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Autore: Violet2013    11/08/2014    8 recensioni
E insomma, ci risiamo.
In attesa di un ipotetico seguito di ''Tutto come prima'', eccovi una raccolta di missing moments, shottine, scene eliminate e contenuti speciali (con commento del regista) di cui proprio non si poteva fare a meno.
O forse sì, ma ormai il danno è fatto.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prima parte: La canzone dell'amore perduto.






I walk a lonely road,
the only one that I have ever known,
don't know where it goes,
but it's home to me and I walk alone.
I walk this empty street,
on the blvd. of broken dreams,
where the city sleeps,
and I'm the only one and I walk alone.

My shadow's the only one that walks beside me,
my shallow heart's the only thing that's beating.
Sometimes I wish someone out there will find me,
'til then I walk alone.
Green day, Blvd of broken dreams.





''Ma non capisci che stai camminando a vuoto?''

Gliel' aveva urlato in faccia con tutta la forza, rivolgendosi a lei come a se stesso davanti ad uno specchio.



Facile chiedersi cosa ci facesse lì. Con Ukyo, poi.
Dopotutto ad Akane aveva rinunciato da lungo tempo, o almeno così si era imposto di fare, e non è sentisse più di tanto la mancanza di Ranma.
La cuoca di okonomiyaki non era certo un tipo che le mandava a dire, e l'eterno disperso non ci aveva messo molto a capire che, finchè quel folle viaggio in Cina non fosse giunto al termine, le loro serate sarebbero finite sempre nella stessa maniera.
Litigando.
''Ryoga, sei un deficiente! Sei stato tu a decidere di partire, te ne sei dimenticato?''
''Io sono partito solo per rendere felice la mia Akane riportando Ranma a casa'', rispose cupo con tono piatto, cercando, ancora una volta, di convincere se stesso più che la sua interlocutrice.
''Bene, allora siamo qui per la stessa ragione'', prese a passare con vigore uno straccio umido sulla piastra per cucinare che si era portata dietro.
''No, stupida, tu speri ancora che torni da te!". Era sicuro di aver visto i capelli della giovane muoversi come spinti dal vento, tanto forte era stata la sua ultima affermazione.
Ukyo abbassò lo sguardo, ferita.
''Tu non capisci, non capirai mai... Vattene''.



Solo i kami sapevano quanto avesse bisogno di lei, per cui si guardò bene dall'allontanarsi troppo per evitare di perderla di vista mentre, lasciandola seduta davanti al fuoco a consumare da sola la cena che aveva preparato per due, si avvicinava alla riva del fiume.
Non poteva perdersi, non quella volta.
Ryoga Hibiki, l'eterno disperso, colui che aveva fatto della solitudine la sua bandiera, che aveva imparato ad accompagnarsi solo a se stesso ed ai suoi pensieri, non poteva permettersi il lusso di intraprendere quel viaggio da solo, non da quando la fretta di riportare Ranma a casa e rivedere Akane serena lo avevano portato in una dimensione temporale tutta nuova, in cui i secondi correvano veloci ed i giorni passavano troppo in fretta.
Il suo tempo era scandito dalla paura di vedere la ragazza che aveva imparato ad amare, quella che forse avrebbe quasi potuto considerare almeno un'amica, crollare di nuovo, e quando ogni istante è prezioso, non c'è davvero tempo da perdere girovagando o andando ad esplorare luoghi nuovi e sconosciuti, com'era solito fare.

Non questa volta, Ryoga, si era detto, questa volta andrai in Cina nel tempo previsto, non un secondo di più.
Aveva realizzato solo in un secondo momento che forse, arrivato a Jusenkyo, si sarebbe anche potuto liberare dalla sua maledizione. Non era partito con quell'obiettivo.
Aveva chiesto ad Ukyo di accompagnarlo perchè, frequentandola tramite i suoi amici, aveva notato quanto la ragazza fosse sveglia, abile, risoluta.
Ukyo non si vestiva solamente come un uomo, aveva anche la razionalità degli uomini, la loro intelligenza. Quando non si trattava di Ranma nulla la toccava, era forte e decisa come un ariete.
E poi lei ce l'aveva, il senso dell'orientamento.

Erano giorni che camminavano ed erano giorni che il giovane si chiedeva perchè gli desse tanto fastidio vedere la sua compagna di viaggio soffrire in quel modo per colpa di Ranma.
Forse perchè non aveva mai sopportato i modi da casanova di quello sbruffone, pensò.

La scrutò.
Era carina, non bella come Akane, forse, e non così dolce, ma c'era stato un momento, dalle parti di Nagoya, Sapporo o forse Yokohama, in cui si era messa un fiore tra i capelli e gli aveva sorriso, mentre lui era intento a pescare, e l'aveva fatto arrossire. Strano, aveva pensato, in fondo Ukyo era l'unica ragazza che non l'aveva mai messo in imbarazzo.
D'altro canto la cuoca nominava Ranma sempre meno, e, quando si riferiva a lui, aveva pian piano eliminato l'odioso suffisso -chan che tanto dava fastidio ad Akane, quando la sentiva rivolgersi così al codinato.
Nel vederla mangiare da sola un pasto pensato per due persone, in silenzio, col capo chino sul piatto e l'aria stanca, triste e forse impaurita di chi è stata strappata dalla propria vita per intraprendere un viaggio che aveva come scopo il far tornare il ragazzo che amava dalla sua legittima fidanzata, s'intenerì.
In fondo era una ragazza, una bella ragazza, ed era da sola al buio in una foresta.
Raccolse un ramoscello di glicine e la raggiunse, grattandosi la testa imbarazzato.









Seconda parte: La ballata dell'amore cieco.






You never turned around to see the frowns,
on the jugglers and the clowns.
When they all come down and did tricks for you
you never understood that it ain't no good.
You shouldn't let other people get your kicks for you,
you used to ride on the chrome horse with your diplomat.
Who carried on his shoulder a Siamese cat.
Ain't it hard when you discover that
he really wasn't where it's at,
after he took from you everything he could steal.
How does it feel
to be on your own,
with no direction home,
like a complete unknown,
Like a rolling stone?
Bob Dylan, Like a rolling stone.





''Dannazione, Xian Pu! E' possibile che tu non veda più in là del tuo naso?"

Gliel' aveva urlato in faccia con tutta la forza, rivolgendosi a lei come a se stesso davanti ad uno specchio.



Aveva scagliato il piatto nel lavandino così forte che il disco di ceramica aveva rimbalzato due volte nella vaschetta del lavabo prima di rompersi in mille pezzi, uno dei quali era andato conficcandosi nel suo dito indice e l'aveva tagliato, facendone sgorgare quello che sembrava un fiume di sangue.

''Lo vuoi capire o no che quel bastardo di Saotome s' interessava solo di se stesso?'', strillò ancora prendendo un tovagliolo e coprendo goffamente la ferita, cercando di fermare l'emorragia, mentre la donna che amava da sempre lo guardava incredula.
Non si era mai rivolto a lei con quel tono, Mousse, e non le aveva mai parlato nella loro lingua madre. Nonostante fosse in Giappone da molto meno tempo di lei, lui l'idioma del posto l'aveva imparato.
Tacque, abbassando lo sguardo. Dopotutto aveva ragione lui.

Per Mousse non era stata facile, la vita.
Anche il maschio alpha per eccellenza avrebbe avuto non poche difficoltà nel villaggio amazzone di Nujiézu, figurarsi un tipo strambo, sensibile ed eccentrico come lui.
Saotome sì, che ci sarebbe stato bene.
Ci avrebbe sguazzato in mezzo a tutte quelle femmine.

''Mu si, molla quella robaccia'', lo ammonì -dolcemente, sembrava- Shampoo mentre si accendeva l'ennesima sigaretta della giornata, raggiungendola in sala.
Avevano appreso della partenza di Ranma da quattro giorni, e da quattro giorni aveva iniziato a fumare.
Tutto, pur di distrarsi dalle scenate cui la sua amica -se così poteva definirla- e collega lo sottoponeva ogni mezz'ora.
''Vai a letto, sei stanco. E... Scusami. Per tutto, dico''
Deglutì. L'ultima volta in cui Shampoo gli aveva chiesto scusa era una bambina di sei anni che gli aveva rovesciato per sbaglio una porzione di ramen bollente sulla testa.
E si era scusata solo dopo che suo padre, uomo tutto d'un pezzo e fissato con le buone maniere, l'aveva praticamente obbligata.

Aveva fiutato il pericolo e capito che qualcosa non andava nell'esatto momento in cui la sua adorata aveva reagito con tanta arrendevolezza alla sua sfuriata, per cui glielo disse un'altra volta, in caso non le fosse stato chiaro.
''Ti amo, Xian Pu, ti amo più della mia stessa vita e sarà così per sempre, da qui a tutto il tempo che mi verrà concesso su questa Terra. Ti aspetterò''.
Si aggiustò gli occhiali sul naso, in attesa di una risposta che, sapeva, non sarebbe arrivata.
''Sì'', rispose con tono sbrigativo lei evitando il suo sguardo, alzando l'ultima sedia sul tavolo della sala principale del Nekko Haten ed allungando la mano verso l'interruttore della luce, guadagnando l'uscita, ''A domani, Mu Si, buonanotte''.
Ed a luci spente ci vide bene per la prima volta in vita sua. Non ci sarebbe stato nessun domani, non per loro.
Rientrò in cucina, passò nuovamente il dito ferito sotto l'acqua fredda e vi arrotolò intorno un tovagliolino pulito.
Si sedette sul davanzale della finestra, e non fu una sorpresa vederla andare via, scappare nella notte come una ladra.
In fondo, se Obaba non avesse avuto la febbre per tre giorni di fila, lo avrebbe fatto molto prima.
Accese un'altra sigaretta e, nel vederla allontanarsi, si sentì improvvisamente colto dal bisogno di parlare con l'ultima persona con la quale avrebbe mai pensato di poter avere a che fare.
Non aveva mai provato più di tanto trasporto per Akane Tendo, nemmeno più di tanta simpatia, in realtà, ma lei poteva capirlo. Lei era l'unica che avrebbe potuto capirlo.
L'indomani le avrebbe comprato un regalo e sarebbe andato a vedere come se la passava, pensò guardando l'amore della sua vita allontanarsi.


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Terza parte: In direzione ostinata e contraria.




 Lascio libero uno spazio per potermi avvicinare, per sentire la mancanza e un vuoto da riempire.
Mi allontano dal tuo abbraccio per poterci ritornare,
 perché sia sempre una scelta e non un patto da onorare.
Niccolò Fabi, Lontano da tutto.



 ''Non sei per niente, per niente carina! Chi mai potrebbe amare una persona come te?''
Gliel' aveva urlato in faccia con tutta la forza, rivolgendosi a lei come a se stesso davanti ad uno specchio.

 Ed aveva sbattuto la porta della sua stanza, buttandosi a faccia in giù sul futon e chiudendo gli occhi un secondo prima di sentire sbattere anche la sua, di porta.
Si girò sulla schiena.
Perchè faceva così caldo, quella sera?
Un minuto, dieci minuti, un'ora.
Era incredibile quanto una casa che era tanto caotica di giorno potesse diventare silenziosa di notte.
L'aveva sentita spogliarsi e buttare i vestiti per terra, l'aveva sentita chiamare l'odioso P-Chan a sè ed abbracciarlo, l'aveva sentita piangere soffocando i singhiozzi ed infine addormentarsi.
Verso la mezzanottte sentì la porta della sua camera aprirsi, e corse a vedere se per caso fosse uscita per andarsi a preparare un bicchiere di latte, magari avrebbe potuto prepararglielo lui per farsi perdonare.
Certo, pensò, come se un disastro di quelle proporzioni fosse stato riparabile in qualche modo.
Sai, Akane, ho vissuto a scrocco a casa tua per tre anni, ho messo quasi tutti i giorni in pericolo la tua vita, ti ho piantata sull'altare dopo aver fatto finta di non averti detto che ti amavo, ti ho distrutto la casa, ho spezzettato, sbriciolato e calpestato ripetutamente e di proposito la tua autostima e stasera ti ho dato del mostro psicopatico, ma hey, ti sto preparando un bicchiere di latte caldo, baby, vieni qui ed abbraccia il supereroe.
Non avrebbe mai funzionato. E comunque era solo Ryoga che cercava il bagno, allontanandosi e scendendo le scale in direzione della cucina.
Uscì a prendere una boccata d'aria ed iniziò a correre per le vie del quartiere fino a rimanere senza fiato.
Era passato davanti al Furinkan, a casa Kuno, al parco, all'U-Chan, al Nekko Haten, alla clinica del dottor Tofu. Poi si era fermato, stanco, sopra ad un ponticello che si affacciava su di un fiumiciattolo, ed aveva iniziato a fare quello che più odiava fare al mondo. Pensare.
Tre anni da mezzo uomo. Tre anni a Nerima. Tre anni da promesso sposo di una ragazza che non amava.
Di una ragazza che amava, si corresse scuotendo vigorosamente la testa. Almeno con se stesso poteva, doveva, essere sincero, era uno dei pochissimi lussi che poteva ancora permettersi.
Akane non aveva preso bene la faccenda del matrimonio mancato: ci aveva provato a comportarsi come sempre, Ranma gliene era riconoscente anche solo per aver tentato, ma i pettegolezzi dei loro compagni di scuola, le continue pressioni dei suoi corteggiatori, più agguerriti che mai dopo quanto accaduto, e le umiliazioni inflittale di proposito dalle sedicenti fidanzate di lui l'avevano resa diversa, peggiore. Mentre Ranma non sarebbe riuscito a togliersi dalla testa l'immagine di lei in abito da sposa nemmeno se avesse vissuto cento anni, lei sembrava aver archiviato la faccenda del matrimonio sotto il file: ''Non ci sposeremo mai, che cazzo ci fai ancora a casa mia?''. Era fredda, cinica, arrogante. Non passava giorno in cui non gli ricordasse che era un ospite indesiderato, un mangiapane a tradimento, uno scroccone. Non c'era giorno in cui non gli rinfacciasse la sua dualità sessuale, come se quella dannata maledizione se la fosse cercata lui, non c'era giorno in cui non gli facesse presente il fatto che voleva sposarlo, sì, ma solo per cedergli l'acqua della Nan-Nichuan.
E quella sera lui gliene aveva dette quattro.
O forse cinque, o sei.
Ranma aveva sofferto principalmente per l'inganno, la menzogna cui era stato vittima. Di tutte le donne con cui aveva avuto a che fare nella vita, mamma e Kasumi escluse, Akane era l'unica che non si era mai servita del ricatto per ottenere ciò che voleva. Avrebbe immaginato di svegliarsi vestito da sposo dopo un sonno imposto e trovarsi davanti Shampoo, forse Ucchan, certamente Kodachi, ma non Akane. Certo, lei glielo aveva spiegato che voleva solo fargli avere il dono di nozze, da lui stesso definito più importante della sua stessa vita, ma tant'era.
Le aveva detto che era uguale a tutte le altre, e che comunque non avrebbe mai, nemmeno sotto tortura, sposato un maschiaccio violento e privo di sex appeal come lei. Le aveva sbattuto la porta in faccia, ed ora era su un ponte, di notte, da solo.
E la tentazione di buttarsi di sotto per tagliare la gola a quel maledetto cane che continuava a mordersi la coda era forte, ma l'idea di morire annegato, e per giunta nel corpo di una donna, era troppo umiliante anche solo per pensarci.

Tornando a casa, camminando lentamente, si rese conto che l'aver pensato al suicidio -anche se in maniera decisamente superficiale e poco convinta- era stata la cosiddetta goccia, quella che faceva straripare il mare.
Entrò nella sua stanza dalla finestra ed iniziò a preparare lo zaino, infilandoci le pochissime cose di cui era in possesso prima di arrivare in casa Tendo. Non il portafogli, regalo di Natale di Nabiki, non la sciarpa gialla e malconcia che gli aveva confezionato Akane, non l'orologio antico che gli aveva ceduto Soun. Se avesse portato via anche solo uno di quegli oggetti gli sarebbe sembrato di rubare. Più di quanto non avesse già fatto.
In effetti anche la casacca verde che indossava non era realmente sua, gliel'aveva confezionata Kasumi con le sue mani, ma quella rossa che era solito utilizzare, o almeno i brandelli che ne erano rimasti dopo la lotta con Obaba del giorno prima, era rimasta al Nekko Haten.
Lanciò uno sguardo a suo padre, che dormiva placidamente ed ignaro di tutto, ed aprì l'ultimo cassetto del suo comodino.
Nella foto Akane aveva ancora i capelli lunghi ed indossava il solito karateji. Era una delle immagini che aveva requisito a Kuno quel giorno al parco, poco dopo essere arrivato a Nerima. Chissà che ci faceva lì.
 Sorrise e la rimise al suo posto, mantenendo il proposito di non portarsi via niente che non fosse stato realmente suo. Aprì lentamente la porta della sua stanza, uscì in punta di piedi e si fermò davanti a quella della fidanzata, dell'ex fidanzata, da quel momento in avanti.
Stette ben dieci minuti immobile davanti alla paperella gialla che portava il suo nome, chiedendosi se gli fosse concesso un ultimo saluto, poi decise che, in fondo, la sua vita era sempre stata regolata dal destino, dal caos, e che tutto sommato non era stata nemmeno troppo male.
Mise una mano nella tasca dei pantaloni e vi trovò pochi spiccioli. Non sapeva come avrebbe fatto ad andare in Cina con un budget che avrebbe potuto a stento pagare un pranzo in un fast food, ma sapeva perfettamente cosa fare di una delle monete poggiate sul palmo della sua mano.
Testa, pensò, se esce testa entro e la sveglio, le chiedo scusa per tutto, e.... No, no. Se esce testa me ne vado senza dire niente. No, se esce testa entro, le scrivo un biglietto e... Mmh, no, un biglietto è troppo scontato. Se esce testa entro e la bacio. Ma che dici, Ranma, sei scemo? Se esce testa, semplicemente, entro e la guardo. La guardo un attimo e poi me ne vado. Testa la guardo, anzi no, la bacio. Un bacino d'addio, un bacio innocente sulla fronte. Ok, Ranma, ci sto. Qua la mano. Testa la bacio e poi me ne vado, croce me ne vado e basta.
Lanciò la moneta, con il cuore e lo stomaco in subbuglio.
Croce.
La bacio lo stesso.





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Ciao a tutti!
Dopo più di un mese di assenza e lettura silenziosa (chiedo scusa a tutti coloro che aspettano le mie recensioni, in settimana mi metto in pari, lo prometto!) sono tornata con questo missing moment, le cui fanart sono come sempre della splendida Spirit99, che sapeva di questa mia idea da mesi, mesi e mesi (in realtà lei sa già anche quali saranno gli altri due capitoli mancanti!). Inizialmente ero stata ispirata da un'altra canzone (di cui vi do indizio nel titolo del capitolo), ma non è proprio il mio genere musicale, e poi stava troppo male con i sottotitoli che ho scelto per le tre parti (che sono tutti di Fabrizio De Andrè), quindi ho cambiato le colonne sonore, che per me sono essenziali quasi quanto il testo stesso.
So che lo stile di scrittura della terza parte (Ranma) è più frammentario e meno curato, ma ho diviso il capitolo in tre parti distinte proprio per separare bene i vari stati d'animo, ed ho pensato alla sua confusione ed esasperazione e spero di non aver toppato, fatemi sapere!
Con gli ultimi due capitoli di questa raccolta di one shot andrò più spedita, ve lo assicuro, ho avuto un periodo davvero pieno, ma ora mi sto organizzando meglio.
Vi ringrazio tanto per essere ancora qui, dopo più di un anno, a leggere di Tutto come prima e... Finita questa, ho partiamo col seguito!
Un bacio e tutti e buona estate (o quello che ne resta!)













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