Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: Martha_Herondale    04/08/2014    3 recensioni
Salve, bella gente! Questa è la seconda fanfiction che scrivo su Death Note e avrà per protagonista un personaggio non molto popolare (io lo amo invece), ovvero Near. La storia ruota attorno al suo rapporto con una certa ragazza (nuovo personaggio) e ad un nuovo intricato caso. La fan fiction è divisa in due parti: i primi capitoli sono sulla loro infanzia alla Wammy's House, mentre per il resto indagano sul caso.
"Si era sempre chiesta, come possono due cuori di ghiaccio scaldarsi a vicenda? Ma in realtà, i loro cuori si erano scontrati con un tale violenza, da andare in frantumi, sciogliendosi quindi con facilità."
Genere: Dark, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

C’era una volta una bambina, il suo nome era Emily. C’era una volta una bambina orfana, triste e sola. C’era una volta una bambina che piangeva lacrime amare rannicchiata in un angolo, circondata dalle fiamme, e gridava di dolore per le ferite del corpo e del cuore.
Poi, fra le lingue incandescenti di fuoco scarlatto, apparve una sagoma scura. La sagoma si fece strada fra le fiamme, dirigendosi verso di lei. Man mano che si avvicinava, i contorni della sagoma si fecero più nitidi: era un giovane pallido come uno spettro, alto e magro, con le spalle un po’ curve e una zazzera di capelli neri. Il ragazzo si chinò su di lei, avvolgendola fra le braccia e traendola in salvo. Emily si avvinghiò a lui e nascose il volto nella sua maglietta bianca, ormai grigia di cenere.
Era così che ricordava L, e così lo avrebbe sempre ricordato: un angelo celeste sceso in terra, un angelo candido che si ergeva sopra di lei e la salvava, candido nonostante la cenere e la polvere nera.
 
Si svegliò lentamente, sentendo dolore dappertutto. Si trovò immersa nel bianco: lenzuola bianche, pareti bianche e porta bianca. La stanza sconosciuta era spoglia, fatta eccezione per il letto sul quale giaceva e una sedia di legno, ovviamente tinta di bianco, lì accanto.
Proprio su quella sedia, era appollaiato in una strana posizione un ragazzo dall’aria familiare… Ma certo! Era il suo salvatore!
Indossava gli stessi vestiti, ma puliti ovviamente, ed era intento a mangiare una fetta di torta con panna e fragole.
Non appena questo si accorse che era sveglia, mise giù la torta e le sorrise. Era un sorriso carino, ma con quelle profonde occhiaie e il pallore cadaverico, risultava piuttosto inquietante.
Ricambiò il sorriso, sentendosi un po’ in colpa per averlo definito inquietante, d’altro canto gli doveva la vita.
 - Dove mi trovo? – chiese la bambina con fatica. Si sentiva la bocca arida e le labbra appiccicose. – Sono in ospedale?
 - No. – rispose il ragazzo. – Siamo alla Wammy’s House.
Emily lo guardò interrogativa.
 - Ѐ un orfanotrofio… - spiegò L esitante.
La bambina sapeva già che fine avessero fatto i suoi genitori, ma sentirselo dire fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Trattenne a stento un singhiozzo, rimandando le lacrime a più tardi, odiava piangere in pubblico.
 - Sì, certo, capisco. – disse con voce rauca. – E questa sarebbe la mia stanza?
 - Sì, ma non solo la tua.
 -Che vuoi dire? – chiese Emily perplessa.
 - Purtroppo al momento non c’erano camere disponibili, così un ragazzino si è gentilmente offerto di ospitarti.
 - “R-ragazzino”? – balbettò imbarazzata. – Maschio?!
 - Esatto. Non ci sono molte femmine qui.
Emily si guardò intorno: se già ci stava qualcuno, perché era così spoglia la stanza?
 - Ha semplicemente messo da parte le sue cose per paura che potessero essere d’intralcio. – disse il ragazzo, rispondendo alla sua muta domanda.
Emily si voltò, mettendo momentaneamente da parte tutte le sue domande per concentrarsi su di lui. Era un po’ strambo, ma persino con una sola occhiata, si riusciva a capire di quale mente geniale fosse dotato.
 - Chi sei tu?
 - Io sono L. – rispose con naturalezza. – Tu invece come ti chiami?
Era chiaramente un nome falso. Dopo ciò, di certo non gli avrebbe svelato il suo.
 - Piacere, L. Io sono Lyem.
 - Ѐ un bel nome. – commentò l’altro. – D’ora in poi è così che sarai chiamata.
Le sembrava già abbastanza strano, che quello che probabilmente era il direttore dell’orfanotrofio, le si presentasse con un nome palesemente falso, figuriamoci quindi, dover celare la sua identità anche agli altri ragazzi. Ma… aspetta… c’era qualcosa che non tornava. Perché mai il direttore di un orfanotrofio si era disturbato a salvarla da un incendio? O lui non era il direttore, o quello non era un normale orfanotrofio. O forse entrambe le cose.
 - Questo non è un orfanotrofio come gli altri, e io non ne sono a capo. – la informò L, confermando le sue ipotesi. Ancora una volta quel tizio l’aveva praticamente letta nel pensiero… Straordinario!
 - Cos’ha di diverso? – chiese la piccola.
 - Non ora. – la interruppe L. – Ti sei appena ripresa ed hai bisogno di riposo. Presto parlerai con il vero direttore, che ti spiegherà ogni cosa.
Sorrise e scese dalla sedia, avviandosi verso la porta.
 - L! – lo bloccò Emy.
 - Sì?
 - Grazie. – disse semplicemente.
L sorrise nuovamente, per poi sparire oltre la porta, lasciandola sola e con mille dubbi in testa.
La stanza era perfettamente illuminata, grazie alle tende bianche che filtravano la luce solare. Doveva esserci una bella giornata fuori, in netto contrasto con il suo umore.
Tirò su le coperte fino al naso e chiuse gli occhi. Rivisse praticamente tutta la sua vita, fino a quel fatidico giorno che aveva spezzato la sua esistenza perfetta, anzi no, l’aveva completamente distrutta, perché una famiglia lei non ce l’aveva più.
Le lacrime cominciarono a colarle copiose sul volto, mentre scoppiava in un rumorosissimo pianto isterico. Si stava giusto crogiolando nel dolore, quando la porta si aprì.
A causa della vista offuscata dalle lacrime, riuscì a distinguere appena una figura piccola e minuta, tutta bianca, che se ne stava immobile sulla soglia.
Per un attimo ebbe lo sciocco impulso di gridargli di sparire, ma poi realizzò che molto probabilmente, si trattava del suo compagno di stanza. Fantastico! Era la prima volta che si incontravano e lei stava letteralmente annegando nelle lacrime. Chissà che opinione orribile si stava facendo…
Ma il bambino dal viso rotondo e bianco come la luna piena, era tranquillo, inespressivo, a dirla tutta.
Near entrò e chiuse la porta dietro di sé. Si avvicinò al letto.
Aveva i capelli bianco-argento, la pelle liscia e pallida e un paio di occhi grigi talmente profondi da far accapponare la pelle. Un albino.
 - Perché piangi?
Era fermo davanti a lei e la fissava.
 - N-no. – balbettò, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano e mettendosi a sedere.
 - Cosa no? Mi vuoi forse negare di star piangendo?
 - No non ti voglio dire il motivo. – rispose Emily con voce incredibilmente ferma.
 - Come vuoi. – disse l’altro, senza manifestare nessuna emozione.
Rimasero un po’ in silenzio, a studiarsi a vicenda. Quella bambina era graziosa, pensò Near, avvolgendo una ciocca bianca intorno all’indice. Aveva dei bei riccioli scarlatti lunghi fino alla vita e grandi occhi di un insolito blu elettrico, ora rossi per le lacrime.
 - Tieni. – disse Near, porgendole il suo fazzoletto di stoffa bianca.
 - Grazie. – rispose Emily, stupita da quel gesto di gentilezza. – Come ti chiami?
 - Near, tu?
Ecco, un altro nome falso.
 - Secondo me, quando ci si presenta, bisognerebbe aggiungere qualcosa di personale, così risulta più semplice stringere amicizia. – rispose invece.
 - Del tipo? – chiese Near, continuando a tormentarsi i capelli.
 - Che so, qualcosa che ci piace… o magari qualcosa che detestiamo…
Aveva sempre avuto questa particolare convinzione sul presentarsi.
 - Mi chiamo Near e mi piace risolvere puzzle. – disse inaspettatamente il bambino. Credeva che l’avesse mandata al diavolo.
 - Io mi chiamo Lyem e ho una fissazione per i peluche. – si presentò a sua volta Emily.
Per un attimo gli occhi di Near si illuminarono, nell’udire quelle parole. Fu soltanto un attimo, ma lei se ne accorse ugualmente.
 - Anche a me piacciono. – commentò Near, fingendo distacco.
E da quel momento andarono d’accordo.
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Martha_Herondale