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Autore: Daphne09    10/08/2014    5 recensioni
Oneri e infiniti doveri sono il prezzo per essere una Fata Enchantix.
Musa, come tale, è obbligata insieme alle cinque paladine del Winx Club a difendere Alfea durante uno scontro che passerà alla storia.
Le sei Fate faranno anche l'impossibile per salvare la Dimensione Magica, ma la Guardiana di Melody darà veramente il tutto per tutto...
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Musa, Nuovo personaggio, Riven, Winx
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ich lass für dich das Licht an
obwohls mir zu hell ist
ich schaue mir Bands an
die ich nicht mag
ich gehe mit dir in die 
schlimmsten Schnulzen
ist mir alles egal

hauptsache du bist da
clicca qui: https://www.youtube.com/watch?v=Vf0MC3CFihY

 


7. Si muore solo due volte

Ho-Boe era come in trance. Non poteva crederci, non poteva aver appena assistito alla morte di sua figlia.

Gli occhi gli si colmarono di lacrime non appena la sua mente realizzò concretamente ciò che era appena accaduto.

«Figlia mia! No!» Prese a gridare in balia dei singhiozzi, inginocchiato davanti all'abissale fessura nella quale non molto tempo addietro era sprofondata la ex fata.

Era come se intorno a quel pover'uomo fosse tutto nero, come se non vi fosse nient'altro che lui soltanto; colui che era stato salvato dall'estremo sacrificio del sangue del proprio sangue.

Tutto a un tratto percepì una strana luce che, da scarsamente fioca, crebbe notevolmente in qualche secondo, avvolgendolo come in una morsa.

Ho-Boe percepì il suo corpo demolecolarizzarsi pian piano.. Dove lo stavano teletrasportando?

 

*****

 

«Musa.» Soffiò Bloom preoccupata, con gli occhi che da color mare si erano appena illuminati di una luce dorata, talmente incisiva da far sembrare le sue iridi autenticamente auree.

«Hai avuto una visione?» Dedusse Tecna, volgendo uno sguardo torvo ed attento verso il viso impallidito della Custode della Fiamma del Drago.

«Io la chiamerei una “sensazione”.. -Precisò la ragazza corrucciando la fronte, cercando di tradurre ciò che il suo istinto le aveva appena suggerito. Da quando aveva raggiunto il potere Enchantix le capitava di poter avere delle premonizioni involontarie su fatti che la toccavano nel profondo, solo che le immagini le correvano talmente rapide nella mente da non riuscire ancora a captare qualcosa che andasse più in là di un semplice sentimento istintivo- ..E non era per nulla positiva.» Sospirò abbassando lo sguardo verso il basso, lasciando che l'incolta chioma rossa le cadesse lungo il viso, eclissandolo.

«Andrà tutto bene.» Cercò di consolarla Sky, portandole una mano sul capo, permettendole di appoggiarlo sulla sua spalla.

«Ma che Diavolo stai dicendo?! -Saltò su il più scorbutico ed impulsivo degli allievi di Saladin, facendosi puntualmente riconoscere. In quel caso la posta in gioco era troppo alta, non gli importava affatto delle semplici formalità- Non raccontiamoci fandonie!» Ringhiò agitando animatamente le mani.

Anche se il suo possente corpo esprimeva furia, la vacuità dei suoi occhi manifestava un'allarmante preoccupazione.. che solo una persona sarebbe stata in grado di leggere e placare.

«R-Riven.. -Tentò di tranquillizzarlo Flora, avvicinandogli un palmo al braccio in segno di consolazione- Magari non è come pensi.» Soffiò, non sentendosi convinta nemmeno lei delle sue stesse parole.

«Silenzio! -Impose il ragazzo, divincolandosi da quel tentato approccio- Non voglio parlare con nessuno!» Gridò allontanandosi dai suoi amici, che rimasero altamente perplessi dal suo comportamento quasi eccessivo.. o forse no.

Flora si voltò poi verso il suo gruppo, volgendo uno sguardo scosso.

«Cerca di capirlo. -Le consigliò Helia stringendole la mano- Ora non ci resta che sperare per il meglio.»

 

Con passo fitto ed i bicipiti tesi, Riven uscì dall'uscio del college per Fate e decise di tornare a Fonterossa. Nonostante il fatto che Codatorta avesse dato ai cinque ragazzi il permesso di allontanarsi dalla scuola per l'intera giornata, il suo ambizioso allievo credeva di non esser riuscito a resistere un minuto di più in quell'ambiente di false speranze in cui tutto era fatto di luccichini e di smancerie.

Gli dava addirittura fastidio vedere come Timmy, Helia, Nabu, Sky e Brandon tentavano di consolare le proprie fidanzate; loro potevano ancora toccare ed abbracciare la propria amata, lui evidentemente no. Era diventato un esperto nell'incassare i tiri mancini che la vita gli proponeva, ma quella volta sentiva che non ce l'avrebbe fatta, sarebbe seriamente diventato un folle.

«Fantastico.» Sbuffò con sarcasmo ad un tratto, nel ricordarsi che il gruppo degli Specialisti era giunto ad Alfea con la navetta e che, quindi, si sarebbe dovuto fare la strada interamente a piedi. Non che per un ragazzo resistente come lui potesse apparire qualcosa di impegnativo -e, a dirla tutta, con il nervoso che aveva in corpo, gli avrebbe anche permesso di sfogarne una minima parte-, ma attraversare Selvafosca col buio della notte restava comunque una vera e propria scocciatura.

Non riusciva a calpestare un filo d'erba di quell'enorme distesa verde che una piacevole rimembranza gli affiorava nella mente e, sapere che tutto ciò sarebbe potuto rimanere vivo esclusivamente nei suoi ricordi gli faceva già sentire una nostalgia tale da percepire il suo cuore spezzato scambievolmente a metà.

«Perché?» Ringhiò lo Specialista infuriato, sganciando un calcio colmo di rabbia ed astio contro un sasso che intralciava il suo cammino. Il colpo fu talmente forte da scuotere la fitta chioma di un arbusto davanti a sé.

 

Il cuore di Musa si fermò ed iniziò a bruciarle in petto per tutta la durata della sua lunga caduta nel vuoto. Voleva riprendere a volteggiare nell'aria, certo, ma quello non era il modo in cui avrebbe desiderato farlo.

Non appena focalizzò il suolo avvicinarsi a lei con rapidità lancinante, si pose le braccia davanti al viso per evitare di sbatterlo durante l'impatto, ma tutto ciò risultò inutile nel preciso istante in cui il suo esile corpo colpì violentemente il terreno aguzzo ed irregolare, composto interamente di pietra.

Squittì fievolmente di dolore non appena iniziò a sentire una fitta perenne ai legamenti dei gomiti e delle ginocchia, con i quali tentò di ripararsi invano, permettendo a tutto il suo corpo di rimanere danneggiato dalla caduta più violenta che avesse mai subito in vita sua.

Non riusciva più a muovere gli arti, nemmeno per strisciare miseramente sul suolo; dedusse di essere soggetta a numerose fratture. Realizzò in quel momento che se una bestia, anche vagamente simile a quella in pietra da poco incontrata, avesse tentato di inseguirla, lei non sarebbe riuscita a muovere nemmeno uno spillo.

Il suo sguardo si posò su un palmo rivolto verso l'alto, ricoperto dall'armatura argentea e macchiata da un liquido rosso: era sangue, e colava proprio da una sua tempia. L'impatto fu generale nel suo corpo, in maniera talmente cruenta da danneggiarlo interamente, nonostante gli assidui tentativi di salvarlo.

Percepì che quelli sarebbero stati i suoi ultimi respiri, annaspati addirittura a stremante fatica; il fatto che fosse a pancia in giù non aiutava di certo.

Tutto ciò che la circondava erano soltanto rocce ricoperte di muschio e non un insieme di amici e familiari pronte ad accudirla fino all'ultimo, ciò che le accarezzava la pelle erano una fredda armatura e la fitta umidità che invadeva quel luogo, non i tiepidi palmi dei suoi cari e, le uniche lacrime di dolore che era in grado di vedere erano le sue e non quelle di coloro che tenevano a lei.

Sentiva di non riuscire più a muovere nemmeno le dita delle sue mani, aveva capito che ormai era giunta alla fine. Il sangue colava a rivoli da ampi tagli lungo il suo viso, macchiando marcatamente la fredda pietra su cui giaceva inerme, su cui stava morendo.

I suoi occhi iniziarono a vedere doppio e le immagini intorno a lei si incastravano sfumate, concatenate fievolmente tra loro, per poi iniziare a svanire e tingersi interamente di bianco.

«Scusatemi se vi ho deluso.» Furono le uniche parole che riuscì a biascicare sofferente, nell'attimo in cui non percepì più il suo corpo. In cuor suo sperò che nel momento in cui la sua anima stava trapassando in una sconosciuta realtà parallela, qualcuno sarebbe riuscito a sentirla.

Questa volta non vi sarebbero state più scusanti né scappatoie, era finito tutto.

 

Non appena quell'imponente luce smise di offuscare la vista di Ho-Boe, l'uomo si ritrovò nella medesima posizione di qualche secondo prima, su un suolo differente.
Poggiò i palmi sulla moquette quando, alzando lo sguardo si accorse di essere a casa sua. La leggera fragranza di riso e l'inconfondibile profumo di vaniglia aleggiavano in quelle stanze, proprio come se lì ci fosse la sua amata figlia.

Accorgendosi di essere ancora in ginocchio, l'uomo si alzò, per poi camminare quasi spaesato nel luogo in cui viveva da almeno venticinque anni.

Proseguì lungo il corridoio con sguardo vacuo ed insofferente, quasi come se fosse un robot efficientemente obbediente al suo telecomando.

Non appena incontrò l'ultima porta sulla destra, sulla quale c'era il poster di un ragazzo bello e dannato -probabilmente una popstar-, tentennò prima di aprirla. Non sapeva perché si era diretto proprio lì, forse il suo cuore glielo impose, annullando il prevalente potere che il cervello era solito esercitare sul suo corpo.

Avrebbe fatto male entrare in quella stanza piena di ricordi freschi come la vernice appena stesa, ma era consapevole di non aver saputo dare un degno addio alla propria figlia.

Nel momento in cui la porta scricchiolò, una lacrima rigò prontamente la carnosa gota di quell'uomo di mezz'età, a cui si poteva dir di tutto tranne che dargli del piagnucolone. Nella sua esistenza aveva sempre cercato di essere forte per mantenere in salute sé stesso e sua moglie, la madre di sua figlia, il suo piccolo grande gioiello.

Aveva perso le due persone più importanti della sua vita nel giro di poco più di una decina di anni, si sentiva un completo fallito. In fin dei conti sapeva benissimo riconoscere che non era veramente colpa sua, però in quei giorni ammise a sé stesso fino allo sfinimento che avrebbe potuto far di meglio per evitare a sua figlia tutto quel fardello.

Le pareti della camera erano tappezzate di foto, spartiti e testi di canzoni. Ogni centimetro di quel piccolo abitacolo era un ricordo inestimabile.

Nel momento in cui si trovò davanti all'immagine un po' sfocata della piccola Musa alle prese con i suoi primi passi non poté non sfuggirgli un amaro sorriso, inumidito immediatamente da una mesta lacrima.

Sedendosi sul letto, l'uomo ebbe il privilegio di poter sentire quella forte fragranza di vaniglia alla quale le sue narici ormai stavano diventando immuni, ma non nell'attimo in cui si accorse di non riuscire più ad avere la possibilità di poterselo godere.

Nessun genitore dovrebbe seppellire un figlio, è contro natura- dicono tutti, ma non potrebbero mai affermarlo sentitamente finché non lo constateranno sulla propria pelle.

Il non poter udire più il suono della sua risata, l'equivoco scricchiolare della serratura che solo lei emetteva nel vano tentativo di passare inosservata tutte quelle notti in cui rientrava alle cinque, il non poter più avere la preziosa opportunità di sgridare la propria creatura per insegnargli a vivere e dargli tutto ciò che si ha, spezzò lentamente il cuore di Ho-Boe a metà.

L'uomo non riuscì a mormorare nulla nemmeno a sé stesso, fuorché fitti singhiozzi soffocati nei grossi palmi che gli coprivano il volto, assorbendo tutte le lacrime che gli stavano sfuggendo dalle iridi ormai spente per il dolore.

Tentando di ricomporsi, respirando in maniera più lenta e regolare, voltò lo sguardo verso il comodino sul quale c'era una foto decorata con fiori e conchiglie, una sua foto.

«Amore mio. -Sospirò afferrando ed ammirando sognante l'immagine della moglie- Sai, non passa giorno in cui non ti pensi, in cui non riesca a non rivederti in nostra figlia.
La sua voglia di vivere è- era talmente equiparabile alla tua che ora la casa più che vuota mi sembra inesistente. -Sospirò con amarezza- Purtroppo ha preso da te anche questo stramaledetto vizio per l'avventura, volendosi intrufolare in fatti che sono più grandi di lei e, ironicamente, è la stessa identica cosa ad avervi portate via da me. Riposate in pace piccole mie.» Disse, prima di riiniziare singhiozzare, stringendosi quella foto in petto con talmente tanta avarizia da apparire più preziosa di una pentola d'oro.. Perché i ricordi, quelli sì, sono inestimabili.

 

Dopo aver schivato gli sguardi incuriositi di tutti gli allievi di Fonterossa, Riven si rintanò nella sua stanza in maniera ancor più silenziosa del solito.
Le tenebre avvolgevano quel freddo abitacolo così formale e conformista, ma lui non si premunì nemmeno di accendere la luce; in confronto all'oscurità che nutriva al suo interno, il buio della sera pareva una barzelletta.

Non riusciva a piangere benché avesse desiderato farlo, voleva riuscire a sfogarsi in qualche modo, ma non si riteneva capace di accettare che Musa poteva benissimo essere morta. In fin dei conti non aveva nemmeno la prova autentica che i peggiori dei suoi presentimenti si fossero avverati.
Al suo interno lottavano la solita visione cruenta e realistica delle cose per quelle che erano, ma il suo cuore batteva ancora nella speranza che in quell'ultima ora di tempo la sua Paladina avrebbe lottato.

«Ma chi voglio prendere in giro.» Mormorò a sé stesso, stringendo i pugni alla ricerca di un verdetto interiore.

Mentalmente continuava a ripetersi che sarebbe stata questione solo di un'ora, ma i minuti parevano anni. Perché tutto ciò sarebbe dovuto accadere proprio a lei, proprio a loro? Perché proprio nel momento in cui avevano deciso di aprire finalmente i loro cuori?
Riven credeva in un futuro con Musa, in un avvenire in cui avrebbero avuto una casa, dei figli e, perché no, magari anche un gatto. In fin dei conti adoravano quelle creature, sono così orgogliose indipendenti.. proprio come loro.

Sdraiandosi a pancia in giù sul letto poggiò la testa sul cuscino, accarezzando la coperta a lui sottostante, sulla quale proprio il giorno precedente il corpo della ex fata si era seduto.

Gli parve quasi incredibile che fino a qualche ora prima la carne della sua amata giaceva fra le sue braccia e che in quel momento si trovava chissà dove, senza anima. Avrebbe dovuto stringerla più forte, non avrebbe mai dovuto lasciarla andare.

Chiudendo gli occhi senza addormentarsi, permise alle immagini più dolci che potesse ricordare di affiorargli nella mente.

 

*****

 

Era sera, e fuori faceva freddo, tanto che le fitte nuvole minacciavano neve se la temperatura non fosse stata così ampiamente sotto lo zero. Però, a dispetto di tutto quel ghiaccio, l'atmosfera in una camera di Fonterossa era amorevolmente tiepida. La luce fioca dell'atbajour illuminava due corpi avvolti in un grosso copriletto, che lasciava intravedere la spalla nuda di una giovane fata dai lunghi capelli blu, sdraiata sul possente petto di un misterioso Specialista.

«..E poi mi ha detto “Ma come sei messa? Quella era la mia giacca nuova!”» Narrò la ragazza dalle gote rosee, strappando una risata al suo interlocutore. I due vivevano giorno per giorno, raccontandosi tutto quello che gli accadeva, commentandolo insieme e confrontando le loro diverse ideologie.

«Non credi sia ora di dormire?» Propose il ragazzo sbadigliando, nel momento in cui, allargando le braccia, le pose intorno al corpo esile della fata.

«Ma se domani è domenica!» Canzonò lei, con il tono di una bambina a cui era stato sottratto il lecca-lecca, disegnando col dito scarabocchi invisibili sul petto di lui.

«Non so te, piccola. -La appellò ironicamente- Ma io oggi ho sgobbato tutto il giorno.» Le fece presente con tono di finto rimprovero.

«Guarda che lo studio teorico comporta un enorme stress psicofisico! -Si difese lei- Chiedi a Tecna!»

«Non ci tengo. -Grugnì lui- Dai, dormiamo. Sei stanca, stai iniziando addirittura a parlare come lei!» Le fece presente con leggera ironia.

«Va bene, buonanotte.» Cedé la ragazza, emettendo un piccolo e grazioso sbadiglio.

«Buonanotte.» Rispose lo Specialista alzando leggermente la coperta e spegnendo la luce.

 

 

Grossi mugolii tormentati riempivano la pacata e silenziosa atmosfera di quella stanza e, nell'immediato udirli, Musa spalancò le palpebre balzando sull'attenti ma, nel momento in cui percepì sotto di sé una fitta massa di muscoli tendersi, allora comprese che non vi era un vero e proprio pericolo.

«Riven, Riven.. -Lo chiamò con dolcezza tentando di fare irruzione in quel sonno tormentato- Va tutto bene.» Cercò di rassicurarlo accendendo il tasto dell'atbajour, in quel momento si accorse che la fronte del ragazzo era madida di sudore.

«Che succede?!» Saltò su lui d'improvviso, quasi urlando.

«Niente, niente. -Soffiò con tenerezza la ragazza, sibilando dolcemente per farlo calmare- È stato soltanto un brutto sogno.» Lo tranquillizzò accarezzandogli l'umida fronte.

«Scusa.» Si limitò ribattere lui, poggiando delicatamente il suo palmo sul braccio della fidanzata.

«Non fa niente. -Soffiò Musa avvicinando il suo viso a quello del ragazzo, permettendo alla setosa chioma blu di cadere in avanti, incorniciando anche i marcati zigomi dello Specialista- Sono qui per te, stai tranquillo.» Proferì straboccando amore, per poi baciarlo castamente all'angolo della bocca.

«Grazie.» Si limitò a rispondere lui.

Quando la mano della fata si avvicinò ulteriormente al pulsante dell'atbajour, il ragazzo domandò arrossendo leggermente: «Ti va di tenere la luce accesa?»

La fidanzata si limitò nel sorridergli dolcemente, per poi accontentare la sua richiesta. Era a conoscenza dei suoi demoni interiori e, nonostante non ne dibattessero mai, era consapevole di quanto lo facessero soffrire. Ne poteva notare le ripercussioni in tutti i suoi gesti, riuscendo a leggere il dolore ancora fresco nei suoi occhi. Forse, lo amava anche per questa debolezza che tentava di nascondere tanto assiduamente, o per quell'inespressa paura di perdere lei e tutti i suoi piccoli gesti che lo facevano stare così dannatamente bene.

 

*****

 

Non riusciva ancora a crederci, l'aveva persa per sempre.

Lo Specialista continuava a ripetersi nella mente quanto potesse essere stato sciocco ad averla lasciata andare via da Alfea la prima volta. Avrebbe potuto fermarla, rivelarle i suoi sentimenti e permettere che non tornasse con quella straziante novità. Lui l'avrebbe amata anche così, senza poteri e senza pericoli. Anzi, avrebbe potuto avere la garanzia di poterle stare vicino per tutto il resto della sua esistenza; avrebbe rinunciato a tutto per lei.

In quel momento il ragazzo portò il ruvido palmo sul tasto della lampada, non sapeva se accenderlo e lasciare che la sua fioca luce permettesse al ricordo della ex fata di divampare violentemente nella sua mente.

Quando poi, senza più indugiare, premette il bottone dell'atbajour, lasciò che una grossa fitta gli mordesse il cuore, permettendo ad ogni minima immagine della sua amata di rientrargli nella testa e renderlo un semplice ragazzo disperato. Avrebbe voluto averla con sé, come quella volta, ad accarezzargli la fronte e a dirgli che sarebbe andato tutto bene; eppure, l'unica cosa viva che gli era rimasta di Musa era il dolore che portava dentro non avendola con sé.

 

«Bloom, ora non mentire. -Saltò su Aisha non appena Riven se ne era andato- Tu hai visto qualcosa, sennò non staresti così.»

«Niente, ragazze. Non è successo niente.» Cercò di tranquillizzarle lei con finta leggerezza.

«Amica, ti conosco meglio delle tasche dei miei jeans preferiti. -Soffiò Stella stringendole le mani con fare accomodante- Ora dicci che hai visto. Anche noi siamo sue amiche, abbiamo il tuo stesso diritto di sapere.» La invitò gentilmente.

«E va bene.. -Si vide costretta a cedere la Fata di Domino- L-Lei era a terra.. -Mugolò con gli occhi color oceano colmi di lacrime- Non voglio dirlo.» Si lasciò intendere scoppiando in un pianto sofferente.

Le altre ragazze del Winx Club rimasero pietrificate, senza minimamente dubitare delle parole dell'amica. Non l'avrebbe mai affermato se non ne fosse stata così certa, eppure nessuna di loro poteva crederci.

Tra tutti i combattimenti fatti contro Streghe e malvagi Maghi di ogni genere, in posti sempre più angusti con pericoli sempre maggiori, non si sarebbero mai immaginate che qualcuno di loro avrebbe potuto rimetterci addirittura la vita, o almeno non proprio in quel modo.

«Ma perché a lei?!» Esclamò ad un tratto Tecna, che da sempre aveva tentato di dimostrare rigida impassibilità, per poi affogare in un affannoso pianto.

«Amore, dobbiamo farci forza per lei, d'accordo? -Disse Timmy, che mai l'aveva chiamata in quel modo, nemmeno lui convinto delle sue parole, stringendola fra le braccia- Lei non vorrebbe vederti così.» Aggiunse con voce tremula.

«Ma come faccio a non soffrire?! -Esclamò lei di rimando, soffocando i suoi singhiozzi sul petto del fidanzato- Era la mia migliore amica.»

«Non lo so..» Furono le poche ed insicure parole che il ragazzo riuscì ad impastare in preda alla commozione.

Mancavano poco più di venti minuti alla mezzanotte, ma le cinque fate più prodigiose di Alfea sapevano che non sarebbero affatto riuscire a chiudere occhio. La nostalgia che già sentivano per la loro compagna -per la loro amica- li rendeva insicuri su quale potesse essere il loro futuro. L'unica cosa certa era che avrebbero vissuto ogni giornata attimo per attimo, apprezzandola come se fosse stata l'ultima; lo dovevano alla loro compagna.

«Amica mia, non smetteremo mai di pensarti.» Furono le ultime parole di Stella, prima di soffocare silenziose lacrime fra le possenti braccia del suo fidanzato.

 

Tutto era bianco intorno a Musa, l'atmosfera era così incredibilmente irreale, eppure non le trasmetteva nemmeno un minimo di irrequietudine. Pareva essere circondata da soffici ed impercettibili batuffoli di nuvole.

Quando allungò un braccio per tentare di sfiorarne una, notò di non indossare più la sua rigida armatura, ma un morbido vestito in seta bianca dalle maniche in candido velo, che lasciavano trasparire due braccia pallide ed illese.

Spostando lo sguardo verso il basso, si accorse che lo strascico del lungo e perleo abito non le permetteva di vedersi i piedi, che percepiva nudi e sospesi nel vuoto, cosa che non la spaventava affatto, dato che aveva capito l'innocuità di quel luogo.

Guardandosi indietro si accorse che non vi era una porta d'entrata o una possibilità d'accesso all'infuori del teletrasporto.

Abbassando mestamente lo sguardo arrivò perspicacemente ad una conclusione: era morta.

Iniziò a percepire un abisso infernale dentro di sé, in preda alla forte morsa del senso di colpa per aver tradito chi più l'amava. Non pensava di poter provare una tale emozione anche in seguito all'inaspettato trapasso. Era talmente delusa da sé stessa da parerle di essere deceduta una seconda volta.

«Musa.» La solita voce armoniosa rompé il silenzio, era soave e controllata proprio come quella di una cantante.

«Nena?» La chiamò l'altra di rimando, leggermente scossa dalla presa alla sprovvista.

«Sì, sono io, piccola mia.» Rispose, parendo sempre più vicina a Musa.

Ad un certo punto, d'innanzi alla ex fata si fecero strada una fitta massa di raggi dorati, simili a quelli del Sole quando rompono le buie nuvole in seguito alla tempesta, dando spazio ad un corpo snello vestito di un abito dall'ampia -ma casta- scollatura, completamente identico al suo.

La pelle della giovane signora era candida come la neve, il che le fece risaltare le labbra carnose garbatamente arrossate e un paio di rosee gote.

Una frangetta blu notte faceva da cornice a due occhi screziati di raro e caldo viola, emananti un forte affetto alla vista della ragazza.

«Mamma...» Mugolò la giovane, tendendo il palmo verso quella mirabile visione appena avuta, trapassandola senza poterla realmente toccare. Anche se non riusciva a stringerle la mano, si sentì ugualmente sollevata.

«Figliola, finalmente possiamo rincontrarci. -Soffiò la donna stringendo amorevolmente gli occhi sorridenti e scostando la testa di lato, lasciando che i capelli le accarezzassero la spalla destra- Immagino tu abbia molte domande per me.» Incalzò schiudendo le labbra in un sorriso spontaneo.

La ragazza aprì lievemente la bocca lasciandosi sfuggire uno squittio di sorpresa, per poi superare il momentaneo blocco e sentenziare.

«Perché per tutto questo tempo ti sei fatta chiamare con un altro nome?»

«Sai Musa, noi Spiriti possiamo rivelarci agli esseri viventi, ma senza svelare la nostra identità e... Quale soprannome migliore di questo potevo usare?» Spiegò con naturalezza, manifestando una forte positività tramite lo sguardo.

«Nena..?» Ribatté la giovane con la fronte corrucciata, lasciando trasparire una vena di dubbio.

«Oh certo, tu non potresti ricordarti.. -Sospirò amorevolmente la donna, sorridendo a labbra serrate- Quando non avevi nemmeno un anno, la tua prima parola per descrivermi fu proprio “Nena”.» Ricordò lei con occhi sognanti e lievemente nostalgici.

«Oh.. -Boccheggiò Musa con sguardo commosso. Sentire i ricordi di lei e sua madre insieme la emozionava sempre, benché in quel caso fosse lei stessa a raccontargliene uno- Ma come fai a sapere tutte queste cose sul Pendantix?» Domandò innocentemente incuriosita, proprio come una bambina.

«Semplice, perché l'ho vissuto.» Rispose Wa-Nin con naturalezza.

 

«Non affliggetevi ragazze, magari tornerà. In fin dei conti manca ancora un quarto d'ora e non possiamo sapere che cosa si celi dietro questa stramba missione!» Proferì Flora con un luccichio follemente fiducioso nello sguardo color speranza.

«Non assecondo la tua teoria. -Ribatté mestamente Tecna, asciugandosi le lacrime e ricomponendosi- Bloom è stata più che chiara.. Purtroppo.» La ammutolì con profondo dispiacere.

«Cristallina.» Enfatizzò Stella incrociando imbronciata le braccia.

«Accidenti!» Ringhiò Aisha, rompendo quella linea di instabile e fioco silenzio che cupamente regnava ad Alfea. Non le importava se ormai era notte fonda, se il sonno di qualche fata si fosse guastato non le sarebbe importato nulla, o almeno non in quella situazione. Colpendo una parete della stanza con un pugno, se ne andò sconvolta ed arrabbiata.

«Aisha, aspetta!» La richiamò Nabu inseguendola. Era difficile per tutti, ma nemmeno il mago poteva immaginare quanto la sua fidanzata tenesse alla Fata della Musica.

 

«M-Ma come? -Domandò Musa scossa, certe cose non le tornavano- Non eri morta per quella grave febbre che ti colpì quattordici anni fa?»

«Questo è quello che feci raccontare a tuo padre. -Soffiò la donna, facendo spegnere l'entusiasmo che fino a poco prima straboccava dai suoi occhi- Non volevo assolutamente che tu sapessi di questi pericoli.»

«Ma se tu stessa mi hai portata dal Pendantix!» Esclamò la ex fata sempre più incredula.

«Perché sapevo che ce l'avresti potuta fare.» Ribatté Wa-Nin con voce calda e fiduciosa.

«E invece no..» Soffiò la ragazza abbassando il capo, lasciando che la frangetta blu coprisse il suo sguardo languido e deluso. Percepì quel profondo e vuoto abisso aumentare ulteriormente dentro di sé. Deludere tutti quelli che amava era l'ultima cosa che avrebbe desiderato fare.

«Non ti affliggere, tesoro mio.» Cercò di rincuorarla la madre. Anche se non poteva accarezzarla, la sua voce pareva coccolarla, colmando ciò che il tatto non poteva saziare.

 

Solitudine ed oscurità regnavano intorno a Riven che, nell'angolo più remoto della sua stanza, fissava il buio orizzonte di Magix. Una parte era formata quasi interamente da una fitta rete di palazzi ed uffici del centrò-città, mentre verso est si potevano contemplare Melmamora e Selvafosca nel loro massimo splendore.

A Musa piaceva la natura, amava ammirarla in tutte le sue sfumature. Lo Specialista si ricordò di tutte quelle volte che, quando pioveva e tutti si preoccupavano di rintanarsi, lo implorava di uscire a guardare le tormentate onde dell'Oceano Magico ancora ed ancora.

Spesso, si chiedeva se l'avesse mai stancata uscire con cinque gradi al massimo e nel bel mezzo di una tormenta, ma lei continuava a ribadire che non ne avrebbe mai avuto abbastanza «perché ogni volta un'onda diversa si sarebbe scagliata contro gli scogli -e che- qualsiasi momento è irripetibile.»

Riven avrebbe giurato a sé stesso di non aver mai conosciuto una persona tanto amante della vita quanto quella piccola ragazza dai capelli blu e gli occhietti vispi. L'avrebbe potuta definire il suo caldo raggio di sole, ma ora che non c'era più la sua vita sarebbe ritornata ad essere un perpetuo ed insipido susseguirsi di azioni spassionate.

Eppure, dentro di sé giurò di poterla rivedere in tutti quei piccoli gesti che costituiscono la quotidianità: la sua amata avrebbe vissuto nel tormentone estivo che sempre si sente alla radio, nella fitta pioggia che permette al vento di far alzare la burrasca in mare, oppure nella luce accesa sul comodino dopo un brutto sogno. Musa era la miglior cosa che gli fosse mai successa.

 

«Come potrei non farlo?! -Ribatté la ex fata con astio- Ho tradito tutti quelli che mi amano, tutti quelli che credevano in me!»

«Non dire così! -Cercò di consolarla la madre- Non tutti i mali vengono per nuocere..»

«Grazie, mamma. L'unica cosa che mi fa sentire più leggera è sapere che da oggi starò accanto a te per il resto dell'eternità.» Soffiò la ragazza, ormai rassegnatasi.

«Non sarà proprio così..» Ribatté Wa-Nin con l'amaro in bocca.

«Perché?»

 

«Aisha, per l'amor del Cielo, calmati!»Esclamò Nabu una volta che la sua fidanzata, rientrata nel dormitorio, si sbatté la porta alle spalle.

«Vattene!» Gridò l'altra in preda all'ira, facendosi chiaramente sentire dall'interlocutore.

«Neanche per sogno! -Saltò su lui- Io voglio aiutarti!»

«Vattene!» Ribadì lei, sempre più arrabbiata.

«Ti ho già esposto le mie intenzioni. -Disse il mago senza perdere le staffe- Io voglio stare qui con te, non lo capisci?! Voglio aiutarti a passare questo momento!»

«Ma tu che ne sai..» Ringhiò la Fata dei Fluidi.

«Anch'io ho perso delle persone a me care, fidati, e non è stato per nulla facile. So anche che all'inizio non vuoi vedere nessuno, ma un giorno capirai che sarebbe stato utile. -Spiegò rabbuiandosi- Per favore, fammi entrare.. nella tua vita.»

«Ma tu ci sei già.» Udì il ragazzo dopo qualche secondo di silenzio, non appena la porta della stanza della giovane donna si aprì. Il mugolio della Principessa di Andros gli fece venire come un tonfo al cuore.

La ragazza, sempre vista come una potente fata battagliera, in quel momento era ancor più vulnerabile di un bambino: i suoi occhi erano lucidi dalle lacrime e le gambe le tremavano per i troppi singhiozzi incassati e soppressi.

«Sfogati, non aver paura di me.» Soffiò Nabu fra i capelli di Aisha, che si era scagliata contro il suo petto, scoppiando in un pianto liberatorio.

 

«Mamma, ma io voglio stare con te!» Esclamò Musa, in preda alla paura, non appena vide l'atmosfera intorno a sé scurirsi e la visione di sua madre farsi lentamente più fioca.

«Evidentemente questo non è il nostro momento, figlia mia.» Soffiò in dissolvenza la donna, sparendo definitivamente dalla vista della ragazza, insieme a quel paradisiaco ambiente.

In quel momento tutt'intorno alla ex Guardiana di Melody si fece definitivamente buio, non c'erano più quelle soffici nuvole a fare da sfondo a sua madre e tutto stava tornando ad essere macabro ed inquietante.

Quando trovò la forza di riaprire gli occhi, si accorse di trovarsi sul fondo pietroso di quella fredda spaccatura del terreno e che ancora dei rivoli rossi colavano dalla sua tempia.

Intorno a sé iniziò a vedere un insieme di lucciole collegate fra loro da tanti sottili fasci dorati che, a poco a poco, inondarono anche Musa stessa, fino a coprirne interamente il corpo.

“Ma che sta succedendo?” Pensò nel momento in cui l'atmosfera intorno a lei diventò di un brillante magenta e, spontaneamente la ragazza iniziò a muovere il suo corpo a ritmo di una musica che ormai conosceva molto bene.

Quando tese le braccia nude, sulle quali in seguito ad una luminosa carezza, comparvero dei guanti in velo rosa, iniziò a sentire una forte energia correrle lungo le vene, fino a toccarle il cuore, che prese a batterle di nuovo regolarmente.

Nonostante sentisse ancora il suo corpo dolerle, non riusciva a non muoverlo seguendo alla precisione quella coreografia che aveva eseguito centinaia di volte, ormai. Era come un burattino devoto alle redini del suo creatore: della Magia.

Quando intorno a lei tornarono a regnare umidità e desolazione, si accorse che la sua trasformazione Enchantix era completata, poteva ancora volare.

Nonostante si sentisse perennemente dolorante, si fece leva sulle sue possenti ali dorate, faticando a sorreggersi esclusivamente su di esse. Sbuffò dallo spavento quando il suo cuore parve ascenderle in gola, nel momento in cui il suo unico sostegno cedette, facendola nuovamente scivolare nel vuoto.

Prima di avere un ulteriore e violento impatto col pietroso suolo le venne alla mente l'immagine di Riven, che credeva in lei tanto da averle affidato l'oggetto a lui più caro e prezioso e a quanto esplicitamente il destino le avesse dato un'altra opportunità.

«No! -Ringhiò stringendo un pugno e riprendendo impulsivamente a sbattere le grandi ali- Questa volta non perderò! -Gridò cercando di ignorare il dolore- Per le Winx, per Riven, per Faragonda e.. per te, mamma!»

Quando con la rapidità di una saetta sbucò all'esterno di quella profonda estremità, incontrò quella forte tormenta d'aria, non esitando ad invocare la sua Polvere di Fata che da tanto tempo era rimasta inutilizzata. Sul cielo però, comparve una grossa proiezione del numero dieci che, dopo un secondo lasciò spazio al nove il quale, a sua volta, si trasformò nell'otto e così via. Il tempo stava scadendo, e la vita della giovane fata era ancora una volta appesa ad un filo sottilissimo, quasi invisibile.

 

Quando le lancette si spostarono sistematicamente sul dodici e il pendolo della presidenza iniziò ad emettere pesanti gong, alle fate ed agli Specialisti rimasti il cuore crollò definitivamente in un tonfo. C'era chi, una volta ufficializzata la supposizione di Bloom, si reggeva impassibilmente il capo fra le mani, incredulo di quanto successo, mentre altri caddero sulle proprie ginocchia affranti. Non si consolarono a vicenda, la sofferenza che portavano in petto era troppo straziante per poterli portare a sopportare anche il Calvario di qualcun altro, nonostante il fatto che si trattasse della propria dolce metà.

Gli unici a spalleggiarsi davvero e a condividere la grave perdita furono Aisha e Nabu che, abbracciati, ammutolivano le loro lacrime l'uno sulla spalla dell'altra. Forse la new entry del gruppo degli Specialisti non aveva vissuto Musa abbastanza da farsela mancare quanto al resto della combriccola, con cui aveva addirittura condiviso la stessa casa per tre anni, ma vedere la propria promessa sposa soffrire in quel modo era stato necessario per strappargli qualche singhiozzo.

 

Quando ormai i conti erano fatti, la presidenza si inondò di luce, cosa che prese quasi alla sprovvista anche Faragonda che ne stava effettuando l'accesso, lasciando spazio poi ad una Musa con i capelli ormai lunghi fino alle spalle, ridotti a ciocche sfibrate ed irregolari, con ancora indosso la sua tenuta da Fata Enchantix, accompagnata dalla visione della Ninfa dal lungo abito del color del Sole.

«Carissima Musa, quest'oggi hai sfidato acqua, aria, terra e fuoco uscendone vincitrice, dimostrando a tutti il tuo coraggio e la tua lealtà, anteponendo gli altri a te stessa.
A nome mio e di tutte le Forze Eteree della Dimensione Magica ti concedo nuovamente i tuoi poteri di Fata Enchantix!» Annunciò la donna senza tempo tendendo i palmi verso la stremata ragazza dai capelli blu, facendo accrescere fra le sue mani una calorosa fiamma color magenta, indirizzandola verso il petto della fata, penetrandolo con talmente tanta dolcezza da poterla percepire addirittura come una carezza.

Nel momento in cui il puro potere della Musica entrò nel suo cuore, la ragazza levitò in aria, avvolta da una luce rosea, la cui magia si poteva visibilmente palpare.
Quando ormai il cuore della paladina di Melody diventò di nuovo un tutt'uno con la magia, i suoi piedi ritornarono a poggiare sul pavimento, e le sue gambe iniziarono a tremare in preda alla fatica subita e alla pesante giornata che era stata costretta a sopportare.

«Dov'è mio padre?» Furono le sue ultime parole prima di crollare a terra sulle ginocchia e svenire, annullando la trasformazione e apparendo di nuovo con la tenuta metallica di Tecna.

L'agghiacciante rumore dell'impatto del manico metallico della scimitarra col pavimento attirò l'attenzione di tutti, non appena la Ninfa fu sparita.

 

*****

 

«La ragazza ha riacquistato i suoi poteri, sì, ma ora è in un profondo coma.» Disse una signora di mezz'età dalla tenuta bianca, inclinando gli aguzzi occhialetti da lettura sulla punta del naso, iniziando ad osservare la cartella clinica della Guardiana di Melody.

«Secondo la mia scansione vi è il cinquanta percento di probabilità che si risvegli. -Incalzò Tecna con efficiente fare neutro- La situazione è piatta.» Sbuffò poi con fare arrendevole.

«Potrei provare a farla tornare in sé con i miei poteri curativi. -Azzardò Bloom schiudendo le palpebre esibendo un ampio sguardo speranzoso- Ultimamente ho imparato degli incantesimi molto utili.»

«Mi spiace giovane fata. -La richiamò la dottoressa con amarezza nel timbro- La tua amica dovrà svegliarsi autonomamente. Tutti i farmaci anestetizzanti che le abbiamo iniettato durante gli interventi alle molteplici fratture hanno favorito questa situazione di sonno profondo. -Spiegò con impassibile professionalità- Un risveglio innaturale potrebbe portarla a subire traumi psicologici non indifferenti.»

«Dunque, non ci resta che aspettare..» Sospirò malinconicamente Stella.

«..E starle accanto. -Proseguì Flora- Si dice che parlare alle persone in stato comatoso le aiuti a rinvenire prima.»

«Allora organizziamo fitti turni insieme ai ragazzi di modo che quando si sveglierà ne avrà abbastanza della nostra voce!» Propose Aisha con un velo di positività e leggerezza nel timbro che da giorni ormai aveva perso.

«Ottima idea. -Incalzò Nabu- Sentire Riven le farà bene.»

«Magari si sveglierà per litigare con lui!» Saltò su Stella, provocando un risolino generale.

 

«Assolutamente no!» Gridò lo Specialista dai capelli color prugna alzandosi dalla sedia della sua scrivania, dimostrando di non voler ragionare.. come al solito.

«Su amico, non farti pregare!» Ribatté Brandon, dimostrando leggerezza per non irritare ulteriormente il compagno di stanza.

«Te lo scordi! -Si dimostrò irremovibile il tenebroso ragazzo- Non andrò lì a parlare a vuoto!»

«Ma l'aiuterai a tornare da te! -Tentò di convincerlo lo scudiero di Eraklyon- Sai di aver sempre avuto una grande influenza su di lei.» Ormai conosceva il suo compagno come le tecniche base di attacco e, il fatto che fosse un orgoglioso di prima categoria gli permise di avere il coltello dalla parte del manico.

«Ma chissene frega!» Saltò su l'altro, gesticolando sempre più nervosamente.

«A te frega! -Lo colse in flagrante il moro- Sennò non saresti in piedi da ieri notte con un'importante test di fine anno da svolgere.. O no?» Doveva ammettere di sentirsi soddisfatto nel trionfare nei battibecchi con il suo ambizioso compare.

«Appunto, è ora di andare a lezione. -Grugnì con il suo solito fare scorbutico, l'altro- Datti una mossa con quei capelli, femminuccia!» Lo denigrò con fare -invisibilmente- amichevole prima di andarsene.

«È proprio innamorato..» Commentò fra sé Brandon, con un sorriso simpaticamente beffardo.

«Taci! -Lo ammonì Riven dal corridoio- Se devi parlare da solo non farti sentire da tutti!»

 

*****

 

L'atmosfera era ancora una volta semi-astratta intorno a Musa, ma pareva più realistica. Poggiava i piedi su un prato all'inglese ben curato, di un verde brillante e, alzando gli occhi, scorse un cielo celeste e sereno. Nonostante il fatto che non tirasse il vento, non sentiva caldo, stava bene.

«Dove mi trovo?» Soffiò la ragazza continuando a guardarsi intorno spaesata, alla ricerca di qualcuno che l'avesse condotta là.

«Al sicuro, figlia mia.» Intervenne la solita calda ed amorevole voce dall'alto.

«Mamma!» Esclamò meravigliata la Guardiana di Melody.

«Sento la presenza di alcuni dubbi nel tuo cuore.» Incalzò la donna che, come di consueto, non assunse un volto.

«Mamma. -Sospirò Musa- Hai proprio ragione.»

«Apriti con me, tesoro. -La invitò la donna- Sai di poterlo fare.» A quel punto Musa decise di giungere al fulcro, senza congetture.

«Perché mi sono trasformata in fata Enchantix al termine della missione?» Domandò, diretta come una freccia al suo bersaglio.

«Beh, perché hai salvato papà. -Spiegò con naturalezza Wa-Nin- Anche lui proviene dal tuo stesso pianeta.»

«Ma se non ero nemmeno una fata di primo livello!» Contestò animatamente dubbiosa la figlia.

«Non del tutto. -La contraddisse la madre- La magia che ti aveva conferito Faragonda ti ha resa comunque una creatura magica, una fata nel tuo caso.» Spiegò la donna, lasciando la ragazza stranamente senza parole.

«Ora è giunta per me l'ora di andare -Sospirò poi- Addio, figlia mia.» Si congedò con voce mesta.

«No, mamma! -Protestò la Fata della Musica percependo un forte bruciore nel petto- Non lasciarmi un'altra volta!»

«Il tuo destino non è con me. -Affermò Nena con amarezza- Sappi che essere tua madre mi rende molto orgogliosa, amore mio. -Espresse con fare tenero- Buona vita, piccola.» Disse, per poi far scomparire ogni traccia di sé in un fascio di luce, come sabbia nel vento. Musa giurò di esser riuscita ad avvistarla in una frazione di secondo, percependo un'altra volta di morire dentro. Ormai si era quasi abituata alla sua presenza e, riperderla, tenne vivo il lutto che ormai giurava di aver cicatrizzato.. È proprio vero che di madre ce n'è una sola.

 

*****

 

Il lago di Roccaluce rifletteva il rossore del cielo al sorgere del Sole fermo come in una fotografia, e la natura si stava risvegliando ai primi raggi dell'alba.

Le alunne del quinto anno si erano già alzate ad Alfea, reggevano una grande tazza di caffè in una mano ed un libro nell'altra, intente a studiare per gli ultimi esami di specializzazione. A dire la verità, anche altre fate erano in piedi, ma per organizzare il ballo di fine anno.

A differenza delle abitudini terrestri, la festa di chiusura si teneva ad agosto su Magix, quando anche le alunne rimandate avrebbero terminato gli esami di pareggio del Debito Formativo.

Nei college di Fonterossa e Torrenuvola le cose andavano più o meno allo stesso modo, a differenza che i ragazzi di Saladin, anziché cucire abiti e tagliare festoni glitterati, erano intenti a preparare esibizioni mozzafiato con draghi e armi, e le streghe di Griffin si ponevano come unico dilemma quali scherzi fare alle allieve di Faragonda.

Insomma, su Magix erano tutti in piedi presi dal raggiungimento di qualche scopo.. Tutti tranne Musa, che da una manciata di giorni giaceva dormiente su una bianca e fredda brandina.

Flora, sbadigliando, uscì dalla stanza della sua amica. Le aveva parlato per quattro ore di seguito e, per una ragazza non poi così loquace come lei, si era rivelato qualcosa di impegnativo.

Scostando dagli occhi una ciocca di capelli ormai sgonfia, buttò uno sguardo sulla tabella dei turni e, sbuffando internamente, notò che a quell'ora sarebbe dovuto arrivare Riven.. che non si era mai fatto vedere nemmeno col binocolo.

Facendo leva sulla maniglia del freddo corridoio di quella fornita infermeria, fece sbattere involontariamente la porta sul corpo di un'altra persona immediatamente d'innanzi ad essa. Alle cinque di mattina, dopo aver passato una notte completamente in bianco, non risultare per nulla sbadata potrebbe apparire un'utopia.

«Uh, scusami! -Soffiò mortificata alzando lo sguardo verso il malcapitato- ..Riven!» Scattò con sorpresa, nascondendo un sorriso compiaciuto.

Il ragazzo si limitò a non rispondere, alzando semplicemente le sopracciglia e facendo roteare le pupille verso la Fata della Natura, volgendole uno sguardo innocuo e privo di malizia, come se avesse voluto dirle che non fa niente.

«Non sta male. -Commentò Flora indicando la porta dietro la quale giaceva l'amica- Ma potrebbe star meglio. -Sospirò, sbattendo le palpebre con fare comprensivo- Buona fortuna.» Concluse poi, dandogli una pacca sulla spalla.

«Grazie.» Rispose lui con fare distaccato, spostando freddamente lo sguardo verso la porta. Far percepire agli altri la propria vulnerabilità non era di certo una consuetudine per lui.

L'interlocutrice, comprendendo le sue frementi intenzioni, decise di farsi da parte e di andare finalmente a riposarsi.

In quel momento non c'erano più scuse: erano soltanto lui e la cruda realtà.

Lei era lì, pallida ed immobile, collegata soltanto ad una flebo che probabilmente la idratava costantemente. Se non avesse fatto riferimento alla sua cassa toracica che si alzava e abbassava come se stesse tenendo il tempo ad una canzone, le sarebbe parsa morta.

«Beh, ecco.. -Farfugliò per poi tossire leggermente per schiarirsi la voce- Sai, la settimana scorsa ho terminato gli esami di fine anno a Fonterossa e probabilmente ho totalizzato il massimo del punteggio...» Raccontò con voce pacata, ma poco spontanea. Sapeva di star parlando da solo e, anche se la fata fosse stata cosciente dubitò interiormente che le potesse interessare.
Ma chi voleva prendere in giro? Pensò fra sé che forse sarebbe stato meglio smetterla di offuscarsi la mente con pensieri di quel genere solo per soffrire di meno; lei era l'unica a cui importasse addirittura anche ciò che avrebbe mangiato a pranzo.

«Ascolta.. -Mormorò poi con voce più profonda, facendo finalmente parlare il suo cuore. Quello, più che un semplice modo di dire, parve propriamente un ordine- Sai che ti dico? Che non me ne frega un accidente di prendere dei bei voti se poi non posso condividere la notizia e festeggiare con te. Tornare in camera o andare ad Alfea senza saperti lì per me è come una freccia che, trafiggendomi l'anima, me l'avvelena e me la lacera. Tutto ciò è ancor più devastante di quanto avessi mai potuto immaginare.

Va bene, è macabro pensare che la persona che ami un giorno non tornerà più da te, ma lo so che prima o poi quelli a cui tengo si allontaneranno in qualche modo, e forse è proprio questo il motivo per il quale non prendo confidenza con tante persone.» Disse giungendo le mani sul busto ed abbassando lo sguardo languido. La verità era da sempre stata amara per Riven, ma avrebbe preferito mille volte che la sua amata avesse fatto a meno di lui per stare con un altro.. Almeno avrebbe potuto saperla felice.

«Io non so come andrà a finire questa storia.. -Sospirò malinconicamente- Ma ora non ci resta che sperare in quella piatta statistica di probabilità secondo le quali tutto si risolverà. Io più di questo non posso fare, scusami.» Disse per poi stamparle un bacio casto sulle labbra, su quelle rosee e fredde labbra che per la prima volta non avevano ricambiato una sua dimostrazione d'affetto.

Staccandosi dolorosamente da quell'approccio, si soffermò a fissarla per un attimo, sperando che per almeno un nanosecondo il suo corpo reagisse.

«Ma in che spero ancora..» Sospirò deluso, una volta rassegnatosi alla propria impotenza.

Ciò che non vide, una volta chiusosi la porta alle spalle, furono il labbro inferiore della fata tremolare, forse bramante di un altro contatto, e la sua cassa toracica che, per qualche secondo prese ad alzarsi ed abbassarsi seguendo un ritmo più fitto. Anche se inconsciamente, ancora una volta Musa era stata vittima del fascino persuasivo di Riven.

 

*****

 

I giorni passavano a Magix e, fra turni in ospedale, studio estivo e qualche frappè in città, la vita del Winx Club andava avanti, ma senza uno dei loro membri più tenaci, la situazione pareva quasi congelata.

Dalla prima volta che vide la fidanzata in quello stato difficile e, accorgendosi di costituire l'ago della bilancia, Riven trovò la forza per andarla a trovare ogni singolo giorno, nonostante la sua presenza non fosse sempre prestabilita dagli orari. Si sforzava di confidarle gli ultimi avvenimenti accaduti con naturalezza, come se lei fosse sveglia e lo stesse ascoltando e, ogni giorno le portava un tulipano rosso ed un bon-bon all'amaretto, in memoria di tutte le volte che lo trascinava al chioschetto di Magix a comprarne qualcuno da mangiare insieme. Giurò a sé stesso che sarebbe riuscito a trovare il modo di svegliarla e di continuare a creare piccoli angoli di Paradiso insieme.

 

Erano passati dodici giorni e undici erano i tulipani nel vaso sul comodino accanto al letto di Musa. Quella notte fare il turno di chiusura toccò a Bloom, che non aveva smesso di parlare per un solo minuto. Guardando l'orologio le si rabbuiò lo sguardo nel notare che erano già le cinque e che da settimane non vi era l'ombra di un miglioramento. In quel momento, la Fata di Domino si auto-conferì l'onere di afferrare saldamente le redini della situazione, non riusciva più ad aspettare.

«Scusami Musa.. -Sospirò, puntando lo sguardo in un angolo indefinito della stanza- Devo farlo.» Disse tenendo le braccia verso di lei. Corrucciando la fronte, si concentrò sulla Guardiana di Melody, che giaceva inerme ed impotente su quel freddo letto, come era di consueto da ormai due settimane.

«Libera te ab omni malo!» Enunciò poi, lasciando che una fitta luce dorata l'avvolgesse emanando così tanta potenza da permettere alla sua pesante chioma color fuoco e a quella color oltremare dell'amica di fluttuare leggermente, come se fosse mossa da una forte brezza.

Quando il fascio della potente magia si dissolse in quel freddo ambiente, le palpebre di Musa iniziarono e tremare incerte, per poi procedere con una lenta operazione di apertura, esibendo un paio di iridi languide e spente dal lungo sonno, il suo respiro si fece ulteriormente regolare.

«Ci vediamo.» Bisbigliò Bloom schioccando le dita, sparendo prima che l'amica potesse vagamente avvistarla. Decise che da quel momento in avanti quello sarebbe stato il suo segreto.

 

«Davvero?! -Esclamò Stella nel momento in cui Faragonda diede tempestivamente la tanto agognata notizia al Winx Club- Sì! Musa si è svegliata! -Gridò alzando le braccia al cielo; la sua voce era squillante anche se erano soltanto le sei passate del mattino- La nostra amica è tornata!»

«Aspetta. -La donna mise in guardia le amiche che già avevano dato tutto per scontato, non voleva illuderle inutilmente su qualcosa che avrebbe potuto avere anche delle ripercussioni negative- La dottoressa la sta sottoponendo ad esami di verifica del suo stato psicofisico.»

«Beh.. -Intervenne Tecna- Se ha chiesto immediatamente di suo padre significa già che i suoi circuiti mentali sono pertinenti alla norma almeno del sessanta percento.» Dedusse, riconducendosi a quanto annunciato previamente da Faragonda.

«Sì, ma mai dire mai, ragazze. -Le rabbonì la saggia signora- Ora vado a tenere sotto controllo la situazione, poi avvertirò la famiglia di Musa.» Si congedò, per poi voltare le spalle e dirigersi verso l'infermeria.

 

La solita dottoressa di mezz'età stava puntando la luce di una pila verso l'iride blu della Guardiana di Melody, che roteò improvvisamente per mettere a fuoco le figure dietro di sé.

«Ragazze.» Le chiamo con un filo di voce, accennando con fatica un mezzo sorriso.

«Musa! -Esclamò Aisha, correndo incontro all'amica non appena la dottoressa si fece da parte- Come stai?»

«Questo sarà lei a precisarlo.» Soffiò la Fata della Musica, indicando col capo la donna che la stava visitando, chiedendole tacitamente un esito.

«Beh.. -Si schiarì la voce la signora- A livello psicologico noto che nulla è stato intaccato, ogni ricordo o conoscenza è rimasto saldo nella mente.
Invece, sotto il punto di vista fisico, ora ha una mobilità limitata degli arti, ma dopo quasi due settimane di coma è una cosa usuale e più che plausibile- Spiegò con neutra efficienza- Ma non preoccuparti giovane fata, nel giro di un mese tutto ritornerà alla normalità.» La informò lasciandosi sfuggire un sorriso.

«Grazie Agostina.» La congedò Musa con un sorriso, scandendo bene le sillabe del nome che aveva appena letto su una targhetta in metallo sul camice della donna.

«Il tempo massimo concesso per le visite è di mezz'ora, al momento. -Mise al corrente le cinque compagne del Winx Club- Musa, hai bisogno di riposare per almeno i prossimi tre giorni.» Disse la dottoressa per per poi uscire definitivamente dalla stanza.

«Avete notizie di mio padre?» Domandò d'impulso la Guardiana di Melody.

«Sta bene. -Rispose Tecna sedendosi su una poltroncina accanto al letto dell'amica- Ieri lo hanno messo al corrente del tuo risveglio, oggi ha preso la diligenza interplanetare e sarà qui fra esattamente un'ora e trentasei minuti.» Le spiegò con la sua solita impassibile efficienza. Musa, in tutta risposta sorrise esplicitando serenità. Si era addormentata nel suo sonno profondo con la tortura interiore di non essere al corrente di dove potesse trovarsi e se potesse essere al sicuro oppure no.

«L'importante è che tutto sia finito per il meglio.» Giunse al sodo Bloom, lasciandosi sfuggire un sorriso.

«Sì!» Festeggiò Stella agitando le braccia al cielo.

«Winx Club per sempre!» Saltò su Flora, ponendo il suo palmo su quello di Musa, coinvolgendo le altre amiche.

«Parola di Winx!» Esclamarono all'unisono le fate, sollevando le mani in aria.

«Si festeggia, ragazze?» Fece irruzione Sky con un fare simpaticamente beffardo, aprendo timidamente la porta.

«Ma che festa sarebbe senza gli Specialisti?!» Azzardò Brandon con un sorriso burlone e spensierato stampato sulle labbra.

«Ciao a tutte!»Ammiccò poi Timmy, entrando insieme agli altri giovani alunni di Saladin.

Musa in quel momento si voltò di scatto verso di loro per salutarli, ma alzando il capo ed aguzzando la vista, tentò di scovare la persona che stava aspettando da tempo, ormai.

«Riven..» Si lasciò sfuggire, lasciando che il suo sguardo rilassato si focalizzasse unicamente su di lui.

«Hey..» Rispose lui esitante, portandosi una mano dietro al capo ed iniziare ad arrossire violentemente in volto.

«Ah-ah! -Saltò su la Fata degli Astri con il tono di chi aveva fatto una deduzione geniale- I due piccioncini vogliono stare soli!» Esclamò trascinando Brandon fuori dalla porta; gli altri membri della combriccola presto li seguirono a ruota.

«Beh.. -Mormorò lo Specialista una volta che si accorse di essere rimasto solo con la sua fidanzata- Come stai?» Le domandò timido ed incerto. Musa appurò che ogni singola volta in cui Riven si comportava in maniera così umana, dimostrando apertamente tutte le sue paure e quella sua remota impacciataggine che tentava di reprimere e nascondere, avrebbe desiderato abbracciarlo, riempiendolo di baci e carezze, proprio come se fosse un cucciolo indifeso.

«Un po' ammaccata, ma bene. -Rispose con voce roca per il lungo silenzio- E a te? Com'è andata in questi giorni?» Gli chiese, chinando di lato la testa e sorridendo.

«Male. -Rispose con estrema sincerità, lui- Senza di te è stato come se una parte di me se ne fosse andata, davvero. -Aggiunse, in seguito ad un'espressione incerta della fata- Sapessi la paura che ho avuto di perderti..» Sospirò avvicinando il suo palmo a quello della sua amata.

«Basta pensare a questo, Riven. -Ribatté la fata con tenacia, stringendogli la mano e voltando il viso verso quello dello Specialista- Ora possiamo stare insieme e più nulla ci separerà, lo giuro!» Esclamò per poi annullare la distanza che intercorreva fra loro, lasciando un lungo bacio casto sulle labbra dello Specialista, che sapevano di caffè e tabacco, rimanendo inebriata dalla sua esoterica fragranza. Il gusto di menta che perennemente emanava la Fata di Melody era come una ventata di sollievo per lui. Le sue erano le uniche labbra che avrebbe mai baciato, lo facevano sentire al sicuro ed amato.

Quando la sorte di Musa era in pericolo, si sentiva realmente freddo e scoperto, senza protezione né qualcuno che gli ricordasse quanto ci tenesse a lui. Il fatto di poterla riavere gli colmò il cuore di gioia, anche se -internamente- gli parve troppo bello per essere vero. D'altronde si rassegnò all'idea spassionata che il Sole sarebbe splenduto per tutti prima o poi.

 

*****

 

Con tutte le visite di congratulazioni ricevute nelle ultime ventiquattr'ore, Musa si sentiva come se fosse il suo ventunesimo compleanno.

Era sveglia da un po' e, guardando l'orologio, dedusse che fosse passato mezzogiorno; il suo stomaco brontolava a più non posso ma, nonostante le sue proteste, sarebbe stata alimentata da delle sostanze in endovena fino all'indomani.

Ad un certo punto tese le mani e, non pensando più a nient'altro che a sé stessa, lasciò che l'energia le corresse lungo il corpo con velocità talmente alta da accorgersi che in un arco di tempo inferiore ad un secondo, sul suo indice era apparsa una piccola lucciola fucsia.

Muovendo la mano, iniziò a lasciare rosee scie luminose intorno a sé, accorgendosi con piacere che, dopo tutto quel tempo, aveva ancora la padronanza del suo corpo. Ad un certo punto lasciò che la piccola sfera rimanesse sospesa in aria e, concentrandosi su di essa, la fece magicamente ingrandire, per poi tenerla fra i palmi.

Il potere scorreva di nuovo nelle sue vene forte e vigoroso, si sentiva di nuovo la Musa di sempre, ma con un po' di esperienza in più e, nonostante si trattasse di un semplice giochetto da fata apprendista, in quella sfera avvertiva un'energia perforante, assai maggiore rispetto a quella che percepiva solitamente. Dedusse che -probabilmente- era merito dell'avventura vissuta, la grande sintonia raggiunta col suo corpo le aveva reso possibile tirar fuori ogni parte di sé.

«Avanti?!» Rispose non appena il deciso bussare della porta catturò completamente la sua attenzione. Fece scomparire immediatamente la sfera di luce chiudendo un palmo contro l'altro, avrebbe detestato farsi sorprendere a giocare come una qualunque fata di primo livello.

Non appena gli fu concesso, un uomo fece irruzione nella stanza.

«Papà!» Esclamò la Guardiana di Melody alla tanto attesa visita di Ho-Boe; non nascose la forte nota di calore che le accarezzò le corde vocali.

«Musa! -Ricambiò il padre una volta chiusosi la porta alle spalle- Mi hanno raccontato tutto! -La mise al corrente con fare premuroso- Per fortuna che ti sei ripresa!» Disse poi, prendendole le mani.

«Tu come stai? -Sviò Musa, esibendo un ampio ed inevitabile sorriso- Che cos'è successo dopo l'ultima volta in cui ci siamo visti?» Chiese lei di rimando, stringendo di ricambio le ruvide mani vissute del genitore.

«Non c'è molto da dire. -Preannunciò lui- Dopo averti vista crollare in quella specie di abisso sono stato teletrasportato di nuovo a casa. -Sospirò- Proprio come..» Si lasciò sfuggire sotto voce, per poi ricomporsi.

«Come..?» Riprese la ragazza, cercando di estrargli gentilmente le parole di bocca.

«Niente, niente.. -Mugolò l'uomo, abbassando mestamente lo sguardo al suolo- Cose da grandi.» Si giustificò. In quel momento Musa capì tutto.

«Papà. -Lo richiamò con franchezza- Sono abbastanza grande da capire certe, molte cose.. -Lo ammonì- ..Come ad esempio che so tutta la verità sulla morte della mamma.» Affermò con voce fredda e tagliente, lasciando il padre talmente di stucco che non si accorse di aver allentato la presa sui palmi della fata.

«Come hai fatto?» Fu tutto quello che, impulsivamente e preso dallo stupore, riuscì a ribattere.

«Si dice il peccato ma non il peccatore. -Fu vaga Musa- Questo è un segreto che non mi sento in grado di svelare.» Si affrettò ad aggiungere non appena vide il padre tentare i prendere fiato nella vana speranza di darle spiegazioni di alcun valore costruttivo.

«Mi dispiace.» Si limitò a rispondere l'uomo rassegnato, sapeva che la figlia -nonostante nutrisse visibilmente del rancore- avrebbe capito.

«Non fa niente. -Soffiò Musa, tentando di camuffare il malcontento che stava provando- Ora scusami papà, ma gradirei dormire; mi sento molto stanca.» Tentò di congedarlo, non esibendo alcun tipo di fastidio.

«Certo. -Fu servile l'uomo, alzandosi e dirigendosi verso la porta in legno scuro- Spero solo tu capisca.» Furono le sue ultime parole prima di lasciarsi l'uscio alle spalle.

La fata rimase impassibile davanti a quell'affermazione: aveva perfettamente compreso l'istinto protettivo dei genitori, tanto da farlo prevalere durante quella che si rivelò l'ultima loro scelta di coppia.

Ciò che rendeva la Guardiana di Melody così irrequieta era quell'inspiegabile ed irrazionale velo di rabbia che provava all'interno di sé. Eppure, improvvisandosi riflessiva, sapeva che più presto che mai le cose fra loro sarebbero tornate esattamente come prima; il suo cuore non mentiva mai.

 

*****

 

Ormai la sera era calata, ed il fresco vento di fine agosto causava piacevoli brividi sulle spalle dei ragazzi nel prato. Eppure, cotanta giovinezza e voglia di divertirsi permise loro di concentrarsi maggiormente sulla musica, sfruttando il ballo come arma di riscaldamento.

I sorrisi dei ragazzi brillavano sotto le colorate luci strobo, che sfrecciavano sulla pista sotto il ritmo delle notte del DJ.

Gli alunni più giovani erano già da tempo a scatenarsi, mentre quelli frequentanti gli ultimi anni erano sempre i più ritardatari. A differenza dei novellini però, non sarebbero tornati in stanza prima dell'alba.

Ogni corso aveva scelto un tema per l'abbigliamento: gli alunni del terzo anno -ad esempio- si erano travestiti da Dame e Signori dell'Otto/ Novecento.

 

Un paio di spalline nere accarezzava le pallide braccia di Musa, per poi proseguire in un rigido e stretto bustino rosso che, avvolgendo il petto della fata, ne delineava le magre curve. Il corpetto terminò in una gonfia gonna dello stesso colore, decorata con veli scuri, che richiamavano la tonalità degli attillati guanti in velluto che portava, sempre del color della pece.

I palmi rivestiti dal pregiato tessuto correvano lentamente lungo la ringhiera in legno lucido, accarezzandola senza emettere alcun rumore, mentre il suono dei tacchi delle scarpette scure riecheggiava nel grande salone dell'ingresso di Alfea. Quell'ambiente era isolato, ormai tutti erano alla festa, infatti la Fata della Musica era sempre fra gli ultimi ad effettuarne l'accesso.

Il suo passo deciso tentennò lievemente dalla sorpresa quando realizzò che il suo amato la stava aspettando in fondo alla gradinata.

«Riven..» Squittì lei, abbassando lievemente il viso nel momento in cui arrossì con garbo.

«Sei bellissima. -Le mormorò lui con voce profonda e decisa, prendendole delicatamente la mano, lasciando che i suoi guanti in cotone entrassero in contatto con quelli in velluto. Riven indossava una camicia in lino bianco, abbinata ad una giacca ed un paio di pantaloni neri. Anche le scarpe a punta erano scure, proprio come il papillon che gli delineava il colletto alto della candida camicia, proprio come prevedeva la moda agli inizi del Novecento- Perfetta.» Mormorò poi, scrutando l'amata con occhi sognanti.

«Grazie.» Rispose timidamente lei, lasciando che lo sguardo le si illuminasse a quelle parole, stampandosi poi un nervoso morso sul labbro inferiore, cosparso di un intenso rossetto color passione.

La fata della Musica si sentì come sulle nuvole: stava vivendo la serata perfetta, all'interno dell'abito perfetto, con il ragazzo perfetto.

La magia del momento terminò nell'attimo in cui, ancora non completamente padrona della sua mobilità, inciampò dall'ultimo gradino prima del suolo.

«Stai attenta. -Le ordinò con insolita dolcezza lo Specialista, dopo essersi preparato ad afferrarla delicatamente, permettendo alla schiena della fata di poggiare sul suo palmo- Ora andiamo alla festa, che è tardi.» La invitò afferrandola sottobraccio.

«Con te andrei ovunque.» Ribatté la ragazza, appoggiando la testa sulla possente spalla del suo amato, lasciando che una sottile ciocca di capelli color notte si discostasse dall'elegante acconciatura raccolta all'indietro, sfilando in mezzo agli occhi finemente truccati.

In tutto quel tempo Musa visse come alla ricerca di sé stessa, ma non si accorse immediatamente che la sua vera identità risiedeva proprio nel suo corpo, nelle sue abitudini, nei luoghi che frequentava e -soprattutto- in ciò che amava.

A volte può capitare di perdersi lungo la strada, ma non bisogna dimenticarsi di chi ci vuole bene e di tutti coloro che, credendo in noi, saranno come il faro che ci illumina durante i periodi di buio: sempre in nostro aiuto, nonostante le intemperie.

**FINE**
 

Spazio autrice:
302098 caratteri digitati, 80 pagine sudate e 7 capitoli letteralmente vissuti sono la conferma che prima o poi tutte le cose belle finiscono.
Ovviamente non mi sto dando delle arie e, tantomeno sto cercando di valorizzare la mia storia, ma per me questo lavoro è stato veramente qualcosa di salutare.
Non ha semplicemente costituito un buon passatemo durante delle lezioni scolastiche noiose, un ammazza-noia o un semplice rito pre-lavoro, ma ha iniziato a far parte della mia quotidianità, diventandone una parte integrante.
Ovvio, quando ho iniziato la stesura avevo già molto chiaro lo schema avvernimenti-capitoli, ma nello scriverli hanno iniziato a snodarsi numerosi dettagli che praticamente uscivano da soli. Non è per fare il cosìddetto "fenomeno", ma molti punti di questa storia sono usciti automaticamente dalla mia penna che si limitava a descrivere delle scene che stavano succedendo proprio in quell'istante. Potrei sembrare una folle -e forse un po' lo sono-, ma mi sento come un semplice burattinaio che, provocando una circostanza, si diverte a guardare le reazioni dei personaggi, i cui caratteri sono già stati ben marcati da Straffi nelle prime quattro stagioni.
Bando alle ciance, ora che è finito tutto posso finalmente raccontarvi un aneddoto che -per scaramanzia- ho deciso di non condividere previamente con voi:
Era all'incirca marzo e sul computer avevo già trascritto/ steso anche il quinto capitolo di "Alla ricerca di sé stessa". Un giorno, presa dall'ispirazione, mi sono diretta alla mia postazione intenzionata ad aggiornare e.. la cartella in cui avevo TUTTI i miei lavori era scomparsa!
Ho controllato nel cestino, ho azionato la ricerca, setacciato l'intera memoria di quell'attrezzo infernare che altro non è il mio computer, ma niente, era proprio sparita.
Attuando la cosìddetta "tecnica dello gnorry", ho chiamato ho chiamato mio papà, chiedendogli che fine avesse fatto la mia cartella, e lui con immensa sfacciataggine, si era limitato a rispondere che «tutti quei file di Word erano inutili».. Non gli ho rivolto la parola per la bellezza di tre giorni!
Dopo aver passato mezz'ora di pianto isterico ed aver minacciato me stessa di smettere definitivamente di scrivere, ho iniziato a raccogliere i cocci e a riscrivere TUTTO DA ZERO.
Durante la ri-stesura, molti dettagli dell'originale sono stati cambiati.. Non sarei mai riuscita a ricordarmeli tutti!
Okay, questo 'spazio autrice' sta diventando troppo lungo e dispersivo. Ora vorrei dedicare a voi lettori un enorme saluto e ringraziarvi, se non fosse stato per tutte le vostre bellissime recensioni non penso che sarei riuscita ad arrivare fin qua; in certi momenti ho seriamente preso in considerazione l'idea di cancellare tutto da qui, ritenendo questo lavoro qualcosa di patetico ed infantile.
Un ultimo pensiero va in particolare a:
*GiuliaAvril: Sei sempre stata una mia fedele seguace. Grazie di tutto, ti voglio bene! 
*Tressa (a cui dedico il capitolo): Anche tu sei sempre stata molto fedele nel recensire e dirmi la tua sincera opinione.. soprattutto per quanto riguarda l'aspetto umano dei personaggi. Perciò questo capitolo va a te!
*Ehris: Anche se è da poco che ci siamo 'conosciute' sono contenta di sapere che ti piaccia la mia storia. Grazie mille.
*Sabriel_Little_Storm: Anche se non ti sento da due capitoli spero tu stia continuando a seguire il mio lavoro. L'opinione di scrittrici come te, per me è molto importante.
*Sole13: Anche se di te non so molto, sono lusingata dal fatto che ti piaccia la mia storia.
*Goran: Ultimo ma non meno importante! Ti ringrazio vivamente dell'assiduità con cui ti sei interessato alla storia, spero di poterti catturare in egual modo nel prossimo capitolo di quella che vorrei diventasse una saga (ammesso che ne avrò il tempo).

Ora è giunto il momento da me più atteso: quello della vostra opinione!
-Quale capitolo vi è piaciuto di più e perché?
-Qual'è il capitolo che avete gradito inferiormente, e perché?
-Quale disegno potrebbe fungere da copertina alla storia intera? Come mai?
-Secondo voi il finale è stato troppo banale e/o prevedibile? Devo ammettere che inizialmente non volevo dare un lieto fine a questa storia, ma non mi sarei mai sentita in grado di uccidere o far accedere qualcosa di spiacevole ai miei personaggi preferiti, dopo che la Rainbow li ha ulteriormente tartassati.
-Quali critiche in particolare sentite di farmi?


Ragazzi, vi ringrazio ancora una volta per il vostro interesse e per la vostra presenza, ogni recensione è stata uno spiraglio di Sole; non sapete quanti sorrisi siete stati in grado di strapparmi. 
Inizialmente ritenevo tutto ciò un "esercizio sperimentale", roba da due seguaci ed una recensione breve a capitolo, non avrei mai immaginato tutto questo successo.
Vi ringrazio un'ultima volta con un abbraccio,
Daphne09

PS: Ieri sera, in preda alla tristezza per la fine della storia, ho deciso di realizzare un piccolo spazio autrice a mano.. Spero vi piaccia.

 
  
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