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Autore: Jawn Dorian    04/08/2014    1 recensioni
“Oh, Mary. Nessuno di noi due è stato il primo, sai?”
John Watson a casa ha l'azzurro che lo aspetta.
Per fortuna che sa tenerselo stretto.
[ Golden Trio, Fluff, e Mary e Sherlock che non sopportano le ex fidanzate di John ]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Sarah Sawyer, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La famiglia che ti scegli '
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Note dell’autrice
C’è troppa poca roba su Mary e Sherlock. E sono decisamente la persona sbagliata per rimediare, ma che volete, bisogna sapersi accontentare, nella vita.
Ho letto in qualche antro oscuro del fandom su tumbrl che Mary e Sarah sono praticamente lo stesso personaggio. Ahah. AHAHAH.
Ma per piacere.
Ci tengo a mettere in chiaro che non odio Sarah,ma che sicuramente non la amerò mai quanto amo Mary che davvero è un personaggio con i fiocchi, i controfiocchi e le coccardine.
E niente, è uscito fuori questo delirio che si aggiunge a quella che è ormai una serie e che spero di rimpolpare col tempo.
Attenzione! Altissimo tasso di Golden Trio. Perché mi piace tantissimo.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E dire che la serata stava andando così bene.
 
John guarda Sarah. Sarah guarda John.
Mary e Sherlock, da un angolo del marciapiede, li osservano.
Ma un attimo dopo Sherlock invece guarda Mary, preoccupato.
Fruga nella sua immensa mente, ma non riesce a trovare qualcosa per rassicurarla.
Poi in lui riaffiora un fugace ricordo di quel giorno di Maggio, che non era stato così noioso come Sherlock aveva immaginato. Le sue dita affusolate le sfiorano la spalla, rassicuranti.
“Oh, Mary. Nessuno di noi due è stato il primo, sai?”

 
 

Due pezzetti di cielo

 
 
 
E’ Gennaio. Baker Street è calma, silenziosa. Così come tutta Londra.
L’unica cosa pericolosa che gira per i quartieri della città, al momento, è il freddo. Gli alberi sono spogli, e qualche residuo di neve è ancora depositato sui lampioni, sulle auto, e sugli angoli dei marciapiedi.
Il cielo è pieno di nuvole, ma di pioggia neanche l’ombra. Solo quell’umidità gelata e indisponente fa arrossare i nasi e sistemarsi per bene le sciarpe.
E’ tutto calmo. Calmo, e pacifico. Pacifico quanto conviene ad un sabato sera qualunque di fine Gennaio a Londra. Risuonano solo i taxi ed i motorini, e il vociare di qualche studente scalmanato che si dirige nei pub.

Sherlock Holmes, direte, si starà di certo annoiando.
E invece no.
Ora come ora, Sherlock Holmes non si sta annoiando.
Sherlock sta osservando Mary, che è comparsa sulla soglia del 221b, senza un apparente motivo.
Porta i jeans. Un maglione rosso che non cela affatto il suo pancione, e una sciarpa di un rosso più scuro, lunga e bella calda. Sotto, una maglia grigia. Il trucco è leggero, il rossetto appena accennato.
E’ chiaramente pronta per uscire con le amiche.
Ma Sherlock non fa in tempo a farglielo presente perché Mary, con una forza inaudita per una donna incinta, lo tira su dal divano e lo trascina nel bagno.
“Lavati e vestiti” ordina.
Sherlock esita, ancora inebetito, ritrovandosi in un turbine di camice che gli sono state riversate addosso da Mary stessa.
Si cambia quasi automaticamente, e in un attimo la signora Watson l’ha prelevato dal bagno e gli ha infilato il cappotto addosso.
E lì, Sherlock ci mette sì e no cinque secondi per realizzare finalmente che sì, Mary è pronta per uscire con le amiche. Solo che, a quanto pare, il gruppo di ‘amiche’ è composto da…beh, lui.

 
***
 
Sherlock Holmes non sa bene come e soprattutto non sa perché, ma ora di fronte a lui c’è una porzione di fish and chips decisamente invitante. E vicino a lui c’è la moglie del suo migliore amico che invece si sta gustando dei bocconcini di pollo.
Sherlock guarda il suo piatto. Poi guarda Mary. Finchè non sorge spontaneo cercare di capire cosa esattamente stia succedendo, e perché siano finiti in quell’assurdo ristorantino per famiglie che a quell’ora, di famiglie, è completamente privo.
“Perché?” domanda, con un sopracciglio alzato, fissando la tavola con circospezione.
“Scommetto che non hai toccato cibo, oggi” gli risponde lei, ingoiando il boccone.
Mary sa perfettamente che Sherlock non ha mangiato, perché ha occhieggiato i notiziari e i giornali.
Niente crimini, niente furti, niente di niente. E lei davvero non lo fa apposta, ma la prima cosa che le viene in mente rendendosi conto della tranquillità passeggera di Londra non è ‘meno male’, o ‘per fortuna’, ma ‘Sherlock certamente si starà annoiando.’
“E quindi?”
“E quindi ti ho portato fuori a mangiare io, Sherlock. E’ così grave?”
“Direi di no. Ma non hai un marito con cui andare fuori?”
“John usciva con Mike e altri vecchi compagni di studio.”
Sherlock sbuffa, e finalmente prende in mano la forchetta. Mary sorride e torna ai suoi bocconcini di pollo.
“Allora, come stai?”
“Come al solito.”
“Ah-ah. Hai mandato sedici messaggi stupidi a John, e dieci a me per ricordarmi di fargli notare i tuoi messaggi stupidi, il tutto nell’arco della settimana.”
“E quindi?”
“Beh, questo dimostra due cose. La prima, è che John è ancora il tuo preferito…”
Sherlock a quel punto la guarda stranito, e Mary si morde la lingua con aria estremamente compiaciuta e provocatoria, perché ama stuzzicarlo. E perché sa di avere ragione: John sarà sempre il suo preferito.
“…e la seconda, è che ti annoi da morire.”
“Wow. Brillante deduzione.”
“Ehi, non essere scortese. Sono le mie prime deduzioni.”
Sherlock sbuffa, e ancora Mary sorride, rubando dal suo piatto una patatina fritta.
“Sai, a volte anche John si annoia da morire. Anche se non lo ammetterà mai.”
“Si annoia?”
“Già. Anche quando eri…via, sai. Ho sempre notato che il suo lavoro non lo soddisfaceva appieno.”
“Uhm.”
“Certe volte penso che non possa vivere senza i casi con te.”
“Uhm.”
“Sorridi, Sherlock. Hai un migliore amico fantastico, e anche sua moglie non è male.”

E Sherlock non vorrebbe farlo. Ma alla fine, sarà per il pesce che è molto buono, e sarà che Mary gli lancia uno di quei suoi sguardi così eloquenti che fanno innamorare John Watson e riescono a zittire Sherlock Holmes, che sorride per davvero. Uno di quei suoi mezzi sorrisi che sono solo un’ombra fugace sul suo viso.
Ma è troppo tardi. Mary lo ha già colto. E non potrebbe essere più fiera di sè.

 
***
 
Sherlock e Mary passeggiano sottobraccio. O meglio, Sherlock ha le mani in tasca, ed è Mary ad essersi arpionata al suo braccio.
Ma la cosa non lo infastidisce per niente.  Ed è strano. Molto strano.
Non sa come siano finiti lì, ma sa che quasi gli piace – un po’ come tutte le serate passate per caso con John – e decide di opporre solo una resistenza simbolica.
La serata sta andando bene. Va tutto bene.
Finchè Sherlock e Mary non incappano in un insolito scambio di sguardi languidi.
Entrambi si fermano di colpo, insieme, sincronizzati, a qualche metro da quella scena.
John Watson ha avuto un numero allarmante di fidanzate. Ma Sherlock non si sarebbe mai, mai, mai sognato di rivederne una e soprattutto di ricordarla.
Sarah.
John guarda Sarah. Sarah guarda John. Si guardano. Si sorridono.
Mary e Sherlock, da un angolo del marciapiede, li osservano.
Ma un attimo dopo Sherlock invece guarda Mary, preoccupato.
Sa che Mary è sveglia, e soprattutto non una donna qualunque: sicuramente si è resa conto che quello a cui stanno assistendo è un incontro fortuito e non farebbe mai scenate assurde o insinuazioni di nessun genere.
Ma sente in qualche modo di doverle dire comunque qualcosa.
Fruga nella sua immensa mente, ma non riesce a trovare qualcosa per rassicurarla.
Poi in lui riaffiora un fugace ricordo di quel giorno di Maggio, che non era stato così noioso come Sherlock aveva immaginato. Le sue dita affusolate le sfiorano la spalla, rassicuranti.
“Oh, Mary. Nessuno di noi due è stato il primo, sai?”

Mary si gira di scatto. Non se l’aspettava.
Gli sorride, un po’ fiera di lui, ma questo sente di doverlo nascondere almeno un pochino.
“Già. Smettila di sorridere.”
“Andiamo, signora Watson?”
“Sì. Andiamo.”
Stavolta è Sherlock ad offrirle il suo braccio.
Si girano. Non chiamano John. Non lo interrompono, mentre chiacchiera con Sarah. Mentre le sorride. Mentre la guarda.
Si fidano di lui.
 
***
 
 
“Sai, mi stavo chiedendo…” sussurra Mary a Sherlock venti minuti più tardi “…perché io ti vado bene?”
Sherlock la fissa parecchio intensamente, cercando il modo corretto di interpretare la domanda.
Lei lo guarda serena, tenendo con cura la sua tazza di tè caldo.
Ora sono di nuovo a Baker Street, così che Mary possa stare al caldo. Così che la bambina possa stare al caldo. Mary è seduta sulla poltrona di John, Sherlock sulla sua. Siedono uno di fronte all’altra, con un bel fuocherello nel camino che scoppietta con guizzo piuttosto allegro, nonostante la piega malinconica della serata.
Sherlock non capisce proprio, e nemmeno se lo chiede, perché la cosa gli piace e lo fa sentire a casa.
“Come? Perché tu mi vai bene?”
Mary intuisce che quella domanda è troppo sentimentale. Arriccia il naso, e lascia che le parole scorrano stupidamente e senza filtri, perché Sherlock non ama i sentimentalismi, ma è la persona che l’ha salvata dal suo passato di inganni. Per cui, perché ingannarlo?
“John ha avuto parecchie fidanzate prima di me, no?”
“Già.”
“Tipo quella…Sarah, giusto?”
“Già. Sarah, sì. Il medico.”
“John mi ha raccontato, una volta…che non la sopportavi.”
“Ti ha parlato di lei. Che uomo incauto” commenta Sherlock scherzando con un risolino, e Mary lo segue a ruota, portando un sorso di tè alle labbra.
“In realtà, non hai mai sopportato nessuna delle sue ragazze, giusto?”
“Ad essere sincero, non mi ricordo minimamente” borbotta annoiato, guardando il soffitto.
“Non ti ricordavi neanche i loro nomi” butta lì Mary, con vaghezza “…Però ti sei ricordato subito il mio.”
Il tempo si ferma. Sherlock sposta lo sguardo dal soffitto, alla signora Watson.
Non ci aveva mai pensato. Era vero.
Mary. Quel nome non l’aveva mai rimosso.
“Perché io ti vado bene?” ripete lei, con sicurezza, e stavolta Sherlock capisce.
Prende un lungo respiro. Non ha voglia di parlarne. Troppi sentimenti. Troppi.
Eppure sente di non dover essere evasivo in nessuno modo, con Mary. Sa che le sue parole rimarranno tra loro due, in una complice intesa che li lega dalla prima volta che si sono visti. Sherlock sospira, e chiunque altro a quel punto lo lascerebbe stare e si arrenderebbe all’idea di non poter capire cosa frulla in quella sua testolina complicata ed impossibile. Non Mary.

 “Sai” inizia, tornando a scrutare il soffitto, come se stesse ragionando su di un caso di vitale importanza “di Sarah ricordo solo che era noiosa, tutto qui.”
Mary si fa attenta. Si alza a sedere staccando la schiena dalla poltrona, per quanto la gravidanza possa permetterglielo molto poco.
“E’ che…tu non sei affatto noiosa.”
“Sherlock Holmes…mi stai facendo i complimenti?”
“Mi sembra di averlo già fatto, no?”
La donna inclina la testa, e il detective le rivolge uno sguardo serio e convinto.
“Tu meriti John Watson. E questo è davvero il complimento più alto di cui sono capace.”
Il sorriso di Mary si allarga. I suoi occhi si inumidiscono, ma fa in modo di non commuoversi. Chiude le palpebre estasiata da quel momento. E ringrazia chiunque sia lassù per averle dato la possibilità di una vita del genere. Lo fa solo per una frazione di secondo, ma lo fa, per poi riaprire gli occhi che sorridono più di quanto possa fare lei. “Grazie” sussurra, come quello fosse un complimento qualunque, e invece non lo è, sa bene che non lo è.

“Sai, Sherlock…”
“Mh?”
“Ricordi quando ti ho detto che John mi parlava sempre del Maggiore Sholto?”
“Sì.”
“Era vero.”
Cala in un attimo un nuovo silenzio. Mary cerca le parole attentamente, le seleziona con cura, in modo che quello possa sembrare un grande gesto d’affetto, e che perfino Sherlock possa coglierlo appieno.
“Ma nei due anni che sei stato via…mi ha parlato solo ed unicamente di te.”

                                                                                           
***
 
John non sa perchè, ma ogni volta che incontra qualche sua ex, il tempo è sempre o uggioso o piovoso.
Forse perfino il cielo di Londra lo sta rimbeccando per troppe fidanzate avute prima sposarsi.
O forse, il suo testimone di nozze Sherlock Holmes ora è in grado di controllare il clima. La cosa non lo stupirebbe più di tanto, visto quanto Sherlock è sovraumano.
“John? Tutto bene?”
Sarah nota che John sta rivolgendo lo sguardo verso il cielo da decisamente troppo tempo.
“Sì, scusami. Cosa mi stavi dicendo?”
“Ah, niente. Ti chiedevo come va la vita matrimoniale.”
John esita un secondo. ‘Come va? Le solite cose. Il mio migliore amico ha scoperto che mia moglie era un’assassina, e poi ha ucciso il tizio che la minacciava sparandogli in testa. Ora stiamo tutti aspettando l’arrivo di Moriarty che molto probabilmente vuole trovarlo e usarlo come suppellettile.’
“Alla grande.”
Sarah sorride accondiscendente, mentre guarda la porta del pub oltre le spalle di John, ricordandosi che per uno strano e fortuito caso, quello è il pub in cui sono andati per il loro secondo o terzo appuntamento.
John non sembra ricordare niente. Ha altre cose, per la testa.
“Scusami, Sarah. Ora devo andare. E’ stato bello rivederti.”
Sta per dileguarsi così, come le è comparso davanti, ma quando Sarah vede nient’altro che le sue spalle, le sorge spontaneo chiarirsi le idee una buona volta.
“John?”
“Sì?”
“So che…non so, può sembrarti una domanda invadente e…sciocca, ma…”
“Dimmi pure.”
“…Riesci a gestire sia Sherlock che la vita matrimoniale?”
Watson tentenna.
Dire che lui e Sarah si erano lasciati per colpa di Sherlock sarebbe fin troppo drammatico ed inesatto.
Certo, quella era stata una delle ragioni. John aveva sempre messo i casi con Sherlock al primo posto, e Sarah aveva avuto la cattiva idea di dare fin troppo peso alla cosa. In un attimo il loro castello si era rivelato nient’altro che un mero castello di sabbia, ed era crollato sotto il peso inevitabile delle liti e delle accuse mascherate da domande.
In ogni caso, spiattellare in faccia a Sarah che ora Sherlock e sua moglie coesistono alla perfezione come il più incrollabile dei castelli di roccia, potrebbe essere indelicato. John cerca le parole in modo attento.
“No, non ci riesco.”
“Oh.”
“E se ti dicessi che Sherlock e la mia vita matrimoniale si gestiscono a vicenda?”
“Ti direi che tua moglie è una donna infinitamente paziente.”
A chiunque sarebbe sembrata una frecciatina, ma John sa quanto le sue ex abbiano penato per colpa di Sherlock e se ne fa una ragione, ridendo alla battuta.
“Non è quello. Solo che si somigliano, sai, Mary e Sherlock.”
Forse lo sta dicendo alla persona sbagliata, ma a John non importa. Sono sentimentalismi che sente di dover confidare a qualcuno da parecchio.
“Sono i miei due pezzetti di cielo azzurro quando piove.”
Sarah sorride, senza un briciolo d’amarezza, ora che anche lei ha i suoi personali pezzetti di cielo, capisce, e sorride luminosa, facendo un cenno di saluto con la mano.
John la saluta definitivamente con un sorriso affettuoso, e si volta nuovamente, per scappare da quel cielo pieno di nuvole e senza stelle.
A casa c’è l’azzurro che lo aspetta.



 
 
 
 
 
 
 
  
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