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Autore: Amy Dickinson    06/08/2014    3 recensioni
Una piccola favola, semplice e priva di pretese, dedicata al mio OTP in questo fandom: SanSan ❤ 
Sansa è una bambina che vive tranquilla la sua vita nel villaggio di Winterfell, scandita dalle passeggiate con Lady, dalle faccende di casa e dai litigi con sua sorella Arya. Un incontro segnerà una svolta nella sua esistenza e un evento incredibile la cambierà per sempre :3
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Amy Dickinson © 2014 (06/08/2014) 

Disclaimer: Tutti i personaggi appartengono a George R. R. Martin, HBO e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata redatta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla, ma non ha alcun fine lucrativo, né tenta di stravolgere in alcun modo il profilo dei caratteri noti. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

 

 

 

 

 

 

 

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- Capitolo Otto -

 

Dieci anni dopo...  

«...con la sua siamo già a tre proposte di matrimonio, ma che succede a tutti quanti?» stava dicendo Sansa, il respiro caldo condensato in nuvolette di vapore che si disperdevano nell’aria invernale, mentre camminava sulla neve fresca con passo leggero, preceduta da Lady come da abitudine. 

«Non lo so» rispose Sandor, trasportando in spalla un mucchio di ciocchi di legno dall’aria molto pesante. 

L’uomo mentiva, sapeva benissimo cosa passava nella mente di chi la guardava. Aveva ormai diciotto anni, era diventata una giovane donna, sarebbe stato impossibile non notarla. Era alta, aggraziata, formosa nei punti giusti. I capelli rossi erano cresciuti, le scendevano lungo la schiena e le incorniciavano il bel viso candido, sul quale spiccavano gote rosate e i sempre meravigliosi occhi azzurri. Era bellissima, incantevole. Infine, essendo figlia del podestà, era anche un ottimo partito. 

«Cambiando discorso, zio Benjen scrive che ha un incarico fuori da Castle Black e che, con l’occasione, verrà a trovarci e... Sandor, ma mi stai ascoltando?»

Annuì. 

«Che cos’hai?»

«Sono stanco» 

Come risposta era credibile, a parte Hodor non c’era uomo altrettanto forte nei paraggi, quindi lavorava da mattina a sera, tagliando legna nella Foresta del lupo e trasportandola fin dove occorreva.  

«Hai rifiutato le prime due proposte, che farai con la terza?» si decise poi a domandarle, spostando la conversazione sull’argomento precedente.  

«Mi stai davvero chiedendo se sposerò Petyr?» 

Fece una smorfia e una risata cristallina le uscì dalle labbra. 

«Proprio no. Né lui, né gli altri»

«Vuoi rimanere zitella?» 

La ragazza rise ancora e più forte. 

«Tutt’altro! Ma non voglio accontentarmi: sposerò solo chi mi ruberà il cuore» 

Sandor storse la bocca e fu il suo turno di ridere. 

«Non sei un po’ cresciuta per queste sciocchezze?»

«Essere romantici non ha età» 

«Ammettilo, è assurdo credere che arriverà qualcuno da chissà dove solo per sposare te»

«Parli proprio tu che sei stato un cane per anni? Andiamo!»

«È stato un incidente, non una mia fantasia. È diverso»

«Ma resta comunque una storia che ha dell’incredibile»

«Però è vera»

«Anche il fatto che avrò il mio lieto fine lo è»

«Con un aitante cavaliere?»

«E chi dice che stia aspettando un cavaliere?»

«No?»

«No» rispose secca, diventando seria e fermandosi di colpo. «Chissà, magari aspetto un mastino, invece»

Sandor avanzò di un paio di passi sul sentiero che dall’Albero-diga portava verso Winterfell, quindi si arrestò a sua volta. Aprì la bocca, richiudendola subito dopo. Era troppo sorpreso per dire qualcosa. 

«Hai sentito bene» disse lei, come se le avesse chiesto una conferma. 

«Non sai quello che dici» fece, riprendendo a camminare.  

«Perché no?» chiese, seguendolo. 

«Siamo amici»

«E con questo?»

«Una cosa del genere rovinerebbe tutto»

«Io credo che lo rafforzerebbe, invece»

«Ne dubito»

La ragazza lo guardò in silenzio per un lungo momento, studiando la sua espressione arcigna e meditando. 

«Qui c’entra mio padre. Sono stata una figlia buona, educata, giudiziosa e ubbidiente. Non capisco perché ora voglia negarmi di essere felice»

«Ned vuole solo il tuo bene, non si può biasimare per questo»

«Se volesse il mio bene non avrebbe fatto in modo di limitare la quantità di tempo che passo con te»

«Non mi sembra che te lo abbia impedito, comunque»

«Però non ha fatto altro che decidere per me»

«Eri una bambina»

«Beh, adesso non lo sono più!» 

«Non da molto»

Sansa gli diede un’occhiataccia. L’essersi scaldata le aveva colorito le guance di una tonalità poco più accesa, facendola apparire ancora più attraente del solito. Sandor lo notò e deglutì. 

«Dovrei provare a parlargli» insisté lei, mordicchiandosi il labbro con fare nervoso. 

«Sarebbe inutile, sai bene come la pensa e io sono d’accordo con lui» 

«Ma perché?»

«Perché è solo l’ennesimo capriccio, domani ti sarà passato e vorrai qualcos’altro. Non so neanche come ti sia venuto in mente»

Quelle parole la offesero. Solo i bambini facevano i capricci e lei non lo era. Non aveva più otto anni, eppure tutti continuavano a trattarla come se così fosse, persino lui. E la cosa non le faceva affatto piacere. L’avrebbe mai guardata con occhi diversi? Ma, soprattutto, l’avrebbe mai davvero guardata? 

«Ti dico che non lo è»

«Lascia stare. Diciotto anni sono ancora pochi, hai tutta una vita davanti»

«Quindi il problema è l’età?» chiese. «Avanti, sei solo qualche anno più grande di me»

«Qualche anno, dici?» sghignazzò, sinceramente divertito. «Sedici anni per te sono qualche anno? Buona questa!»

«Non sarebbe il caso peggiore, anzi, proprio l’altro giorno mio padre stava parlando con Vayon di un certo Walder e della sua nuova moglie che pare abbia quasi trent’anni meno di lui...»

«Io non sono un vecchio depravato!» ringhiò. 

«Lo so, non era un paragone, voleva essere solo un esempio...»

«Non accostare più quel nome al mio!»

«Va bene, non lo farò più» promise. «Ma sappi che a me non importa della differenza d’età»

Camminarono senza più aprire bocca per un tratto di strada, poi lei gli si parò davanti, sbarrandogli la strada. 

«Non provi assolutamente nulla per me?» domandò. 

«Che razza di domanda è?» fece, aggrottando le sopracciglia. 

«Su, rispondimi»

«Beh, siamo amici, lo hai sempre detto anche tu»

«Tante grazie, questo lo so già»

«Cosa vuoi che ti dica, allora?»

«Non ti piaccio?»

Sandor proprio non sapeva cosa rispondere. Avrebbe dovuto dirle di no, ma come poteva mentire in modo così spudorato? Nella penombra serale lei appariva come l’incarnazione terrena della Fanciulla, così bella e pura da togliere il fiato. Ma, d’altra parte, non poteva assecondarla, né illuderla. Distolse lo sguardo e si concentrò sulla strada. Si schiarì la gola ma non parlò. 

«Dimmelo, ti prego» insisté Sansa. «Voglio sapere la verità. Sei sempre stato sincero con me, non devi smettere di esserlo, non ora»

«Non si tratta di questo...»

«Almeno guardami!»

Pur sapendo che farlo avrebbe complicato le cose, obbedì. Spostò lo sguardo dal sentiero innevato su quel volto delicato. Il rossore sulle guance si era fatto ancora più intenso e nelle iridi cristalline si riflettevano le luci delle prime stelle. 

«Sansa...»

Lei sussultò. Erano passati dieci anni, eppure ogni volta che quella voce profonda pronunciava il suo nome, un leggero fremito la scuoteva. Nessun’altra persona lo diceva in quel modo, facendolo suonare così bene. 

Incominciò a nevicare, ma nessuno dei due parve accorgersene. 

«In tutta sincerità, sei la ragazza più bella che abbia mai visto» trovò il coraggio di dire, appoggiandole le mani sulle spalle. «Sono molto legato a te»

Un sorriso si estese sulle labbra della ragazza. 

«Ma è proprio per questo che non si può. Sono già vecchio per te e sono un essere mostruoso, inutile negarlo. Tu meriti di meglio»

Sansa scosse forte la testa. 

«Non dire questo, io non ho mai pensato che fossi un mostro»

«Vuoi negare che questa cicatrice ti faccia orrore?»

Osservò la bruciatura che copriva metà del volto dell’uomo. 

«Quando ero piccola mi spaventava un po’, lo ammetto. Ma ora le cose sono diverse»

«Cosa c’è di diverso? La mia faccia rimarrà così per sempre. Credi di volere al fianco una persona come me per il resto della tua vita?»

«Sì, accidenti!»

Fu il turno di Sandor di scuotere la testa. 

«Non ti rendi conto di cosa vorrebbe dire per te»

«Invece sì! Tu mi vai bene così come sei. E poi, se hai quella cicatrice è solo colpa mia...»

«È la compassione che ti fa parlare?»

«No, non è così, io...»

«Adesso basta!»

La scansò bruscamente con una mano e riprese a camminare. 

«Perché ti ostini a non voler capire?» gli gridò dietro. «Io... io...»

Sandor continuò a lasciare orme nella neve come se nulla fosse. 

«Ti amo!» 

Due semplici parole che riecheggiarono nel silenzio del sentiero, colpendo tutto ciò che c’era intorno a loro, rimbalzando sulla coda di Lady e giungendo alle orecchie dell’uomo, lasciandolo senza parole e inchiodandolo sul posto. Aveva capito bene? 

Girò lentamente la testa, poi il resto del corpo e la guardò. La giovane aveva il fiato corto, come se pronunciare quelle parole l’avesse provata fisicamente. Sulle guance delle lacrime brillavano come ghiaccio sul punto di sciogliersi, gli occhi erano due lucide gemme liquide, le ciocche rosse ondeggianti nel vento. Una visione di tormento e bellezza insieme. 

«È con te che sono cresciuta, è a te che devo tutto» disse con voce spezzata. «E come ti ho ripagato? Con una cicatrice!»

«Non è stata colpa tua» le rispose. 

«Sì, invece. Non mi perdonerò mai per quello che ti è successo a causa mia...»

«Ascolta...»

«...ma non si tratta di questo, adesso. Proverei le stesse cose per te, con o senza cicatrice. E non mi importa di quello che potrebbero dire o pensare gli altri. Sandor, tu mi piaci, dentro e fuori, e io ti amo per ciò che sei» 

L’uomo sgranò gli occhi, la carne intorno alla bruciatura pulsò per un istante. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma le parole gli rimasero bloccate da qualche parte in gola. 

«Se tu non senti le stesse cose per me, sono pronta ad accettarlo, ma devi dirmelo. In tutto questo tempo non ti sei mai esposto e il dubbio mi ha quasi consumata. Sii sincero, ti prego»

Sandor appoggiò il mucchio di legna contro il tronco di una quercia e le si avvicinò, arrestandosi ad un passo da lei. La guardò con espressione seria e indecifrabile, soffermandosi sui suoi occhi chiari, incatenandovi i suoi più scuri. Alzò le mani davanti a sé, prese i lembi del cappuccio del mantello della ragazza e, sfiorandole una guancia con il dorso villoso, lo sollevò a coprirle la testa per ripararla dai fiocchi di neve.

“Se mi respingerà, dovrò rispettare la sua scelta” si disse la giovane. “Anche se ne uscirò con il cuore spezzato”  

«Onestamente, Sansa, credo che sarebbe un grosso errore»

Lei annuì con la testa, abbassò lo sguardo e affondò i denti nel labbro inferiore. La delusione era palese sul suo viso, quelle parole facevano male, anche troppo. 

“Non mi vuole” pensò con amarezza, sentendo nuove lacrime sporgersi oltre le ciglia. “Dovevo aspettarmelo, per lui sarò sempre e solo una bambina. Sono stata così stupida ad aver creduto che...”

«Tuttavia» continuò l’uomo, prendendole il mento tra il pollice e l’indice, costringendola ad alzare gli occhi e a guardarlo da vicino. «Se un errore può farmi stare così dannatamente bene, allora lo commetterò» 

Sansa sentì il cuore fermarsi per un istante. 

«Questo significa che...?» sussurrò, mentre un barlume di speranza le scintillò negli occhi e nel petto si andava diffondendo un piacevole tepore. 

Non disse nulla, si chinò su di lei e la baciò. Sansa necessitò di un momento per rendersi conto di quanto le stava accadendo, quindi chiuse gli occhi e rispose all’effusione. Le sue labbra si schiusero e accolsero quelle di Sandor, muovendosi prima con dolce impaccio, poi con una foga crescente. Lui cinse la vita della ragazza con entrambe le mani, sollevandola in alto e stringendola a sé con le sue braccia possenti. Lei gli affondò le mani nei capelli umidi di neve e seguitò ad assaporare quella grande bocca, mentre la barba le solleticava ripetutamente il mento e l’arco di cupido. Poi l’uomo si spostò a baciarle una guancia, la mandibola, il lobo, il collo e la clavicola, lasciando una scia rovente su quella pelle fresca e nivea. Tanto ardore le strappò un sospiro che risuonò come un gemito, al quale lui rispose con un sorriso di compiacimento. I loro occhi si incontrarono, vivaci come fiammelle. Sansa si sporse in avanti perché potessero baciarsi ancora, ma Sandor si limitò a guardarle le labbra. Il lampo di avidità che gli attraversò le iridi scomparve quando chiuse le palpebre. 

«È tardi, devo riportarti a casa, uccellino» disse, rimettendola giù. 

«Sì...» annuì lei, pur sentendo già la mancanza di quei baci. 

Sandor sciolse l’abbraccio, diede una carezza a Lady, che non aveva smesso di girare attorno a loro e scodinzolare allegramente nemmeno per un attimo, quindi andò a prendere il carico di legna e se lo rimise in spalla. La giovane e il meta-lupo lo raggiunsero e ripresero il cammino assieme.  

Ad un tratto, Sansa accostò la propria mano a quella grande e callosa di Sandor e sorrise quando lo sentì afferrarla e stringerla nella propria. 

«Sei davvero decisa a voler passare la tua vita con me?» chiese, improvvisamente incapace di guardarla in viso. 

«È quello che desidero di più al mondo» rispose senza esitazione, sorridendo. 

«Una vita è un tempo molto più lungo di quanto pensi, potresti anche pentirtene»

«Non potrei mai stancarmi di te. Forse tu potresti volere un’altra donna, un giorno...»

Sandor rise. 

«Dico sul serio»

«Non succederà. Sono anni che ti aspetto»

Il pollice accarezzò il dorso della piccola mano, come a darle una conferma. Ciò la fece sorridere ancora.

«Davvero?»

Lui annuì con la testa e lei sentì di potergli credere. 

Winterfell era magnificamente illuminata da centinaia di lanterne di pietra a forma di alberi-diga. Erano appese in ogni dove per via della ricorrenza annuale secondo cui gli abitanti glorificavano gli Antichi dei. 

Camminarono a passo spedito in mezzo a quel mare di luci fino a casa Stark, arrestandosi davanti alla porta per riposare un po’. La ragazza ne approfittò per fargli una carezza sulla guancia sinistra, toccando delicatamente la carne secca con il palmo. Un’espressione triste e colpevole le fece sporgere inconsapevolmente il labbro inferiore in avanti.  

«Lo rifarei» disse lui, intuendo i suoi pensieri e coprendole la mano con la propria. «Per salvare il mio uccellino»

“Il suo uccellino...” pensò, ancora incredula. 

Quel semplice appellativo non era mai stato tanto significativo per lei come in quel momento. Sansa sorrise e l’uomo fece altrettanto, poi si abbassò e la baciò di nuovo. 

«Resti a cena con noi?» gli chiese. 

«Un’altra volta» rispose Sandor.

«Ma...»

«Non essere impaziente. Abbiamo tempo, ma questo carico di legna non si consegna da solo» 

«Va bene. Posso accompagnarti a farne dell’altra anche domani?»

«Certo»

Si congedò da lui con un abbraccio e bussò alla porta. Vederlo allontanarsi la rese malinconica ma si rincuorò subito, pensando che la distanza che c’era stata fra loro in tutti quegli anni ormai non esisteva più e che, a partire da quel giorno, le cose sarebbero cambiate. E in meglio. 

Si ripromise che, dopo aver atteso per un decennio, nulla le avrebbe più impedito di amare il suo Sandor, l’uomo per il quale aveva perso la testa al primo sguardo, nonostante la bruciatura. Era cresciuta e adesso sapeva ciò che voleva. Nessuno avrebbe più potuto separarla dalla persona che amava, suo padre se ne sarebbe fatto una ragione. 

“Non ha detto apertamente che mi ama, ma i suoi occhi hanno parlato per lui. Oh, e le sue labbra...”

Quando, poche ore più tardi, si coricò nel suo letto, Sansa diede la buonanotte a Lady e sospirò, guardando il cielo oltre la finestra e pensando a colui che era stato un mastino. 

Mentre i pensieri fluivano nella sua mente, unendosi ai sogni leggeri del dormiveglia, un gufo bubbolò su un albero in giardino. 

“Io sono il suo uccellino, lui è il mio mastino. Insieme saremo felici, finalmente”

Da bambina si era sempre chiesta di cosa sapesse la felicità. Un sorriso piegò all’insù le sue labbra, perché ormai conosceva la risposta e un giorno l’avrebbe gridata ai quattro venti. 

La felicità aveva il sapore di Sandor. 

 

 

 

 - Fine - 

 

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L’angolo di Amy

Ciao gente,

è finita e so che mi mancherà. Lo so, ha mille imperfezioni, ma dovevo scriverla, erano mesi che questa piccola storia voleva uscire fuori e ci è riuscita, portandomi fino a qui. 

Vi è piaciuta? Mi auguro di sì, almeno un pochettino :3

Non mi resta che ringraziarvi con sincero affetto per aver letto, recensito e quant’altro, siete adorabili ^__^ 

Un saluto a tutti e spero di tornare presto a scrivere nel fandom e, in particolare, sul pairing SanSan - da cui sono dipendente! ❤ 

Amy 

  
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