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Autore: ILoveItBaby    06/08/2014    10 recensioni
Una piccolo fammento del mio cuore. Spero vi possa piacere.
[Dal testo]:
"Panta Rei. Tutto scorre. Tutto passa. Tutto muore.
Il tempo scivola senza controllo, infidamente, lasciandoci quasi senza fiato dalla velocità con cui esso ci travolge, ci annega, ci fa sprofondare fino a quando non spiriamo.
Il tempo ci uccide lentamente, secondo dopo secondo, ogni attimo di più, indissolubilmente.
Siamo condannati in partenza a subirne l'inesorabilità. Non abbiamo scampo."
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vento di Novembre



Dedico questa mia One-Shot alla mia Professoressa di Lettere, che per prima lo ha letto e mi ha sostenuta, pur sapendo che al concorso non avrei potuto portarla. Nella speranza che un giorno legga e capisca quanto io l'abbia apprezzata per il piccolo tempo che ha voluto dedicarmi. Grazie.

-Il Vento di Novembre-




Panta Rei. Tutto scorre. Tutto passa. Tutto muore.
Il tempo scivola senza controllo, infidamente, lasciandoci quasi senza fiato dalla velocità con cui esso ci travolge, ci annega, ci fa sprofondare fino a quando non spiriamo.
Il tempo ci uccide lentamente, secondo dopo secondo, ogni attimo di più, indissolubilmente.
Siamo condannati in partenza a subirne l'inesorabilità. Non abbiamo scampo.

Respirai a fondo l'aria di Novembre.
Il cielo era chiarissimo e la luce dell'alba si spandeva, giocando con le nuvolette candide e con i profili dei palazzi, e accentuando il gelo del vento che mi sferzava il viso. Mi strinsi nelle spalle e mi avviai verso la metropolitana. Ci mettevo solitamente ben 20 minuti per raggiungerla, quando non faceva così freddo.
Camminavo a testa bassa. Odiavo incrociare lo sguardo delle persone sconosciute, gli occhi erano non solo lo specchio dell'anima, ma di ogni pensiero ed emozione e non amavo affatto aprirmi con gli sconosciuti in tal modo, anzi, con gli altri in generale, era stupido. E doloroso. Tanto, tanto doloroso.
Né tanto meno io desideravo conoscerli, gli altri. Ogni giorno già dovevo combattere con me stessa, non mi andava di avere a che fare con conflitti anche esterni. L'umanità in generale era un enorme guerra: interna all'umanità, contro altri esseri viventi e con tutto ciò che esisteva, a prescindere che questo fosse o meno vivo.
Evitai una buca e voltai sulla fine del marciapiede, aspettando il semaforo verde. A volte immaginavo che ogni auto avesse una propria personalità, una mente e che ne rispecchiassero i proprietari, così quella mandria di automobili che mi stava sfrecciando davanti diventava un'onda di vite e pensieri che ero curiosa di conoscere e al contempo di tenere a distanza. Velocemente la massa si esaurì e scattò il verde per i pedoni.
Con la coda dell'occhio percepii un movimento dietro di me, così mi voltai di scatto ma vidi solamente il grigio muro della palazzina alle mie spalle. Probabilmente me lo ero immaginato. Mi rivoltai.
Stavo per attraversare quando un'auto svoltò all'improvviso, con grande velocità e altrettanta enorme imprudenza, da una stradina laterale e senza notare il semaforo rosso né la mia non troppo delicata persona, risvegliandomi dallo stato semi-comatoso del primo mattino.
Il mio cuore venne schiacciato, quasi dolorosamente da una forza invisibile, forse la paura improvvisa. No, me lo stavo immaginando.
In un attimo la mia mente reagì per me, il mio corpo si scansò indietro, scivolò con la solita sbadataggine sul gradino del più sicuro marciapiede e vi ci cadde di sedere, mentre l'auto aveva inchiodato pochi metri più avanti lasciando le strisce degli pneumatici.
Per un attimo mi parve di vedere -forse immaginandomi il peggio- l'auto cappottata, e una figura a terra, ma immediatamente la realtà tornò limpida, eliminando quel frutto della mia mente. Il basso rombo del motore faceva da sfondo all'automobilista sconcertato che ancora fissava davanti a sé, tra il terrorizzato e lo shoccato. Anche io rimasi immobile, ancora con l'adrenalina che mi teneva in costante tensione, pronta a scattare.
Nuovamente la mia mente mi giocò un brutto scherzo, facendomi apparire due figure, una in nero e una a terra. L'adrenalina e lo stress improvviso mi stavano davvero facendo vedere cose che non esistevano.
«T-tutto bene?» chiese tremante l'uomo.
Quell'unica, semplice domanda mi mandò in crisi più di qualsiasi altra cosa, più dell'incidente stesso. Forse perché non andava tutto bene anche prima di quell'incidente. Forse perché con quell'interrogativo sospeso tutto quello che era accaduto di lì a poco prendeva consistenza.
Stavo bene? Stavo male?
Ero viva, giusto? Questo già era buono. Ma forse nella somma complessiva di tutto quello che era accaduto da due mesi a quella parte, no. Non stavo affatto bene. Anzi, ero sul punto di crollare, ma per pura testardaggine mi ero imposta di sorridere sempre e scuotere la testa dicendo “Tutto alla grande!”. Così, ancora una volta lo feci. Mi alzai e, dette quelle tre paroline, mi voltai e me ne andai. Più mi allontanavo, maggiormente il mio passo aumentava trasformandosi infine in una corsa senza meta. Ero completamente immersa in me stessa e non mi accorsi dei passi che alle spalle andavano perfettamente a ritmo coi miei e con essi risuonava la voce dell'uomo che mi stava chiamando. Quando me ne accorsi ero in una zona della città che nemmeno conoscevo, così, presa dal panico mi bloccai. In quell'attimo l'uomo mi raggiunse e afferrò il mio braccio destro. Più lo osservavo e con maggiore velocità i suoi tratti cambiavano, si ringiovanivano ed infine l'uomo dell'auto scomparve del tutto, lasciando il posto ad un giovane. “Com'è possibile?” Mi chiesi, ma la mia mente non voleva elaborare questa informazione, così semplicemente la cancellò.
Spaventata strattonai per riavere la libertà, ma senza risultato.
«Per favore, smett...» cominciò l'uomo, ma io, ormai nel panico più totale, avevo cominciato a dimenarmi e a urlare, allora questo tentò di tapparmi la bocca con una mano.
Continuava a tentare di parlarmi, ma ormai non ero più in me, il terrore si era impadronito della mia mente. Morsi la mano e tentai ancora di sfuggire alla sua presa, ma questo mi cinse completamente con le braccia e quasi mi sollevo da terra. Avevo la schiena contro al suo petto, la bocca ancora una volta tappata e le gambe in aria.
«Grace! Grace, per piacere smettila!» mi disse all'orecchio. Sentire pronunciato il mio nome da quelle labbra sconosciute mi fece uno strano effetto, tra il fascino, la curiosità e la paura. Smisi di urlare e dimenarmi, come se mi avessero tolto la spina e semplicemente sgranai gli occhi stupita. Dopo alcuni secondi fui libera e potei porre la domanda che mi premeva nella mente.
«C-come sai il mio nome?!» feci un passo indietro, assicurandomi un po' di distanza in caso di fuga.
L'uomo sorrise in maniera quasi inquietante «“Come”, mi chiedi?».
Si avvicinò di un passo, in modo che mi fosse impossibile sfuggirgli. Non sapevo cosa stava capitando, ma ero letteralmente terrorizzata. Mi aveva investita e poi inseguita! Forse era un pazzo maniaco che mi aveva presa di mira. La paura crebbe, facendo aumentare i battiti del mio cuore.
Chi era? Cosa voleva?
«Non giriamoci attorno.» disse col sorriso «Io sono colui che ti condurrà in un altro luogo»
La mia vena ironica avrebbe volentieri risposto a tono, ma non mi parve il momento migliore per fare battute.
«Cosa diavolo dici, brutto megalomane?!» dissi ringhiando e usando la rabbia come scudo.
Mi si avvicinò in maniera terrificante, affiancandosi al mio viso. Il suo soffio caldo sfiorava il mio orecchio, le sue mani afferrarono i miei polsi, legandoli in una morsa.
«Sono la morte

A volte accadono degli imprevisti. A volte, mentre siamo troppo immersi in una qualche azione, non ci accorgiamo che nel frattempo intorno a noi il mondo sta cambiando, cambia continuamente.
A volte è solo una questione di tempistica, di precisione, di fortuna. Ma su due cose possiamo essere certi: lo scorrere del tempo, costante, inesorabile, che muta ogni cosa ed ogni forma.
Il tempo è come l'acqua. Arriva ovunque in un modo o nell'altro.
E la morte. Tutti muoiono. Ogni giorno inventiamo storie su vampiri, esseri immortali, mutanti, ma la semplice verità è che ognuno di noi è destinato alla morte. L'unica cosa che ci impedisce di andare al creatore è la fortuna. E la fortuna gira, è mutevole. La fortuna è compagna del tempo, vien mutata da esso e insieme ad esso. La fortuna a volte ci abbandona, lasciando il posto all'oblio.

BIP...
...BIP...BIP...

«TU SEI PAZZO!» urlai, disperata, cosa diavolo voleva quel tizio?! Era un folle!
Mi strinse i polsi maggiormente.
«Non lo sono. Tu sei un imprevisto invece. Non dovevi fuggire.» disse irritato, ma ancora abbastanza calmo. Distese il volto e sorrise amichevolmente, come il più invitante dei mieli, come il pazzo più efferato.

...BIP...BIP...BIP...
...BIPBIP...

«Ti svelerò un segreto.» mi sussurrò all'orecchio. Ero pietrificata nella strada buia e deserta. Perché era così deserta?? Perché?! Non era normale! E perché era così scuro il cielo?!
«Sono qui perché tu,» sorrise mentre parlava. Sembrava provare un piacere malefico in ciò che stava per dire. «sei morta

...BIPBIPBIP...
...

«Passatemi il defibrillatore! Presto!»

No! NO! Quel ragazzo stava delirando!
«VA' AL DIAVOLO!» strillai a pieni polmoni.
Non sembrò scomporsi minimamente, ma, al contrario, il suo sorriso aumentò, trasformandosi man mano in una risata. Una donna passò dietro di noi. Era la mia unica speranza per liberarmi da quel maniaco. Urlai, urlai con tutto il fiato che possedevo che mi aiutasse, che mi liberasse, ma questa procedette senza scomporsi, ignorandomi.
O non ti sente.” La mia coscienza parlò per me.
Non poteva essere. Quindi quei flash...erano...reali. Quindi, quella che credevo fosse la realtà...era un'allucinazione che la mia mente aveva creato non accettando il fatto? Quindi io ero...

«Uno...due...tre...carica!»
Contatto.

ZUN!

Calde lacrime cominciarono a scendermi sul viso, per la consapevolezza e per il desiderio di svegliarmi nel mio letto. Caddi a terra sulle ginocchia, ancora coi polsi fra le sue mani. Mi liberò nuovamente, chinandosi a terra davanti a me.
«Non piangere piccola, non piangere.»

...BIP...

Non avevo nemmeno più il fiato per rispondere male, per dire qualsiasi cosa, per ribellarmi. Ma no, non potevo arrendermi! Mi alzai di scatto e corsi indietro, veloce come più potevo, per raggiungere il punto dove era avvenuto l'incidente. Doveva essere tutto uno scherzo!

«Uno...due...tre...carica!»
Contatto.

ZUN!

L'uomo mi rincorse, urlando di fermarmi. «NON FARLO! TI PREGO!» urlò.
Non potevo ascoltarlo! Corsi a perdifiato, corsi per non far spegnere quell'ultima mia speranza.
Mi stavo avvicinando e un odore di olio bruciato mi invase le narici, Come era possibile? Era l'automobile? Ma no, non si era fatta nemmeno un graffio quando me ne ero andata!
Svoltai l'angolo e vidi ambulanze, carabinieri e un'auto dei vigili del fuoco. A terra, poco lontano dalla mia posizione, coperto di ematomi, c'era un corpo di un uomo sconosciuto. Mi avvicinai e mi chinai su di lui. Era l'automobilista che mi aveva uccisa.

«Uno...due...tre...carica!»
Contatto.

ZUN!

All'improvviso spalancò gli occhi e si rialzò. O meglio, il suo corpo era rimasto a terra, ma la sua -come definirla?- anima era in piedi, davanti a me. Ci osservò un attimo, allucinato. Fissò il corpo a terra come se non gli importasse nulla e poi rivolse il suo sguardo all'orizzonte, dove stava sorgendo il sole proprio in quel momento. Si voltò e proseguì sparendo nel nulla, diretto verso un altro luogo.

...BIP...

Gli uomini davanti all'auto capovolta, che non avevo notato si mossero frenetici, andavano e tornavano dall'ambulanza, urlando.
«Grace.» mi chiamò piano il ragazzo, che ormai mi aveva raggiunta. «Andiamo via, dai.» sussurrò piano, ma questa volta con una dolcezza che prima non possedeva, come se mi conoscesse da sempre.
«N-no...io...io voglio vedere. Devo.» sussurrai in risposta.

...BIP...
...

«Non possiamo muoverla!» urlò con foga uno dei paramedici, quasi al limite della disperazione «dobbiamo continuare a...» afferrò ancora il defibrillatore.
Un altro, bruno, lo prese per le spalle, scuotendolo. «È morta Andrew! È MORTA!»
«NON POSSIAMO MOLLARE! È COSÌ GIOVANE!» rispose l'altro, ancora più disperato.
«Lasciala andare, ormai è già morta.» disse ancora con più calma il bruno.
L'uomo piegò le spalle sotto al peso della realtà.
«Era così giovane...» sussurrò ancora, prima di alzarsi e di segnare l'ora del decesso del corpo a lui sconosciuto.
I paramedici si spostarono e finalmente vidi la persona piena di lividi e il cui corpo era posizionato in una strana maniera. Mi portai le mani al viso. Ero io.
Una mano si posò sulla mia spalla morta.
«Vieni con me. Mi prenderò io cura si te, piccola.» sussurrò ancora. E io, debolmente, lo seguì, speranzosa di trovare forse la pace.

Tutto accade per una ragione. Ogni filo si muove, si intreccia ad altri, si lega, se ne allontana. Alcuni fili vengono tagliati, altri formano un collegamento, in un movimento continuo, in un incessante intreccio di fili, in un incessante intreccio di vite.

Il paramedico osservò lo zaino, scaraventato lontano dal fragile corpo morto di quella ragazzina. Si avvicinò e lo prese.

Non sapeva perché era andato fino a lì, perché si era offerto di avvisare la famiglia della ragazza di persona, né perché stava riportando loro quello zaino non troppo pieno, ma lo aveva fatto, Non era riuscito a salvarla, ma almeno poteva accollarsi l'onere di dirlo loro. Suonò e attese.
Ad aprire fu una ragazza, all'incirca della sua età, che, appena lo vide con la divisa da paramedico e lo zainetto della sorella, sbiancò. Non poté non esserne immediatamente affascinato.
«C-cosa è accaduto?»
L'uomo non ce la fece più e una solitaria lacrima solcò il suo viso.«M-mi spiace...non sono riuscito a salvarla.»
La donna cadde, travolta da una consapevolezza troppo pesante.
Subito il giovane tentò di frenarle la fragorosa caduta, stringendola al petto mentre le lacrime sgorgavano copiose dagli occhi verde della ragazza.
«Non pianga,» disse accarezzandole i capelli «Anche il dolore si attenuerà. Ci sono qua io.»
E le cinse le spalle, con tutto il supporto che avrebbe potuto mai darle, ripromettendosi che mai, mai, mai, l'avrebbe lasciata sola, quella sconosciuta tra le proprie braccia.

Tutto cambia, tutto muta. Ciò portava dolore, può creare amore, può far trovare due anime destinate a stare insieme. Ogni cosa si muove, in un incessante scorrere di vite.



Non è difficile vederlo.
Dimmi, tu lo vedi? Vedi quella sfera di luce, nell'ombra.
Io oramai, sono cieca, ma tu ancora puoi farlo, puoi vederle.
Seguile e corrici incontro. Non fermarti, mai!
Perché nel nero vi risiedono i demoni!
Corri tu che puoi, tu che vedi e lascia andare coloro che non possono più essere salvati. Vivi e lascia morire.
Lasciami qui, che oramai i demoni mi amano come una loro figlia, lasciami a morire, questo è il mio desiderio.
Lasciami andare.
   
 
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