di Callisto, ma invece era solo Iride. I suoi occhi arrossati e gonfi, la pelle pallida.
« L'hai...l'hai fatto ancora? »
chiese lei, titubante. Il mio segreto. Il mio dono per alcuni, la mia maledizione per me. Solamente Iride e Callisto sapevano di questa mia particolare abilità. Avevo dovuto rivelarlo a qualcuno perchè lei crisi, quando si manifestano, sono crude e dure e non sempre riesco a controllarle, a volte loro controllano me e questa volta per un breve periodo era successo. Posso gia intravedere la macchia di sangue sul mio petto, sul cuore, dove la punta di un coltello ha tagliato la fragile pelle, solcandola.
« Cosa hai sognato? »
domandò titubante. Iride aveva ancora paura di queste visioni, spesso di morte. Questa non era solo una visione, ma era anche un ricordo. Il ricordo dell'attacco del villaggio dove vivevo quando ero bambina e di come Callisto mi aveva salvato. A malapena mi ricordo mia madre, a malapena ricordo il suo viso, ma potrei riconoscere il suo profumo delicato e muschiato. Avevo visto quel ricordo non con gli occhi di me bambina, ma con diversi occhi. Con quelli di un soldato, con quelli di un prigioniero, con quelli della regina...tutti i loro punti di vista che mi davano una perfetta visione dell'insieme.
« Quando la regina mi ha salvato...e ho visto chi l'ha uccisa... »
mormorai, stringendo con forza e rabbia le lenzuola bianche. Non ero in forza, quella visione mi avrva completamente prosciugata. Sentivo le lacrime agli occhi al ricordo del corpo di madre che giaceva sdraiato in maniera scomposta, uccisa da una lancia proprio nel cuore
« Ucciso chi? »
chiese Iride, sporgendosi un poco in avanti e bagnandomi la fronte con una pezzuola piena d'acqua fresca. Sentii la rabbia scemare e la stanchezza prendere velocemente il sopravvento. Poche volte mi rendevo conto di essere così stanca dopo la fine di una visione
« Mia madre...Il Re ha ucciso mia madre »
 
 
   
 
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