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Autore: Jessica Kill    07/08/2014    1 recensioni
"Era per quello che a volte Gerard pensava quasi di odiarlo, ogni tanto. Non c’erano modi per descriverlo a pieno. Non c’era disegno che risultasse sufficientemente o vagamente vicino a quello che lui era veramente.
Il suo volto sfuggiva a ogni matita e ad ogni pezzo di carta. O forse era solo lui che era troppo esigente e incontentabile, doveva ancora capirlo."
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aaah, ok. Quindi. Ho scritto uhn, questa… cosa?
Ok, bene, incominciamo propriamente. Ho avuto un account su EFP da anni ormai, vivendo come uno schifoso parassita. Leggendo tutto il giorno, e senza mai pubblicare niente. Per non parlare delle recensioni. Sì, sì, lo so, l’ho anche detto. Ero uno schifoso parassita. E non merito la vostra attenzione, blablabla.
Ma (perché c’è un ma, giusto), ho creato un altro account. Che è, *machesorpresa*, questo.  E questa volta l’ho creato per pubblicare. O perlomeno per cercare di pubblicare.
Credetemi, ho passato giorni farmi patetiche seghe mentali e a rimandare perché la cosa mi metteva addosso tanta, tanta ansia.
... What is my life.
Ma non importa. Forse. Non lo so. Ah.
SSSSSSSSI’.
Non importa perché ora l’ho fatto. Ho pubblicato. Voi tutti avete ora l’opportunità di leggere uno dei miei aborti mentali(cercherò di non usare mai più questa espressione in vita mia), e di ridere alle mie spalle per sentirvi meglio. Anche se non siete obbligati, cioè.
Ok. Ah, e recensite. Per favore? Sono una persona sensibile(?)






Guardava la luce del sole che illuminava a tratti i rami degli alberi, arterie immerse nell’azzurro e nella luce.
A volte aveva semplicemente bisogno di stare con la schiena per terra, ed osservare le cose per com’erano. Delle opere d’arte. Semplici e uniche opere d’arte.
Lasciava la sua mente vagare tra i colori delle foglie e ragionamenti vuoti, plasmava la forma delle nuvole per vederci un qualche messaggio, personaggi sconosciuti di favole che non sarebbero mai state scritte.
Era talmente assorto nel nulla, quasi da non accorgersi che qualcuno si stava avvicinando lentamente. Quasi.
E con la stessa lentezza, quel qualcuno si era sdraiato al suo fianco, rivolgendogli timidamente lo sguardo.
Lui.
Era un colpo al cuore.
Era forza, e debolezza. Forza e debolezza che facevano a pugni per sopravvivere l’una all’altra.
In continua lotta con se stesso  e con il mondo.
Era dolce e spontanea strafottenza.
Era la luce dei suoi sorrisi, il buio che usciva dai suoi occhi.
A volte non era semplicemente descrivibile.
Ed era per quello che a volte Gerard pensava quasi di odiarlo, ogni tanto. Non c’erano modi per descriverlo a pieno. Non c’era disegno che risultasse sufficientemente  o vagamente vicino a quello che lui era veramente.
Il suo volto sfuggiva a ogni matita e ad ogni pezzo di carta. O forse era solo lui che era troppo esigente e incontentabile, doveva ancora capirlo.
E a poco a poco, man mano che Gerard prendeva atto della sua presenza, i colori delle foglie che lo sovrastavano sembravano perdere importanza, i suoi ragionamenti prendevano mano a mano una forma precisa, una forma ben conosciuta, e le nuvole sembravano ormai solo nuvole. Una forza magnetica sembrava distoglierlo da qualsiasi cosa a cui lui cercasse di aggrapparsi.
Era così. Al suo sguardo non c’era rimedio. Era innocente, ma anche odiosamente letale.
Era una persona costituita da forze contrastanti.
Era così, non lo era di proposito, era semplicemente il suo modo di essere. Una forza della natura.
Frank era così.
E non appena Gerard si girò per fissare il suo sguardo nei suoi occhi, colori, pensieri, disegni celestiali, tutto diventò incredibilmente stupido, come si aspettava.
“Frank.”
“Gerard.”
I capelli gli coprivano parzialmente gli occhi, ma lui non aveva bisogno di vederli. Li sentiva. E sentiva anche che Frank aveva veramente bisogno di parlargli. O perlomeno, di provarci.
“Cosa c’è?”
“Mh. Vedi.” , aveva risposto distogliendo lo sguardo  e rivolgendolo alle stesse nuvole che Gerard stava osservando pochi secondi prima, “E’ più o meno quello che volevo chiederti io.”
“volevi chiedermi cosa c’è?”
“Sì.”
Gerard sbuffò. Sbuffò perché aveva voglia di girare intorno alla domanda, ma sapeva che era inutile. Era inutile, perché aveva capito perfettamente dove Frank voleva andare a parare. Ma sapeva che anche questa volta non avrebbero concluso niente, quindi si concesse un’altra domanda, l’ultima.
“In che senso?”
“Nel senso. Ecco. Nel senso che io so che c’è qualcosa. Lo sento. Ed è qualcosa di strano. Un po’ come quella sensazione che provi quando devi buttarti da un trampolino troppo alto. Sai, tu stai lì a guardare l’acqua e non riesci a tuffarti anche se cazzo, sei là per quello. E poi c’è anche il fatto che tu non sei proprio sicuro di volerti tuffare. E’ un po’ come sapere che starò perennemente in punta a quel fottuto trampolino e… non lo so. E’ che c’è questa… cosa. La senti? La senti anche tu?”
Sì, la sentiva. La percepiva perfettamente, ne capiva ogni parte. Ed era per quello che voleva evitarla, finché ne si presentava l’occasione.
“Penso di sì. Penso.”
“Non vuoi… Mh. Non vorresti tipo. Non hai la tentazione di tuffarti, vero? Cioè, non che io. Cazzo, mi sento idiota.”
Gerard sentì un brivido corrergli giù per la schiena. Era uno di quei momenti quasi perfetti, in cui sembrava  di stare in un cazzo di film, o in  una pagina di un romanzo rosa.
E la cosa incominciava a infastidirlo parecchio.
“ Forse sì. Non lo so. Forse. Ma non ora. Non ora Frank, non ora.”
Guardò il suo sguardo spegnersi un pochettino, le pupille farsi più piccole. Sembrava un cucciolo, e tutto stava diventando così poco sopportabile.
“No, guardami. E non così, ok? Non farmi quello sguardo. Ok. Sappiamo tutti e due di cosa stiamo parlando, no?”
Lo guardò annuire.
“Bene. Ok, e sappiamo ancora meglio che non è facile, non lo è mai stato e non lo sarà mai. Merda, che frase pessimista del cazzo. No, quello che volevo dire è che è bellissimo. Quello che sentiamo è bellissimo, anche se parzialmente mi consuma. E’ bellissima perché è…. E’, come dire. Vana, mal definita. C’è e non c’è, è… come una specie di sensazione che… Ma tu lo sai, no?”
Le nuvole cominciavano a farsi pesanti, il vento più forte.
“Già. Tu lo sai. E io lo so. E quello che voglio dire è che… Frank, guardami. Quello che voglio dire è che a me va bene così. Davvero. Mi piace guardare l’acqua scintillare dall’alto di questo trampolino. Anche perché rende tutto più semplice, e ora come ora io voglio la semplicità. Almeno con te.  Frank. Hai Jamia. So quanto lei significhi per te. Lo vedo. E anche se so che tutto questo probabilmente è quasi… mh. Quasi del tutto innocente, non è detto che un giorno magari le cose, non so, sai, cambino, se ora, come dici tu, ci… buttiamo.”
Arrossirono tutti e due.
Gerard chiuse gli occhi, pregò il cielo, Buddha e tutti gli dei dell’Olimpo di far terminare quel momento il più presto possibile, e ricominciò il suo discorso.
“Non voglio problemi, è quello che sto cercando di dire, e tu,” gli disse sorridendo, “Tu fai problema di secondo nome. Ma non fartene una colpa, ok? E’ una della ragioni per cui ti…”.

E la frasi finì lì. Finì lì perché era così che doveva finire. Certe cose non possono essere espresse nemmeno con le parole, e questo ne era il perfetto esempio.
Qualche goccia di pioggia cominciò a cadere, quasi impercettibilmente all’inizio, facendosi poco a poco sentire sempre di più.
Stettero lì a guardarsi per un po’.  Frank abbassò lo sguardo, mormorando qualcosa che assomigliava molto a un ‘vaffanculo’, ma lo fece sorridendo.
Dopo di che si alzò, porgendo la mano a Gerard, aiutandolo ad alzarsi. Gli disse ‘Piove, coglione’,  e una volta che Gerard si era definitivamente alzato, si avviarono verso il loro tourbus , dove gli altri stavano probabilmente  scherzando alle loro spalle, giocando all’ennesimo videogame, e litigando mentre decidevano come darsi i turni.

 
   
 
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