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Autore: HellSINger    10/08/2014    2 recensioni
Non lo so, più vado a vanti e più cerco di convincermi.
Non lo so più vado avanti in questa trascrizione di pensieri e ricordi senza briglie più sembro la vittima, ma io non sono la vittima.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Più sorrideva, più avrei voluto detestarla, eppure quel sorriso mi rendeva impossibile farlo…
 Era stata l’ultima volta che l’avevo vista, quel ventitre di dicembre,il giorno in cui le circostanze decisero duramente per me.
 Io la amavo, sì, la amavo. Poco contò, lei sorrise ancora, anche se tra le lacrime, accompagnandosi da sola sulla porta della mia vita.
Non so come facesse a scivolare via così, come acqua sulle ceneri bollenti, leggera, così scomparse, lasciando a quel dicembre un’ustione da gelo.
Nel profondo speravo che mi afferrasse la manica della camicia, come era solita fare quando la sera tornavo a casa, per dirmi resta ancora un poco, ho bisogno della tua presenza. Non volevo chiudere il libro, che rinchiudeva la nostra storia di scatto, facendo quel suono secco e scostante che avevo finito per odiare: uno schiocco.
Volevo forse ancora restare seduto sui muretti con lei a chiacchierare dolcemente di come il mondo dovesse andare e di come realmente era, o parlarle delle mie angosce per sentirmi rincuorare solo un po’ dalle sue parole, dalle sue convinzioni, da quella sua definizione strana e desueta di amore e da quella specie di motto che mi diceva sempre: “ogni tuo dolore si farà leggero se lo dividi con me, insieme terremo anche il peso del cielo.”
Così faceva anche lei mi raccontava quelle piccole debolezze che non poteva, o non voleva, mostrare agli altri; mi parlava soprattutto del suo essere “il pezzo sbagliato del puzzle”: il suo sentirsi sempre fuori posto in qualunque situazione, o della sua fobia delle folle…
Amavo lei o le sue parole?
Volevo forse ancora tenerla per mano, sospirare ore e ore, parlare la lingua dei silenzi con l’unica persona che sembrava capire il mio accento. Non lo so, più vado a vanti e più cerco di convincermi.
Non lo so più vado avanti in questa trascrizione di pensieri e ricordi senza briglie più sembro la vittima, ma io non sono la vittima. Riecheggia ancora il suono di un altro schiocco, una sberla, riecheggia sorda una scusa e lei fissa resta, muta, mentre una riga d’acqua cadde solcando il segno del mio anulare, del mio medio e del mio indice, la abbracciai piangendo senza ricever alcuna resistenza, sembrava fatta di sabbia e io l’onda pronta a romperla, solo io so quanto mi sia realmente dispiaciuto di ciò, forse lo vide perché il giorno dopo era tornata, ma era un’illusione parte di lei era morta quel giorno: non mi faceva più quei discorsi accorati.
Ero sempre più stanco schiacciato da un cielo che ormai, per colpa mia, gravava solo sulle mie spalle, le voci dei miei famigliari e le loro convinzioni, l’essere comparato ai miei fratelli, mio padre che sputava sentenze sul comportamento di lei, convinto marcio che mi usasse per chissà quale fine subdolo e che fosse solo l’ennesima persona sbagliata e che perdevo tempo, si prostrarono queste parole anche nelle bocche dei miei amici… e venne il 23 di dicembre il giorno in cui la finii di distruggere, perché da codardo usai le sue debolezze per allontanarla e più la vedevo sorridere tra le lacrime e più l’avrei voluta odiare, sarebbe stato più facile…  
 
 
   
 
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