Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Wemil    11/09/2008    0 recensioni
Politica, guerra, religione, magia, divino, viaggio, speranza. Demoveen Sagami affronta la guerra dei tre gigli nella speranza di fermare la rabbia divinità che si sta scatenando con forza sulla sua terra.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

(la scena mostra la distruzione della città di Mu)
(immagine fatta da nitramsuomi)

Il vaso di Pandora

Demoveen Sagami prima di entrare si soffermò meravigliato, come ogni mattina, dalla struttura poco ortodossa del parlamento: una gigantesca struttura che univa un barocco con troppi fronzoli e un’arte moderna fatta di colori sgargianti e mistici.
Sei torri di colori diversi (simbolo delle virtù governative) spiccavano poco dietro al grande ingresso ed ognuna di loro emetteva una luce del rispettivo colore.
Sagami, quarto parlamentare della sua famiglia (quinto se si desiderava considerare anche il fratello Werter), amava il suo lavoro sia perché sentiva l’importanza del suo compito, sia perché comprendeva quale responsabilità portava ogni giorno.
Del partito NRJ (“Nuova Repubblica Jainista”), Demoveen combatteva per una giusta distribuzione dell’assessorato magico e di una restrizione più dura al commercio delle bacchette d’opale, le quali, è vero, aumentavano il potere degli incantesimi ma rischiavano di portare un aumento delle criminalità simile a quanto era successo con la liberalizzazione delle armi da fuoco e delle gilde per soldati, guerrieri e maghi.

Ciononostante, quel giorno l’argomento di dibattito non era legato direttamente al movimento jainista, ma riguardava comunque l’intera rappresentanza dell’elettorato dello stato di Magsa: quest’ultima era un’isola situata a nord-est del continente di Ladad e fino ad allora era riuscita a mantenersi estranea ai vari combattimenti che riguardavano l’entroterra ma ora “La guerra dei tre gigli” (così chiamata per i simboli araldici degli stati in contesa) rischiava di giungere fino a lì.
La scelta era, dunque precisa: mettersi a fianco del signore di Meth (giglio rosso) il quale ormai dominava la parte centro-nord del continente grazie anche all’uso di una magia d’avanguardia fusione della scuola occidentale e di quella oltreoceano; appoggiare la storica alleata, la repubblica del giglio giallo, la quale, però era evidente che sarebbe stata sopraffatta dal signore di Meth nel giro di pochi anni; aiutare Sharlak il Magnifico (giglio nero) forte di orde e orde di uomini e soldati purtroppo (o per fortuna) mal addestrati o semplicemente mantenersi neutrali come s’era fatto fino ad ora?
La scelta si presupponeva difficile; forse di più dell’eventuale guerra che sarebbe potuta succedere a quella riunione.

La ventisettesima riunione parlamentare della repubblica di Magsa del settantaduesimo anno dopo lo scioglimento del reame di Asara ebbe inizio quando Girla, l’unica luna del pianeta, giunse allo zenit.
Il primo a parlare, come di consueto, fu Gadda di Girla, capo-parlamentare da sette anni, grande eroe della fazione Razionista.
“Un grande uomo” pensò Demoveen “peccato che sia dalla parte politica sbagliata”.
"Gentili politici della Repubblica di Magsa, siamo qua riuniti, come ben sapete per una scelta delicata. Entrare in guerra o non entrare in guerra? Combattere o assistere? Affrontare con coraggio la battaglia o guardare con codardia il fronte che ci sta di fronte?"
Alla parola “codardia” si alzarono alcuni mormorii: era evidente che Gadda voleva la guerra.
"Restare distanti dal conflitto ci sta portando non pochi problemi diplomatici sia col nostro fedele alleato, la nobile repubblica del giglio giallo, sia con le colonie commerciali che possediamo sul continente. E’ evidente che il signore di Meth non voglia e non vorrà alcun accordo con noi, ma è ancora più evidente che Sharlak il Magnifico sia superiore allo stesso signore di Meth per quanto riguarda le forze in campo e questo, come ben sapete, non è una buona cosa. Le idee di Sharlak sull’uso della magia rischiano di corrompere l’intera storia accademica del nostro beneamato stato a favore della putrida magia orientale e quindi miei parlamentari, io v’invito a votare un’entrata in guerra a fianco della repubblica del giglio giallo. Non possiamo e non dobbiamo permettere che Sharlak avanzi ulteriormente".
"Un’entrata a fianco della repubblica del giglio giallo è un suicidio!" gridò un vecchietto dal lato est della grande sala del consiglio parlamentare.
"Viviano Mastre, l’essere uno dei cinque uomini di questo pianeta col dono della rinascita non le permette d’interrompere così il mio discorso" rispose il capo-parlamentare.
"Chiedo la parola." bofonchiò Mastre (“viviano” era un titolo onorifico che veniva donato a chi superava i 144 anni, età che Mastre, con i suoi 257 anni, aveva superato ormai da tempo).
"Concesso!"
Il viviano tossì due volte per attirare l’attenzione e, quindi, iniziò a parlare: "E’ ridicolo perpetuare un’alleanza con la vecchia repubblica. E’ da secoli ormai ch’è impegnata nella guerra dei tre gigli senza aver mai richiesto direttamente il nostro aiuto: le esportazioni con quello stato sono andate completamente distrutte e mi sono giunte notizie che anch’essa abbia iniziato ad usare la vostra tanto odiata magia orientale. Onestamente credo che rimanere neutrali, fornendo armi da fuoco o magiche ai vari contendenti, sarebbe la cosa più giusta da fare sia per l’economia del nostro stato sia per la vita dei nostri concittadini".
L’intera ala jainista, quella massiana e altri esponenti pacifisti del parlamento si alzarono e applaudirono con enfasi Mastre; anche alcuni esponenti dell’ala Farana (che possedevano ingenti investimenti nel campo delle armi) si alzarono per battere le mani.
"ORDINE! ORDINE!!!" urlò Gadda emettendo quel comando anche telepaticamente.
Ma per quel giorno fu impossibile far tornare la calma nelle esagitate file dei pacifisti anche a causa di una rissa che improvvisamente scaturì fra Dasa del sole d’oriente (esponente della fazione jainista) e Zamar (della fazione Razionista).
Per quel giorno la seduta terminò lì.

Demoveen fu uno dei primi ad uscire dalla sala seguito dalla sua amica Dasa: erano due caratteri completamente opposti e, forse, proprio per questo si divertivano della loro reciproca amicizia.
Demoveen era un carattere semplice, dal sorriso facile e tranquillizzante, ma amante degli intrighi e delle mosse politiche, in passato era stato grande ambasciatore della biblioteca di Populunia e monaco del santo ordine della repubblica; poi aveva lasciato quei ruoli per iniziare la carriera politica.
Dasa, al contrario, era un’ex-paladina dorata per la difesa della purezza della magia occidentale, era entrata nel partito jainista quando si era resa conto che troppe gilde erano covo d’assassini e briganti e che, soprattutto, le armi da fuoco, stavano portando alla fine dei soldati di ventura.
"Come mai quella rissa fuori luogo?" domandò, leggermente seccato, Demoveen.
Dasa del sole d’oriente sorrise: "Beh… sai com’è fatto Zamar no? Lui ti dice: “Entreremo in guerra e sconfiggeremo tutti con pistole e fucili”, io rispondo: “Sai dove potresti mettere quel fucile?” e giù con la rissa! E’ troppo suscettibile il nostro Zamar non credi?"
Demoveen scoppiò in una risata: "Sono d’accordo. Anche se dubito che Zamar abbia parlato in quella maniera: solitamente si diverte a usare frasi complesse e arzigogolate".
"Comunque cosa ne pensi?"
"Della guerra? Il peggio possibile. Abbiamo dalla nostra parte una grande quantità di parlamentari che non vogliono entrare in guerra ma, per esempio, dubito che potremo fare affidamento sull’ala Farana."
"Già, quelli vanno diretti verso il miglior offerente… ehi… ma sta diventando nuvoloso? Eppure il monaco del tempo aveva fatto un sacrificio per mantenere, per oggi, una buona giornata. Ma si sa! Quelli del tempo non azzeccano mai una previsione.".
Mentre l’amica continuava a parlare, Demoveen alzò gli occhi e, come mille altri in quella via, restò letteralmente a bocca aperta.

Solitamente il cielo di Magsana, la capitale di Magsa, a quell’ora, è una grande lastra celeste con il sole che passava da oriente (sole d’oriente), a quasi lo zenit (l’occhio degli dei) e quindi calava ad occidente (sole d’occidente).
In quel momento in cielo doveva brillare l’occhio degli dei ma al suo posto c’erano tre abnormi ellissi colorate, all’interno, di uno strano color violetto.
"Che cosa sta accadendo?" gli domandò meravigliato l’amica, che nel frattempo aveva alzato anche lui gli occhi.
"E’ quella dannata magia orientale. Maledizione!" rispose un estraneo dalla voce però conosciuta.
Demoveen girò di scatto la testa: era Gadda di Girla che stava parlando.
"Che cosa intendete dire?"
"Temo che stia per accadere quello ch’è successo alla città di Ratissana, l’ex-capitale del regno di Meth."
"La città che fu distrutta in un giorno e che fu la causa dell’inizio della guerra dei tre gigli?"
"Esattamente, ma non fu distrutta in un giorno; in un istante. Presto! Al parlamento!"
Senza rispondere Demoveen e Dara, leggermente riluttanti, seguirono il capo-parlamentare con tacito assenso.

"Siamo di fronte a quanto temevamo, Sharlak il Magnifico ci sta attaccando senza nemmeno fare una degna dichiarazione di guerra: com’è già accaduto per il regno di Meth ora siamo noi a dover subire l’attacco di quei barbari orientali!" sentenziò brevemente Gadda.
Il capo-parlamentare guardò i rappresentanti del parlamento che erano tornati tempestivamente in quella sede appena ricevuto l’ordine telepatico.
Nessuno osava parlare.
"Io, Gadda di Girla, capo-parlamentare della repubblica di Magsa promuovo un’azione bellica contro Sharlak il Magnifico per la difesa e l’onore del nostro stato. La votazione sarà immediata e i ricorsi saranno, eventualmente, sentiti dopo la votazione. Chi è d’accordo con l’entrata in guerra ponga un tao nero nella parte sensoriale destra del proprio animo, chi non vuole l’entrata in guerra ponga un tao bianco nella medesima parte, chi s’astiene non inserisca alcun tao: io stesso controllerò il giudizio di ognuno di voi, presiederanno allo scrutinio anche il senatore Demoveen, della fazione Jainista e Joko Kono, della fazione Farana. Che la votazione abbia inizio!"
"Un momento!" urlò l’unico viviano del Parlamento.
"Cosa c’è Mastre? Ho detto chiaro e tondo che i ricorsi saranno sentiti dopo la votazione."
"Questa è opera degli dei, non di semplice magia orientale! Nessun uomo potrebbe provocare degli sguarci magici così ampi."
"Che qualcuno porti fuori il viviano."
"NON POTETE! E’ un sopruso!"
A nulla valsero le proteste e Mastre fu trasportato a forza fuori dall’aula da alcune guardie del giudizio, che presidiavano il parlamento proprio in caso di disordini simili a quello.

La votazione e lo spoglio dei voti non durarono a lungo: nel giro di quattro ore era ormai tutto finito… 243 voti a favore per l’entrata in guerra, 32 contro e 6 astenuti.
I Razionisti uscirono dal Parlamento rallegrati del successo ottenuto; pochi furono quelli che si trattennero dentro alla grande aula: tra questi c’erano Mastre (rientrato al termine della seduta), Demoveen e Dasa; quest’ultimi estremamente delusi di come si era conclusa la giornata.
"Mi sono trovato costretto a dare un voto Razionista, maledizione!"
"Non parlarmi di voti Dasa, io, per la prima volta nella mia vita da parlamentare, mi sono astenuto."
"E io cosa dovrei dire che sono stato cacciato dal Parlamento?"
"Mastre, sta zitto! Tu vieni cacciato dal Parlamento almeno una volta al mese. Dovresti essere abituato."
In quel momento un rumore sordo, ma estremamente potente, riempì l’aria; ad esso seguì una forte scossa di terremoto.
"Ma… cosa succede?"
"PRESTO! Usciamo! Dirigiamoci sopra la collina che sovrasta la città!"

I tre corsero, imitati dai pochi altri presenti in quell’aula, nel punto indicato da Mastre e poi si apprestarono a guardare il terribile panorama che si mostrava dinanzi.
Da una delle ellissi era cascata una gigantesca colonna d’avorio, con base sempre ellissoidale, occupante circa un’area di qualche decina di chilometri.
L’intero cilindro era di un bianco zanna, decorato in maniera estremamente accurata con le tappe più importanti del libro degli dei: esso schiacciava drammaticamente decine e decine di persone e di case.
"E’… è terribile! Come può una persona anche solo immaginare una cosa del gen…"
Dasa non riuscì a terminare la frase che un’altra colonna precipitò dal cielo, uscendo dalla seconda delle tre ellissi e provocando anch’essa decine e decine di vittime.
Era identica alla precedente, soltanto le scene rappresentante su di essa erano differenti.
"Cosa succederà quando sarà cascata anche la terza colonna?" chiese Demoveen.
"Purtroppo l’unica risposta a questa domanda la sanno solo gli dei." rispose il vivano.
Gli attimi che seguirono furono eterni ed estenuanti: sotto di loro due enormi colonne avevano praticamente distrutto tre quarti della città, il rimanente quarto, a causa dei diversi disordini, era in balia di numerosi incendi e la gente cercava di fuggire in tutte le direzioni, in contemporanea un’ultima spada di Damocle pendeva sulla testa di Magsana.
Poi accadde e anche l’ultima ellisse sprigionò tutta la sua potenza: una terza colonna precipitò sull’inerme capitale completando il tragico triangolo.
Attorno alle tre colonne iniziò ad accumularsi un energia color verde e le stesse tre si collegarono fra di loro con mura energetiche del medesimo colore: poi si sprigionò la vera tragedia.
La verde energia divampò all’interno del triangolo delimitato dalle mura e anche coinvolgendo qualche chilometro esterno.
Le anime delle persone furono completamente strappate via dai corpi e, nel baricentro della figura geometrica, iniziò a condensarsi un turbine di spiriti e visi umani in un misto di urla di demoni, bambini, donne e uomini fino a quando il turbine si strinse a tal punto da scomparire completamente.
L’unica traccia che lì c’era una volta una capitale erano le macerie di anni e anni di storia e i milioni di cadaveri con gli occhi stralunati dal terrore.
In mezzo a questo genocidio spiccavano ancora le tre gigantesche colonne.

Demoveen e Dasa, distrutti psicologicamente ma salvi nell’anima, girovagarono per qualche giorno fra le rovine e le macerie alla ricerca di qualche sopravvissuto: invano.
Fortunatamente nessuno dei due aveva avuto il tempo di formarsi una famiglia ma in quel disastro avevano appena perso tutto: amici, lavoro, ricordi, vita.
Quale destino più osceno poteva capitare ancora?
Demoveen scosse la testa completamente smarrito… cosa o chi aveva potuto generare una simile strage? Perché?
"Sono stati gli dei!" rispose Mastre.
"E piantala con questi dei!"
"La prossima città ad essere colpita sarà Mu, la capitale dell’Orania, comandata dal Sharlak il Magnifico."
"COSA?" urlarono all’uninsono i due ex-parlamentari jainisti.
"Gli Dei vogliono la fine di questo mondo e si stanno preparando con l’ultimo vertice. Due vertici sono stati segnati: Ratissana e Magsana. Ora manca l’ultimo vertice, Mu, e il triangolo sarà al completo. Nel baricentro di esso (che non sarà un triangolo equilatero) apparirà il vaso di Pandora."
"L’otre di Pandora?" domandò Dasa.
"Dovreste leggere anche i libri degli dei, oltre che ai soliti vostri libri giuridici o di magia. Come sapete ogni pianeta è contraddistinto da un determinato numero di vasi. Il nostro è contraddistinto dal possedere quattro vasi. I quattro vasi, tutti scoperchiati durante la genesi, furono quello delle forze naturali, delle anime, della magia e dei sentimenti; a loro volta ogni vaso contiene quattro tipologie di contenuto: terra, fuoco, aria e spirito. E’ per questo che ora come ora ci troviamo magie di fuoco (come la spirale del drago rosso), sentimenti d’aria (come la curiosità), anime di spirito (come gli angeli o i venerei) o forze naturali di terra (come i terremoti)."
"Interessante questa lezione, ma cerca di giungere al punto!"
"Il punto è che ora gli dei, probabilmente ammirando la guerra dei tre gigli che stanno provocando milioni di morti, hanno deciso di chiudere uno di questi vasi e più precisamente quello della magia."
"E tu come sei venuto a saperlo?"
"Ve l’ho già detto. Dai libri sacri… certo, non dai soli libri di sacri della nostra ex-capitale."
"E’ deciso allora!" esclamò Dasa: "C’incammineremo verso Mu; il destino di milioni di persone è nelle nostre mani."
"Dovremo superare la guerra che sta imperversando nel continente, non abbiamo i mezzi per affrontare un viaggio del genere e quindi avere abbastanza carisma per convincere quel Sharlak, che mi chiedo cos’abbia di magnifico, riguardo l’ira degli dei." rispose rammaricato Demoveen.
"Proprio quello che speravo: una missione disperata. E’ da quando sono entrato nel partita Jainista che non parto per un viaggio e, onestamente, ho proprio voglia d’abbandonare questa valle di lacrime."
"Allora verrò con te" affermò Demoveen: "La mia anima non riuscirebbe a sopravvivere senza alcun obiettivo e con questo orribile ricordo che continuerebbe a rispuntare nella memoria. Tu cosa farai viviano?"
"Non ho altra scelta che accompagnarvi purtroppo. Speriamo di non…"
S’interruppe.
"Di non…?"
"Niente niente, verrò con voi per gli stessi motivi di Demoveen."
E così i due esponenti del partito Jainista e il viviano iniziarono il viaggio verso Mu.

Dopo un breve viaggio via mare, relativamente tranquillo nonostante il continuo mal di mare dello stantio Demoveen, i tre sbarcarono nella cittadina marina di Manji, nella repubblica del giglio giallo.
Anche in quel luogo, relativamente lontano dai campi di battaglia, erano evidenti i segni del conflitto: gli abitanti erano prevalentemente bambini molto giovani, anziani privi di magia, uomini amputati o con handicap più o meno gravi; i lavori erano assegnati principalmente a marionette magiche ad’alta laboriosità (a Magsa erano state vietate dopo l’ennesimo uso improprio).
Si fermarono per un giorno tempo di prendere i dovuti approvvigionamenti e tre cavalli ad alta resistenza, di comunicare la notizia della distruzione di Magsana e di apprendere il nuovo assetto continentale (la capitale della repubblica del giglio giallo era sotto-assedio da qualche mese da parte delle truppe di Meth e Sharlak il Magnifico, in quel momento, stava rimettendo in sesto le truppe).
Se le condizioni della costa erano comunque abbastanza civili, l’entroterra era la più cara rappresentazione di decine e decine di battaglie appena concluse: campi completamente bruciati, creature demoniache dimenticate dall’invocatore di turno, miriadi e miriadi di bossoli, palle di cannone, frecce incendiare, gigantesche lame di ghiaccio che spuntavano come spade dal terreno, fili di ferro lasciati e dimenticati ad arrugginire, navi d’assedio senza cingoli, stendardi dei tre gigli dimenticati per terra, libri di maghi, chierici, monachi, spade con foderi dorati sepolti nel fango, lance dal manico spezzato, scudi infranti da grosse asce dall’elsa argentea, armature di ferro stese sotto il sole cocente.
E poi ovunque, da ogni parte che si girasse lo sguardo, cadaveri, corpi mutilati, scheletri, carni dimenticate e sangue raggrumato che ribolliva nel fango: le uniche presenze di vita erano alcuni animali che si cibavano dei cadaveri, principalmente iene e gabbiani, e avvoltoi umani; poveretti che, non avendo nulla da sopravvivere, applicavano l’antica arte dello scialaggio cercando fra i cadaveri monete, pietre preziose, spade incantate o leggendarie, armature di eroi di guerra o oggetti preziosi.

Ciononostante il viaggio proseguì senza problemi fino a Kamai, un paesino di frontiera fra la repubblica del giglio giallo e l’Orania: i nostri si fermarono a riposare ad una piccola locanda chiamata “L’oca grassa”.
Il locandiere non fu molto socievole, ma nessuno, con questa guerra, lo era; ciononostante evitò di fare domande ai nuovi avventori e si limitò a fornire loro da mangiare e a donargli delle opportune stanze.
Mentre i tre pranzavano ad un tavolo vicino al fuoco, una donna estremamente attraente dagli occhi color del bronzo fece una richiesta a gran voce.
"Io, Esam Shara, guerriera della repubblica del giglio giallo della città di Kamai, ho bisogno di qualcuno che mi accompagni a Mu. Chi mi aiuterà avrà in dono queste cento monete d’oro." nella mano destra teneva un grosso sacco che fece opportunamente scuotere facendo tintinnare il contenuto.
"Se vuoi noi andiamo a Mu." esclamò prontamente il viviano, battendo tutti sul tempo.
"Non sei troppo anziano per poter arrivare fin là?" rispose Shara, scatenando l’ilarità generale.
"Lascia perdere Mastre… quella tipa non è il tuo tipo." sussurrò Demoveen, ridacchiando all’orecchio del vecchio.
"Non credere mia cara Esam! Il qui presente Mastre della repubblica di Magsa della città di Magsana è più forte di quanto t’immagini!"
Alle parole Magsana tutta la gente si zittì per qualche secondo e guardarono quell’individuo con aria stupefatta.
Il silenzio fu rotto dal locandiere: "Tu… tu vieni da Magsana? Cos’è successo in quella città?"
Il viviano raccontò ai presenti cosa fosse successo; evitò però di dire chi loro in realtà fossero, del perché si stavano dirigendo a Mu e di cosa sarebbe probabilmente accaduto a momenti.
Al contrario raccontò la storia di tre soldati di ventura, di cui lui era ovviamente il saggio vecchio capo, che giravano il mondo alla ricerca di fortuna e di sfide.
Visto che individui del genere, nonostante la guerra, andavano ancora per la maggiore la storia fu ritenuta veritiera e la serata si concluse fra varie offerte e bevute della migliore birra di quella zona.

Il giorno seguente, dopo essersi sbarazzati dei consueti ladri da strapazzo che subito cercavano il furto alla parola “oro”, il viaggio riprese coi nuovi compagni; Esam Shara aveva, infatti, con estrema delusione di Mastre, altri due compagni di ventura: Sanico, evidentemente uno studioso, e Iafet, che sembrava più un pastore che un viandante.
"Voi come mai state andando a Mu?" chiese incuriosito Demoveen.
"Eviterò di raccontarvi delle balle come ha fatto quel vecchiaccio con noi" rispose Esam lanciando un’occhiataccia a Mastre: "E, visto che ormai siamo fuori dagli sguardi indiscreti, vi racconterò subito quel che dovete sapere. Sanico e Iafet vengono dal mondo esterno."
"DAL MONDO ESTERNO???" gridarono i magsaniani all’unisono.
Proseguì Demoveen: "Dacché è memoria d’uomo nessuno è mai giunto dal mondo esterno: la popolazione che risiede in quei continenti è gente estremamente ignorante, rude e priva di cultura. Pochi conoscono l’uso della magia e quelli che la conoscono ne fanno un uso ridicolo e tribalizzato. Sei sicura di quello che dici?"
"Chiedilo a loro stessi. Gli ho già fatto una magia di traslazione sintattica, così non dovreste avere problemi nel parlare."
Demoveen si rivolse a Iafet: "Ma voi da dove venite?"
Iafet dimostrò di non essere da quei luoghi a causa del suo stranissimo accento ma il suo parlare era comunque nobile e deciso: "Sono un mercante proveniente dalle terre di Canaan. Io e il mio amico, di un paese presso Micene, siamo naufragati su questo continente dopo un lungo e difficile viaggio che cercava di puntare verso le fredde terre del nord, superando il grande mare interno e affrontando l’enorme mare esterno, quello che voi chiamate Oceano del Limite se ben mi ricordo. Siamo poi stati tratti in salvo dalla famiglia di Esami che ci ha trattato con cura e ora ci stiamo dirigendo verso Mu per cercare un qualche mezzo di trasporto per tornare nel nostro continente."
"Capisco, speriamo di riuscire ad arrivare in tempo." rispose Dasa.
"Cosa intendi dire?" chiese Esam.
"Come avevi ben capito Mastre prima vi ha ingannato, ma era per una giusta causa. Lasciate che vi racconti la verità."

Spiegata la gravità della situazione il viaggio proseguì con velocità quasi tripla.
Dopo circa un mese e mezza dalla loro partenza da Magda finalmente giunsero a Mu, capitale del regno d’Orania, governato da Sharlak il Magnifico.
La maggior parte delle case aveva una struttura orientale, semplice ma efficace: ogni casa era decorata con stucchi o arazzi e molte insegne magiche invitavano i viandanti a visitare o meno uno o l’altro negozio.
Ciononostante essa aveva una simmetria perfetta ed estremamente precisa: era divisa in vari anelli concentrici a forma d’ottagono e ognuno di essi era caratterizzato da tipologie diverse di lavoro: nel primo anello risiedevano le strutture governative, nel terzo anello i teatri, le case del divertimento, i casinò, il quarto anello era un unico gigantesco parco, il sesto anello era dedicato alle strutture di controllo e di polizia, poi c’erano altri quattro anelli residenziali, tre anelli dedicati all’artigianato e all’industria, esternamente si estendevano, poi, in maniera disordinata strutture militari e campi agricoli.
Al centro della città risiedeva un gigantesco castello con quattro grandi torrioni: esso era costituto da grosse pietre color dell’ebano ed era un pugno in un occhio rispetto all’intera città che lo circondava.
Qua Sanico, quasi preso dalla sindrome di Stendhal, bisbigliò fra se e se: "Questa… questa è la città perfetta!"

"Bene. Noi ci dirigiamo verso il porto della città. Se abbiamo bisogno di un mezzo di trasporto è lì che lo troveremo." esordì Esam Shara.
"Perfetto! Noi cercheremo di farci presentare a Sharlak." rispose Demoveen.
"E se per caso in cielo apparissero quelle dannate ellissi state pronti con la telepatia. La useremo per trovarci nel porto e per trovare una via di fuga adeguata." disse Dasa.
I due gruppetti così si separarono (dopo essersi comunque scambiati, come d’accordo, le cento monete d’oro).

"Uhm… secondo voi ci apriranno?" chiese il viviano.
"Credo di no. E’ da cinque ore che stiamo aspettando in questa sala d’attesa e nessuno si è ancora fatto vedere. DANNAZIONE! Non capiscono quanto è grave la situazione?" rispose Dasa.
"Evidentemente no. Dopotutto siamo solamente dei profughi di Magda." concluse Demoveen: "Oh… sta arrivando qualcuno."
La persona che avevano di fronte era un gigantesco guerriero con l’armatura dorata: "Vi pregherei di seguirmi per favore." dopodichè schioccò le dita e iniziò a far levitare i tre ambasciatori dietro di se.
Entrarono attraverso una gigantesca porta, anch’essa completamente dorata e cosparsa di miriadi di pietre preziosa: la stanza che si apriva di fronte a loro era un salone lungo diverse decine di metri.
Sui lati c’erano diversi quadri dei pittori più illustri dell’epoca e sul soffitto era disegnata l’apocalisse dipinta secondo quanto illustrata dai libri degli dei.
In fondo sedeva, su di un trono estremamente decorato e ingrandito da qualche magia arcana, lo stesso Sharlak il Magnifico.
Era un uomo colossale, dallo sguardo freddo e intenso, vestito con abiti sgargianti ma eleganti e sofisticati, indossava una corona con sopra disegnato il giglio nero.
"Cosa volete uomini di Magda? Ho sentito parlare del destino della vostra città. Cosa posso fare per voi?"
A Demoveen gli si strinse la gola: trovare le parole riguardo la distruzione prossima della capitale dell’uomo che aveva di fronte era una cosa che gli risultava più difficile del previsto.
"Illuminatissimo signore di queste terre, noi siamo tre ex-parlamentari dell’ex-repubblica di Magda. Io sono Demoveen Sagami della fazione Jainista, lei è Dasa del sole d’oriente, sempre della fazione Jainista, e lui è il viviano Mastre, uno dei cinque uomini di questo pianeta col dono della rinascita. Siamo giunti fino a lei per narrarle quanto successo alla nostra città e per evitare che questo possa accadere anche alla vostra perfetta capitale."
"Alla mia capitale? Intendete minacciarmi forse?"
"Niente di tutto questo." esclamò Demoveen, che in quel momento s’accorse che l’aria era satura di uno strano odore: "Noi siamo qua per avvertirla, oh Magnifico. La nostra capitale, il nostro stato e la nostra stessa vita sono andate completamente distrutte dalla forza degli dei. Dal cielo sono apparsi tre grandi ellissi neri che hanno scaraventato con forza tre colonne su di noi."
"E cosa vi ha portato alla conclusione che la prossima città ad essere colpita sarà Mu?"
"E’ scritto sui libri degli dei" sentenziò il viviano con rabbia.
"Ahahah… quei libri da quattro soldi. Elaborati della cultura occidentale che portano solo ignoranza, paura e superstizione. Qua regna soltanto la magia orientale e il potere della scienza."
"Ma…" cercò di riprendere il discorso Demoveen.
"Niente “ma”. Per oggi ho sentito abbastanza, vi sentirò domani. Siete comunque dei gentili ospiti e quindi, come tali, vi ospiterò nelle stanze del panorama. Sentitevene onorati."
E quindi Sharlak si congedò mentre, a forza, Demoveen, Dasa e Mastre venivano portati nelle loro camere.

Le stanze del panorama erano delle splendide suitè che volavano a circa duecento metri d’altezza, si trovavano fuori dalla città, precisamente sul mare a circa cento metri dal porto.
"Perfetto! In pratica ci ha messo in prigione." esordì Dasa.
"Ne dubitavi?" ribattè Demoveen.
"Speriamo che domani voglia sentire qualche ragione in più." continuò Dasa.
"Ne dubito. Non hai sentito l’aria? Era impregnata del profumo del carisma. Per quanto potevamo essere convinti delle nostre idee non saremmo mai riusciti a convincerlo." fece notare Mastre.
"MALEDIZIONE! E ora cosa possiamo…">
Demoveen s’interruppe.
"Cosa succede?" chiese Dasa.
"Non lo senti?"
"Cos…?"
"Demoveen, Mastre, Dasa? Mi sentite? Dove siete?" qualcuno stava comunicando telepaticamente.
"E’ Shara!" gridò Demoveen poi rispose al messaggio telepatico: “Noi stiamo bene ma siamo momentaneamente imprigionati. Voi avete trovato un mezzo di trasporto?”
"Si. Si tratta di un’enorme barca: un po’ ortodossa ma molto robusta. Si chiama Nave Oltreoceano Esmeralda. Dovete sbrigarvi?"
"Sbrigarvi? Perché?"
"Come perché? Le ellissi? Non le avete viste? Sono apparse come avevate predetto. Soltanto che ora è notte, con l’oscurità non si vedono e solo i marinai, che hanno notato la mancanza di numerose stelle, hanno notato quest’anomalia."
"Sono apparse le ellissi!!!" gridò a squarciagola Demoveen agli altri due.
"Eccole là!" le indicò Dasa guardando il cielo.
"Cosa facciamo?" chiese Shara.
"Voi partite. Non c’è tempo da perdere. Pagate tutto quel che avete per pagare il viaggio ma allontanatevi più che potete da questa capitale. Noi finchè siamo in questa stanza siamo al sicuro e appena ne usciremo cercheremo di scappare. VOI FUGGITE!"
“Va bene! Grazie per quello che avete fatto per noi”
Nel giro di qualche ora, nell’oscurità della notte (nonostante le numerose magie di luce lanciate dai maghi), ebbe inizio la fine di Mu.
Dall’alto caddero le tre colonne colonne d’avorio disponendosi a triangolo equilatero come già successo a Magdana e a Rattissana.
L’ultima cadde sul castello ove risiedeva Sharlak il Magnifico ma prima di cadere si fermò per qualche istante a mezz’aria: chi avesse potuto assistere alla scena da sotto avrebbe notato che decine di maghi, guerrieri e lo stesso Sharlak con la forza fisica e della magia avevano cercato di fermare la caduta dell’ultimo pilastro.
Quando la base dell’ultima colonna toccò il suolo le anime ancora una volta si condensarono al centro in un vortice di spiriti e urla e anch’esso sparì nel giro di pochi minuti.
Sembrava una copia di quello ch’era successo a Magdana ma un altro evento accadde: le colonne iniziarono a vibrare e a colorarsi di rosso.
Dalle tre colonne partirono tre gigantesche mura color del sangue, tutti nella medesima direzione anche se con un angolo diverso.
Se qualcuno avesse visto la scena dallo spazio avrebbe notato che tutte le nove colonne cadute sinora (a Magdana, a Rattissana e a Mu) si erano collegate con delle mura formando un gigantesco triangolo con le bisettrici.
E nel baricentro risiedeva il vaso.
Come successo per le anime delle tre città, così successe per le magie di tutto il mondo: improvvisamente ogni piccola essenza magica, ogni gigantesco spirito invocato e ogni incantesimo narrato si concentrarono in un unico enorme tornado al centro del continente, esattamente sul vaso.
Il tornado durò per ore e ore poi si concentrò e confluì tutto all’interno del relativo piccolo otre.

"Ma cosa sta succedendo?" esclamò Demoveen.
"La magia sta scomparendo dal mondo. Come ti avevo predetto." disse il viviano.
"Ma questa sarà la fine del mondo!" urlò Dasa.
"Ne dubito, gli abitanti del mondo esterno hanno praticamente vissuto senza magia e si sono comunque evoluti. Al contrario questa è la fine di Ladad e soprattutto la nostra fine."
"La nostra fine? E perché?"
"Siamo su di una struttura che vola per natura magica. Non ricordi? Appena anche quest’incantesimo sarà assorbito noi precipiteremo."
"Non è possibile!"
"E invece si. Ma sempre meglio morire così piuttosto che usati come energia per caricare le pile di quelle colonne."
"Anche tu, Demoveen, hai notato questa cosa? Già… non avrei pensato che questo era lo scopo delle città. Anime per creare energia per togliere la magia dal mon..."
"Cosa succede?" chiese Dasa notando l’esitazione del vecchio.
"Sto morendo…" rispose il vecchio con uno strano sorriso.
"Tutti siamo per morire qui."
"No. Io sto morendo ora. L’otre si sta prendendo la mia magia di rinascita. Addio miei cari amici. Siete stati i più cari compagni che abbia mai avuto. Sul serio."
"Non ci credo… non può finire così! NON PUO’!"
"E invece credo di si. Non si può fare nulla contro la potenz…" non concluse la frase, il suo corpo si mutò in polvere e si disperse per la stanza.
"Addio caro amico." chinò la testa Demoveen.
"Addio" lo imitò Dasa.
Pochi minuti dopo le stanze del panorama persero la magia ch’era legata a loro e precipitarono sul mare provocando la morte dei due jainisti.

Il contraccolpo dell’afflusso di magia fu estremamente forte e l’intero continente precipitò sotto le acque dell’oceano che ora noi conosciamo come Oceano Atlantico.
Gli tsunami che seguirono coinvolsero l’intero pianeta ricoprendo, in contemporanea, per giorni e giorni, zone che non erano mai state raggiunte per così tanto tempo dall’acqua: molti libri religiosi, tutt’ora ricordano questa gigantesca alluvione.
Iafet e Sanico furono gli unici superstiti del viaggio della Nave Oltreoceano Esmeralda, in quanto, più forti di costituzione riuscirono a reggere alla traversata anche senza l’uso della magia: gli altri morirono sia per un ammutinamento sia perché non potevano usare magie nutritive.
Iafet scrisse del suo viaggio su di un libro che passò di generazione in generazione venendo pian piano idealizzato e divinizzato e di cui si perse quindi la storia originale.
Sanico riuscì a tornare in patria, narrò questo brano ai suoi figli che lo raccontarono ai loro figli e così via finchè tale storia divenne mito e fu ascoltata da uno dei filosofi della scuola d’Atene mutandosi da mito a leggenda.

Passarono gli anni, i secoli e i millenni: del continente di Ladad non si sentì più parlare se non con il nome di Atlantide e il mondo esterno progredì talmente tanto da poter sopperire alla magia con le forze naturali e i sentimenti.
Quello era un freddo giorno d’inverno e Paul Winson e Jack Sherman stavano facendo delle spedizioni subacque sul fondo dell’oceano Atlantico per delle ricerche petrolifere.
I due avevano sempre amato andare sott’acqua e si meravigliavano sempre di cosa potevano trovare e ammirare nelle profondità marine: pesci, alghe, scogli, canyon sottomarini, vecchi relitti di navi, tubi per il trasporto del greggio, strani sogni di sirene e così via.
Ma quel giorno trovarono una cosa che risvegliò strani ricordi a Winson, che amava andare nei vecchi musei della Grecia.
Sulla base petrolifera San Kennigton, a pranzo, Paul mostrò a tutti cosa aveva trovato nell’ultima spedizione: un’anfora d’estrema bellezza, color dell’avorio.
"WOW! E’ una figata. Ehm… che cos’è?" chiese Sherman.
Paul gli diede una manata e rispose: "E’ un’anfora antica no? Ho sempre desiderato averne una da quando ho visitato il museo delle anfore in Grecia."
"Tsk, è solo un vaso. Cosa vuoi che sia?" rispose Greta Mascelle, il capo di quella base.
"Comunque è ben chiuso. Hai qualche arnese per aprirlo?" chiese Sherman.
A domanda Greta rispose con una domanda: "Sai che giorno è oggi?"
"Il ventun dicembre duemiladodici?"
"Esatto! E domani bisogna consegnare l’intera catasta d’informazioni alla società petrolifera, quindi vediamo di muoverci!"
"Essia. Apriremo quest’anfora stasera!"
"A stasera."

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Wemil