L’istante
La neve candida scricchiola sotto ai tuoi piedi. I
sempreverdi ancora tengono ritta la chioma, con quella fierezza che
stranamente
in questo momento senti di non avere.
Buffo. Sei sempre stato molto più sicuro di te di
chiunque
altro, senza mai perdere la dignità o l’orgoglio. Adesso è diverso.
Ti senti una persona nuova, spogliata di tutte le
sue
certezze. In te rimane solo il barlume di una speranza, che hai paura
di veder
svanire, una speranza che ti lascia inerme e immobile, in quella radura
innevata. Non puoi credere di averlo di nuovo davanti.
Ti rendi conto solo adesso di non aver mai creduto
nella
vostra riunione. Nemmeno prima di metterti sulle sue tracce, nemmeno prima dei continui fallimenti, dei
buchi nell’acqua, delle volte in cui ti saresti messo a urlare dalla
frustrazione, credendo di essere vicino al tuo obiettivo, ma, per
qualche
assurdo scherzo del destino, incapace di raggiungerlo.
Salazar è sempre stato sfuggente.
Salazar è sempre stato provocatorio.
Non riesci a staccare gli occhi dalla sua figura.
È a pochi
passi da te, girato di spalle, il cappuccio ben alzato sulla testa. La
consapevolezza di non essere davanti a un illusione arriva
all’improvviso.
È lui, ne sei certo. Lo riconosci dalla sua posa
eretta, dal
suo carisma, dal suo silenzio pesante, dalla sua aurea di potenza.
Siete vicini, finalmente, dopo quasi sei anni.
Eppure, non
sai cosa fare.
Dopo attimi che ti sembrano eterni si abbassa il
cappuccio e
si passa una mano tra i capelli, lentamente, con leggerezza e
disinvoltura.
Come se non fosse importante, la tua presenza, come se non fossero
passati sei
anni. Come se non vi foste mai conosciuti, forse.
Salazar sta giocando con la tua anima, ancora.
Il verde sfavillante dei suoi occhi ti aggredisce.
Vuoi solo
spezzare il silenzio, ma ti accorgi di provare, a quel pensiero, la
stessa
sensazione che sentiresti se dovessi saltare in un baratro buio e
ignoto.
Eppure non puoi aspettare, adesso che finalmente
l’hai
trovato. Devi chiudere i conti col tuo passato, con ciò che non sei
riuscito a
cancellare, rimediare agli errori commessi. Per questo desideravi
rivederlo.
Perché con lui ti sei sempre sentito come se avessi iniziato un
discorso e
fossi rimasto a metà, tralasciando qualcosa di importante, di
fondamentale.
Siete rimasti imprigionati dalle vostre vite
spezzate, come
congelati in un inverno vuoto.
Adesso ti lascerai il suo ricordo alle spalle,
oppure lo
accetterai completamente e smetterai di rifiutarlo.
Non puoi più aspettare. È questione di un istante.
C’era sempre
quell’ombra, nei suoi occhi. Il verde delle iridi si faceva più cupo,
attraversato da pensieri e tormenti che, lo sapevi, ti sarebbero sempre
stati
nascosti.
Ma questa sconfitta,
facevi sempre fatica ad accettarla.
« A cosa pensi? »
Salazar ti guarda. Sai
bene che pensa che non potresti mai capire, e con riluttanza, a volte, ti trovi a pensare la stessa cosa. Ma,
seppur con mezze verità, poche parole e molte pause, prova sempre a
spiegarti.
È in quei momenti che
ti senti davvero un amico, per lui, una persona scelta fra le altre.
Sai che
Salazar, nonostante le apparenze e l’inguaribile orgoglio, ha bisogno
di te.
« Tutto è questione di
un istante. » volge gli occhi al cielo. «un istante può cambiare la
vita, può
migliorarla o distruggerla. Oppure, le cose possono cambiare
lentamente,
strisciando come i serpenti, silenziosi e letali. La vita sfugge senza
che tu
te ne accorga, o lascia che tu avverta il suo inevitabile alternarsi
degli
istanti con la sottile angoscia dei condannati. »
Ti guarda, e per un
attimo ti sembra che un sorriso amaro attraversi il suo volto.
« Come pensi che
succederà con noi, Godric? »
Non trovi risposta,
non trovi parole. Lui ghigna.
« Comunque vada… sarà
questione di un istante. »
Sbatti le palpebre, quasi acciecato da quelle
immagini, da
quei ricordi.
Lo ricordi molto bene, l’istante decisivo. In uno
sguardo
avevi capito che tutto era cambiato, che il vostro legame si era
spezzato.
Avevi perso Salazar, colui che per te era stato come un fratello,
insieme alla
speranza di ritrovarlo sotto le ombre dei suoi occhi.
Non avresti mai voluto arrivare a questo punto. La
tua
indole speranzosa, o ingenua, secondo
Salazar, ti fa pensare che c’è ancora spazio per un futuro diverso.
Salazar non
lo accetta. Non si è ancora girato verso di te. Lui non ha alcun
rimpianto e
nessun desiderio di tornare indietro.
È cambiato molto più di quanto ti piaccia
ammettere. Ricordi
ancora il ragazzino sognatore, tormentato e inquieto, ma che sapeva
essere l’amico,
il fratello, di cui senti la mancanza. Ricordi l’uomo idealista e
curioso, la
passione che trasmetteva nei suoi insegnamenti.
Poi, il calore della sua personalità
contradditoria,
risiedente nei suoi occhi accesi d’astuzia, si era sporcato di una
malignità e
di un’indolenza che ti avevano spaventato.
E a questo pensiero, ritorni in te. La tua
immobilità deve
finire all’istante, o ti disprezzerai
per il resto dei tuoi giorni. Il tuo viso si accalda e la gola si
accende di
rabbia. Se Salazar davvero vuole continuare per la sua strada, non deve
intralciare la tua o fare del male a degli innocenti.
Non avresti mai voluto che accadesse, ma ti avrà
nemico,
esattamente come l’ultima volta che vi siete visti.
Il leone di cui tanto si cantano le gesta ruggisce
dentro di
te. La bacchetta è già nella tua mano e sei già pronto ad affrontarlo.
Se si
trattasse solo di te, probabilmente tenteresti fino all’ultimo barlume
di
speranza di farlo ragionare, eppure… ciò per cui sei venuto, lo devi alle molte vite in pericolo a causa
sua. E anche se fa male, terribilmente, sai di meritare tutto questo.
Questa
sarà la tua redenzione, per non averlo salvato dalla sua stessa
oscurità.
« Quanto tempo, Godric… »
Aggrotti le sopracciglia, notando come non abbia
perso la
capacità di prevedere il momento in cui vuoi iniziare una conversazione
e di
anticiparti.
Stringi i pugni e serri la mascella davanti ai
suoi occhi
ironici del verde vivo che ricordavi, i capelli lunghi fino in fondo
alla
schiena che ricadono sulle sue spalle come un velo nero, i tratti
alteri e
ancora giovanili sotto la barba curata.
« Salazar… » il tuo tono è fermo e duro.
Perché anche se sai che la tua fermezza non
basterà, vuoi
finire definitivamente la vostra disputa lasciata in sospeso sei anni
fa, e lo
vuoi fare con la stessa potenza con cui tentavi di contrastare allora
lo
spirito maligno e caparbio di Salazar.
Come se la sua partenza non ti avesse distrutto.
Oramai che importa? Sarà la
tua ultima battaglia e non sai neanche tu
come vuoi che finisca, ma l’affronterai con
fierezza.
« Allora, caro Godric… » Salazar apre le braccia
in un gesto
conciliante. « Non hai nulla da dirmi, dopo tutto questo tempo? Niente
abbracci, niente lacrime di gioia… »
« Cosa vorresti sentirti dire? » lo interrompi
bruscamente « Vuoi che ti faccia i
complimenti per quello
che hai fatto? »
Salazar sorride dolcemente.
« Come stanno Tosca e Priscilla? » chiede,
ignorando la tua
domanda« E Helena? La state ancora assillando con moralismi e ins.. »
« Helena è morta. »affermi, l’espressione severa e
impietosa. « Seguendo i tuoi
insegnamenti, Salazar. Seguendo la tua stessa sfrenata ambizione. »
Lo hai sentito pronunciare senza alcun sentimento
il nome di
Tosca, a cui Salazar era stato molto affezionato in passato,
ritenendola una
via di mezzo tra un figura materna, perché più matura e affettuosa di
lui, e
un’amica sincera. Evidentemente però, anche lei non era sfuggita alla
sua
rabbia e alla condanna impietosa che il rettilofono aveva lanciato su
tutta la
scuola.
Adesso, però, alle tue parole il suo sorriso
vacilla. Un istante che non sei certo di aver colto
veramente.
Ricordi il modo in cui la piccola Helena osservava Salazar, con
ammirazione, il
modo in cui gli si era affezionata e in cui lo cercava in ogni momento.
L’instancabile Salazar che la prendeva sulle ginocchia durante i pasti
e che le
insegnava a riconoscere i vari tipi di erbe curative. Ricordi le
lacrime della
bambina quando Salazar se ne era andato senza una parola.
Poi l’espressione di
Salazar si rilassa nuovamente.
« Un ambizione che condividevo anche con te,
giusto? »
chiede, mellifluo, provocatorio.
E non puoi dargli torto.
« Dovresti perdere il vizio di interrompermi,
Godric. »
aggiunge Salazar, raggiungendo un albero e poggiando su di esso la
schiena, a
braccia incrociate, sorridendo irriverente.
Non era cambiato per niente.
E niente ancora
gli aveva insegnato a lasciar perdere quell’infantilismo egocentrico.
Il dolore
che aveva provato nella sua vita aveva solo accentuato questo lato del
suo
carattere, che non si era rivelato meno distruttivo della sua ferrea
determinazione, della sua fredda
indifferenza e della sua persistente, sarcastica, indomabile e quasi
passionale
rabbia.
« Lascerò parlare te, allora… visto che finalmente
mi hai
trovato. Devi aver fatto una grande fatica, povero cavaliere… alla mia
ricerca
per sei anni… »
Senti la rabbia acciecarti la mente. Lui sapeva. Sapeva tutti i tentativi che avevi
fatto per trovarlo, per farlo ragionare,
mosso forse da una sorta di pentimento o
per la semplice, innocente e tenace voglia di riaverlo al tuo fianco.
Lo sapeva e ti aveva sempre deriso.
Dopo la rabbia, arrivò il dolore.
« D’accordo, allora. » inizi, cercando di non
perdere
lucidità. « Parlerò io. »
Vi osservate per qualche istante, tu pensando a
quanto
Salazar sia diventato imperscrutabile e Salazar con un sorriso storto
sul viso.
Sospira con sarcastica rassegnazione.
« So che la diplomazia non è il tuo forte, ma puoi
fare
meglio di così… »
« Sei in arresto per lo sterminio del villaggio di
Wensbury.
»
Salazar ti guarda con espressione sinceramente
sbalordita
per un istante, la bocca semiaperta. Poi scoppia in una fragorosa
risata e tu,
che dopo anni di esperienze pensavi di aver raggiunto un certo livello
di
insensibilità, senti per la prima volta dopo anni le lacrime che
premono per
uscire.
E mentre il tuo orgoglio ti tormenta, Salazar si
piega e si
appoggia all’albero con la mano guantata, ridendo.
« Ah… » riesce a dire dopo un paio di profondi
respiri. « Mi
devi arrestare tu? »
« Non offendere l’intelligenza di cui ti sei
sempre vantato
con domande stupide, Salazar. »
« E così, adesso collabori felicemente col
Consiglio dei
Maghi Supremi. » le parole di Salazar vibrano di ironia provocatoria «
Che
interessante cambio di rotta, vecchio mio. E io che pensavo che, dopo
tutte le…
dispute che abbiamo avuto con loro
per la costruzione della scuola, non foste rimasti in buoni rapporti. »
« Sei stato tu a costringermi ad allearmi con
loro. »lo
accusi, e Salazar si acciglia teatralmente « Non posso accettare ciò
che sei
arrivato a fare. Adesso Hogwarts e il Consiglio hanno interessi comuni.
»
Salazar ascolta in silenzio la sua spiegazione, ma
perde
definitivamente la sua finta aria affabile. Il suo ghigno adesso cela a
stento
una rabbia devastante intrisa di follia.
« La mia morte sarebbe un interesse
comune?» sibila, gli occhi appena sgranati dall’ira.
Apri la bocca per rispondere, con la stessa
fermezza di
prima, ma Salazar non attende oltre e fa un gesto ampio e seccato col
braccio.
« Hogwarts e il
Consiglio hanno un interesse comune,
uhm? » ride senza gioia, puoi percepire il gelo che lo circonda e lo
senti
irrecuperabile « Non osare parlare di Hogwarts come se fosse compresa
in questa
storia, Grifondoro! » ti urla contro, sembrando quasi privo di senno.
« Tu non sei Hogwarts.
»
« Ma tu sei un assassino. » sguaini la spada « E
Hogwarts
sarà sempre nemica di persone come te, Salazar. Fin quando sarò vivo, e
anche
dopo la mia morte. »
Salazar stringe convulsamente i pugni, furente.
Sei
convinto, almeno per un istante, di averlo ferito con le tue parole. È
qualcosa
che è successo ben poche volte, ma scopri di non essere in grado di
provare
alcuna soddisfazione.
Il rettilofono sorride e alza il mento con
sufficienza.
« Sarai tu a condannarmi a morte, Godric? Ne sarai
capace? »
Non hai intenzione di lasciarti scalfire dalle sue
parole.
Ma Salazar è un eterno enigma da risolvere, e tu, adesso, hai bisogno
di
risposte. Hai bisogno di vedere il mostro
dietro l’amico oramai perduto.
Così, svolgere il tuo dovere e dannare per sempre
e senza
rimedi l’anima di entrambi sarà più facile.
Quasi lecito.
« Dimmi perché, Salazar. » chiedi, e la tua rabbia
non è
sparita, ma è come se per un momento fosse sepolta dietro a una
dolorosa e
tormentata calma. La classica calma
prima della tempesta.
È sempre la tua determinazione a segnare
irrimediabilmente
le tue azioni. Sei sempre stato impulsivo, ma questa volta vuoi
dimostrare a te
stesso e a Salazar che sei diverso, più maturo, meno arrogante.
Migliore di
quanto credesse. Non combatterai con voglia di vendetta o con
sanguinosa
crudeltà come lui.
Trasformerai il tuo spirito indomito in qualcosa
di
controllabile e di buono. Come lui
non sarà mai in grado di fare.
Salazar sogghigna divertito.
« Ti devo forse delle spiegazioni? A qualcuno come
te? » una breve risata squarcia l’aria.
I sentimenti di Salazar sono sempre stati celati sotto una caparbia
noncuranza.
Non avevi capito se fosse qualcosa di falso, una difesa, se potesse
esistere
ancora un barlume di umanità. Poi ti sei svegliato dal tuo torpore
speranzoso,
hai osservato i fatti. Ma vuoi ancora avere la conferma definitiva.
Vedere il mostro uscire.
« Dimmelo, Salazar. »
« Devo dirti… cosa? Perché non sono tornato o
perché ho raso
al suolo un villaggio intero?» chiede Salazar, sorridente e
imperturbabile,
adesso.
Senza volerlo impallidisci.
Salazar ti si avvicina lentamente, sposta di lato
con due
dita la lama della spada. Potresti contare le sue ciglia da quanto è
vicino.
« L’ho fatto perché era un villaggio potente dove
regnava
l’Inquisizione. Perché hanno scoperto l’esistenza di una casata
Purosangue
risiedente lì vicino. E naturalmente… » Salazar, con un gesto vago, fa
una
piccola pausa a effetto. « Perché mi annoio con molta facilità. »
Alzi la spada stringendo i denti, ma lo vedi
sparire,
fulmineo. Ti giri di scatto, perché lo conosci troppo bene, e fai
partire un
fendente con un gesto ampio e preciso. La tua spada si scontra sullo
scudo
magico evocato da Salazar.
« Cominci a risentire dell’età avanzata, Godric.
Un tempo i
tuoi colpi erano più forti. Se anche i muscoli cominciano ad essere
fiacchi,
cosa ti resta, amico mio? »
Hai la bacchetta nella mano sinistra, ma ancora
non ti sei
deciso ad usarla. Salazar si diverte a provocarti, a prenderti in giro,
a
chiamarti amico facendoti soffrire.
Da giovane ti saresti lanciato senza ragionare in difesa del tuo
orgoglio, ma
tu, a differenza sua, sei cresciuto, e la desolazione e il rancore che
provi
in fondo al cuore, adesso, sono più
forti della superbia.
Sei ancora immobile, l’espressione decisa ma la
spada che
resta ferma sopra lo scudo potente di Salazar.
Nota subito la tua esitazione, con un guizzo
luminoso nello
sguardo.
« Ti renderò più facilmente risolvibile la
questione, se ci
tieni, Godric. » ti soffia sul viso, la voce sibilante di un serpente«
Perché è
ora di chiudere tutti i conti in sospeso. »
sorride con malizia.
« Io non provo alcun rimorso. Né per quello che ho
fatto a
Wensbury, né per quello che ho fatto e che farò
a te. Ti sentirai a posto con la coscienza, ora? »
Chiudi gli occhi per un momento.
Ti basta?
No.
Non c’è modo di alleviare il dolore, e tu ti sei
illuso. Ma
è il tuo coraggio ciò che ti tiene in piedi e ora, più che orgoglioso e
vanesio, sai essere grato per questa qualità.
« Sarà questione di un istante. » mormori, e vedi
Salazar
sgranare appena gli occhi. Anche lui ricorda. Cosa prova, cosa pensa?
Probabilmente non lo saprai mai. Un’altra silente sconfitta per il
grande
Godric Grifondoro.
« Non si può vivere aspettando un istante, Godric.
»
Ti stupisci di non sentire nessuna nota ironica
nelle sue
parole, di non vedere sarcasmo nel verde delle sue iridi.
« Un istante può dar senso ad una vita. »
rispondi, il cuore
che batte all’impazzata ma senza la minima ombra di timore.
« No, invece.»
sibila Salazar, con una smorfia seccata « È
ciò che resta dopo la morte, ciò che rende
immortale il tuo ricordo, Godric, che le da un senso. Un istante è un
istante,
è effimero e non dura. Durano le sue conseguenze. Tu non desideri la
mia morte,
desideri liberarti dal peso della mia esistenza. Tu non vuoi un istante
che ti
sollevi da ogni colpa e che ti condanni per nuovi peccati, vuoi la
pace, lunghi
anni di pace. Sei più attaccato alla vita di me. E sperare che il tuo
piano per
ottenerla sia veloce e indolore… è una delle tue molte speranze
idiote.»
Le sue parole scivolano come veleno sotto la tua
pelle.
« Tu non desideri la pace?» chiedi, e sai cosa
vorresti
sentirti dire.
Salazar sorride sornione.
« Non ho progetti così utopistici. »
« Sei solo con la tua esistenza vuota.» la tua non
è un
accusa, ma una pacata constatazione. Sei convinto che Salazar viva per
creare
caos e per contestare ogni regola. Un’ accusa lo indurrebbe a reagire
con uno
spassionato cinismo e un’ironia malvagia.
« Francamente non mi importa. »
E tu ti chiedi come sia possibile. Ma Salazar è
sempre lo
stesso e vuole solo essere libero e potente e ormai non soffre più nel
non
essere compreso dal mondo.
« Io non spero che sia indolore.» affermi,
sinceramente,
ricordando le parole che Salazar ti ha sputato addosso prima « E non
sto
facendo tutto questo per me, Salazar. Lo sto facendo perché porti morte
e
distruzione ovunque tu vada. Hai infettato col tuo veleno me e molti
altri. Sì,
cerco la pace. La cerco anche per te e per le vite che salverò. La
desidero
anche per me. Ma sono qui per affrontarti con coraggio, senza
scorciatoie. Per
porre fine alla disputa iniziata anni fa.»
Non hai il tempo di vedere la rabbia sul suo
volto. Salazar
lascia dissolvere lo scudo, fulmineo, si smaterializza e riappare pochi
metri
più distante.
« E tu credi di sapere come andrà a finire! »
quasi urla,
Salazar.
« Certo. » rispondi deciso « Io ho qualcosa per
cui lottare.
»
« Poetico. » sogghigna Salazar. « Disgustosamente
poetico. »
E i ricordi ti assalgono ancora.
Le stanze di Salazar
erano troppo fredde per i tuoi gusti, ma lì regnava il silenzio e una
quiete
umida e affascinante. Dalle finestre si vedeva il fondo del Lago nero,
con
tutte le sue sfavillanti creature.
Avevi passato molti
momenti felici, lì dentro, a discutere con Salazar di ogni argomento
possibile.
E ti era sempre sembrato che il tuo amico andasse particolarmente fiero
di
quell’ambiente che aveva creato a suo gusto e che facesse di tutto per
farti
notare ogni suo minimo pregio.
In quel momento, però,
le stanze sembravano ancora più scure, come le ombre negli occhi di
Salazar e
come quelle sotto i suoi zigomi, quasi grottesche, immerse in una calma
minacciosa.
Salazar aveva creato
quelle stanze a sua immagine, forse, aveva predisposto le luci e i
punti
d’ombra come se potessero sembrare ammalianti e pacifiche quando lui
era di
buon umore e fredde, inospitali, agghiaccianti, quando lui lo
desiderava.
Ti sembrava
esattamente nel posto giusto, Salazar,
seduto su uno scranno color smeraldo al centro della stanza, ma
sapevi
che era talmente sfuggente da poterlo sembrare anche in qualsiasi altro
posto.
« la tua cavalleria
sfiora il ridicolo, Godric. » sibila Salazar, con un ghigno risoluto. «
vuoi
essere l’eroe senza macchia dei racconti. » non senti invidia nelle sue
parole.
È troppo orgoglioso per provarla.
Gli rispondi con
rabbia, con orgoglio. Non sei ancora così maturo da capire che non ti
serviranno.
Salazar ride. È
incapace di provare una sincera gioia, ma non nega mai a se stesso un
po’
d’amaro divertimento.
« Ti preferivo quando
riuscivi a mettere insieme belle parole, Godric. » ammette, con un
sospiro. « Dov’è
finita la tua poesia? »
E quello fu l’istante.
In quel momento
capisti che non avresti mai più rivisto l’amico di un tempo, sepolto
sotto la
rabbia e l’ambizione e i continui litigi che hanno fatto capire a
Salazar
quanto sia solo e incompreso.
« Non guardarmi così,
cavaliere! » sorride il rettilofono. « Non cambierò mai le mie idee. »
« Quello che mi
domando, è come tu le abbia concepite!»
urli, in preda all’ira.
« Basta guardarsi
intorno, Godric. La magia non è fatta per essere condivisa. È preziosa,
potente, nostra. E così deve
rimanere. » fa un gesto esasperato « come puoi pensare che degli impuri
possano
capirla, che la possano sfruttare? »
« Salazar, tu stai
parlando di negare un istruzione a tutti gli studenti non purosangue,
che non
hanno nulla da invidiare agli altri! Hanno diritto a quello che gli
stiamo
offrendo, ad imparare… »
Salazar ti osserva per
un momento e leggi nelle sue iridi il disgusto.
È la prima volta che
non ti risponde.
Il giorno dopo, le sue
stanze sembrano vuote di luci e di ombre.
« Forse siamo incapaci di distruggerci a vicenda.
»
ipotizzi, affannato. Gli ultimi incantesimi di Salazar ti hanno
sfinito.
Ora siete esausti entrambi, lontani di molti passi
ma più
vicini, forse, di quanto siate mai stati.
« Forse non dovevo farmi trovare. » ha ancora
voglia di
ridere, dopo il vostro faticoso scontro alla pari. « Tutto questo
avrebbe avuto
più senso se tu avessi continuato a rincorrermi come un idiota. »
« E tu a scappare come un codardo. »
Salazar sorride accondiscendente.
« Coraggio, Godric. » dice, staccando la schiena
dall’albero
a cui era poggiato e alzando nuovamente la bacchetta. « La tua tenacia
mi
lusinga. La ripagherò donandoti l’istante
che tanto brami. »
Lo guardi ma non alzi la bacchetta su di lui. Un
pensiero ti
tormenta.
« Sei mai stato realmente felice, Salazar? »
« Non ho mai ricevuto dal fato simili disgrazie.
Per questo
non mi sono ridotto come te.»
Sorridi debolmente, malgrado tu abbia la
sensazione di avere
un cratere buio e vuoto al posto del cuore.
Sai che Salazar osserva la felicità con la rabbia
e la
frustrazione di un amante ignorato troppo a lungo.
Gli occhi di Salazar sono luminosi ed estremamente
guizzanti
e dinamici. Sembra che stia assorbendo tutta la vitalità del luogo, e
forse
anche un po’ della tua.
« Mi sembri vecchio, Godric. » lo senti affermare,
quasi
intenerito.
Alzi la spada, lo sguardo acceso di
determinazione.
« Sono solo stanco di porre domande a qualcuno che
non ha le
risposte. »
Salazar ammutolisce e per un attimo sembra
riflettere sulle
tue parole. Allora ti chiedi se abbia mai riflettuto sulle sue azioni,
se abbia
mai capito che persona incredibile avrebbe potuto essere senza dare
spazio al
mostro.
Cosa pensi che
succederà a noi, Godric?
Levi la bacchetta e la punti in direzione del suo
petto. I vostri incantesimi partono
nello stesso momento e per un istante, per quell’istante
che aspettavate da troppo tempo, tutto si fa luce.
« Non c’è modo di farmi cambiare. Lo sai. »
Sarebbe più facile annuire, dire “lo so” e rassegnarsi. Ma non è nella tua natura, né nel tuo volere.
«Arrendermi non mi è mai piaciuto. » rispondi, sincero.
«Sei comunque un totale fallimento. »
La sua voce vibra di stizza.
«Io ho fallito con te.» ammetti, seppellendo il dolore « Tu
hai fallito
con tutto. »
«Non sono d’accordo. Io non rimpiango nulla. »
«Se non sapessi quanto ami mentire, le tue parole mi
consolerebbero.
Non ti resta niente, Salazar. Ed è mia la colpa. Non ho mai pensato di
farti
promettere di non andare via. »
«Non rammaricarti. Saresti sembrato stupido. »
Ti guarda per un momento.
«Più stupido.» si corregge.
Il tuo debole sorriso dura solo un istante.
«Avresti promesso? »
«Avrei mentito. »
Nda: ho immaginato un
possibile incontro tra Salazar e Godric e credo di non aver brillato
d’originalità per questo. Il fatto è che non l’ho propriamente scelto:
è
saltato fuori per conto suo.
In questa storia ho fatto due cose
che non mi capitano
quasi mai. La prima è stata pensare questi due personaggi non più
giovani, ma
piuttosto avanti con l’età. La seconda, immedesimarmi in Godric. Spero
di
esserci riuscita almeno in parte.
In questa storia si intuisce un
“prequel”, diciamo così,
in cui i personaggi hanno affrontato lo stesso dolore in maniera molto
diversa.
Godric è maturato, non è più completamente schiavo delle sue emozioni,
e per
questo suo nuovo carattere ho temuto di averlo reso un po’ OC. Lui è
stato
quindi la mia principale preoccupazione. Riguardo a Salazar, spero di
averlo
reso al meglio perché è un personaggio che mi sta molto a cuore.
Un’altra cosa che non posso
tralasciare: mi sono
inventata di sana pianta un elemento, il “Consiglio dei Maghi Supremi”.
Con
questo nome vagamente ridicolo ho immaginato una sorta di “ministero”
dell’epoca medioevale, molto ridotto di dimensioni,
creato per non lasciare la popolazione magica
completamente priva di una guida, ma sostanzialmente inutile e
corrotto. Ho
inventato anche il villaggio di Wensbury, che è servito a Godric per
prendere
coscienza della natura contraddittoria di Salazar e a Salazar per
ammazzare il
tempo ( e non solo il tempo).
Il finale è lasciato in sospeso, da
un certo punto di
vista. Per me è stata la parte più difficile da scrivere.
E il bello è che nemmeno io so per
certo se le parole con
cui Salazar si è preso l’onere di chiudere la fanfiction siano la
verità o una
delle sue tante bugie.