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Autore: FiammaBlu    10/08/2014    8 recensioni
Ho scritto questo romanzo molto tempo fa, si può dire sia stato il primo lavoro serio in cui mi sono cimentata. Ve lo propongo e spero vi divertirete anche voi a seguire i tre fratelli protagonisti della storia nelle loro avventure che li porteranno a crescere e a prendere in mano le redini della famiglia.
L'ambientazione è fantasy, inventata, ma segue le regole di D&D.
Sono 30 capitoli.
Il boia, che stava per tirare la leva della botola, si fermò guardandola. Sanie salì sulla piattaforma seguita da due soldati della Guardia Reale del Sultano. Indossava uno stupefacente abito bianco, quasi trasparente, che poco lasciava all'immaginazione. I capelli ricci e lunghi erano sciolti in una nuvola sulla schiena e indossava un paio di sandali bassi e ricamati.
Artiglio Rosso osservò ogni suo passo, la bramava e ammirava con lo sguardo e sorrideva della sua audacia. Sanie lo raggiunse, si asciugò le lacrime che scorrevano incessanti, lo fissò qualche istante, gli circondò il collo con le braccia sensuali e lo baciò profondamente.

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Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. La Nascita

 

L'uomo, le mani chiuse a pugno dietro la schiena, stava rigidamente in piedi al lato di una porta di legno finemente decorata con motivi floreali dalla quale uscivano lamenti di sofferenza. Cercava di essere indifferente ma la tensione che rigava il suo bel volto dagli zigomi pronunciati diceva il contrario. L'altra porta sul fondo del corridoio si spalancò improvvisamente lasciando entrare una corrente di risa e capelli biondi. Due bambine di sette e quattro anni invasero l'anticamera rincorrendosi come gatto e topo. Entrambe avevano capelli biondo miele, pelle chiara e guance arrossate per la corsa. L'uomo le osservò con un misto di severità e orgoglio, i suoi occhi scuri si fissarono sulla coppia che correva verso di lui. Il vano della porta fu occupato da un'altra figura.

- Eccola, arriva! - esclamò Celia, fissando i suoi occhioni azzurri sulla zia che aveva appena varcato la soglia e riparandosi dietro le gambe del padre seguita dalla sorellina.

- Presto scappiamo! - proruppe Katherin lasciando la gamba del padre che aveva afferrato e dirigendosi verso un'altra porta dalla parte opposta a quella da dove erano entrate.

- Ferme! - la voce profonda e minacciosa del padre alle loro spalle le fece fermare improvvisamente. Le due bambine si voltarono cautamente. Si trovarono a guardare nei profondi occhi castani del loro padre, gelidi come ghiaccio.

- Cosa avete combinato questa volta? - chiese, ammorbidendo lo sguardo e inginocchiandosi. Le bambine, anche per sfuggire alle ire della zia che stava sopraggiungendo, corsero fra le sue braccia protettive ridendo come matte.

- Ho tentato di tenerle lontane... - cominciò zia Amelia, le mani chiuse in grembo - Ma è tutto inutile, vogliono sapere cosa sta succedendo - spiegò la zia cercando di rimettere a posto i capelli grigi nella crocchia che dava un aspetto severo al suo volto rugoso.

- Allora, cosa avete da dire? - domandò la voce imperiosa del genitore all'indirizzo delle due bambine. Stentò a restare serio osservando i graffi sulle guance delicate e le macchie che costellavano i vestitini delle sue figlie. Le bambine si guardarono poi la più piccola, Katherin, si portò un dito fra i riccioli d'oro e fissò per un attimo il severo genitore.

- La zia voleva che giocassimo con i cavalli di legno ma noi volevamo sapere perché ci sono le Guaritrici con la mamma - biascicò la bambina con la sua voce ancora instabile e acuta. Il padre osservò le sue due figlie curiose e per poco non scoppiò a ridere nell'udire il tono tentennante della figlia. Si alzò in piedi prendendo una figlia per braccio e iniziò a passeggiare.

- Ricordate che vi abbiamo detto che presto avrete un fratellino o una sorellina? - disse lentamente Fabris Hianick, facendo appello a tutta la sua forza, non gli riusciva un granché parlare di queste cose. Le bambine assentirono ricordando la discussione di pochi mesi prima, quando la mamma aveva cominciato a ingrassare incredibilmente... ma questo cosa c'entrava?

- Ecco - continuò il padre - il bambino sta per arrivare, è per questo che ci sono le Guaritrici - concluse Fabris spostando nervosamente lo sguardo fra le due bambine.

- E come fa a nascere? - chiese Celia alquanto scettica in proposito. Fabris spostò lo sguardo sulla zia in cerca di aiuto ma in quel momento gli spasmi lamentosi da dietro la porta si intensificarono diventando grida. Fabris si voltò di scatto verso la porta in legno e strinse forte le figlie che teneva in braccio. Le bambine udirono le grida e si guardarono preoccupate: cosa accadeva alla loro mamma? Improvvisamente le urla di dolore terminarono, ci fu una pausa di terribile silenzio e poi un grido acuto e penetrante perforò con prepotenza la barriera che lo separava dalla vita. Fabris lasciò le figlie alla zia con sguardo ammonitore e varcò la porta che portava alla sua camera da letto.

All'interno c'era uno strano odore, un misto di sangue e sudore, di erbe e incenso. Nel camino a destra scoppiettava un fuoco vivace. Sul grande letto giaceva sua moglie, stanca e sudata, i capelli scuri appiccicati al volto bianco. I suoi splendidi occhi castani brillavano d'orgoglio. Fabris spostò lo sguardo sulle tre Guaritrici. Una di loro teneva in braccio un fagottino bianco. Si avvicinò con timore e la donna gli porse il fardello. Lo prese con delicatezza e spostò la coperta bianca svelando il corpicino rosso di sangue e grinzoso di suo figlio. Era un maschio! Teneva i pugni stretti, residuo del suo breve periodo nella pancia della madre, e le gambe grassottelle ripiegate, con i ginocchi che toccavano quasi il pancino. Il bambino aprì gli occhi lentamente, osservò il genitore e urlò con quanto fiato aveva in gola. Fabris lo guardò costernato e, imbarazzato, rese il figlio alle Guaritrici che lo portarono immediatamente alla madre. Appena gli fu fra le braccia smise di piangere. Fabris si avvicinò ancora meravigliato del miracolo a cui avevano dato vita, si inginocchiò accanto al letto e prese sua moglie per mano.

- Ci sarà mai qualcosa che possa ripagare il dono che mi hai appena fatto? - domandò Fabris guardando intensamente la moglie. Erika strinse forte le dita del suo uomo, sospirò, socchiuse gli occhi e guardò amorevolmente il bambino che giaceva nell'incavo del suo braccio.

- Ho una fame da morire! - esclamò ad un tratto Erika - Voi uomini a volte vi lamentate del duro lavoro di ogni giorno ma non potete neppure immaginare quanta fatica serva per mettere al mondo un bambino! - Fabris rise di gusto e abbracciò forte moglie e figlio.

- Tutto ciò che vuoi, mia cara - rispose dopo un attimo - Perché non facciamo preparare il bambino e poi lo presentiamo al resto della famiglia che attende con ansia fuori dalla porta? - suggerì Fabris che guardava dolcemente suo figlio.

- Penso che sia un'ottima idea, così potrò lavarmi - aggiunse Erika sentendo il sangue fra le gambe raffreddarsi in modo raccapricciante. Fabris si rialzò e si diresse alla porta. All'esterno c'era ancora la zia con le sue figlie ad attendere, imbronciate per essere state messe in disparte.

- Allora, cosa sono queste facce imbronciate? - chiese con un ampio sorriso. La tensione era sparita e le bambine se ne accorsero subito, così si lanciarono dalle braccia della zia verso quelle protese del padre. Lui affondò il volto in quella massa di morbidi capelli biondi e le lacrime gli inumidirono gli occhi.

- Se avrete la pazienza di aspettare ancora un po' potrete vedere il vostro fratellino - disse Fabris con orgoglio sedendosi su una sedia al lato del corridoio e posandosi le figlie una su ogni ginocchio. Le bambine lo guardavano con aria interrogativa e sperava segretamente che le domande non ricominciassero.

- La mamma come sta? - chiese invece Celia grattandosi un cicatrice rossa che stava guarendo. Fabris di riflesso e d'abitudine scostò le dita della bambina dalla loro attività e le tenne strette nella sua grande mano.

- La mamma sta bene e fra poco, quando si sarà fatta un buon bagno, potrete vederla - spiegò tranquillamente. Katherin guardava fissa suo padre, si sforzava ma non riusciva proprio a capire come poteva nascere suo fratello e poi che cos'era un fratello? Celia era sempre stata 'sorella'…

- Possiamo andare ora? - chiese speranzosa Celia dando di gomito alla sorellina. Katherin capì immediatamente e rincarò - Possiamo? - chiese con la sua vocina stridula. Fabris le guardò impotente e si volse verso la zia in cerca di un'idea. E la trovò.

- Ho un'idea - esplose improvvisamente sperando di distrarre le figlie - La mamma ha chiesto qualcosa da mangiare, perché non aiutate la zia a prepararlo e poi glielo portate insieme? - allargò un ampio sorriso e osservò i volti della bambine per vedere se avevano abboccato. Celia guardò Katherin e insieme guardarono la zia, impettita nel suo abito antiquato dalla gonna ampia e le maniche a sbuffo. La zia sorrise gentilmente e le bambine scesero dalle ginocchia del padre per dirigersi verso la cucina con fare cospiratore.

- Non avresti mai dovuto suggerire la cucina... - iniziò la zia, tentando di rimproverare il nipote ma vedendo le bambine sgattaiolare dalla porta in fondo al corridoio decise di rimandare e di seguirle rapidamente prima che ne combinassero un'altra delle loro. Fabris osservò zia e figlie uscire e si affrettò a rientrare nella camera da letto. Le Guaritrici nel frattempo avevano lavato il bambino e gli avevano tagliato il cordone della vita. Adesso la creatura giaceva nella culla di noce intarsiata e dormiva beatamente. Forse sentì del movimento perché appena il padre si avvicinò aprì gli occhi e lo fissò con aria decisa. Il padre sostenne quello sguardo indagatore e avvicinò un dito alla manina del figlio. L'esserino allungò curioso la manina verso quella strana cosa che si stava avvicinando, aprì le minuscole dita e strinse forte il dito del padre con un gridolino di soddisfazione.

- Sarai il mio erede, lungimirante, onesto, coraggioso e impugnerai la spada con abilità e saggezza - sussurrò Fabris alla stretta decisa del figlioletto. Erika uscì dalla stanza da bagno adiacente alla camera. Era raggiante con la vestaglia bianca ricamata e i lunghi capelli scuri ancora bagnati dall'acqua. Fabris staccò gli occhi dal bambino e li posò sulla moglie che aveva quasi ripreso le sue proporzioni. Una cosa era ancora enorme. Il seno, prospero e pieno di latte attendeva solo che suo figlio ne succhiasse la linfa vitale. La raggiunse e l'abbracciò con delicatezza.

- Come lo chiamiamo? - domandò con voce malferma Fabris prendendo in braccio la moglie e posandola sul letto. Le Guaritrici avevano rifatto il letto con lenzuola pulite profumate di lavanda. L'incenso al gelsomino addolciva l'ambiente e l'aria fredda dell'inverno novembrino entrava dalla finestra appena aperta. Fabris si fidava delle Guaritrici, le loro arti erano infallibili e se loro dicevano che il freddo non faceva male alle sue due perle, allora la finestra poteva restare aperta.

- Mi piacerebbe, Klod - disse Erika abbassando delicatamente le palpebre stanche.

- Klod Hianick, benvenuto in famiglia! - esclamò con gioia Fabris alzando il figlio dalla culla e tenendolo fra le mani. Le sue urla riempirono la stanza a conferma del fatto che era vivo e che adesso anche lui faceva parte del mondo. Portò il bambino da sua madre e il piccolo cercò subito un seno a cui attaccarsi. Fabris guardò con un sospiro la tenera scena che gli offrivano la moglie e il suo bambino. La porta di legno si aprì e zia Amelia con un grande vassoio entrò preceduta dalle due piccole pesti.

- Eccoci qui - disse la zia sorridendo e appoggiando il vassoio sul cassettone - perché non ci mostri il tuo capolavoro Erika? Celia e Katherin non stanno più nella pelle - Infatti le due bambine erano saltate sul letto e si stavano avvicinando con fare sospetto alla madre, stranamente serena e bellissima, e al fagottino bianco che stringeva al petto. Fabris e Erika osservarono la scena divertiti seguiti dalla zia e dalle tre Guaritrici. Celia allungò una mano e scostò rapidamente la copertina bianca. Entrambe spalancarono gli occhi alla vista del corpicino minuscolo che succhiava beatamente il latte dal seno della loro madre. Era rosa scuro e aveva pochissimi capelli neri e la pelle grinzosa.

- Questo sarebbe un fratello? - domandò Katherin guardando il padre con disappunto. Si era aspettata qualcosa di diverso.

- Questo è vostro fratello - annuì il padre rivolto alle due figlie - e si chiama Klod - aggiunse, toccando delicatamente un braccio in miniatura.

- Lo possiamo toccare? - chiese Celia dopo averlo visto fare a suo padre.

- Sì - disse Erika con voce profonda e piena d'amore - ma con molta attenzione - fissò il suo sguardo intenso sulle figlie e sfiorò a sua volta un piedino.

- Lo tocca come il vaso di porcellana che c'è in salotto - sussurrò a bassa voce Katherin ma tutti sentirono e proruppero in sonore risa. Kathe si guardò intorno e poi si mise a ridere anche lei. Celia allungò una mano e toccò un braccino rotondetto. Era morbidissimo e caldo e sembrava si potesse rompere a momenti. Un attimo dopo anche le sottili dita di Katherin iniziarono a esplorare il fratellino, fino a che non vide quella strana cosa che aveva fra le gambe.

- Cos'è? - chiese quasi impaurita indicando la strana protuberanza. Erika represse una risata, cercando di restare seria.

- Quello è ciò che fa di lui un 'fratellino' - spiegò Erika con un lieve sorriso - voi non ce l'avete e infatti siete delle 'sorelline' -

- Ahh... - dissero Katherin a Celia all'unisono cercando di far credere di aver capito.

- E ora che sta facendo? - chiese Celia alla madre puntando i brillanti occhi azzurri sulla bocca del piccolo attaccata alla mammella.

- Ora sta mangiando - rispose, poi alzò lo sguardo verso la zia - Anch'io avrei una certa fame... - supplicò con occhi avidi verso il vassoio. Una delle tre Guaritrici, che fino ad allora non avevano parlato, si fece avanti accostandosi al letto.

- Il nostro dovere è terminato, torniamo al Monastero - disse rivolta ai due genitori - Ogni giorno per tre settimane passerà una Guaritrice per fare dei controlli sulla madre e sul bambino - aggiunse - anche se non mi sembra che ne abbiano bisogno - terminò allargando un sorriso generoso verso Erika e il suo piccolo, si inchinò e, seguita dalle compagne uscì silenziosamente dalla stanza portandosi dietro il grande baule che le seguiva sempre. Fabris le accompagnò e pagò il servizio che gli era stato fatto e aggiunse anche due cavalli da tiro per il Monastero.

- Siete molto gentile - disse una guaritrice prendendo le redini dei due animali - A proposito - continuò - La vostra figlia più grande è dotata per le arti clericali, perché non la mandate da noi uno di questi giorni così le mostriamo il Monastero? - suggerì la donna incamminandosi verso il cortile esterno.

- Sarà un compito arduo ma ci proverò - rispose con orgoglio Fabris. Pochi potevano avere il privilegio di essere scelti dall'Ordine Clericale. Non sapeva in che modo ma loro riuscivano a capire quando un bambino era dotato e lo sceglievano senza esitazione.

- Non potrà sfuggire al suo destino, nessuno può - sentenziò la donna avviandosi per la strada di casa.

- Portate i miei saluti e ringraziamenti all’Alto Chierico. Ve la manderò la prossima settimana - promise Fabris, ansioso di tornare dalla moglie e dal figlio. Salutò le donne gentili e corse in casa. Per fortuna le bambine avevano accolto bene la nascita del fratello e non avevano fatto scenate. Avrebbe dato una grande festa per celebrare la nascita di suo figlio e Villa Hianick sarebbe stata addobbata a dovere. Salì di corsa i gradini d'entrata, entrò nell'ingresso spazioso, prese le scale di legno e rientrò nell'anticamera. Aprì la porta e osservò ancora una volta la sua splendida famiglia, adesso al completo con l'erede. Avrebbero dovuto faticare per tirar su quei tre monelli ma alla fine, insieme, ce l'avrebbero fatta. Chiuse dolcemente la porta e si sedette sul letto dove sua moglie stava mangiando con gusto. Klod dormiva nella culla di legno coperto da un lino ricamato di splendida fattura.

- Padre? - chiamò Celia osservando il genitore assorto, lo sguardo perso all'interno della culla. Fabris si girò, un tenero sorriso stampato sulla faccia - Perché non facciamo una festa? - domandò la bambina spostando lo sguardo sulla madre. Erika mise in bocca un biscotto alle mandorle ancora caldo, lo sgranocchiò per un po', poi guardò il marito con occhi interrogativi.

- Ci avevo già pensato - ammise Fabris prendendo in braccio Katherin - E sarà la più grande festa mai vista nella Contea - esultò passandosi una mano fra gli ondulati capelli neri.

- Inviteremo tutti e apriremo il Parco della Villa - aggiunse Erika guardando le bambine che ridevano di gioia pregustando il momento. Zia Amelia tolse il vassoio dal letto e lo posò sul cassettone. Si lisciò la lunga gonna grigia e prese parola.

- Dovremo spedire gli inviti a molti parenti e ci sarà un sacco di lavoro da fare, perché voi bambine non lasciate riposare vostra madre e venite con me a preparare i biglietti? - la zia strizzò l'occhio e si diresse alla porta seguita dalle due saltellanti monelle, i biondi capelli che ondeggiavano nella fredda brezza di novembre che entrava dalla finestra. Quando uscirono fu come se una luce fosse stata spenta, notò Erika stringendo la mano forte del marito.

- Ti rendi conto del lavoro che ci aspetta per i prossimi anni, vero? - chiese la donna con un sospiro.

- Sì - rispose semplicemente Fabris posando le labbra su quelle della moglie.

 

   
 
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