Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Scarlett_Brooks_39    03/08/2014    9 recensioni
Rebecca è una ragazza di sedici anni come tante: bella, popolare, brillante, attorniata da amiche e da ragazzi. Un giorno però vedrà spuntare un paio di ali in mezzo alle sue scapole e quello sarà l'inizio di un'avventura unica, in cui molte persone a lei care verranno messe in pericolo. Tra i demoni che dovrà fronteggiare ci sarà anche Iader, magnetico angelo nero a fianco di Lucifero. Nascerà tra i due una storia d'amore o si odieranno per sempre?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Brave - Il destino di un Angelo.



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Capitolo 1
A pair of new wings.


Dolore.
Fu la prima cosa che Rebecca provò, ancora assopita nel suo letto. Provò a girarsi, ma una fitta paragonabile ad una pugnalata la colpì nella schiena.
"Ahi..."
Non aveva mai sentito un dolore simile, tanto profondo e struggente. Si diceva di non farla tanto lunga, che tra un po' le sarebbe passato, ma non le passava.
Allora provò ad alzarsi dal letto e, piano piano, pugnalata dopo l'altra, si mise in piedi. Ci fu un attimo di sollievo, ma poi cadde a terra straziata dal solito dolore.
Più il tempo passava, più soffriva: era una cosa inimmaginabile, forse era solo un incubo, forse si sarebbe svegliata.
Lo sperava davvero.
Fortunatamente oggi era domenica, non doveva andare a scuola.
'Potrò starmene tutto il giorno a letto', pensò. Ma poi si ricordò della festa di Madison, la sua migliore amica e di quanto ci tenesse. Aveva programmato tutto fino al minimo dettaglio ed aspettava il giorno dei suoi diciassette anni come non mai. Non poteva deluderla e poi Rebecca non era il tipo: il suo altruismo verso le persone che amava era tale da farla alzare dal letto in quelle condizioni.
Stando sdraiata, immobile, aveva trovato un po' di sollievo ma appena si era mossa, una fitta l'aveva ammonita.
Il cellulare sopra il suo letto vibrò.
Rebecca riuscì a prenderlo, cercando di non muoversi più di troppo ma pur sempre soffocando un gemito.
Sbloccò lo schermo del cellulare e lesse il messaggio di Madison, la festeggiata.
<< Cosa ti metterai oggi? Obbligatoriamente un VESTITO. >>
Arrivò all'armadio e sfogliò tutti quelli che aveva. Rosa, beige, verde chiaro... Oh, era stanca di tutti questi colori tenui! Voleva rosso, blu, nero, ma sapeva che sua madre non avrebbe mai acconsentito. Era una donna educata, gentile, che vestiva sempre elegante. Per questo voleva che sua figlia fosse esattamente come lei.
La ragazza era sempre stata il tipo di persona troppo timida per ribattere alle pretese di sua madre, o a quelle di Madison, o a quelle di chiunque altro, ma le andava bene così perché non le importava. Per lei era importante il giudizio degli altri.
'Troppo rosa'. 'Troppo sciatto.' 'A mamma non piacerebbe.' Non ce n'era nessuno che la colpisse. Alla fine optò per un vestito color pesca scuro, con la scollatura a cuore, senza spalline, che le arrivava al ginocchio ed era intrecciato sul petto.
"Questo può andare."
Prese il cellulare, una borsa e per le scarpe scelse delle ballerine che le avrebbero distrutto i piedi fin troppo piccoli.
'Pazienza, stanno bene col vestito.'
Salutò sua madre e si avviò verso casa di Madison.

"Eccoti qua! Sei splendida Beck!"
"Grazie, Madison!"
"Reb!"
"Ei, ragazze!"
Com'era felice di vederle: Anna, Rose ed Eve, le sue migliori amiche. Si erano conosciute al liceo ed ora che erano al terzo anno la loro amicizia era una delle poche cose in cui Rebecca credeva. Esatto, non credeva nell'amore. O meglio, credeva nell'amore che ammirava leggendo i suoi unici, meravigliosi e travolgenti libri, ma non credeva che esistesse nella realtà. Per i suoi genitori era stato amore al primo sguardo, ma lei non era convinta. Non le era mai successo e pensava di non trovare mai il suo principe azzurro. Si sarebbe accontentata di un semplice ragazzo, se proprio non avesse trovato di meglio.
"Adam non vede l'ora di rivederti!"
"Adam? Aspetta... che? Non puoi aver invitato Adam Jordan!"
"Andiamo, è un amico di Tim, non potevo non invitarlo."
"Madison, è il mio ex ragazzo e non siamo rimasti in ottimi rapporti, ricordi?"
"È ancora innamorato di te."
"Ma io.. io non sono innamorata di lui! Altrimenti perché l'avrei lasciato?"
"Su, dai, è il mio compleanno. Sopportalo per un pomeriggio e prometto che non lo rivedrai più. Ci stai?"
"Va bene! Ma se ci prova ho il pieno diritto di mollargli un destro, okay?"
"Okay!"
La relazione tra Adam e Rebecca risaliva ad un anno fa, erano stati insieme per tre mesi. Adam era gentile, educato, dolce... fin troppo! Era il tipico ragazzo da presentare alla famiglia, quello che sarebbe andato al college e diventato una persona importante. Quello che un giorno sarebbe tornato a casa da una bella moglie che avrebbe appena sfornato una crostata dal forno, baciando sulla testa i bambini che giocavano sul tappeto.
E Rebecca non voleva tutto questo. Nel profondo del suo cuore, lei voleva un amore così intenso da divorarle l'anima. Voleva passione, voleva avventura e anche un pizzico di paura. Tutto ciò che non era Adam, per questo l'aveva lasciato. Sua madre in fondo l'aveva capita ma sua sorella maggiore, Kate, ne era rimasta delusa perché era un ragazzo 'da sposare'.
Kate era fidanzata con Jason e vivevano insieme dall'altra parte della città. Ergo, non si vedevano spesso. Tra loro c'era un bel rapporto, incrinato tuttavia dall'età di entrambe e da un pizzico di gelosia da parte di Rebecca. Anche se non voleva ammetterlo, in fondo era felice che la gente guardasse esclusivamente lei, ma poi scacciava questo pensiero facendo emergere la se' altruista e comprensiva, quella che tutti adoravano.
Madison la trascinò verso il tavolo delle bibite, dove di spalle c'era Adam. Rebecca roteò gli occhi, sbuffando, ma poi si disse di farla finita. Era pur sempre un amico, no?
"Adam! Guarda chi ti ho portato."
Il ragazzo si girò ed i suoi occhi brillarono. Per lui non era mai finita la loro storia, si vedeva dallo sguardo perso ed intenso con cui guardava Rebecca.
"Ehi."
Sussurrò lui, timido e con voce balbettante. Si schiarì la gola, offrendo a Rebecca un bicchiere di aranciata. Lei odiava l'aranciata, ma la prese lo stesso.
Madison si era già volatilizzata e Rebecca si sentì avvampare.
Si portò una ciocca corvina ed ondulata dietro l'orecchio, imbarazzata. Non si era nemmeno accorta che il dolore alla schiena si era via via alleviato.
"Ti va se andiamo a fare una passeggiata?"
'No, non ne ho voglia. Voglio conoscere qualcuno molto più brillante, bello e meno impacciato di te. Quindi scusami, ma devo proprio andare.'
Ecco cosa voleva rispondergli.
"Ehm, ma certo."
Ecco cosa gli rispose.
'Idiota!'- si disse- 'sei solo un'idiota senza coraggio!'
Distolse lo sguardo dal sentiero e lo soffermò sul giardino di Madison. Era bellissimo. I suoi genitori ci passavano tempo e denaro, per tenerlo così bene. Lei, Rebecca, Rose ed Eve erano coloro che possono chiamarsi le 'popolari' della scuola, coloro che ogni ragazzo avrebbe voluto avere accanto e che tutte le ragazze volevano essere. Come biasimarle? Erano belle, avevano curve nei punti giusti, erano simpatiche, gentili... brillanti. No, mi correggo. Solo Rebecca ed Eve lo erano. Alle altre non interessava studiare, non come a loro. Passavano i loro pomeriggi tra riviste e shopping e Rebecca si chiedeva come la loro vita potesse essere così misera. Il più delle volte era lei a passare loro i compiti, scaltra nel non farsi notare dai professori. In fin dei conti era lei che la maggior parte delle ragazze avrebbe voluto essere, perché aveva sempre il sorriso sulle labbra e non diceva mai di no. A lei andava bene così, ma avrebbe desiderato molto di più.
"Rebecca, mi stai ascoltando?"
La ragazza distolse lo sguardo dalle rose porpora davanti a lei e lo posò frettolosa sul volto di Adam, nei suoi occhi marroni.
"Mh?"
"Stavo dicendo che per me la nostra storia non è finita e mi piacerebbe se ricominciassimo ad uscire insieme. Ti va?"
In quel momento, dietro la spalla di Adam che si era posto di fronte a lei, scorse un ragazzo vestito con un gubbino di pelle nero. Come le sarebbe piaciuto averne uno! I suoi misteriosi occhi verdi si posarono su di lei in modo intenso, per alcuni secondi. Poi il dolore alla schiena ricominciò, forte, persistente, straziante, tanto che Rebecca dovette strizzare gli occhi per non urlare. Sentiva come se le sua ossa protestassero per voler uscire fuori dal suo corpo. Si portò una mano alla bocca ed inspirò profondamente.
"Beck, tutto bene?"
Adam la fissava con occhi preoccupati: non capiva cosa le stesse succedendo.
"Adam, devo andare."
Dopodiché la ragazza corse via, lasciando in mano al ragazzo il bicchiere d'aranciata ancora pieno.
"Certo Beck, ci vediamo dopo."
Sussurrò Adam in tono sconfitto e rassegnato. Sapeva che ormai non ci fosse più niente da fare, ma si aggrappava al fatto di poterle piacere ancora, perché ne avevano passate 'tante' insieme e, secondo lui, un amore così non poteva finire, perché era unico. Peccato che non fosse così per entrambi.
Si passò una mano tra i capelli rossicci e gettò l'aranciata nel cesto della spazzatura.
"Beh, com'è andata amico?"
Gli sussurrò Tim, l'amico d'infanzia, nonché fidanzato di Madison. Vedendo la faccia di Adam si limitò a dire: "Non è andata... beh, se non lei, sarà un'altra!"
Adam sorrise appena, anche se avrebbe voluto dargli un pugno in faccia. Lui sapeva quanto tenesse a Rebecca, perciò non poteva parlare così di lei, come se fosse una fra tante. Perché lei non era una fra tante. Poi ci ripensò, e glielo diede davvero. Dopodiché prese un altro bicchiere d'aranciata, sua bevanda preferita, e tornò alla festa, a parlottare con altri amici.

Rebecca entrò nel bagno dei Jenkins, in preda al panico. Stava iniziando ad avere problemi respiratori e non riusciva più a sopportare quel dolore. Cosa le stava succedendo? Stava per morire? Il pensiero le sfiorò la mente ed iniziò a tremare di paura.
"Calma, Rebekah."
Rebekah? Chi è Rebekah? E soprattutto, di chi è questa voce? Impaurita, la ragazza si voltò e si trovò di fronte una donna alta, dai capelli rossi e gli occhi celesti. Vestiva di bianco ed azzurrino e sembrava essere illuminata da una strana luce che splendeva solo su di lei. O che proveniva da lei.
"Chi sei? Che cosa vuoi?"
"Voglio aiutarti."
Il suo tono era pacato e quieto, per questo Rebecca si fidò.
"Respira, controlla i tuoi sensi e non fare assolutamente niente contro il tuo dolore. Non avere paura, lascia che agisca."
Il dolore aumentò, ma stavolta era sopportabile. Fissò il suo riflesso nello specchio e notò che due nuove ossa, simili ad arti, le stavano spuntando in mezzo alle scapole.
Rebecca rimase traumatizzata da quella visione ed iniziò ad ansimare, non capendo che cosa le stesse succedendo, ancora. Il dolore ricominciò, più straziante di prima.
"Calma, altrimenti farà ancora più male. Lascia che le tue ali crescano, Rebekah, andrà tutto bene."
Ali? Ma quali ali? Era un incubo, lo sapeva. Non potevano spuntarle delle ali! Ed ora era sicura che quella davanti a lei fosse una pazza ma sapeva anche che se rimaneva calma il dolore diminuiva, perciò doveva per forza fare come lei diceva. Lo fece. Le nuove ossa iniziarono a crescere e ad inarcarsi. Poi spuntarono tante piume morbide, grandi, bellissime, sfumate d'arcobaleno. Ora Rebecca non era più spaventata, era meravigliata ed incredula.
"Prova a muoverle."
Sussurrò la donna e Rebecca si voltò verso di lei con occhi sgranati, ma le diede retta.
Un vento fresco le pizzicò il viso quando mosse le sue nuove, splendide ali su e giù. Si voltò sorridente verso la donna, che le restituì il sorriso.
"Ora che ho la tua attenzione, mi chiamo Sheila. Sono un' Arcangelo, un messaggero e sono stata incaricata di portarti in Paradiso."
"Aspetta, vuoi dire che sono... morta?"
"Oh, no tesoro! Non sei morta, sei speciale. Seguimi, dopo ti sarà tutto più chiaro."
Paradiso? Speciale? Cosa voleva dire? E chi era quel ragazzo col gubbino di pelle nera? Perché l'aveva guardata in quel modo? Rebecca non sapeva cosa stesse facendo, ma diede retta a Sheila, ancora una volta.


L'Arcangelo minore Sheila tirò fuori dalla tasca una sfera celeste e disse col suo solito tono pacato:
" Dammi la mano."
Rebecca ubbidì silenziosa, non riuscendo ancora a capire cosa stesse succedendo. Sheila chiuse gli occhi e la ragazza stette per farlo, se non fosse stata così meravigliata dalla luce abbagliante proveniente dalla sfera. Le pizzicava gli occhi, così lì chiuse ed un attimo dopo una ventata d'aria fresca le sfiorò il volto. Lasciò la mano di Sheila e si guardò intorno: c'erano distese e distese di nuvole bianche e solo Rebecca sapeva quanto aveva desiderato da sempre tuffarsi su una di loro, toccarla, sentire che gusto aveva! Colline, pianure, case... c'era di tutto, come non se lo sarebbe mai immaginato. Si voltò ancora e vide, in mezzo alle nuvole, molto lontano dal punto in cui si trovavano lei e Sheila, una montagna sulla quale era stato scolpito un magnifico castello, o meglio, una fortezza. Dovevano forse proteggersi da qualcuno? E da chi? Tutte domande senza risposta alle quali sarebbe venuta a capo, sicuramente. Ora che era... un angelo? O, insomma, ora che aveva un paio di ali doveva essere per forza sovrannaturale, perciò voleva saperne di più.
"Vieni, Rebekah, ci stanno aspettando."
"Sheila, perché mi chiami Rebekah?"
"Perché è il tuo vero nome. Ma non spetta a me raccontarti la storia, tra poco saprai."
Rebecca, o Rebekah, si ammutolì pensierosa, riflettendo sul suo nuovo nome. 'Rebekah'... non era poi così male. Ci avrebbe potuto fare l'abitudine, in fondo.
Arrivarono al palazzo che prima aveva visto in lontananza e Sheila la condusse in una grande stanza, dove si ritrovò davanti tante persone dai visi sconosciuti ma bonari, tranne forse un paio.
"Bentornata Sheila, hai adempito correttamente al tuo compito."
"Vi ringrazio, Metatron."
Metatron... si, Rebecca sapeva chi era, lo aveva letto in uno dei suoi libri e l'aveva studiato nell'ora di arte. Si ricordava di un dipinto... un dipinto che le era rimasto impresso, per questo era andata a ricercare la sua storia su Wikipedia. Ecco! Ma certo, Metraton era il capo dei Serafini, gli angeli più importanti.
Ora aveva tutto chiaro: c'erano nove troni, su ognuno dei quali sedeva un angelo. Man mano che si andava in alto gli angeli diventavano sempre di più, come una struttura ad imbuto. La prima schiera era composta dai Serafini, al cui centro sedeva Metatron, poi i Cherubini, capeggiati dall'arcangelo Raziel; i Troni, il cui capo era l' Arcangelo Tsaphkiel o Binael, le Dominazioni, guidate da Tsadkiel, le Virtù da Mikhael, le Podestà da Kamael.
Veniva poi il terzo Ordine, o Sfera, costituito da Principati, guidati da Haniel, Arcangeli, i cui capi erano Gabriel, Michael e Raphael e anche... non riusciva a ricordarseli, eppure li conosceva, li aveva concreti nella mente, ma le lettere dei loro nomi erano sparse, confuse e non c'era verso di farle tornare a posto.
"Anaele, Azaziele, Ezechiele ed Uriele."
Concluse una voce al posto suo. Esatto, proprio loro. Alzò la testa di scatto, vedendo che la voce proveniva da Metatron, che la fissava dall'alto con occhi pieni d'ammirazione. Le aveva forse letto nel pensiero? Come aveva fatto? Cos'altro poteva aver letto?
"Vedo che ancora oggi voi umani studiate la nostra storia. Questo mi rallegra. Abbiamo fatto bene a svelare i nostri nomi e la struttura del nostro mondo ai profeti."
"Profeti?"
Chiese incuriosita Rebekah, cercando di cogliere ogni particolare della figura di Metatron: non sapeva dire se fosse alto o basso, poiché era seduto; aveva una faccia ovale, le guance glabre ed i capelli castani, folti, lisci. Si soffermò sui suoi occhi verdi, così chiari, miti, che sembravano essere bonari e quieti ma che secondo Rebekah nascondevano qualcosa di losco, lo percepiva dall'espressione che aveva. Scacciò quel pensiero, osservando le sue vesti: una tunica bianca fissata al petto da una corazza di metallo argenteo e dorato, con ghirigori sulle clavicole e gli addominali scolpiti nella zona del ventre. Ognuno aveva come un'aureola che brillava sopra la testa, ma essa era impercettibile, si notava solo una leggera fascia di luce circolare, che sfumava verso l'esterno. Ma la cosa che la colpì di più furono le ali: erano gigantesche! Non ne aveva mai viste di così grandi, soprattutto quando le spiegò leggermente. Quando erano chiuse arrivavano fin sopra la sua testa. Da aperte trasmettevano una sensazione di morbido. Ogni piuma era grande come un astuccio. Anche Rebekah avrebbe tanto voluto averne un paio così, la avrebbero fatta sentire... potente.
"Si. Geremia, Isaia, Ezechiele... come credi che abbiano potuto scrivere, senza sapere la verità? Ma dunque, passiamo a te, mia cara Rebekah."
"Perché mi chiamate in questo modo?"
"Molto tempo fa l'Essere Supremo decise che alcuni Angeli dovessero abitare sulla Terra per proteggere gli umani dai Demoni, dopo che il Signore del Male aveva minacciato la pace del mondo. Dopo il compimento dei sedici anni, il Gene Angelico si manifesta nel Prescelto e gli fa spuntare un paio d'ali, come è successo a te.
Tua nonna era un Angelo Terrestre, è stata lei a trasmetterti il gene. Il Gene Angelico si trasmette ogni due generazioni, a tua madre, perciò, non è capitato. Quando nascesti tua nonna ti portò da noi, con il desiderio anche da parte di tua madre di darti un nome importante. Lei credeva davvero in te, come tutt'ora. Per questo ti chiamammo Rebekah. Il tuo nome significa 'legame', 'connessione'. Tu riallaccerai l'equilibrio di un tempo, sconfiggendo i Demoni per sempre, creando un legame tra il Vecchio ed il Nuovo mondo. Tua madre decise di chiamarti Rebecca per non dare troppo 'nell'occhio', come dite voi umani. Passando alla tua missione, dovrai aiutare tutti noi e proteggere le persone che ami dal male. Recentemente è tornato a minacciare questo mondo e si pensa che Lucifero sia riuscito a liberarsi e viva nella mente di un umano. Ciò che dovrai fare sarà scoprirlo e combatterlo."
"Ma come potrò fare tutto, da sola?"
"Non sarai sola. Per facilitare la tua impresa abbiamo deciso di affiancarti Tristan, un Cherubino, affinché possiate insieme sconfiggere il Male."
Si alzò in piedi un ragazzo della sua età, biondo e dagli occhi azzurri. A dire il vero, quasi tutti avevano quelle caratteristiche, per questo Rebekah non si era accorta di lui. Era alto ed anche discretamente muscoloso. Le sorrise debolmente e lei ricambiò.
"Tornerete sulla Terra insieme, per mezzo di questa Sfera del Trasporto. Ricordate qual è la vostra missione ed il vostro compito e salvate il mondo."
Dopodiché Metatron li congedò con un cenno del capo e sorrise speranzoso verso i due, simbolo di pace e liberazione. Era sicuro che insieme ce l'avrebbero fatta.
Rebekah e Tristan unirono le mani. La ragazza non poté non sussultare a quel contatto, senza certamente farsi vedere. Il ragazzo aveva ali più grandi delle sue e lei le trovò bellissime. La luce di prima invase pian piano lo spazio che c'era fra loro. Tristan fissava negli occhi Rebekah, senza distogliere lo sguardo e lei si domandò perché lo facesse così intensamente. Le piaceva flirtare con i ragazzi, ma con lui era diverso. Con gli altri non aveva quella sensazione di disagio come ce l'aveva con lui, non arrossiva né si mostrava insicura. Ma con lui era davvero diverso e questo Rebekah lo sapeva. Notò i suoi zigomi e la sua mascella pronunciata, simile a quella del suo attore preferito; il profilo del suo naso, diritto e classico, definito; il labbro superiore era semplicemente... da prendere a morsi, pensò Rebekah e quello inferiore non era da meno. I suoi capelli erano lisci e ricadevano morbidi sulla fronte. Gli occhi parevano due lapislazzuli lucidati per il più importante Gala di sempre. Rebekah pensò che avrebbe apprezzato di netto la compagnia e l'aiuto di Tristan.
In seguito, quando la luce diventò insopportabile ai loro occhi, entrambi li chiusero e pochi secondi dopo si ritrovarono nel bagno di casa Jenkins, sdraiati per terra.



Angolo autrice: Salve gente! Spero che questo nuovo capitolo abbia risposto ad alcune vostre domande e che vi abbia incuriosito... nascerà un amore tra Tristan e Rebekah, o rimarrano solo buoni amici? Come verrà giustificata la presenza del Cherubino? Cosa dirà Adam? Ma soprattutto, chi era il ragazzo col giubbino di pelle alla festa di Madison? Non vi resta altro che leggere e se il capitolo vi è piaciuto oppure no, fatemelo sapere lasciando una recensione, se vi va ovviamente ;) A presto!
Scarlett.


  
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