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Autore: Anbu Scream    06/08/2014    0 recensioni
"Come mai nessuno pensa di poter fuggire da questo incubo?" È la domanda che affligge ormai da tempo il ragazzo dagli occhi rossi, ormai da una vita vittima di esperimenti di ogni genere, volti a creare il soldato perfetto...
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passarono solo due anni da quando quel ragazzo diventò apprendista del vecchio, ma bastarono per trasormarlo da un quattordicenne fuggito per poco da morte certa in un giovane creatore di vita artificiale partendo solo a poco più di un orologio da taschino o da un vecchio meccanismo malfunzionante. Proprio di questo trattavano gli insegnamenti del suo maestro: partire dal nulla per creare il tutto, dare la vita ad un'oggetto che vita non ha mai avuto. Tutte cose che possono parere anche impossibili ad un orecchio esterno ma realizzabili grazie alla meccanica mista ad anatomia, chimica, ore intense di studi e una mente brillante. Yors passava le proprie notti ad aiutare il suo "maestro" a creare piccoli animali meccanici e a sventare incendi scaturiti da una qualche candela dimenticata, a leggere e a studiare. Leggeva e imparava tutto ciò che gli capitava a tiro: vecchi tomi di fisica, chimica, matematica, meccanica, o anche solo antichi manuali di istruzioni, vecchie riviste... oppure disegnava. Amava studiare l'anatomia animale e riportare fasci muscolari, sistemi, apparati e ossa su fogli di carta, ricopiandoli naturalmente da sventurati esemplari catturati sui tetti o in strada, studi che poi gli sarebbero tornati utili durante la progettazione di una delle sue creaure meccaniche.

Almeno una volta al giorno usciva ad allearsi: aveva trovato a circa un chilometro di distanza dalla chiesetta un vecchio palazzo ridotto ad uno scheletro, con i muri crollati e le tubature pendenti. Si allenava soprattutto su tre delle sue grandi abilità: l'agilità, la velocità e il poter manovrare il fuoco.
Per cominciare tutti i giorni partiva di corsa in un piano a caso. Per lui era un gioco saltare i rimasugli di mobili distrutti, schivare pezzi di soffitto che crollavano dall'alto e eseguire evoluzioni in quegli spazi angusti con l'aria satura di polvre, correre sotto tubature bucate con l'acqua che gli sferzava il volto, i piedi che scivolavano sui vecchi pavimenti di marmo distrutto bagnati d'acqua, saltare dall'odore di vecchiume di un vecchio appartamento a quello dell'aria di pioggia che perennemente picchiettava placida sulla città in rovina.
Una volta finita la prima parte dell'allenamento partiva con la seconda: il fuoco. Scalava l'edificio fino alla cima dove lo spazio piano era largo e deserto. Lì sopra non vi era molto con cui distrarsi: il paesaggio riservato solo per il suo sguardo era minimalsta e diviso in tre lunghe strisce: una plumbea del cielo, una di un colore grigio bagnato del cemento e una grigia, perfettamente in sintonia con la vitalità del paesaggio circostante: un mare scuro ed edifici bruciati, distrutti e crollati.
In quel luogo riusciva a concentrarsi come mai gli era capitato prima. Giungeva i palmi e parlava al fuoco in quella lingua sibilante e scopiettante che solo loro due erano in grado di capire. Essi erano compagni, quasi fratelli e, come fra fratelli spesso accade, ci possono essere delle incomprensioni. Molto spesso accadeva che, magari per via di un gesto troppo veloce o di una parola mal pronunciata, il fuoco gli si rivoltasse contro, senza però riportare conseguenze più gravi di una qualche scottatura risolvibile con una fasciatura. Aveva raggiunto però risultati entusiasmanti: riusciva a trasformare la forma del fuoco e a fargli prendere somiglianze vagamente umane o animali, a modificarne la grandezza e i colore. Ciò gli consentiva di di passare da una piccola fiammella gialla grande quanto una noce in una vampata alta due metri di un colore blu elettrico. D'altronde si trattava solo di cambiare la temperatura.

Pur non esistendo stagioni, talvolta la temperatura diveniva ancora più rigida, costringendo quindi il ragazzo ad uscire dalla "tana" armato di cappotto lungo, borsa a tracolla e piccoli attrezzi utili per scassinare serrature.
Era solito uscire per una delle finestre posteriori per poi procedere arrampicandosi per i cornicioni esterni delle case con l'intento di non farsi scoprie da evetuali soldati (anche se da ormai un anno erano spariti gli scoppi lontani, facendo quindi pensare alla vittoria di uno dei due eserciti). Il suo compito era quello di racimolare più cibo e oggetti utili possibile. Compito assai semplice, se si sa come svolgerlo. La maggior parte della popolazione cittadina o era fuggita dai soldati avanzanti, o era morta.

Yors aveva imparato molto in quei libri, a partire dalla storia di quel mondo e amava ripeterselo mentalmente quasi si trattasse di una preghiera. Questo gli faceva ricordare in che mondo viveva. Malato sì, ma pur sempre il SUO mondo:

Decine di anni prima venne scoperta una mutazione genetica di alcuni individui, i quali possedevano la capacità innata di controllare una parte della loro energia psichica e di trasformarla in una forza palpabile. Questa capacità venne nominata Magia. Alle origini essa consisteva solo in giochetti futili, come ad esempio far volteggiare un cucchiaio o spezzare uno stuzzicadenti con la forza della mente, ma a coloro che la possedevano, essa non bastava. Cinque anni dopo circa uno scienziato scoprì che incanalando questa forza all'interno di un minerale specifico si riusciva ad ottenere un effetto del potere potenziato del 200%. Le tipologie di pietre variavano da mago a mago, a seconda dell'affinità che essi possedevano con la Madre Terra e gli elementi. Questa pietra doveva sempre trovarsi a contatto del soggetto per mantenere il potere costante e per far in modo che ciò potesse avvenire vennero forgiati gioielli che rachiudessero almeno un frammento del minerale in questione.
Alcuni maghi con una forte affinità capirono che per avere un aumento vertiginoso del proprio potere bisognava per forza eseguire dei sacrifici. Questi facevano sì che solo i pochi maghi che possedevano il coraggio (o la stupidità) di praticarli aumentassero il proprio potere. In comune accordo essi barattarono con la madre terra ciò che avevano di più caro: il sole.
Esso sarebbe sempre stato coperto da una coltre di nuvole impenetrabili, spesse come il cemento, la terra avrebbe smesso di creare riserve di calore provocando così un gelo pressapoco eterno e man mano sempre più forte. La terra avrebbe smesso di creare spontaneamente cibo. Si trattava di un enorme sacrificio a livello mondiale, quindi tutti i maghi poterono usufruire della potenza extra, trasformando così i loro trucchetti in veri e propri poteri, alcuni addirittura in grado di distruggere interi palazzi solo con lo schiocco delle dita.

Gli esseri umani non erano d'accordo con questa decisione ma, grazie al potere man mano acquisito dai maghi, vennero decimati e ridotti a vivere lontano dai centri sociali. La pace era finita. Gli umani però continuavano a resistere, anche se pareva di combattere lanciando sassolini contro una corazzata impenetrabile. La guerra più recente fu interna, maghi contro maghi, data per l'abolizione delle Camere Nere, stanze attrezzate ove i medici cercavano di ricreare un essere perfetto in tutto, in grado di svolgere qualsiasi tipo di mansione da loro richiesta. Questo progetto venne chiamato "Project B". Questo successe quarant'anni prima.
Anche se questa guerra venne vinta e gli esperimenti liberati, Yors sapeva fin troppo bene che i patti non vennero rispettati e che le ricerche continuarono. Aggiunse una pagina al libro di storia scritta con la sua scrittura sottile e allungata diversi appunti che aveva trovato in altri libri: la prigione volante si chiamava in realtà "La Costruzione" e si trattava di un enorme cubo di cemento intrinso di magia e energia lasciato volare al centro del mare degli Epit. Esso riceve rifornimento di cibo e cavie ogni mese. Gli uomini che ci lavorano dentro sono di tre categorie: i Maghi Porpora (chiamati così per via del distintivo colore dei guanti), i Guardiani (maghi guerrieri che indossano una tunica color sangue sopra un'armatura nero pece) e, in fine, i soldati semplici, incaricati di tenere a bada le cavie durante il corso degli esperimenti.

Quel giorno uscì dal suo covo passando per i tetti. Il mondo gli pareva ancora più desolato ora che era ripulito dalla cenere. Procedette, come sempre, celando le sue impronte. Potrebbe sembrare un gesto inutile contando che la città era desolata, ma lui a ormai quasi un mese percepiva sulla propria pelle lo sguardo di un inseguitore... paranoia?
Gli pareva strano che il Maestro avesse avuto tanta foga nel mandarlo fuori al "lavoro", e ancora di più che lui stesso gli avesse indicato il luogo. Mah, gli sarà di nuovo venuta la voglia di cioccolata...
In realtà si era reso conto della scarsità di cibo che li aveva colpiti ultimamente.
Laurence decise di farlo allonanare di qualche isolato in più del solito, mandandolo in una sezione residenziale in pessime condizioni vicino al mare dove avrebbe potuto moversi con più tranquillità. Non sapeva perché, ma il suo sesto senso lo assillava, continuava a "dirgli" di non avvicinarsi al palazzo che Laurence gli aveva chiesto di svuotare. Non credeva importasse molto in quale palazzo rovistasse. Decise quindi di attaccare quello vicino.
Si arrampicò con agilità fino al terzo piano (l'idea di tentare di prendere le scale non l'aveva nemmeno sfiorato, sapeva che sarebbero state quasi del tutto distrutte), sfondò la finestra ed entrò. Vigeva un silenzio irreale come nella maggior parte dei territori vinti ormai da tempo, ma non ci fece caso. Con poche falcate raggiunse la dispensa ove trovò due scatolette di tonno e un pacco di pasta, successivamente si spostò verso il bagno, dove sapeva che venivano tenute medicazioni di vario genere e eventuali medicine. Mezza scatola di cerotti con gli orsetti e due aspirine scadute. Mah... meglio di niente pensó.
Decise di salire al piano superiore. Si ritrovò in un appartamento molto ricco e pieno di oggetti inutili quanto costosi: bambole di porcellana andate in pezzi, teche di cristallo distrutte... libri, libri e ancora libri. Peccato non avere tanto spazio nella borsa per poterseli portare dietro e leggerseli poi una volta nel suo nascondiglio. Meglio utilizzarlo per il cibo pensò, rassegnandosi. Senza far troppo caso al resto degli oggetti si diresse verso la cucina... che trovò completamente svuotata. Tutti gli sportelli dei mobili erano aperti, alcuni penzolavano staccati dai cardini, i cassetti completamente svuotati. Non vi erano più piatti, posate o cibo. In compenso diverse impronte di fango erano sul pavimento. Non se lo sarebbe mai aspettato, a giudicare dal fatto che quello avvenuto lì doveva essere stato un attacco flash, di quelli che non lasciano nemmeno il tempo di preparare le valige. Iniziò a girare per l'appartamento con molta più circospezione. Lanciando delle occhiate distratte alle pareti si rese conto che l'uomo che tempo prima abitava li doveva essere stato un grande appassionato di armi. E di barche. L'appartamento era tappezzato di foto e disegni di pistole, coltelli e vari tipi di imbarcazoni. Il salotto era allucinante: lasciando perdere i mobili scuri dall'aspetto lussurioso e l'enorme televisore a schermo piatto (rotto), le pareti erano stipate di sostegni di metallo per le armi (anche lì, a quanto pareva, sempre il solito qualcuno doveva essere passato a fare spesa rubando solo fucili e pistole), pugnali e anche qualche spada. Yors rimase a bocca aperta e anche abbastanza intimorito. Superato lo stupore si avvicinò alle armi bianche. Ne era attratto, quasi come una calamita. Decise di prenderne una. Credeva che sarebbe stata una scelta difficile, e invece fu molto più semplice del previsto: le soppesò tutte, ne studiò la lunghezza, il peso e la forma e, solo dopo un'ora buona, si decise. Leggero, facilmente manovrabile e resistente, questo cercava.
La prescelta fu una katana slanciata ed elegante, con impugnatura intrecciata di strisce di seta nera su una base del medesimo colore, la lama era affilatissima, il fodero era nero come la notte, decorato finemente con disegni e ghirigori dorati.
Dentro un armadio trovò una sacca da trasporto della misura della spada, ve la infilò dentro e si avviò verso l'uscio salutando e ringraziando il nulla.
Riprese il giro di perlustrazione.

Una volta finito il proprio "lavoro" all'interno del primo palazzo si avviò verso il secondo, quello indicatogli da Laurence. Presto si sarebbe fatto buio ma la borsa era ancora mezza vuota, non voleva portare così poco all'uomo che l'aveva ospitato, sfamato e istruito. Si sentiva molto più sicuro con la sua katana dentro la sacca, sapeva di non avere la più pallida idea di come si usasse ma si rassicurava ripetendosi che presto avrebbe imparato. Magari ci sarebbero voluti un po' più di due cerotti con gli orsetti per tenere i pezzi insieme dopo gli allenamenti.
Appena in tempo udì quelle che gli parvero due voci rauche e riuscì a nascondersi dietro un muretto. Capì solo qualche parola qua e là del loro discorso: "vecchio pazzo" e "mentito". Parlavano sicuramente del Maestro! Doveva avvicinarsi di più, doveva capire su cosa gli avesse mentito e, soprattutto, cosa volessero da lui, loro con quelle facce così arrabbiate e le armi da fuoco nere come la morte. Vide i due uomini allontanarsi con passo lento dal secondo edificio. Appena furono talmente lontani da non poterlo più vedere si alzò dal suo nascondiglio grattandosi la testa con fare perplesso. Doveva arrivare prima di loro.
Da sempre Yors sapeva di possedere una vista e un olfatto invidiabili, ma non poteva dire lo stesso del proprio udito. Non si accorse dell'ammasso di muscoli parecchio più alto di lui che silenziosamente gli si era posto alle spalle con il mitra imbracciato. Solo il suo odore lo tradì. Yors si girò appena in tempo per vedere l'impugnatura dell'arma che gli si fiondava contro la fronte. L'ultima cosa che vide prima di perdere completamente i sensi furono gli stivali borchiati dell'uomo-montagna.
  
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