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Autore: lukecalzolari    04/08/2014    1 recensioni
Un incendio. Sette sopravvissuti, un mistero attorno a loro.
Una storia al Cardiopalma, con uno struggente colpo di scena
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Ehm... pronto?
- Salve, parlo con la Signorina Parson?
- Si, chi parla?
- Scusi se la disturbo a quest'ora della notte, sono l'ispettore Sherridan, avremmo bisogno del suo aiuto per un caso di emergenza.
- Sono disponibile, ma non avremmo potuto aspettare che si facesse giorno?
- Avremmo potuto, ma non ci è parso il caso data la gravità della situazione; un palazzo in Main Street è andato a fuoco, sono morti quasi tutti, chi per le fiamme, chi per il fumo. Sono sopravvissuti solo in sette, e ci è stato dato il suo numero per i casi d'emergenza...
- Ho capito. Arrivo subito, datemi un quarto d'ora. Dove devo venire?
- Abbiamo spostato tutti i superstiti all'ospedale Moulinex. L'aspettiamo lì, chieda di me.

Jackie riagganciò il telefono, si mise a sedere sul letto. Grondava di sudore. Quella notte, pur essendo settembre inoltrato, aveva patito un fortissimo caldo.
Si alzò ancora stordita, erano solamente le 3:30. Fece una doccia veloce, voleva togliersi quell'odoraccio che aveva addosso.
Jeans comodi ed una camicetta con giacca sopra, lo stile che l'accompagnava ormai quasi ogni giorno. Afferrò veloce un pezzetto di pane, non voleva arrivare a stomaco vuoto, ed uscì.
La città, sebbene fosse notte fonda, era quasi più luminosa che di giorno, luci ovunque, discoteche, night club, insegne di negozi aperti 24 ore su 24.

Raggiunse l'ospedale con qualche minuto di ritardo, assurdo, aveva trovato traffico a quell'ora.
Entrò, Sherridan la stava aspettando.
- Salve, lei deve essere Jackie Parson giusto?
- Si esatto, sono io, mi dispiace per quello che è successo... come è accaduto?
- Non ne siamo ancora certi, probabilmente il tutto è stato causato dalla guardia notturna.
- Non la seguo...
- Sigaretta. Sospettiamo che stesse fumando, un colpo di sonno, la sigaretta cade, un mucchio di fogli prende fuoco, con la tecnologia presente sulla scrivania, non possiamo escludere un cortocircuito.
- Quante persone pensate ci fossero? 
- Sessantasei persone, non sappiamo se tutte fossero in casa, il fuoco ha bruciato praticamente tutto.
- Merda - rispose lei con tono duro
- I sette superstiti sono là dentro - disse indicando una porta - ora sta a lei fare il suo mestiere - e la salutò dandole una leggera pacca su una spalla.

Jackie entrò nella stanza, c'erano un sacco di lettini, tutti circondati da tendine pallide.
I sette la stavano aspettando con la schiena ritta contro l'ultimo muro infondo.
- Salve, io sono la Dottoressa Jackie Parson, sono qui per aiutarvi ad elaborare il trauma e per facilitarvene il superamento. Inizierei col metterci in cerchio, ognuno dirà il suo nome, il suo appartamento, e il perché ha deciso di venire a vivere qui. Okay? Su, prendete una sedia.
Quei perfetti sconosciuti la guardarono con aria spaventata, perché lo erano, loro erano sopravvissuti; fecero come lei aveva detto.

- Buonasera, io sono Susan Everett, e lui è mio marito - disse indicando l'uomo sulla carrozzina proprio accanto a lei - si chiama Peter Smith, è paralizzato da quasi quattro anni, e questo è uno dei motivi per cui abbiamo deciso di venire a vivere qui. Prima vivevamo in campagna, ma con l'avanzare degli anni la vita in quel luogo è divenuta troppo dura, e così abbiamo deciso di spostarci più verso la città; abbiamo scelto questo palazzo perché è circa a metà strada tra le case dei nostri due figli, Margaret e Jason. Sono due figli fantastici, ma anche presi dal lavoro e dalla routine; Jason ha avuto due figli un paio di anni fa, gemelli, o quasi, hanno solamente il colore degli occhi differente. Invece Margaret ci ha comunicato la settimana scorsa di aspettare una femminuccia, e noi, ultraottantenni come siamo, non possiamo che essere felici di ridiventare nonni. Tornando ai nostri discorsi, viviamo nell'appartamento numero 4, al pian terreno, lo abbiamo scelto per comodità, come ho già detto all'inizio, mio marito è paralizzato, ha avuto un incidente, un'auto pirata, lo ha lasciato in mezzo alla strada, credeva fosse morto, invece nella sfortuna, ha spezzato solo la spina dorsale, per questo ora non può muoversi; se questa notte fossimo stati in uno dei piani superiori, non saremmo riusciti a metterci in salvo.
- E gli altri inquilini del pian terreno? - La interruppe Jackie
- Non ci sono - disse una ragazza del cerchio
- Come mai? E tu sei...?
- Ehm... Io sono Gwen Copperfield, abito al terzo piano, appartamento 13. Volevo comprarlo io uno degli appartamenti al pian terreno, per questo so che non ci vive nessuno, mi sono trasferita qui da appena due settimane; quegli appartamenti sono più belli all'interno e più comodi se devi uscire o entrare spesso, ma costano quasi il doppio, e con il mio stipendio non posso permettermeli... Lavoro in un bar, su chiamata, quindi devo essere veloce, pronta ad uscire per andare a lavoro in ogni momento; non voglio rischiare di non riuscire ad arrivare a fine mese a causa dell'affitto. Ho scelto questo palazzo proprio perchè è vicino, e in tre minuti di bicicletta, raggirando il traffico, raggiungo il Bar Espresso. L'appartamento 13 è un po' più piccolo degli altri, hanno dovuto fare qualche buco per l'ascensore sul lato, perciò riesco a risparmiare anche in questo. Ho perso i miei genitori da sei anni, e devo riuscire a mantenermi da sola, essendo single...
- Bene Gwen, grazie per il tuo intervento, chi vuole parlare ora?
- Io se posso... Mi chiamo Sam Mc Gregory, ho vent'anni, studio ingegneria, i miei genitori mi pagano l'affitto e per questo motivo ho scelto l'appartamento 35 con l'attico. Sto cercando un lavoro che possa occuparmi qualche sera, così da poter fare acquisti senza dover sempre chiedere denaro ai miei vecchi. Sono fidanzato con una ragazza, l'ho conosciuta in un night club, è molto bella e divertente, non so se mi spiego. Che altro dire... La mia famiglia discende dai nativi americani sapete? In poche parole, ogni luogo dove camminate dovrebbe appartenerci di diritto!
- Ma stai zitto! - Intervenne uno degli altri irritato
- Non siate aggressivi, so che siete agitati, ma rimaniate civili... con chi abbiamo il piacere di parlare? - chiese Jackie.
- Io sono Jack Rose, e tutti sanno che il "tipetto dell'attico" è solo un figlio di papà pieno di soldi, non montarti la testa dicendo che hai chissà quali origini. Gli spagnoli hanno conquistato questa terra dando origine agli americani, proprio come i romani conquistarono la Francia, la Germania, o persino l'Africa. Sono stati uomini forti, di talento, proprio come mio nonno. Lui ha combattuto nella seconda guerra mondiale, nella fanteria, è morto in guerra lasciando mia nonna sola con il piccolo Richard, mio padre. Lo allevò da sola, e sempre da sola riuscì a mantenere tutti. Mio padrè morì in guerra anche lui, e quando la sua povera moglie lo seppe, le si spezzò il cuore poveretta, così lo raggiunse lassù. Io non sono degno di loro, sono disoccupato, un cinquantenne disoccupato, divorziato, con debiti su debiti! Mia moglie mi ha lasciato quattro mesi fa, diceva che ero troppo preso dal lavoro che, ironia della sorte, un mese dopo ho perso. Lei però mi ha già rimpiazzato. Certo, è una bella donna e avrei dovuto aspettarmelo, ma insomma, sono così facile da dimenticare? Non riesco a pensarci. Nel weekend ho qui da me i miei due bambini, perciò il sabato sera dormono da me, lascio loro la mia camera matrimoniale, io occupo il divano... non posso permettermi altro. Ringrazio in questo momento il cielo per aver fatto si che questo evento orribile sia accaduto di mercoledì... stando al quarto piano, appartamento 27, ed avendo il sonno pesante, non so se, nel panico come sono stato preso questa notte, sarei riuscito a salvarli.
- Mi dispiace per lei, rimanete solo voi due, chi siete? - chiese la psicologa voltandosi verso la giovane coppietta mano nella mano
- Salve, io sono Owen Brody, e lei è la mia futura moglie, Holly Stevenson. Dobbiamo sposarci tra circa un mese... viviamo al secondo piano, appartamento 15, qualche volta abbiamo incrociato per le scale la signorina Copperfield. Abbiamo deciso di sposarci per un meraviglioso motivo... - Guardò Holly sorridente per cederle la parola.
- Sono incinta - disse lei - di circa tre mesi. Avevamo deciso di avere un bambino senza il bisogno di sposarci, insomma, convivendo, ma poi si è sposata mia cugina, Susy, e al matrimonio, tutti felici, sorridenti... insomma, ci siamo fatti prendere la mano e abbiamo deciso di sposarci anche noi, non sarà una cosa enorme, ma avrà stile, classe, e soprattutto, sarà il nostro giorno. Siamo innamorati dalle medie, stiamo insieme dal secondo anno di liceo... cos'altro dovrei aggiungere? Credo che non mi stancherò mai di lui! - Guardò Owen sorridendo, lui ricambiò lo sguardo.
- Bene ragazzi, noto che non avete avuto problemi a parlare, è proprio ciò che succede solitamente, o parlano tutti, o nessuno. Per questa volta abbiamo finito, voglio vedervi domani... dunque... ecco, ora vi do il mio biglietto da visita, potete chiamarmi ad ogni ora del giorno e della notte se avete bisogno, l'indirizzo è quello del mio studio, l'incontro è programmato per le dieci. Ci sarete?
La risposta fu un "si" generale.

Erano ormai le sette, Jackie decise che avrebbe fatto un salto in bar; la colazione fu abbastanza veloce, prese solamente un caffè, proprio come il nome del locale. Poi le venne in mente che quello probabilmente era il luogo dove lavorava Gwen. Decise così di fare qualche domanda su di lei al proprietario.
- Salve, io sono la dottoressa Parson, posso farle qualche domanda riguardo la signorina Copperfield? - Chiese Jackie con aria autoritaria.
- Salve, certo... guardi, se può, si allontani da quella ragazza da quando è qui non fanno altro che succedere cose strane, si rompono bicchieri e piatti in continuazione, bruciano pasti... e ora è avvenuto l'incendio nel suo palazzo... quella porta sfortuna! Non si fidi! Abbiamo già compilato le carte per licenziarla!
- Ma è assurdo! Non può licenziare una persona perchè crede che attiri la sfortuna! Gwen ha bisogno di quei soldi! Vive sola! Non può farle questo!
- Signorina non si permetta di usare questi toni con me!
- Invece li uso! Perchè lei è un ingrato!
Jackie prese la tazza del caffè e gliela rovesciò in testa uscendo veloce dal bar; sperava solo che quell'uomo non la usasse come scusa per giustificare il licenziamento.

La giornata trascorse veloce nella solita routine, paziente dopo paziente, bambino, adulto, anziano che fosse, sempre la stessa storia per lei: un problema del quale loro non conoscevano causa e cura, mentre lei naturalmente si.
Tornò a casa verso le nove, aveva preso del cibo cinese strada facendo, non la faceva impazzire, ma quel qualcosa di orientale creava nella sua mente l'illusione di essere lontana da casa, lontana da tutto.

La sveglia suonò puntuale come sempre, anche se è logico, perchè quello è il compito di una sveglia. Erano le otto, Jackie aveva due ore di tempo prima dell'incontro con i sette. Anche questa notte aveva sudato tantissimo, fece perciò una rinfrescante doccia ghiacciata, si preparò una spremuta e mangiò una fetta di pane con burro e marmellata.
Aprì l'armadio, i jeans neri erano appesi al solito posto, li prese, li accoppiò ad una maglietta arancione con scritta nera. Fece una specie di coda nei capelli che fermò con due bacchette, un berrettino in testa ed uscì.
Arrivò allo studio intorno alle nove e trenta, Peter e Susan erano già arrivati, come tutti gli anziani, erano in anticipo, li fece accomodare dicendo che avrebbero aspettato che arrivassero tutti quanti.
Arrivarono poco dopo anche Jack e Sam, poi Holly con Owen, e per finire Gwen.
- Ciao ragazzi, come state oggi? Avete dormito bene? - nessuno rispose, quindi la dottoressa Jackie continuò - Oggi vorrei che mi raccontaste cosa avete fatto la sera dell'incendio, insomma, se vi ricordate qualcosa di importante.
- Dunque - Iniziò Susan, quella simpatica vecchietta doveva trovarsi ormai molto a suo agio - Jason ci ha riportati a casa verso le dieci, eravamo a cena da lui. Ho lavato velocemente Peter per poi metterlo a letto, faceva caldo per essere settembre, in tv non c'era nulla di interessante, così ho deciso di mettere a lavare gli ultimi panni mentre facevo l'uncinetto, sto ricamando due bellissimi berrettini per i miei nipotini per l'inverno. La lavatrice dovrebbe aver finito verso mezzanotte, così l'ho spenta ed ho provato ad addormentarmi. Alle due e trenta circa sono stata svegliata dalla puzza di fumo, Peter era già sveglio e mi fissava spaventatissimo, io stavo andando nel panico, ho capito cosa stava accadendo, così in fretta l'ho messo sulla carrozzina e siamo usciti dall'appartamento, dalle scale proveniva una luce intensa, probabilmente quella delle fiamme, ed una nube nera di fumo. Siamo usciti velocemente fuori... Poi sono arrivati pompieri, ambulanze, polizia... E per finire, lei.
- Signora Everett, lei ha detto che ha visto chiaramente che l'incendio arrivava dai piani superiori, ma la polizia ha accertato che l'incendio è stato provocato dalla guardia notturna, la quale si è addormentata con una sigaretta in mano, che probabilmente cadendo ha creato un cortocircuito...
- Balle! - intervenne Gwen - Lo fanno apposta! L'incendio è partito accanto al mio appartamento! Dall'ascensore! Ne sono sicura! Ho chiamato io i pompieri per prima. Quella sera ero appena rientrata da lavoro, era circa l'una, in bar avevo fatto cadere quattro piatti, così il capo, con la scusa della stanchezza, mi ha mandata a casa. Ero salita fino al terzo piano prendendo le scale, non l'ascensore, giusto per tenermi in forma. Non avevo sonno, e nella stanza c'erano ben trentun gradi, una temperatura che mi è sembrata troppo anomala. Il mio pesce rosso era morto. La sua vaschetta stava appoggiata alla parete che conteneva quei grossi cavi che mi avevano permesso di pagare un affitto inferiore. Un caso penserete... Verso le due e un quarto mi sembrò che quel muro fosse più scuro degli altri, pensai fosse un fattore di luce, così mi avvicinai, e toccandolo mi accorsi che era bollente. Ho deciso di telefonare alla ditta produttrice dell'ascensore, e dopo una decina di minuti d'attesa, mi hanno detto di non preoccuparmi, evidentemente c'era stato un leggero sovraccarico. Appena ho posato il telefono, un enorme frastuono mi ha perforato i timpani. Nel mio appartamento c'era fuoco ovunque, la parete era esplosa  completamente, nel panico, sono uscita molto velocemente e mentre correvo giù per le scale mi è parso di vedere Owen e Holly uscire dalla loro porta...
- Ma è assurdo, perchè la polizia dovrebbe aver mentito... - disse Jackie
- E' vero, è andata proprio così - dissero il ragazzo - anche noi non riuscivamo a dormire per il troppo caldo, così abbiamo iniziato a fare qualche conto per il matrimonio e per gli acquisti per il bimbo in arrivo. Ci servono un sacco di soldi cavolo. Beh, quella sera lei - disse guardando la sua ragazza - voleva del gelato al pistacchio, sapete, una delle classiche voglie da donna incinta. Lo avevamo finito, era l'una, così uscii, magari avrei trovato un negozio o una gelateria ancora aperta. Insomma, San Francisco è una città molto attiva di notte. Ho girato per un'ora circa, quando ho trovato una di quelle bancarelle del gelato all'angolo della strada. Un chilo di gelato venti dollari. Assurdo! Tornato in appartamento erano circa le due e dieci. Ho appoggiato il gelato su un mobile, ho baciato calorosamente Holly e poi l'ho ripreso. Merda quel gelato era sciolto.
- Io lo rimproverai scherzosamente per il non essere stato abbastanza veloce a tornare - Disse lei
- Ribattei che quando ero entrato nel palazzo era ancora congelato, che avevo preso persino le scale per non dover aspettare l'ascensore. Insomma, mentre discutevamo avvenne lo scoppio, fu chiaro anche per noi cosa stesse accadendo. Aprii la porta e subito vidi del fumo, Holly corse in camera a prendere il nostro denaro, qualche gioiello, mentre l'aspettavo incitandola di essere veloce, vidi Gwen correre fuori spaventata, così dedussi che quel rombo fortissimo arrivava dalla sua stanza. Uscimmo veloci, non so come sia possibile, ma abbiamo fatto le scale in pochi secondi, insieme a Jack...
- C'è sicuramente qualcosa che non torna... - disse Jackie - Quindi signor Rose, lei è sceso con loro?
- Si, ero con loro - disse - quella sera avevo cenato verso le sette come di consuetudine, poi mi ero sdraiato sul divano a guardare la tv, faceva caldo, così accesi il ventilatore. Verso mezzanotte ricevetti una telefonata, era la mia ex-moglie, mia figlia aveva avuto una crisi respiratoria nel sonno e l'avevano portata in ospedale. In pochi minuti l'avevo raggiunta. La piccola stava bene, aveva avuto una reazione allergica ai funghi, la cena l'aveva preparata il "nuovo papà". Stetti un po' con lei, i dottori dissero di volerla tenere in osservazione per la notte e che sarebbe rimasta lì solo una persona, così rimase sua madre. Io sarei dovuto tornare l'indomani. Tornai a casa che erano circa le due e venti, mi tolsi il cappotto, infilai la mano in tasca per prendere il telefono ma non c'era, dovevo averlo dimenticato in ospedale. Uscii di casa nuovamente, chiamai l'ascensore, si aprirono le porte, ma quello non c'era. Davanti a me vidi solo un enorme e profondo buco. Poi una luce, una forte luce che aumentava, capii subito cosa stava accadendo. Un'onda di fuoco salì verso di me e mi lanciò esplodendo contro il muro, pochi secondi dopo ripresi conoscenza, c'erano fiamme ovunque, mi lanciai giù dalle scale e qui incontrai i due giovani, con i quali uscii dal palazzo...
- Okay... rimane solo il signor Mc Gregory - Disse la signorina Parson.
- Eccomi... dunque, quella sera avevo invitato a cena una decina di compagni di università. Abbiamo ordinato la pizza, un classico... Abbiamo analizzato la struttura di qualche edificio famoso dal punto di vista ingegneristico. Poi abbiamo ascoltato un po’ di musica bevendoci qualcosa. Abbiamo fatto un po’ di baccano, quelli del piano di sotto sono venuti a lamentarsi. Se ne sono andati tutti intorno all’una, si è fermata solo la mia ragazza, mi ha aiutato a sistemare e poi verso l’una e trenta è uscita per andare a lavoro, l’ho accompagnata fino al pian terreno in ascensore, sembrava di stare in un forno, e l’idea di dover tornare in quella fornace non mi piaceva, perciò ho fatto tutte le scale a piedi. Ho fatto una doccia, poi ho mangiato l’ultima fetta ai peperoni rimasta, stando comodo sul divano, sul canale ventuno trasmettevano “Uccidilo prima che muoia”, un film che adoro rivedere. Mi addormentai prima dell’esplosione, che mi svegliò, insieme alla quantità assurda di fumo che c’era. Non potevo correre giù, sarei morto se lo avessi fatto, così sono andato sul tetto, un elisoccorso venuto sul posto per prestare aiuto si è accorto di me, ha calato una scaletta e così sono riuscito a salvarmi. Insomma, una storia che non tutti possono raccontare.
- Infatti - Sospirò Jackie - Qualcuno ha qualcosa da aggiungere?
Non rispose nessuno.
- Okay, dunque, so che la polizia ha offerto ad ognuno di voi un appartamento in centro se non sbaglio, quindi avete tutti una sistemazione. Bene, vorrei che ci rincontrassimo domani, va bene a tutti? Solito orario.

Si avviarono tutti verso l’uscita, Jackie li seguì, non aveva pazienti in programma fino al pomeriggio, così avvertì la sua segretaria che sarebbe uscita per fare qualche indagine privata.
Si recò al “Motorizzati & Co.”, la ditta produttrice dell’ascensore.
- Salve, sono la dottoressa Parson, sono qui per l’incendio avvenuto in Main Street, posso parlare con qualcuno dei suoi superiori?
La timida ragazza che sedeva dietro al bancone la guardò come intimorita, premette il numero due sul telefono - Ehm signore, c’è qui una ragazza che deve farle delle domande riguardo l’incendio della scorsa notte - disse lei.
- La faccia passare - acconsentì lui
- Signorina, ha detto che può riceverla subito, prenda l’ascensore, quinto piano, vada a sinistra, quarta porta sulla destra. Buona giornata.
- Grazie mille, anche a lei.
Jackie si diresse verso l’ascensore, era molto spazioso, probabilmente anche molto utilizzato dal momento che i piani totali erano ben undici. Arrivata al quinto piano andò a sinistra, quel corridoio era immenso; trovò la porta e bussò.
- La porta è aperta, entri pure - disse una voce all’interno della stanza.
La ragazza entrò - Salve, io sono la dottoressa Parson, mi occupo dei sette sopravvissuti all’incendio, più che altro del loro stato mentale.
- Salve, io sono il signor Anderson, come mai è qui? - disse allungandole un biglietto da visita.
- Vede, tutti ricordano un gran caldo quella sera, provocato dal surriscaldamento dei tubi e dei cavi dell’ascensore, ritengo sia questa la causa dell’esplosione...
- Non è così, abbiamo già parlato con la polizia, agente Sherridan mi pare, sappiamo che la causa è stata una sigaretta. Quindi non vedo il motivo di fare altre indagini riguardanti l’incendio.
- Ma la signorina Copperfield giurerebbe... - non poté continuare che l’uomo la interruppe.
- Ah, la signorina Gwen, quella ragazza farebbe carte false per aver un po’ di denaro ricavato da una denuncia magari infondata.
- Come stavo dicendo, la signorina Copperfield giurerebbe di aver sentito il muro molto caldo, quello che da sull’ascensore, e così ha detto di aver telefonato qui da voi, e che un impiegato le ha detto di non preoccuparsi, poiché era tutto normale.
- Non è possibile, la notte non offriamo assistenza telefonica. Deve averle sicuramente mentito, e ora, se non le dispiace, avrei del lavoro da svolgere.
- Certamente, grazie del suo tempo - disse Jackie.
- Arrivederci - la salutò in tono scontroso il signor Anderson.
- A presto - ribatté lei, lasciando intendere che sarebbe tornata.

La dottoressa si recò così in centrale. Vide l’ispettore Sherridan e gli andò incontro.
- Buongiorno, posso chiederle un favore?
- Salve signorina, si mi dica.
- Molti dei superstiti sostengono di aver sentito un forte rombo quella sera provenire dal terzo piano, e credono che la causa dell’esplosione non sia una sigaretta, ma bensì l’impianto mal funzionante dell’ascensore.
- I nostri tecnici hanno già fatto le dovute analisi, non è così.
- Va bene ma...
- Nessun ma, qui la polizia siamo noi, ci lasci svolgere le indagini.
- Okay mi scusi, posso avere l’elenco delle telefonate che hanno fatto dal palazzo quella sera? Almeno per verificare la versione dei fatti...
- Si certo, non li abbiamo in forma cartacea, quindi se per lei non è un problema glieli facciamo avere per e-mail.
- Certamente, grazie mille, arrivederci.
- Arrivederci - Rispose l’uomo scocciato

Jackie tornò a casa per le otto, si fece una doccia rigenerante, apparecchiò, mise a scaldare l’acqua, avrebbe fatto gli spaghetti. Mentre si preparavano aprì la mail.
- Non importante, cestina, considera come spam... Ah, eccola! - disse quando vide il messaggio arrivato dalla centrale di polizia.
- Cavolo, ci sono tutte le telefonate fatte la sera dell’incendio, dunque, Gwen ha detto di aver telefonato intorno alle due e un quarto... ehm... - La dottoressa sospirò, probabilmente non avrebbe trovato la telefonata... invece...
- Eccola! Alle due e diciotto, fatta dall’appartamento 13 verso il numero della “Motorizzati & Co.”, è durata undici minuti, ha speso settantaquattro dollari per nulla, bastardi, hanno mentito.
La ragazza mangiò gli spaghetti, erano scotti. Si sedette sul divano a guardare un film tenendo sott’occhio l’orologio. All’una e tre quarti prese il telefono, compose il numero 747-8345221.
- Buonasera, grazie per aver chiamato la "Motorizzati & Co.", come posso esserle utile? - disse la voce dall'altro capo del telefono.
- Salve, chiamo perchè nel nostro palazzo abbiamo un vostro ascensore, e ci siamo tutti accorti che è molto caldo, crediamo possa... ecco... esplodere. Potete fare qualcosa? - disse Jackie
- No... Non di nuovo - disse sottovoce l'impiegata
- Che succede?
- Mi dispiace, deve aver sbagliato numero. - E riagganciò
Ormai era tutto chiaro, la colpa era sicuramente dell'ascensore, altro che di una sigaretta!
Squillò il telefono, il numero era quello di Gwen Copperfield
- Ciao Gwen, come stai?
- Ehm... Salve... Mi serve il suo aiuto, credo che mi stiano inseguendo. Sono andata al bar prima, mi hanno licenziata. Uscendo ho incontrato un uomo, e quando mi ha visto ha esclamato "ehi, tu sei una dei sopravvissuti, sei la Copperfield!"; io stavo piangendo, così ho girato i tacchi, lui mi ha afferrato un braccio e ha iniziato ad insinuare che le mie parole rischiavano di mandare in malora la sua ditta...
- Gwen calmati, com'era quell'uomo?
- Abbastanza alto, sulla quarantina, capelli neri e corti, indossava un bel vestito... lo conosce?
- Merda. Gwen è il capo della "Motorizzati & Co.", dove sei?
- Correndo ho fatto il giro di mezza città! Mi trovo all'incrocio tra... chi sei?
- Gwen?
- Aiuto! Jackie!
- Gwen! Gwen rispondi!
Era caduta la linea, la dottoressa veloce compose il numero della polizia, i quali le dissero che avrebbero iniziato a pattugliare varie zone. Chiese che le passassero l'ispettore Sherridan, ma quello non era in centrale, così si fece dare il suo indirizzo e ci andò dritta in macchina.

La casa era molto bella, stile vittoriano. Suonò il campanello, qualche secondo dopo si accesero le luci al piano di sopra, si udirono i rumori di passi sulle scale. Sherridan aprì la porta.
- Ma che diavolo, signorina Parson ha idea di che ore siano?
- Si, l'ora in cui mi ha svegliato lei l'altra notte. Devo parlarle.
- Ehm... Okay, si accomodi - disse scortando nell'ampio salotto la ragazza - Che succede?
- Ho fatto delle indagini private, e ho scoperto che Gwen la sera dell'incendio ha chiamato la ditta dell'ascensore per lamentarsi dell'eccessivo calore che questo emanava, così sono andata alla "Motorizzati & Co." per aver qualche risposta a riguardo, ma loro hanno detto di non aver ricevuto telefonate quella sera, anche perché il centralino non è aperto di notte...
- Non la seguo... - disse l'ispettore
- Hanno mentito. Ho chiamato circa un'ora fa, e hanno risposto. Poi ho ricevuto una chiamata da Gwen, era spaventata, un uomo simile al proprietario della ditta produttrice dell'ascensore l'aveva importunata. Di colpo si è messa ad urlare al telefono, c'era qualcuno con lei, qualcuno che voleva farla tacere, dopodiché è caduta la linea...
- Oh mio Dio. Si è rivolta alla polizia?
- Si, stanno pattugliando la città... Signore capisce che questa è la prova che l'incendio non è stato causato dalla guardia?
- Noi abbiamo trovato mozziconi di sigarette, marca Holden, sappiamo che è lui la causa di tutto.
- Vi sbagliate lo vuole capire?
- No signorina, è lei che si sbaglia.
- Cristo santo, vi ha corrotti.
- No signorina, si sbaglia anche in questo - disse avvicinandosi a lei.
- Stia lontano da me! Farò uscire questa merda di verità! - disse Jackie correndo fuori dalla casa.

Erano quasi le dieci, stava per iniziare l'incontro, erano arrivati Susan e Peter, seguiti da Holly, ma senza Owen, poi Jack e Sam.
- Holly che fine ha fatto il tuo ragazzo? - Chiese Jackie
- Non lo so, è uscito prima dopo aver ricevuto una telefonata, dovevamo trovarci qui, ma evidentemente non è ancora arrivato... non posso nemmeno contattarlo, ha dimenticato il suo telefono nella mia auto.
- Ehm scusa la domanda indiscreta, posso vedere il telefono?
- Si certo, l'ho messo nella borsa... Aspetti eh... eccolo, tenga.
La dottoressa prese il telefono, elenco chiamate, ricevute. Proprio quello che pensava. L'ultima chiamata arrivava dal numero della "Motorizzati & Co."
- Holly... Owen è in pericolo. Credo scomparirà proprio come Gwen! Quelli della ditta dell'ascensore vogliono coprire l'incidente per non prendersene la colpa...
- E questa è la verità - disse Sam.
- Cosa? - Rispose Jackie voltandosi verso di lui.
- La verità è che la ditta non centra niente, la colpa è di quella fottuta guardia. Ho perso tutto a causa sua. Almeno è morto!
- Sam come puoi dire una cosa del genere?
- Lo dico perchè so che è così... Ne ho la certezza ora.
- No... Sam, ti hanno corrotto?
- No. Ho semplicemente trovato l'uscita, la forza per andare avanti - disse il ragazzo alzandosi in piedi ed uscendo.
- Io la penso come lui - disse Jack, e se ne andò dietro di lui.
- Noi siamo anziani, ci rimaneva meno tempo, per noi è stato più semplice accettarlo... - sospirò Susan alzandosi e portando fuori Peter.
- Non posso crederci! Della gente è morta a causa loro e voi lo accettate così? Mi fate schifo! - Urlò Jackie.
Erano rimaste solo lei e Holly, la poveretta era rimasta immobile, in lacrime.
- Vieni a casa con me, lì sarai al sicuro - disse la dottoressa.
Le due ragazze partirono insieme in auto.

- Vado un attimo sul retro a fare il bucato, tu sta qui - disse Jackie sorridendo alla povera ragazza.
La dottoressa uscì un attimo. Poi dalla casa provenne un suono, un rumore come di vetri rotti. Corse subito in casa.
- Holly! Holly! Dove sei?
In casa non c'era nessuno, solo la tazza da caffè rotta in terra.
Jackie prese il telefono, estrasse il bigliettino da visita del signor Anderson. Chiamò nel suo ufficio, rispose la segretaria, la quale disse che avrebbe potuto trovare l'uomo a casa sua, le diede l'indirizzo.
La ragazza partì veloce, era ormai pomeriggio inoltrato.
Raggiunse la destinazione in circa quindici minuti. Lo vide subito. Era seduto fuori, sotto la tettoia, a fumare una sigaretta.
- Lei è un bastardo! Li sta uccidendo tutti! Li ha pagati! Lei vuole il silenzio! Deve solo andare al diavolo! - urlò Jackie contro l'imprenditore.
- Si sbaglia di nuovo signorina, lei non riesce a vedere chiaramente le carte che sono in tavola.
- Dove sono tutti? Dove ha nascosto i corpi?
- Sono tutti dentro, loro sono proprio dentro.
- Non è possibile! - Urlò battendo sulla porta che non riusciva ad aprire.
- Loro sono entrati perchè hanno compreso tutto, lei ancora no invece.
- E' solo uno bastardo, un fottuto bastardo - disse piangendo e rannicchiandosi davanti all'entrata.
- Esatto, sono la causa, è il momento che anche lei capisca - disse rientrando in casa.

Jackie continuò a piangere per qualche minuto, poi si accorse che il signor Anderson aveva lasciato la sua valigetta accanto alla sedia, si avvicinò, la sollevò ruotandola per far cadere tutto.
Dentro c'erano un'agenda con segnati i suoi turni di lavoro, tutti notturni - Fortuna che nessuno lavora lì di notte - pensò la ragazza; poi un pacchetto di sigarette Holden e un elenco.
- Questo è l'elenco dei residenti del palazzo, quel bastardo voleva conoscere le sue vittime... Ma... C'è un errore, qui segna che non ci sono superstiti.
Poi lo lesse, si era proprio quel nome. Parson Jackie, appartamento 22.
Così riuscì a ricordare tutto.

Quella sera Jackie era tornata a casa verso le undici dopo una pizza con i suoi amici, faceva molto caldo, non riusciva a prendere sonno, erano quasi le due e trenta, così aveva deciso di andare a rinfrescarsi in bagno, aveva aperto un rubinetto, ma l'acqua aveva iniziato a schizzare ovunque. Era corsa al citofono.
- Signor Anderson, è lì?
- Si signorina, sono di turno stasera, che succede?
- Ho un problema qui, un rubinetto che perde, potrebbe aiutarmi?
- Arrivo subito
La guardia credeva di aver posato la sigaretta accesa sul posacenere. Questa si era ribaltata; la carta bruciava velocemente.
Anderson era arrivato all'appartamento 22, in pochi minuti era riuscito ad aggiustare il rubinetto. Jackie lo ringraziò mentre usciva, poi entrambi udirono una forte esplosione, le fiamme erano ormai ovunque. Non potevano fare più nulla.

Ora era tutto chiaro nella sua mente, ricordava tutto, aveva compreso, le lacrime iniziarono a scendere sul suo volto.
La porta alle sue spalle si spalancò, in quel preciso istante, solamente per lei.
   
 
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