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Autore: Marina Bastiani    03/08/2014    2 recensioni
[Creepypasta]
Ciò che non è realtà è verità.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano sedute in una panchina a ciarlare quando una delle due guardò l’orario segnato dal telefono accorgendosi che era ormai tardi.
Erano due ragazzine delle scuole medie che come di abitudine, dopo una calda e afosa giornata estiva, per quell’ora tornavano a casa.
Parlando del più e del meno, scendendo la scalinata che portava ai palazzi, una di loro si fermò.
Sconvolta, rimase a fissare il vuoto, alzò il braccio e indicò in un punto:
“Guarda” disse alla sua amica tremando.
“Cosa?” rispose questa perplessa guardando nella direzione suggerita.
“Lo vedi? Lo vedi quel bambino?!”
Esso la stava fissando: il collo era pendente da un lato, il viso pieno di ematomi, lo sguardo spento.
“Quale bambino? Non c’è nessuno lì.”le disse confusa l’amica
Si girò nel punto da lei prima indicato e si accorse che ciò che aveva visto non era più lì. Era incredula.
“Dai, sarà stata una tua impressione”-la consolò l’altra ragazza-“Andiamocene in fretta, in effetti questo luogo è inquietante.”continuò.
Le due ragazze cominciarono a correre per la lunga scalinata, che non era mai stata così tanto lunga per loro se non per quel’ultima volta, ripercorrevano ininterrottamente lo stesso luogo, sentivano lo stesso ticchettio, calpestavano le stesse scale, correvano sui loro stessi passi.
A metà di un’interminabile scalinata videro dei ragazzi prendersela con qualcuno.
La ragazzetta riconobbe subito lo sciagurato bambino di prima e levò un gemito di incredulità.
Questo richiamò all’attenzione i due aggressori che si girarono all’unisono mentre un terzo rimaneva immobile in disparte, a capo chino, a guardare la scena. Uno di loro teneva per il collo il bambino ormai in fin di vita.
“Ei che avete da guardare?” disse bruscamente la ragazza del gruppo, avvicinandosi minacciosamente.
“Beh può darsi che anche loro abbiano voglia di giocare un po’ con noi, non è vero?” disse il ragazzo, lasciando la presa del collo del ragazzino che cadde a terra ormai morto.
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata spaventata, indietreggiavano ad ogni loro minaccioso passo, guardarono l’incappucciato che ancora se ne stava a capo basso.
Improvvisamente esso lo alzò.
E sorrise.
Un lungo sorriso inquietante dipinse le sue pallide guancie.
Loro gridarono.
Scattò l’inseguimento: correndo a perdifiato le due si infilarono nel primo posto che trovarono, uno sporco e tetro garage.
“Fermati, non possiamo andare là” disse la ragazzaccia.
L’altro tirò un pugno al vuoto e insieme tornarono indietro al luogo del delitto, oltrepassando il ragazzo incappucciato, che tetramente sorrise.
 
Le due pensavano di essere ormai al sicuro. Si appoggiarono ad un muro per riprendere fiato quando all’improvviso uno strano rumore le allarmò.
“Cos’è stato?”
Un passo. Un respiro affannato.
La corsa non era finita.
Correre nel buio non è una bella esperienza: senso dell’orientamento annullato, equilibrio precario, paura di morire costante, rumori strani che ti avvolgono. La paura più grande che ti avvolge e tu sei dentro che non sai come uscirne.
Fortunatamente trovi una porta prima che il sordo rumore ti raggiunga, la apri: un tetro corridoio dalle pareti bianche è davanti a te.
Decidi di percorrerlo, come decisero le due ragazze.
Arrivi in una grossa stanza, una bianca, luminosa e grossa stanza.
Un  ragazzo è rannicchiato nell’angolo.
Lentamente gira il capo e ti fissa con quei suoi occhi oscuri e profondi.
“Go to sleep” Sono le ultime parole che senti prima delle tue dolorose grida.
   
 
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