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Autore: Pluma    12/09/2008    4 recensioni
(Dal II° capitolo) “Molto piacere. Come ho già detto io sono Richard Heart. Questa bellissima donna è Sheril Water, il mio braccio destro. Il più vecchio tra noi è Asriel Stern. La ragazza che le ha recuperato la borsetta si chiama Savannah Runner; infine, lui è Jack Salvador, in realtà non si chiama così, ma il suo nome è per tutti noi impronunciabile perciò…Jack.” (...) “E ora che abbiamo fatto tutte le presentazioni, cosa volete dai Predators?” I Predators è un'agenzia tutto fare formata da cinque persone decisamente molto diverse tra loro... partendo dall'età, per continuare con la nazionalità, finendo con il loro carattere. Non disdegnano commissioni che li portano in giro per il mondo, sebbene siano lavori che hanno poco a che vedere con la legalità. Sinceramente non mi importa se li amerete o li odierete, dato che sono degli anti-eroi, la mia speranza è che non vi lascino indifferenti. Per questo spero tanto che recensirete, almeno un pochino...
Genere: Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I° CAPITOLO

SOS

 

Someone saved my life tonight(*)        

 

Erano le tre di una mattina decisamente poco piacevole, il freddo penetrava nei vestiti, raggiungendo con facilità la pelle che, inevitabilmente, reagiva accapponandosi. Le Strade di Cardiff erano buie e, logicamente considerando l’ora tarda, erano anche deserte e silenziose, fatta eccezione per l’eco di due paia di scarpe che ticchettavano sul cemento. Il loro ritmo dei passi era abbastanza sostenuto, ma avrebbe potuto essere molto più veloce se le due italiane avessero conosciuto, con sicurezza, la strada da percorrere.

Camminavano in silenzio, spedite verso la loro meta, sperando vivamente di riuscire a trovarla presto. A nessuna delle due piaceva l’atmosfera quasi sepolcrale in cui si stavano muovendo. Nonostante questo, era chiaro come una fosse notevolmente più sicura e impavida dell’altra, o forse era semplicemente più stupida e ingenua. Al contrario dell’amica, che reagiva ad un minimo spostamento del sassolino che lei stessa aveva calciato, la giovane guardava dritto davanti a sé e quando voltava la testa, lo faceva solo per cercare di leggere il nome delle vie. Impresa tutt’altro che semplice data la scarsa luce dei lampioni.

“Si può sapere quanto ci manca ancora?” chiese la ragazza più spaventata.

“E come pensi che possa saperlo. Non sono mai venuta in questa città. In più su internet non c’erano delle istruzioni dettagliate, vado a naso.”

“Sarebbe più facile andare all’isola che non c’è, almeno conosciamo le indicazioni per arrivarci: seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino” recitò alzando gli occhi verso il cielo per ricordare la frase, di cui non era propriamente sicura.

“Ti sembra il momento?” la riprese l’altra, ora molto irritata. Con un gesto di stizza si portò dietro un boccolo traditore che era sfuggito dall’orecchio. Non era arrabbiata con la compagna, ma le scocciava non avere la situazione sotto controllo, e sentire l’amica vaneggiare la esasperava maggiormente.

“Scusa, è solo che non sono tranquilla.”

“Non essere sciocca, cosa vuoi che succeda? Sono le tre del mattino, non c’è in giro un cane e questo è un male dato che se incontrassimo qualcuno potremmo chiedere informazioni” disse cercando di mantenere i nervi sotto la pelle.

In quel momento due figure si staccarono dall’ombra, spuntando all’improvviso a pochi passi da loro.

“Signorine, avete per caso bisogno di un aiutino” chiese una voce palesemente falsa.

Le reazioni delle due ragazze furono molto diverse, ma entrambe erano d’accordo sul non fidarsi di quella voce melliflua. Quella più spaventata si irrigidì, il suo corpo era un fascio di muscoli tesi per la tensione e tremanti per il terrore; il fiato le usciva dalla bocca come il fumo di una sigaretta ad un ritmo che faceva a gara con quello accelerato del suo cuore. L’altra, al contrario, si mise sulla difensiva: gambe divaricate leggermente flesse, mentre le braccia scattarono verso l’alto in posizione da pugile.

“Oh-oh guarda un po’ Frankie, le abbiamo spaventate” le derise la voce di prima, avvicinandosi.

Frankie rispose con una risatina di scherno silenziosa e pacata.

“Vi assicuro che non avete motivo, signorine.” Ora i due uomini erano abbastanza vicini da poterli vedere benino. “Se farete le brave e ci consegnerete le vostre belle borsette firmate, potremmo anche decidere di scortarvi…potreste fare dei brutti incontri, non si può mai sapere.

La pessima battuta suscitò un altro attacco di ilarità di Frankie che, come l’amico, si era fermato a due metri di distanza dalle povere e sprovvedute turiste.

“Corri, vai a chiamare aiuto” sussurrò la più calma delle due mal capitate.

“Cosa?” chiese inebetita l’altra.

“Ma perché tutte a me?” piagnucolò mentalmente la prima, ormai al culmine della sopportazione. Con un enorme sforzo di volontà si voltò verso l’amica urlandole in faccia:

“MUOVITI!”

Come una secchiata di acqua gelida in pieno volto, l’ordine ebbe l’effetto di rianimare la giovane donna che cominciò a fare un passo, poi un altro e, finalmente, si girò di spalle cominciando a correre, incurante di quello che stava succedendo dietro di lei.

Frankie che probabilmente non aveva una buona parlantina come il suo compare, aveva, al contrario, degli ottimi riflessi e appena si accorse che una delle due vittime stava tentando di scappare, scattò in avanti con l’intento di inseguirla. Non aveva fatto i conti, però, con la velocità della ragazza che era rimasta, la quale allungò una gamba facendolo rovinare sull’asfalto. Alcuni sassolini gli scorticarono i palmi delle mani che lui aveva portato prontamente avanti per non sbattere la faccia sul cemento. Si rialzò di scatto, imprigionando l’italiana nella morsa delle sue forti braccia, riuscendo addirittura a tapparle la bocca con una mano, ma al contrario di quello che pensava, la partita era tutt’altro che finita. La ragazza pestò con tutta la forza di cui era capace il piede del suo aggressore e mentre lui sfogò il suo dolore con un urlo, lei riuscì a trovare spazio sufficiente per mordergli la mano.

Infuriato per come quella sgualdrinella straniera li stava facendo penare, Frankie ripartì alla carica, questa volta, però, usando il poco cervello che mostrava di avere assestando un colpo a due mani dietro la schiena della turista che si afflosciò a terra, come una sportina in balia del vento. Senza che ci fu bisogno di tante parole, i due uomini cominciarono a tirare calci, mentre lei, sdraiata su un fianco, faceva il possibile per proteggersi, sebbene tutti i suoi sforzi fossero alquanto vani.

“Vostra madre non vi ha detto che le donne non si toccano neanche con un fiore?”

Una voce, spuntata all’improvviso, fece fermare i due malviventi, che si voltarono a guardare con astio chi li aveva interrotti. Anche la ragazza riuscì ad alzare gli occhi sul suo salvatore e non ne trovò solo uno, bensì tre: due uomini e una donna. Quello che aveva parlato si trovava al centro del terzetto e se la situazione non fosse stata quella che era, poco ma sicuro la turista si sarebbe messa a piangere dal gran ridere, per quanto il suo aspetto fosse strambo. Aveva dei capelli anormali dalla forma inconfondibile anche al buio; folti e dritti come la criniera di un leone, ma soprattutto lunghi a sufficienza perché esprimessero tutta la loro unicità.

“E voi chi cazzo siete?” chiese il capo, il quale aveva abbandonato il suo tono gentile per adottarne uno furioso.

“Delle persone che vi insegneranno le buone maniere se non ve ne sarete andati nel giro di cinque secondi.”

Probabilmente la ragazza a terra non era l’unica a trovare l’inizio della giornata alquanto sgradevole, ma sicuramente non era l’unica ad essere stanca di tutta quella situazione. A prova di ciò Frankie, senza aspettare un ordine esplicito da parte del suo compare, si scagliò verso l’uomo che, impassibile, teneva le mani in tasca con un portamento invidiabile, a dispetto del suo aspetto trasandato.

La ragazza si alzò, appoggiando il peso del busto sulle mani, per vedere meglio la scena, e in quel momento notò un piccolo spostamento alla sinistra del tipo con la criniera. Spostò le pupille e vide l’altro uomo, che avrebbe potuto avere qualche anno in più di lei, caricare i muscoli delle gambe, mentre dalla manica del maglione gli scivolò in mano un pugnale. Senza accennare ad agire prima del tempo, il ragazzo rimase immobile come un predatore e solo quando Frankie gli fu abbastanza vicino si piazzò davanti all’uomo dai capelli strani. Con un solo, preciso, fluido movimento della spalla destra, il ragazzo tagliò la gola dell’aggressore che cominciò a sprizzare sangue come quelle pistole ad acqua per i bambini.

Spaventato dalla scena l’altro malvivente si piegò sulla ragazza, rimasta a bocca aperta, sbalordita tanto quanto lui, risvegliandola dal suo stupore rubandogli la borsetta tanto agognata.

La sua reazione fu immediata:

“maledizione la mia borsa!” urlò con rabbia, voltando la testa verso il ladro che correva a perdifiato, verso l’oscurità del vicolo.

“Savannah!” sussurrò semplicemente l’unico che avesse mai aperto bocca del terzetto.

Immediatamente uno spostamento d’aria veloce e aggressiva fece capire alla turista che qualcuno, anzi non qualcuno la donna, anche lei presumibilmente molto giovane, era partita all’inseguimento del gallese sopravvissuto. Ben presto entrambi sparirono nel buio e l’ultima cosa che la derubata era riuscita a scorgere fu che Savannah, così l’aveva chiamata il tizio, aveva guadagnato molto terreno.

“Tutto bene signorina?”

L’italiana alzò lo sguardo, trovandosi sovrastata dal ragazzo che aveva, molto saggiamente, nascosto il pugnale e dall’uomo con i capelli leonini che le tendeva la mano. Lei la accettò, tanto anche se fossero stati ladri pure loro, oramai non aveva più niente che le potessero rubare.

“Benone” rispose una volta che le gambe le smisero di tremare e la testa si decise a fermarsi.

“Ci ha avvertito la sua amica, ora si trova a casa nostra. Non ci sembrava il caso portarla con noi.”

In apparenza il suo salvatore era una persona gentile e ora, da più vicino, la donna notò che era ancora più trasandato di come se lo fosse immaginato.

“Avete fatto bene, grazie dell’aiuto” biascicò a fatica; conosceva abbastanza bene l’inglese, ma con tutto quello che era successo faticava a mettere in fila due parole.

Dei passi, provenienti dalla zona in cui erano scomparsi i due corridori, richiamarono l’attenzione dei presenti. Savannah era tornata con in mano la borsetta. Più sollevata di prima la straniera allungò la mano per farsi restituire ciò che le era stato rubato, ma la biondina, che non aveva un filo di sudore che le imperlasse la pelle del viso, la superò senza un commento, consegnando l’oggetto recuperato al suo capo. Quello era il colmo, non ne poteva veramente più. Era stanca e non le sarebbe costato troppo sforzo cedere ad un attacco isterico se il capellone non le avesse restituito la borsetta.

“Scusa se mi faccio gli affari suoi, ma lei e la sua amica cosa ci fate qui a quest’ora?”

“Stiamo cercando un’agenzia: i Predators. Non è che voi sapreste dirmi da che parte devo andare per trovarli?”

Il viso dell’uomo si aprì in un sorriso che avrebbe potuto fare concorrenza a quello di un bambino, se non fosse stato per un piccolo, insignificante particolare: era troppo inquietante su di lui.

“Lei è fortunata, signorina. Io sono Richard Heart: il boss dei predators.”   

 

(*)Titolo di una canzone di Elton John

   
 
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