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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    11/08/2014    2 recensioni
« Sei mai stato realmente felice, Salazar? »
« Non ho mai ricevuto dal fato simili disgrazie. Per questo non mi sono ridotto come te.»
Sorridi debolmente, malgrado tu abbia la sensazione di avere un cratere buio e vuoto al posto del cuore.
Sai che Salazar osserva la felicità con la rabbia e la frustrazione di un amante ignorato troppo a lungo.
Genere: Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Godric, Salazar, Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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L’istante

 

La neve candida scricchiola sotto ai tuoi piedi. I sempreverdi ancora tengono ritta la chioma, con quella fierezza che stranamente in questo momento senti di non avere.

Buffo. Sei sempre stato molto più sicuro di te di chiunque altro, senza mai perdere la dignità o l’orgoglio. Adesso è diverso.

Ti senti una persona nuova, spogliata di tutte le sue certezze. In te rimane solo il barlume di una speranza, che hai paura di veder svanire, una speranza che ti lascia inerme e immobile, in quella radura innevata. Non puoi credere di averlo di nuovo davanti.

Ti rendi conto solo adesso di non aver mai creduto nella vostra riunione. Nemmeno prima di metterti sulle sue tracce,  nemmeno prima dei continui fallimenti, dei buchi nell’acqua, delle volte in cui ti saresti messo a urlare dalla frustrazione, credendo di essere vicino al tuo obiettivo, ma, per qualche assurdo scherzo del destino, incapace di raggiungerlo.

Salazar è sempre stato sfuggente.

Salazar è sempre stato provocatorio.

Non riesci a staccare gli occhi dalla sua figura. È a pochi passi da te, girato di spalle, il cappuccio ben alzato sulla testa. La consapevolezza di non essere davanti a un illusione arriva all’improvviso.

È lui, ne sei certo. Lo riconosci dalla sua posa eretta, dal suo carisma, dal suo silenzio pesante, dalla sua aurea di potenza.

Siete vicini, finalmente, dopo quasi sei anni. Eppure, non sai cosa fare.

Dopo attimi che ti sembrano eterni si abbassa il cappuccio e si passa una mano tra i capelli, lentamente, con leggerezza e disinvoltura. Come se non fosse importante, la tua presenza, come se non fossero passati sei anni. Come se non vi foste mai conosciuti, forse.

Salazar sta giocando con la tua anima, ancora.

Il verde sfavillante dei suoi occhi ti aggredisce. Vuoi solo spezzare il silenzio, ma ti accorgi di provare, a quel pensiero, la stessa sensazione che sentiresti se dovessi saltare in un baratro buio e ignoto.

Eppure non puoi aspettare, adesso che finalmente l’hai trovato. Devi chiudere i conti col tuo passato, con ciò che non sei riuscito a cancellare, rimediare agli errori commessi. Per questo desideravi rivederlo. Perché con lui ti sei sempre sentito come se avessi iniziato un discorso e fossi rimasto a metà, tralasciando qualcosa di importante, di fondamentale.

Siete rimasti imprigionati dalle vostre vite spezzate, come congelati in un inverno vuoto.

Adesso ti lascerai il suo ricordo alle spalle, oppure lo accetterai completamente e smetterai di rifiutarlo.

Non puoi più aspettare. È questione di un istante.

 

C’era sempre quell’ombra, nei suoi occhi. Il verde delle iridi si faceva più cupo, attraversato da pensieri e tormenti che, lo sapevi, ti sarebbero sempre stati nascosti.

Ma questa sconfitta, facevi sempre fatica ad accettarla.

« A cosa pensi? »

Salazar ti guarda. Sai bene che pensa che non potresti mai capire, e con riluttanza, a  volte, ti trovi a pensare la stessa cosa. Ma, seppur con mezze verità, poche parole e molte pause, prova sempre a spiegarti.

È in quei momenti che ti senti davvero un amico, per lui, una persona scelta fra le altre. Sai che Salazar, nonostante le apparenze e l’inguaribile orgoglio, ha bisogno di te.

« Tutto è questione di un istante. » volge gli occhi al cielo. «un istante può cambiare la vita, può migliorarla o distruggerla. Oppure, le cose possono cambiare lentamente, strisciando come i serpenti, silenziosi e letali. La vita sfugge senza che tu te ne accorga, o lascia che tu avverta il suo inevitabile alternarsi degli istanti con la sottile angoscia dei condannati. »

Ti guarda, e per un attimo ti sembra che un sorriso amaro attraversi il suo volto.

« Come pensi che succederà con noi, Godric? »

Non trovi risposta, non trovi parole. Lui ghigna.

« Comunque vada… sarà questione di un istante. »

 

Sbatti le palpebre, quasi acciecato da quelle immagini, da quei ricordi.

Lo ricordi molto bene, l’istante decisivo. In uno sguardo avevi capito che tutto era cambiato, che il vostro legame si era spezzato. Avevi perso Salazar, colui che per te era stato come un fratello, insieme alla speranza di ritrovarlo sotto le ombre dei suoi occhi.

Non avresti mai voluto arrivare a questo punto. La tua indole speranzosa, o ingenua, secondo Salazar, ti fa pensare che c’è ancora spazio per un futuro diverso. Salazar non lo accetta. Non si è ancora girato verso di te. Lui non ha alcun rimpianto e nessun desiderio di tornare indietro.

È cambiato molto più di quanto ti piaccia ammettere. Ricordi ancora il ragazzino sognatore, tormentato e inquieto, ma che sapeva essere l’amico, il fratello, di cui senti la mancanza. Ricordi l’uomo idealista e curioso, la passione che trasmetteva nei suoi insegnamenti.

Poi, il calore della sua personalità contradditoria, risiedente nei suoi occhi accesi d’astuzia, si era sporcato di una malignità e di un’indolenza che ti avevano spaventato.

E a questo pensiero, ritorni in te. La tua immobilità deve finire all’istante, o ti disprezzerai per il resto dei tuoi giorni. Il tuo viso si accalda e la gola si accende di rabbia. Se Salazar davvero vuole continuare per la sua strada, non deve intralciare la tua o fare del male a degli innocenti.

Non avresti mai voluto che accadesse, ma ti avrà nemico, esattamente come l’ultima volta che vi siete visti.

Il leone di cui tanto si cantano le gesta ruggisce dentro di te. La bacchetta è già nella tua mano e sei già pronto ad affrontarlo. Se si trattasse solo di te, probabilmente tenteresti fino all’ultimo barlume di speranza di farlo ragionare, eppure… ciò per cui sei venuto,  lo devi alle molte vite in pericolo a causa sua. E anche se fa male, terribilmente, sai di meritare tutto questo. Questa sarà la tua redenzione, per non averlo salvato dalla sua stessa oscurità.

« Quanto tempo, Godric… »

Aggrotti le sopracciglia, notando come non abbia perso la capacità di prevedere il momento in cui vuoi iniziare una conversazione e di anticiparti.

Stringi i pugni e serri la mascella davanti ai suoi occhi ironici del verde vivo che ricordavi, i capelli lunghi fino in fondo alla schiena che ricadono sulle sue spalle come un velo nero, i tratti alteri e ancora giovanili sotto la barba curata.

« Salazar… » il tuo tono è fermo e duro.

Perché anche se sai che la tua fermezza non basterà, vuoi finire definitivamente la vostra disputa lasciata in sospeso sei anni fa, e lo vuoi fare con la stessa potenza con cui tentavi di contrastare allora lo spirito maligno e caparbio di Salazar.

Come se la sua partenza non ti avesse distrutto.

Oramai che importa? Sarà  la tua ultima battaglia e non sai neanche tu come vuoi che finisca, ma l’affronterai  con fierezza.

« Allora, caro Godric… » Salazar apre le braccia in un gesto conciliante. « Non hai nulla da dirmi, dopo tutto questo tempo? Niente abbracci, niente lacrime di gioia… »

« Cosa vorresti sentirti dire? » lo interrompi bruscamente  « Vuoi che ti faccia i complimenti per quello che hai fatto? »

Salazar sorride dolcemente.

« Come stanno Tosca e Priscilla? » chiede, ignorando la tua domanda« E Helena? La state ancora assillando con moralismi e ins.. »

« Helena è morta. »affermi, l’espressione severa e impietosa. « Seguendo i tuoi insegnamenti, Salazar. Seguendo la tua stessa sfrenata ambizione. »

Lo hai sentito pronunciare senza alcun sentimento il nome di Tosca, a cui Salazar era stato molto affezionato in passato, ritenendola una via di mezzo tra un figura materna, perché più matura e affettuosa di lui, e un’amica sincera. Evidentemente però, anche lei non era sfuggita alla sua rabbia e alla condanna impietosa che il rettilofono aveva lanciato su tutta la scuola.

Adesso, però, alle tue parole il suo sorriso vacilla. Un istante che non sei certo di aver colto veramente. Ricordi il modo in cui la piccola Helena osservava Salazar, con ammirazione, il modo in cui gli si era affezionata e in cui lo cercava in ogni momento. L’instancabile Salazar che la prendeva sulle ginocchia durante i pasti e che le insegnava a riconoscere i vari tipi di erbe curative. Ricordi le lacrime della bambina quando Salazar se ne era andato senza una parola.

 Poi l’espressione di Salazar si rilassa nuovamente.

« Un ambizione che condividevo anche con te, giusto? » chiede, mellifluo, provocatorio.

E non puoi dargli torto.

« Dovresti perdere il vizio di interrompermi, Godric. » aggiunge Salazar, raggiungendo un albero e poggiando su di esso la schiena, a braccia incrociate, sorridendo irriverente.

Non era cambiato per niente.

E niente ancora gli aveva insegnato a lasciar perdere quell’infantilismo egocentrico. Il dolore che aveva provato nella sua vita aveva solo accentuato questo lato del suo carattere, che non si era rivelato meno distruttivo della sua ferrea determinazione,  della sua fredda indifferenza e della sua persistente, sarcastica, indomabile e quasi passionale rabbia.

« Lascerò parlare te, allora… visto che finalmente mi hai trovato. Devi aver fatto una grande fatica, povero cavaliere… alla mia ricerca per sei anni… »

Senti la rabbia acciecarti la mente. Lui sapeva. Sapeva tutti i tentativi che avevi  fatto per trovarlo, per farlo ragionare, mosso  forse da una sorta di pentimento o per la semplice, innocente e tenace voglia di riaverlo al tuo fianco.

Lo sapeva e ti aveva sempre deriso.

Dopo la rabbia, arrivò il dolore.

« D’accordo, allora. » inizi, cercando di non perdere lucidità. « Parlerò io. »

Vi osservate per qualche istante, tu pensando a quanto Salazar sia diventato imperscrutabile e Salazar con un sorriso storto sul viso.

Sospira con sarcastica rassegnazione.

« So che la diplomazia non è il tuo forte, ma puoi fare meglio di così… »

« Sei in arresto per lo sterminio del villaggio di Wensbury. »

Salazar ti guarda con espressione sinceramente sbalordita per un istante, la bocca semiaperta. Poi scoppia in una fragorosa risata e tu, che dopo anni di esperienze pensavi di aver raggiunto un certo livello di insensibilità, senti per la prima volta dopo anni le lacrime che premono per uscire.

E mentre il tuo orgoglio ti tormenta, Salazar si piega e si appoggia all’albero con la mano guantata, ridendo.

« Ah… » riesce a dire dopo un paio di profondi respiri. « Mi devi arrestare tu? »

« Non offendere l’intelligenza di cui ti sei sempre vantato con domande stupide, Salazar. »

« E così, adesso collabori felicemente col Consiglio dei Maghi Supremi. » le parole di Salazar vibrano di ironia provocatoria « Che interessante cambio di rotta, vecchio mio. E io che pensavo che, dopo tutte le… dispute che abbiamo avuto con loro per la costruzione della scuola, non foste rimasti in buoni rapporti. »

« Sei stato tu a costringermi ad allearmi con loro. »lo accusi, e Salazar si acciglia teatralmente « Non posso accettare ciò che sei arrivato a fare. Adesso Hogwarts e il Consiglio hanno interessi comuni. »

Salazar ascolta in silenzio la sua spiegazione, ma perde definitivamente la sua finta aria affabile. Il suo ghigno adesso cela a stento una rabbia devastante intrisa di follia.

« La mia morte sarebbe un interesse comune?» sibila, gli occhi appena sgranati dall’ira.

Apri la bocca per rispondere, con la stessa fermezza di prima, ma Salazar non attende oltre e fa un gesto ampio e seccato col braccio.

« Hogwarts e il Consiglio hanno un interesse comune, uhm? » ride senza gioia, puoi percepire il gelo che lo circonda e lo senti irrecuperabile « Non osare parlare di Hogwarts come se fosse compresa in questa storia, Grifondoro! » ti urla contro, sembrando quasi privo di senno.

« Tu non sei Hogwarts. »

« Ma tu sei un assassino. » sguaini la spada « E Hogwarts sarà sempre nemica di persone come te, Salazar. Fin quando sarò vivo, e anche dopo la mia morte. »

Salazar stringe convulsamente i pugni, furente. Sei convinto, almeno per un istante, di averlo ferito con le tue parole. È qualcosa che è successo ben poche volte, ma scopri di non essere in grado di provare alcuna soddisfazione.

Il rettilofono sorride e alza il mento con sufficienza.

« Sarai tu a condannarmi a morte, Godric? Ne sarai capace? »

Non hai intenzione di lasciarti scalfire dalle sue parole. Ma Salazar è un eterno enigma da risolvere, e tu, adesso, hai bisogno di risposte. Hai bisogno di vedere il mostro dietro l’amico oramai perduto.

Così, svolgere il tuo dovere e dannare per sempre e senza rimedi l’anima di entrambi sarà più facile.

Quasi lecito.

« Dimmi perché, Salazar. » chiedi, e la tua rabbia non è sparita, ma è come se per un momento fosse sepolta dietro a una dolorosa e tormentata calma. La classica calma prima della tempesta.

È sempre la tua determinazione a segnare irrimediabilmente le tue azioni. Sei sempre stato impulsivo, ma questa volta vuoi dimostrare a te stesso e a Salazar che sei diverso, più maturo, meno arrogante. Migliore di quanto credesse. Non combatterai con voglia di vendetta o con sanguinosa crudeltà come lui.

Trasformerai il tuo spirito indomito in qualcosa di controllabile e di buono. Come lui non sarà mai in grado di fare.

Salazar sogghigna divertito.

« Ti devo forse delle spiegazioni? A qualcuno come te? » una breve risata squarcia l’aria. I sentimenti di Salazar sono sempre stati celati sotto una caparbia noncuranza. Non avevi capito se fosse qualcosa di falso, una difesa, se potesse esistere ancora un barlume di umanità. Poi ti sei svegliato dal tuo torpore speranzoso, hai osservato i fatti. Ma vuoi ancora avere la conferma definitiva.

Vedere il mostro uscire.

« Dimmelo, Salazar. »

« Devo dirti… cosa? Perché non sono tornato o perché ho raso al suolo un villaggio intero?» chiede Salazar, sorridente e imperturbabile, adesso.

Senza volerlo impallidisci.

Salazar ti si avvicina lentamente, sposta di lato con due dita la lama della spada. Potresti contare le sue ciglia da quanto è vicino.

« L’ho fatto perché era un villaggio potente dove regnava l’Inquisizione. Perché hanno scoperto l’esistenza di una casata Purosangue risiedente lì vicino. E naturalmente… » Salazar, con un gesto vago, fa una piccola pausa a effetto. « Perché mi annoio con molta facilità. »

Alzi la spada stringendo i denti, ma lo vedi sparire, fulmineo. Ti giri di scatto, perché lo conosci troppo bene, e fai partire un fendente con un gesto ampio e preciso. La tua spada si scontra sullo scudo magico evocato da Salazar.

« Cominci a risentire dell’età avanzata, Godric. Un tempo i tuoi colpi erano più forti. Se anche i muscoli cominciano ad essere fiacchi, cosa ti resta, amico mio?  »

Hai la bacchetta nella mano sinistra, ma ancora non ti sei deciso ad usarla. Salazar si diverte a provocarti, a prenderti in giro, a chiamarti amico facendoti soffrire. Da giovane ti saresti lanciato senza ragionare in difesa del tuo orgoglio, ma tu, a differenza sua, sei cresciuto, e la desolazione e il rancore che provi in  fondo al cuore, adesso, sono più forti della superbia.

Sei ancora immobile, l’espressione decisa ma la spada che resta ferma sopra lo scudo potente di Salazar.

Nota subito la tua esitazione, con un guizzo luminoso nello sguardo.

« Ti renderò più facilmente risolvibile la questione, se ci tieni, Godric. » ti soffia sul viso, la voce sibilante di un serpente« Perché è ora di chiudere tutti i conti in sospeso. »  sorride con malizia.

« Io non provo alcun rimorso. Né per quello che ho fatto a Wensbury, né per quello che ho fatto e che farò a te. Ti sentirai a posto con la coscienza, ora? »

Chiudi gli occhi per un momento.

Ti basta?

No.

Non c’è modo di alleviare il dolore, e tu ti sei illuso. Ma è il tuo coraggio ciò che ti tiene in piedi e ora, più che orgoglioso e vanesio, sai essere grato per questa qualità.

« Sarà questione di un istante. » mormori, e vedi Salazar sgranare appena gli occhi. Anche lui ricorda. Cosa prova, cosa pensa? Probabilmente non lo saprai mai. Un’altra silente sconfitta per il grande Godric Grifondoro.

« Non si può vivere aspettando un istante, Godric. »

Ti stupisci di non sentire nessuna nota ironica nelle sue parole, di non vedere sarcasmo nel verde delle sue iridi.

« Un istante può dar senso ad una vita. » rispondi, il cuore che batte all’impazzata ma senza la minima ombra di timore.

« No, invece.» sibila Salazar, con una smorfia seccata «  È ciò che resta dopo la morte, ciò che rende immortale il tuo ricordo, Godric, che le da un senso. Un istante è un istante, è effimero e non dura. Durano le sue conseguenze. Tu non desideri la mia morte, desideri liberarti dal peso della mia esistenza. Tu non vuoi un istante che ti sollevi da ogni colpa e che ti condanni per nuovi peccati, vuoi la pace, lunghi anni di pace. Sei più attaccato alla vita di me. E sperare che il tuo piano per ottenerla sia veloce e indolore… è una delle tue molte speranze idiote.»

Le sue parole scivolano come veleno sotto la tua pelle.

« Tu non desideri la pace?» chiedi, e sai cosa vorresti sentirti dire.

Salazar sorride sornione.  

« Non ho progetti così utopistici. »

« Sei solo con la tua esistenza vuota.» la tua non è un accusa, ma una pacata constatazione. Sei convinto che Salazar viva per creare caos e per contestare ogni regola. Un’ accusa lo indurrebbe a reagire con uno spassionato cinismo e un’ironia malvagia.  

« Francamente non mi importa. »

E tu ti chiedi come sia possibile. Ma Salazar è sempre lo stesso e vuole solo essere libero e potente e ormai non soffre più nel non essere compreso dal mondo.

« Io non spero che sia indolore.» affermi, sinceramente, ricordando le parole che Salazar ti ha sputato addosso prima « E non sto facendo tutto questo per me, Salazar. Lo sto facendo perché porti morte e distruzione ovunque tu vada. Hai infettato col tuo veleno me e molti altri. Sì, cerco la pace. La cerco anche per te e per le vite che salverò. La desidero anche per me. Ma sono qui per affrontarti con coraggio, senza scorciatoie. Per porre fine alla disputa iniziata anni fa.»

Non hai il tempo di vedere la rabbia sul suo volto. Salazar lascia dissolvere lo scudo, fulmineo, si smaterializza e riappare pochi metri più distante.

« E tu credi di sapere come andrà a finire! » quasi urla, Salazar.

« Certo. » rispondi deciso « Io ho qualcosa per cui lottare. »

« Poetico. » sogghigna Salazar. « Disgustosamente poetico. »

E i ricordi ti assalgono ancora.

 

Le stanze di Salazar erano troppo fredde per i tuoi gusti, ma lì regnava il silenzio e una quiete umida e affascinante. Dalle finestre si vedeva il fondo del Lago nero, con tutte le sue sfavillanti  creature.

Avevi passato molti momenti felici, lì dentro, a discutere con Salazar di ogni argomento possibile. E ti era sempre sembrato che il tuo amico andasse particolarmente fiero di quell’ambiente che aveva creato a suo gusto e che facesse di tutto per farti notare ogni suo minimo pregio.

In quel momento, però, le stanze sembravano ancora più scure, come le ombre negli occhi di Salazar e come quelle sotto i suoi zigomi, quasi grottesche, immerse in una calma minacciosa.

Salazar aveva creato quelle stanze a sua immagine, forse, aveva predisposto le luci e i punti d’ombra come se potessero sembrare ammalianti e pacifiche quando lui era di buon umore e fredde, inospitali, agghiaccianti, quando lui lo desiderava.

Ti sembrava esattamente nel posto giusto, Salazar,  seduto su uno scranno color smeraldo al centro della stanza, ma sapevi che era talmente sfuggente da poterlo sembrare anche in qualsiasi altro posto.

« la tua cavalleria sfiora il ridicolo, Godric. » sibila Salazar, con un ghigno risoluto. « vuoi essere l’eroe senza macchia dei racconti. » non senti invidia nelle sue parole. È troppo orgoglioso per provarla.

Gli rispondi con rabbia, con orgoglio. Non sei ancora così maturo da capire che non ti serviranno.

Salazar ride. È incapace di provare una sincera gioia, ma non nega mai a se stesso un po’ d’amaro divertimento.

« Ti preferivo quando riuscivi a mettere insieme belle parole, Godric. » ammette, con un sospiro. « Dov’è finita la tua poesia? »

E quello fu l’istante.

In quel momento capisti che non avresti mai più rivisto l’amico di un tempo, sepolto sotto la rabbia e l’ambizione e i continui litigi che hanno fatto capire a Salazar quanto sia solo e incompreso.

« Non guardarmi così, cavaliere! » sorride il rettilofono. « Non cambierò mai le mie idee. »

« Quello che mi domando, è come tu le abbia  concepite!» urli, in preda all’ira.

« Basta guardarsi intorno, Godric. La magia non è fatta per essere condivisa. È preziosa, potente, nostra. E così deve rimanere. » fa un gesto esasperato « come puoi pensare che degli impuri possano capirla, che la possano sfruttare? »

« Salazar, tu stai parlando di negare un istruzione a tutti gli studenti non purosangue, che non hanno nulla da invidiare agli altri! Hanno diritto a quello che gli stiamo offrendo, ad imparare… »

Salazar ti osserva per un momento e leggi nelle sue iridi il disgusto.

È la prima volta che non ti risponde.

Il giorno dopo, le sue stanze sembrano vuote di luci e di ombre.

 

« Forse siamo incapaci di distruggerci a vicenda. » ipotizzi, affannato. Gli ultimi incantesimi di Salazar ti hanno sfinito.

Ora siete esausti entrambi, lontani di molti passi ma più vicini, forse, di quanto siate mai stati.

« Forse non dovevo farmi trovare. » ha ancora voglia di ridere, dopo il vostro faticoso scontro alla pari. « Tutto questo avrebbe avuto più senso se tu avessi continuato a rincorrermi come un idiota. »

« E tu a scappare come un codardo. »

Salazar sorride accondiscendente.

« Coraggio, Godric. » dice, staccando la schiena dall’albero a cui era poggiato e alzando nuovamente la bacchetta. « La tua tenacia mi lusinga. La ripagherò donandoti l’istante che tanto brami. »

Lo guardi ma non alzi la bacchetta su di lui. Un pensiero ti tormenta.

« Sei mai stato realmente felice, Salazar? »

« Non ho mai ricevuto dal fato simili disgrazie. Per questo non mi sono ridotto come te.»

Sorridi debolmente, malgrado tu abbia la sensazione di avere un cratere buio e vuoto al posto del cuore.

Sai che Salazar osserva la felicità con la rabbia e la frustrazione di un amante ignorato troppo a lungo.

Gli occhi di Salazar sono luminosi ed estremamente guizzanti e dinamici. Sembra che stia assorbendo tutta la vitalità del luogo, e forse anche un po’ della tua.

« Mi sembri vecchio, Godric. » lo senti affermare, quasi intenerito.

Alzi la spada, lo sguardo acceso di determinazione.

« Sono solo stanco di porre domande a qualcuno che non ha le risposte. »

Salazar ammutolisce e per un attimo sembra riflettere sulle tue parole. Allora ti chiedi se abbia mai riflettuto sulle sue azioni, se abbia mai capito che persona incredibile avrebbe potuto essere senza dare spazio al mostro.

Cosa pensi che succederà a noi, Godric?

Levi la bacchetta e la punti in direzione del suo petto.  I vostri incantesimi partono nello stesso momento e per un istante, per quell’istante che aspettavate da troppo tempo, tutto si fa luce.

 

« Non c’è modo di farmi cambiare. Lo sai. »

Sarebbe più facile annuire, dire “lo so” e rassegnarsi.  Ma non è nella tua natura, né nel tuo volere.

«Arrendermi non mi è mai piaciuto. » rispondi, sincero.

«Sei comunque un totale fallimento. »

La sua voce vibra di stizza.

«Io ho fallito con te.» ammetti, seppellendo il dolore « Tu hai fallito con tutto. »

«Non sono d’accordo. Io non rimpiango nulla. »

«Se non sapessi quanto ami mentire, le tue parole mi consolerebbero. Non ti resta niente, Salazar. Ed è mia la colpa. Non ho mai pensato di farti promettere di non andare via. »

«Non rammaricarti. Saresti sembrato stupido. »

Ti guarda per un momento.

«Più stupido.» si corregge.

Il tuo debole sorriso dura solo un istante.

«Avresti promesso? »

«Avrei mentito. »

 

 

 

Nda: ho immaginato un possibile incontro tra Salazar e Godric e credo di non aver brillato d’originalità per questo. Il fatto è che non l’ho propriamente scelto: è saltato fuori per conto suo.

In questa storia ho fatto due cose che non mi capitano quasi mai. La prima è stata pensare questi due personaggi non più giovani, ma piuttosto avanti con l’età. La seconda, immedesimarmi in Godric. Spero di esserci riuscita almeno in parte.

In questa storia si intuisce un “prequel”, diciamo così, in cui i personaggi hanno affrontato lo stesso dolore in maniera molto diversa. Godric è maturato, non è più completamente schiavo delle sue emozioni, e per questo suo nuovo carattere ho temuto di averlo reso un po’ OC. Lui è stato quindi la mia principale preoccupazione. Riguardo a Salazar, spero di averlo reso al meglio perché è un personaggio che mi sta molto a cuore.

Un’altra cosa che non posso tralasciare: mi sono inventata di sana pianta un elemento, il “Consiglio dei Maghi Supremi”. Con questo nome vagamente ridicolo ho immaginato una sorta di “ministero” dell’epoca medioevale, molto ridotto di dimensioni,  creato per non lasciare la popolazione magica completamente priva di una guida, ma sostanzialmente inutile e corrotto. Ho inventato anche il villaggio di Wensbury, che è servito a Godric per prendere coscienza della natura contraddittoria di Salazar e a Salazar per ammazzare il tempo ( e non solo il tempo).

Il finale è lasciato in sospeso, da un certo punto di vista. Per me è stata la parte più difficile da scrivere.

E il bello è che nemmeno io so per certo se le parole con cui Salazar si è preso l’onere di chiudere la fanfiction siano la verità o una delle sue tante bugie.

 

 

  
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