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Autore: Ignis_eye    03/08/2014    0 recensioni
Questa raccolta di slice-of-life è un insieme di storie su due licantropi, Elsa e Damiano, cugini protagonisti della storia "Guerra del plenilunio".
In questi racconti sono ancora bambini, e li vedremo alle prese con i problemi del loro piccolo mondo: fatti comuni anche agli umani e altri un po' più... lupeschi.
Combineranno guai e andranno incontro a qualche piccola avventura, diventando i cugini affiatati e complici che tutti conoscono nella storia da cui sono tratti.
Dal primo capitolo:
Passarono ancora qualche minuto a guardare le gocce che si rincorrevano sui vetri bagnati, finché…
«El».
Sapeva che la cugina odiava essere chiamata “El”, perciò sperava di infastidirla e ricominciare a fare la lotta.
«Da!».
Gli rispose lei, stando al gioco esclamando solo le prime due lettere del suo nome.
«Sa!».
«Mi!».
«El-sa sal-sa» la schernì lui.
«Ano!».
Si zittirono tutti e due di colpo. Neanche lo avesse fatto apposta.
«Elsa?».
«Sì?».
«Non mi piace più questo gioco».
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Ufaaaaaaa! Mi sto stufando!».
«Elsa, porta pazienza» disse Damiano incrociando le braccia «Prima o poi smetterà di piovere».
La bambina sbuffò spazientita: erano appena cominciate le vacanze estive della terza elementare, possibile che dovesse per forza piovere?
Il suo faccino dai tratti morbidi  era bloccato in una smorfia di stizza, con la fronte aggrottata e le labbra serrate.
«Bambini, fate i bravi» li ammonì Gioia dalla cucina «Se farete i buoni, dopo potrete avere un po’ della torta che sto facendo».
Alla magica parola “torta” i due cugini saltarono come molle.
«Zia, davvero fai una torta?» domandò Damiano tutto contento «A che gusto?».
«Sì mamma, a che gusto? La fai al cioccolato?».
«E’ una sorpresa…».
«Mamma, dai diccelo!».
«No, lo scoprirete quando sarà pronta» stabilì sbucando con la testa dalla porta della cucina «adesso andate di sopra a giocare, quando è pronta vi chiamo».
«Ok».
«E un’altra cosa: non fiutate l’aria qua attorno per cercare di capire cosa sia, deve essere una sorpresa!» esclamò allegra «quindi andate e divertitevi».
«Va bene, mamma».
Corsero tutti e due al piano di sopra, azzuffandosi per le scale e in corridoio per vincere la gara di velocità.
«Arrivo prima io!».
«Damiano, smettila di spingermi o mi trasformo in lupo e ti mangio».
«Provaci!» la sfidò «tanto non ce la fai a-».
La frase gli restò in bocca quando una lupacchiotta dal pelo marrone con striature più chiare gli saltò sulla schiena, facendolo cadere.
Balzò due metri più avanti e toccò la porta del bagno, il traguardo della gara.
«Visto?» gorgheggiò «Ho vinto io!».
«Ma non vale, ti sei trasformata!».
«E tu mi hai spinto. Siamo pari».
Il cugino sbuffò: non c’era modo di averla vinta, tuttavia…
«Hey, ma che-» si lamentò Elsa «smettila di mordermi l’orecchio!».
Anche Damiano si era trasformato in un lupetto grande quanto un cane, ma stranamente non aveva il pelo nero come i suoi capelli, bensì grigio. Era raro che un licantropo avesse i capelli e il pelo di un colore diverso, ma lui non se ne preoccupava.
«Facciamo la lotta!» esordì scodinzolando «chi vince mangia la prima fetta di torta».
«Va bene, e oltre a mangiare la prima, può averla anche più grossa!».
Elsa era sicura di vincere, perciò alzò la posta.
La sua era una famiglia di licantropi guerrieri, aveva cominciato ad allenarsi già da piccolissima, aveva talento per la battaglia e gli scontri.
Damiano, invece, era più propenso a contrattare a parole, ma da quando viveva con la famiglia di suo zio, aveva capito che con la cugina non erano molte le chance di compromessi vantaggiosi, testarda com’era.
I suoi genitori erano stati uccisi l’anno prima da un branco di lupi mannari, eterni nemici dei licantropi, invidiosi della loro capacità di trasformarsi a piacimento.
Era stata dura per lui, ma in quella casa gli volevano bene ed Elsa, otto anni come lui, lo trattava come un fratello.
«Va bene, ci sto!».
Si acquattarono al pavimento ringhiando e schioccando le mascelle, pronti a saltare addosso all’avversario.
Elsa attaccò per prima, mordendogli il collo, ma Damiano si liberò in fretta e le diede una zampata sulla testa.
La lupacchiotta lo spintonò facendolo ruzzolare, ma lui l’afferrò per la coda con un morso e se la trascinò dietro giù per le scale.
Il caso volle che cadendo, Elsa rimanesse schiacciata sotto il cugino senza riuscire a rialzarsi, perdendo così lo scontro.
«Bambini, smettetela di azzuffarvi! Questo mese è già la seconda volta che rovinate i gradini delle scale» li rimproverò la madre dalla cucina «Andate a giocare senza trasformarvi».
«Uffa» sbuffò Elsa ritornando umana «ho perso solo perché sei pesante, sennò avrei vinto io».
Damiano le rispose con una linguaccia e tirandole scherzosamente una ciocca riccioluta.
«Sarà stata solo fortuna, fatto sta che la fetta più grande la mangio io».
«Dai, andiamo su» tagliò corto Elsa, frettolosa di metterlo a tacere.
Questa seconda volta salirono le scale come la gente normale, andando a giocare in camera di Damiano.
Passarono un’oretta con le macchinine e i soldatini, inventando battaglie e corse fantastiche, ma si stancarono presto.
«Elsa, cosa facciamo?».
«Boh» rispose sospirando.
La bambina guardava la pioggia fuori dalla finestra, domandandosi se sarebbe finita prima di sera: ormai erano le tre del pomeriggio e cominciava a non poterne più di stare in casa.
Le gocce di pioggia sul vetro scendevano fondendosi tra loro fino a diventare più grosse e veloci, arrestando la loro corsa sul bordo inferiore della finestra.
Erano belle da guardare: tutti e due si misero a fare il tifo per una goccia, sperando che la propria arrivasse prima di quella dell’altro, ma ancora una volta la noia prese il sopravvento.
«Io vorrei andar fuori…».
«Anche io, ma la zia ha detto che i bambini umani non vanno fuori con la pioggia e allora non dobbiamo farlo neanche noi».
«Che noia, però. Sarebbe divertente».
«Sì, ma non possiamo attirare sospetti hanno detto gli zii».
Elsa non obiettò oltre: sapeva quanto fosse importante restare nascosti agli occhi degli umani, era necessario per permettere a tutti i licantropi di vivere abbastanza tranquillamente.
Passarono ancora qualche minuto a guardare le gocce che si rincorrevano sui vetri bagnati, finché…
«El».
Sapeva che la cugina odiava essere chiamata “El”, perciò sperava di infastidirla e ricominciare a fare la lotta.
«Da!».
Gli rispose lei, stando al gioco esclamando solo le prime due lettere del suo nome.
«Sa!».
«Mi!».
«El-sa sal-sa» la schernì lui.
«Ano!».
Si zittirono tutti e due di colpo. Neanche lo avesse fatto apposta.
«Elsa?».
«Sì?».
«Non mi piace più questo gioco».
La bambina scoppiò a ridere e lo prese in giro:
«Ahahaha! hai cominciato tu e ti sta bene!».
«Uffa» si lamentò il bambino diventando rosso di vergogna
«Ahahaha!».
Anche se adesso veniva preso in giro, nemmeno seppe trattenersi dalle risate, perché che i bambini siano umani, licantropi, elfi o nani, certi argomenti fanno sempre ridere.
«Adesso però pensiamo a un gioco bello» concluse tenendosi ancora la pancia.
«Mmm… ci sono!» esclamò come colpita da una scossa elettrica «Giochiamo a nascondino!».
«Va bene, ma chi conta?».
Fecero sasso carta e forbice e questa volta la fortuna parteggiò per Elsa, lasciando a Damiano l’ingrato compito di cercare per primo.
«Conta fino a trenta e non sbirciare».
«Sì sì. Adesso comincio».
Indossò un paraorecchie regalatogli dallo zio: era magico e bloccava completamente qualunque rumore.
Essendo solo un bambino, non avrebbe potuto avere oggetti magici, ma il paraorecchie lo aveva aiutato nelle notti agitate, quelle in cui i ricordi dell’omicidio dei genitori si facevano insopportabili, impedendogli di sentire i rami che picchiettavano in modo inquietante contro il vetro o le imposte che scricchiolavano.
Ora non ne aveva più bisogno, e lo usavano entrambi quando si giocava a nascondino: avendo l’udito fine, avrebbero potuto sentire i passi e scoprire subito dove si nascondeva l’altro, ma così le partite duravano di più.
Damiano appoggiò le braccia alla parete nascondendovi dentro il viso e cominciando la conta:
«Uno, due, tre…».
Elsa corse fuori dalla stanza cercando un buon posto per nascondersi. Era davvero brava a nascondino, a scuola vinceva sempre durante la ricreazione: un po’ per via dei suoi sensi sviluppati, un po’ perché gli alti bambini erano poco portati per il gioco.
Anche quando toccava a lei contare, li trovava sempre tutti, non c’era modo di scappare da lei. D'altronde, era una licantropa, una cacciatrice nata.
«Dieci, undici, dodici…».
Colpo di genio: la soffitta!
Aprì la botola con la cordicella e saltò su senza nemmeno abbassare la scala: tanto non le serviva, la sua forza era spaventosa già ad otto anni.
Superò agilmente gi scatoloni impolverati e le ragnatele che ricoprivano ogni angolo, accucciandosi dietro un vecchio mobile tarlato.
«Ventiquattro, venticinque, ventisei…».
Le parole di Damiano le arrivavano attutite attraverso i muri, e l’aria polverosa le dava un po’ fastidio.
«Ventinove, trenta! Arrivo!».
Sentì i passi lungo il corridoio e indugiare sotto di lei.
«Elsa?».
Ok, l’aveva beccata subito,era chiaro.
«Sì?».
«Non mi piace giocare a nascondino in casa, è noioso».
«La cordicella, vero?» domandò come chi sa già cosa ha sbagliato.
«Sì. Si muove ancora, è per questo che ti ho trovata. Adesso però vieni giù».
Scese e si diede dei colpetti sui vestiti e sui capelli riccioluti per togliere la polvere.
«Cosa facciamo? Fuori piove ancora…».
«Boh… ».
Il malumore stava per prendere il sopravvento quando Gioia li chiamò in cucina:
«Ragazzi, la torta è pronta!».
«Sì, finalmente!» urlarono in coro.
«Chissà a che gusto è!».
«Secondo me è alla marmellata!».
Corsero in cucina come due saette, soprattutto Damiano, che non vedeva l’ora di avere la prima fetta, nonché la più grossa.
Una volta in cucina, sentirono un odore nuovo, mai sentito prima. Curiosi come non mai, si sedettero subito a tavola, pronti a sbafare la loro parte.
Gioia portò loro due piattini e dei tovaglioli, facendo tutto con calma per tenerli sulle spine, poi finalmente, posò sulla tavola il dolce.
«Ecco qui una torta nuova, una torta al rabarbaro e cioccolato fondente!».
«Ah. Cos’è il rabar… rabarbaro?» domandò Elsa diffidente.
«E’ un’erba. Fidatevi, è buonissima!» li incoraggiò la madre «Almeno mangerete un dolce diverso dal solito».
I due bambini si guardarono: non era il caso di farci rimanere male Gioia, e magari era buona davvero.
«Beh, Damiano vuole la prima fetta. Vero?» gli domandò con uno strano sorriso «E prima ha detto che ha tantissima fame».
«Bene, allora gli darò una fetta bella grossa».
E così dicendo gli servì una bella porzione sostanziosa, mentre Damiano fissava la cugina come un cane guarda un gatto prima di saltargli addosso. Elsa si stava vendicando per aver perso.
Sorrise alla zia e assaggiò il primo pezzo, ma dalla faccia che fece, Elsa capì che non doveva essere troppo buona. Forse per il gusto particolare del rabarbaro e per l’amarezza del cioccolato fondente, non aveva un sapore gradito ai bambini, ghiotti solo di ciò che è dolce.
«Grazie zia, è davvero buona. Danne una fetta anche ad Elsa».
E prima che questa potesse replicare, si ritrovò nel piatto una porzione triangolare, ma non grande come quella di Damiano perché anche se era affamata, aveva avuto il buon senso di non dirlo.
«Voi mangiate pure, io vado a fare una lavatrice, sperando che poi smetta di piovere e possa stendere i panni».
«Ok mamma».
Gioia chiuse la porta scorrevole e salì al piano di sopra, lasciando i due pargoli a fare merenda.
Elsa scoppiò a ridere:
«Ahahahah! Anche se hai vinto alla lotta non ti è servito a niente! Anzi, ti tocca soffrire più di me! Ahahahah!».
Si sganasciava dalle risate, non riusciva più a fermarsi, finché Damiano non le ficcò in bocca una fetta di torta, facendola smettere di botto.
«Ahahah! Adesso anche tu hai mangiato un bel boccone».
La bambina masticò controvoglia, facendo facce strane e disgustate.
«Ha un saporaccio…».
«Già. Mi sa che piace solo ai grandi» aggiunse lui.
«Damiano…».
«Dimmi».
«E’ rimasta della nutella in dispensa, vero?» chiese speranzosa.
«Sì» la rassicurò lui con un sorriso «ma la prima cucchiaiata la mangio io».
 
 
 
 
 
 Angolo dell'autrice:
Era da tanto che volevo farlo, e finalmente eccolo!
Nella storia principale, "Guerra del plenilunio", vengono citati degli episodi di quando i due cugini erano bambini, ma non viene raccontati per intero.
Lo scopo di questa raccolta, è quindi quello di raccontare per filo e per segno alcune loro avventure già citate e altre del tutto inaudite;)
Sefora, ovviamente, non sarà presente, perchè quando erano bambini, i cugini non la conoscevano ancora.
Elsa sarà solo una bambina, ma è già un bel tipetto, testarda e furbetta come da adolscente XD 
Spero che questa storia vi sia piaciuta.
Le recensioni (belle e brutte) sono sempre gradite:)

Ignis_eye
  
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