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Autore: Chihaar    10/08/2014    0 recensioni
Fantascienza, viaggio nel tempo, guerra e un errore. sono questi gli ingredienti di questo racconto, il quale venne scritto di getto dopo che mi svegliai con in testa questa storiella. Uno studente che riesce ad elaborare un metodo funzionale di viggio nel tempo, il suo primo viaggio e un incontro. Ma tutto inizia, o finisce che dir si voglia (dipende dai punti di vista) con una discussione di tesi universitaria.
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il professore tirò fuori dalla tasca della giacca, quella alta vicino al cuore, un vecchio pacchetto martoriato di sigarette tedesche. Diavolo, non sapevo che ce le avesse ancora. Iniziò a rigirarselo tra le mani, nervoso, sbuffando come una teiera, mentre leggeva i miei appunti sull'esperimento. Avevano ancora la svastica stampata sul pacchetto, quindi dovevano avere parecchi anni, probabilmente di quando era stato soldato durante la seconda guerra mondiale e si era trovato in Germania alla vittoria della guerra.
- Dunque, tu mi stai dicendo che hai trovato il modo di spostare un oggetto o una persona in un preciso istante temporale della storia a tuo piacimento? È questo che vai asserendo?
- Precisamente professore.
- E puoi fornire delle prove tangibili a riguardo?
- È difficile farlo, ma si può tranquillamente fare.
- Non ho capito.
- Vede professore, se io consapevolmente mandassi un mattone, indietro nel tempo, con incisa su una scritta, e questo mattone venisse usato per costruire una casa o un palazzo, chiunque, da quel momento al mio, saprebbe che quel mattone è sempre stato lì, da quando esiste l'edificio; di conseguenza sarei l'unico che sa come quel mattone è finito realmente lì. Se io lanciassi una bomba indietro nel tempo e causassi un esplosione che uccidesse, che so io, ad esempio Hitler e Mussolini durante uno dei loro incontri, altererei il corso della storia che ha portato noi due, qui, ora e sarebbe solo una manciata di percentuale di probabilità che lei sappia le cose che sa e che io, nel corso della mia breve vita, possa essere arrivato attraverso gli studi e le conclusioni di altri a costruire il mio "Crono-Frequenziatore Pluri-Direzionale".
- Ah, dimenticavo che sostieni anche di poter togliere oggetti al corso della storia, per spostarli nel tempo e nello spazio.
- Non nel tempo e nello spazio in generale, ma nel tempo e nello spazio del nostro pianeta; come illustrato a pagina 26 del mio trattato, ho scoperto che il campo di ionosfera, che lo stesso Nikola Tesla aveva intenzione di usare come fonte di energia infinita e rinnovabile, può essere usata come calibratore del C.F.P.D., in quanto nella ionosfera sono presenti le particelle che permettono il funzionamento della mia macchina non solo come fonte di energia, ma come banche dati della linea temporale del nostro pianeta.
- Di conseguenza si potrebbe viaggiare anche nel futuro, stando a quello che affermi nel tuo trattato.
- Certamente; queste particelle hanno come una presenza fuori dal tempo rispetto a come noi lo conosciamo, come se fossero punti di fuga in un immaginario disegno delle linee temporali, come se ogni istante nella storia fosse stato imprigionato da questa infinita rete di micro particelle, permettendoci di spostarci in base a delle coordinate presenti al loro interno, utilizzandole come localizzatori sia nello spazio che nel tempo e permettendoci, grazie a questa interconnessione tra di loro, di muoverci sulla superficie del pianeta anche senza spostarsi nel tempo, ma semplicemente collegandosi alla rete e fissando un punto di partenza e uno di arrivo, grazie alla ionosfera come energia che percorrerebbe sia il mezzo che la rete.
- Capisci che senza prove concrete è solo una teoria affascinate.
L'intero consiglio si guardava perplesso, gli sguardi passa vano da un volto all'altro, il bisbiglio alle spalle delle sedie dei vai membri ad opera dei colleghi, i quali si sporgevano per confrontare i pareri l'un l'altro, era fitto e costante. Solo il professore continuava a fissare quei fogli e si rigirava quel pacchetto di sigarette in mano. Glielo avevo dato io, per caso, tre miei giorni prima, durante un test della mia macchina. 

Ero finito a Berlino, il 29 aprile 1945. La città era un disastro, un rudere unico e mi accorsi, in quel casino, che ero in un punto tranquillo, le bombe erano a un paio di chilometri di distanza e anche i colpi di arma da fuoco erano distanti. Un soldato col fiatone, stremato, si stava dirigendo verso quel che rimaneva di un negozio, quello dove mi ero ritrovato io.
Appena entrò nel negozio per riposarsi mi vide e alzò il fucile contro di me intimandomi di stare fermo e di alzare le mani. Curioso come un italiano si fosse ritrovato a Berlino in quella data.
Io alzo le mani ma faccio cadere, con il bordo della manica del mio giaccone blu, un paio di oggetti dallo scaffale. Mi intima di raccoglierli lentamente, senza dire una parola: una bottiglia di vino, tre pacchetti di sigarette e una scatoletta di carne; alla vista delle sigarette mi torna in mente il mio professore dell'università e quel suo pacchetto chiuso, sigillato, ma con la svastica sopra. E lo dico.
- Ma tu guarda un po'…
Allora il soldato fa una faccia stranita e abbassa il fucile. È ferito di striscio alla testa, il sangue e il sudore impastati allo sporco gli coprono la faccia per metà, impedendogli una visione chiara di quello che gli sta davanti. Ma non è stupido, quel soldato. Si è laureato a Milano poco prima di partire per la guerra, senza sapere se i suoi anni di studio sarebbero mai serviti a qualcosa. E decide di parlare.
- Tu…. Sei italiano?
- Sì, di Torino.
- Io vengo da Milano.
- Come ti chiami, soldato?
- Ettore. Tu?
- Michele. Cosa ci fai a Berlino adesso?
- Lunga storia. Sono scappato mentre mi deportavano in un campo di concentramento, ho fregato i vestiti ad una SS e mi sono rifugiato qui, nella tana del lupo. Sono qui da tre mesi e ci credi che nessuno mi ha notato? Dio, ringrazio di essere biondo e con gli occhi azzurri.
- Una bella fortuna. Ti posso aiutare, se vuoi.
- Sai come tornare a casa? Ho sentito alla radio che la guerra da noi è finita.
- Hanno vinto gli americani e i partigiani.
- E i fascisti?
Scossi la testa.
- Capisco. Io non sono fascista, sai, mi hanno fatto arruolare. Io volevo insegnare.
- Che cosa?
- Scienze Applicate all'Università. E mi ha pianto il cuore quando mi sono arrivate insieme la lettera della cattedra e quella del servizio militare. Ci credi? La stessa mattina. Mi sono inginocchiato sulla porta di casa e ho pianto come un bambino.
Ero seduto per terra con questo soldato a bere vino tedesco, mentre lui mangiava quella carne in scatola che avevamo trovato. Me la offrì molte volte ma declinai gentilmente dicendo che lui sembrava averne più bisogno. Era vero e non obbiettò, la fame che si portava dietro era tanta e la stanchezza parecchia. Finito di rifocillarsi, prese una pezza, forse un grembiule del negozio e si pulì la faccia. Allora lo riconobbi, molto più giovane di quello che avevo sempre visto io. Ettore Bianchini, professore della cattedra di Scienze e Tecnologie Applicate alla mia università. Senza quella cicatrice sotto l'occhio.
- Michele, tu come sei finito qui? E che abiti strani indossi!
- Storia ancora più lunga e poco chiara della tua, perfino per me.
- Colpa del vino, eh? Anche a me manda un po' in confusione quando esagero.
Aveva ragione, mi girava la testa e biascicavo un po' le parole. Non mi era mai piaciuto il vino, bevevo malapena la birra chiara e non più di due piccole per sera. Allora presi un pacchetto di quelli vicino ai miei piedi e glielo passai. Ci accendemmo entrambi una sigaretta. Dio, che schifo queste "cose" del Reich! Era come fumare le nazionali senza filtro di mio nonno! Ma per compagnia non dissi nulla e tirai una boccata profonda.
- Chissà se rivedrò mai Milano. Come mi manca…
- Io dico di sì e ci rimarrai anche per parecchio tempo.
- Lo spero.
- Facciamo una scommessa stupida. Se entro un anno non sarai a Milano, la prossima volta che ci rivedremo potrai mandarmi al diavolo e fare di me quello che ti passerà per la testa. Se invece ci arrivi entro Natale, questo pacchetto di sigarette non lo aprirai mai e sarà un simbolo della tua tenacia nel sopravvivere e nel credere nel futuro, anche solo che ce ne possa essere uno.
Mi ricordavo bene la storia che una volta il professore aveva raccontato ad un suo studente, il suo assistente, di come era arrivato a Milano la notte di Natale del '45; era entrato in casa in silenzio, addormentandosi sul divano ed era stato svegliato dalle grida di gioia di sua madre, alzatasi per fare la colazione.
Rise e buttò via il mozzicone di sigaretta che era giunto al termine.
- Ma sì, che ho da perdere?
Prese il pacchetto che segnai con un equazione, l'ultima della mia teoria, l'ultima che stava scritta anche sul mio trattato, sul tavolo del mio garage, 60 anni circa dopo quel momento. Lo mise in tasca, vicino al cuore.
-  Ettore, vai via da Berlino, da domani le SS saranno uccise come cani ovunque. Butta la divisa e scappa e non dire mai a nessuno che mi hai incontrato.
Mi alzai e mi diressi fuori dal negozio. Lui mi seguì e mi fermò per un braccio.
- Sei impazzito? Torna dentro o ti farai ammazzare!
- No, io sto tornando a casa.
- Allora partiamo insieme!
- Vorrei, ma la mia "casa" è un po' distante dalla tua. Un giorno capirai. Diciamo più o meno…
Pensai alla frase più stupida e originale che mi venisse in mente; non potevo usare riferimenti al futuro, per evitare tutti quei paradossi che succedono quando si interferisce troppo con la storia.
-… sì, più o meno quando ti vorranno portare alle stelle che smetteranno di brillare.
Mi guardò perplesso, il povero Ettore. Ma sapevo che se la sarebbe cavata.
Presi il mio sincronizzatore dalla tasca, delle dimensioni di un computer palmare, digitai il codice di sblocco e le coordinate cronologiche di ritorno, scomparendo in una nuvola di fumo.

L'atmosfera era pesante, i membri del consiglio avevano quasi preso la propria decisione in quel brusio fastidioso e costante. Allora decisi di giocare la carta che chiude la partita.
- Professore, vuole delle prove concrete? La posso portare al giorno in cui le stelle smetteranno di brillare.
Il professore Ettore Bianchini si fermò di colpo; quel pacchetto che faceva l'ottovolante tra le sue dita fino a un secondo fa era disteso sul tavolo con il palmo della mano sopra. La solleva lentamente e guarda quei numeri e quei segni che aveva ripassato a penna per anni senza sapere cosa volessero dire veramente. Mentre io avevo detto quella frase, e avevo aspettato quel preciso istante, il professore stava leggendo la penultima pagina del mio trattato, quella dove, al centro, in un riquadro rosso, avevo evidenziato l'equazione che permetteva il funzionamento del mio macchinario, la stessa che avevo scritto sul pacchetto di sigarette di un soldato nel 1945.
Gli occhi del professore si alzarono lentamente e mi guardò in modo strano.
- Può ripetere, signor Saltero?
- Le ho chiesto se, come prova concreta, potrebbe andarle bene un viaggio al giorno in cui le stelle smetteranno di brillare, alla fine del tempo del nostro pianeta.
Lo sguardo del professore passò da me all'attaccapanni alle mie spalle, dove lo stesso cappotto lungo e sciarpa che mi avevano accompagnato a Berlino, 60 anni prima, stavano appesi, il primo con una macchia di vino rosso sul petto.
- A Milano per la Vigilia di Natale, vero Ettore?
Il consiglio si zittì per ascoltare le parole del suo presidente, il professor Bianchini; nessuno studente lo aveva mai chiamato per nome in oltre 40 anni di insegnamento, nemmeno quando aveva ottenuto il titolo Ad Honorem di capo di commissione per quella facoltà. Ogni collega del professore voleva assistere alla reazione di un uomo così professionalmente integro di fronte ad una mancanza di rispetto del genere; ma Ettore Bianchini ora parlava come quel soldato di Berlino, quel soldato stanco, ubriaco e col fiatone che si godeva una sigaretta nascosto in un negozio di generi vari con un altro italiano sbucato dal nulla e poi svanito in una nuvola di fumo.
- Ho gettato l'uniforme quando ho sentito che Hitler era morto. Ho chiesto passaggi agli sconosciuti di Germania, Francia e Svizzera. Ho messo piede in Stazione Centrale alle 23.30 e sono arrivato in casa mia per la mezzanotte. Tu come lo sapevi?
- L'hai raccontato ad una persona. Questa persona l'ha raccontato a me, così, per caso. Poi per un errore nell'inserimento delle coordinate, sono finito a Berlino, il 29 aprile 1945. Pensa, volevo andare a Parigi, all'Esposizione Universale di inizio secolo. L'incontrare qualcuno è stato un caso. Poi, quando ti sei pulito la faccia con il grembiule del negozio, ti ho riconosciuto e ho deciso di dare speranza ad un soldato che si stava facendo in quattro per rimanere vivo. Eri uguale, solo biondo.
Il professore rise di gusto. Un paio di suoi colleghi sgranarono gli occhi a quella scena: non ricordavano di averlo mai visto ridere in università, per nessun motivo. E poi stava dando del tu ad uno studente e lasciava che questi facesse altrettanto. Era un qualcosa di incredibile. Il Professor Ettore Bianchini si rivolse ai colleghi.
- Illustrissimi ed esimi, io, le prove di quanto asserisce il signor Michele Saltero, le ho avute 65 anni fa, in quanto l'ho incontrato in guerra, a Berlino, con quel cappotto. Quella macchia di vino gliel'ho fatta io passandogli una bottiglia di rosso del Terzo Reich che trovammo in un negozio di generi alimentari e varie.
- E faceva pure schifo, come le sigarette.
- Già. No, beh, le sigarette erano decenti, quelle francesi di quel periodo erano peggio.
Mi scrollai un po' dalla sedia e gli passai il pacchetto aperto a Berlino che mi ero messo in tasca inconsciamente. Il professore ne estrasse una e porse il pacchetto verso i colleghi, prima a sinistra e poi a destra; qualcuno accettò, qualcuno declinò, ma tutti sapevano che Ettore non fumava più da 15 anni.
- Signori, per me è promosso con lode, poi, decidete voi. Michele, vieni fuori a fumare?
- Certo Professore.
- Chiamami Ettore, cavolo!
- Va bene.
Lasciammo la sala consultando la mia tesi e dimenticandoci dei professori attoniti e sbigottiti alle nostre spalle.
 
   
 
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