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Autore: Agnese_san    11/08/2014    2 recensioni
Il pacco era piccolo, quasi certamente un quadro, pensò lei rabbrividendo e prendendo il suo coltello.
Apri I Tuoi Occhi, pensò, tirando un bel respiro, mentre tagliava lentamente la carta. Si aprì come un fiore, rivelando un esplosione di colori – porpore e dorati e rosa da sogno. Un cielo. L’enorme panorama di un cielo alieno.
Come qualcosa che arrivava dritto dai suoi sogni.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Liz Parker, Max Evans, Michael Guerin
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo


8:04 del mattino.


Liz si affrettò verso la galleria, dando un'occhiata all'orologio mentre superava l'angolo della piazza. Era di nuovo in ritardo, una recente abitudine che aveva avuto intenzione di perdere, ma finora senza successo. Per qualche motivo, le lunghe giornate lavorative non erano più così allettanti, non quando si svegliava ogni mattina accoccolata tra le braccia di Max.

Non quando lui le sussurrava all'orecchio dolci parole di seduzione, finendo spesso col pregarla di fare l'amore prima di separarsi per la giornata - lei alla galleria, lui al suo studio. E, soprattutto, era difficile resistere alle sue supplicanti richieste di ispirazione artistica, che lui le sussurrava spingendola con dolcezza sulla schiena, con un basso gemito gutturale.

Liz sorrise sentendo un familiare calore nella parte bassa dell'addome, una sensazione continua, che qualche volta si faceva più intensa dopo che lui era stato dentro di lei. Un amante semplicemente umano non avrebbe mai potuto lasciarla così radiosa, non nei suoi recessi più intimi. Ma nulla della sua unione con Max era mai stato normale, così la curiosa sensazione di solletico non l'aveva veramente sorpresa.

Davanti a lei c'era la porta della galleria, illuminata dai raggi del sole, e per un attimo i suoi pensieri tornarono allo scorso inverno, al breve magico periodo di David Peyton. E i suoi occhi si riempirono improvvisamente di lacrime.

Curiosamente, quando ricordava come Max l'avesse una volta corteggiata in segreto, si sentiva molto sentimentale, persino malinconica. Non perché le dispiacesse che David avesse rivelato di essere Max, ma piuttosto perché c'era stata un'atmosfera incredibilmente innocente che aveva pervaso quel breve momento. Ricordava il senso di aspettativa e di mistero che aveva sentito ogni giorno prima di arrivare alla galleria, domandandosi se lui le avrebbe fatto omaggio di un altro dei suoi tesori.

Adesso, le tele di Max erano inestricabilmente intrecciate col suo amore per lui - senza inizio e senza fine. Rappresentavano la bellezza della sua anima. E quello era qualcosa di infinitamente più prezioso di quanto il corteggiamento di David Peyton fosse mai stato. Come lo era la guarigione che si rifletteva in ogni nuovo dipinto che Max aveva creato, provocando una lieve alterazione del suo stile abituale. Era diventato più ardito, più libero … più originale e gioioso.

Il processo di guarigione aveva agito gradualmente, modificandolo ogni volta che si toccavano o facevano l'amore. Alla fine lui era terribilmente cambiato, i suoi lineamenti, il suo corpo. Aveva gettato il bastone un mese prima, la sua andatura era ora solo leggermente zoppicante ed ineguale. E anche se le familiari cicatrici ancora gli segnavano il viso, non erano più spesse e chiazzate di rosso, ma si erano invece trasformate in un bianco pallido. Ultimamente, se lei avesse visto Max dall'altro lato della strada, o anche in una stanza con un'illuminazione bassa, non sarebbe più stata in grado di distinguerle. Erano diventate il marchio leggendario del suo tempo su Antar - sempre lì, solo più sottomesso e tenue, adesso.

In un certo modo, aveva un senso che lui avrebbe conservato per sempre qualche segno delle cicatrici. Perché le sue esperienze durante quei 10 anni erano state troppo significative e la sua anima era stata troppo profondamente segnata, perché quei segni potessero svanire totalmente. Sarebbero rimaste come perenne testimonianza di quello che aveva affrontato - di quello che loro avevano affrontato - durante gli anni in cui erano stati lontani. Inoltre, pensò Liz con un sorriso malizioso, non facevano altro che dargli un'aria da affascinante canaglia che lei adorava.

Liz pescò dalla tasca la chiave per aprire, ma si fermò a mezz'aria quando vide qualcosa appoggiato alla parete, proprio sotto il portico. Era un pacco sottile, piatto e avvolto ordinatamente in una carta marrone. Per un momento sbatté le palpebre, non credendo ai suoi occhi, perché le sembrava così terribilmente familiare. E invece il pacchetto rimase lì, aspettando proprio lei.

Il battito del cuore di Liz aumentò in fretta, mentre si abbassava e tirava su il pacco. Se lo girò tra le mani, sentendo i contorni della tela sotto la carta. Dietro, c'era un semplice biglietto bianco, scritto in un'ordinata calligrafia.

Di Cosa Sono Fatti i Sogni …

Questo era tutto quello che diceva, nella familiare scrittura del suo adorato. Che cosa aveva in mente Max?

Liz rimase in piedi, sentendo le dita tremare inaspettatamente. Poi girò la chiave nella toppa ed entrò nella galleria. Accese le luci del soffitto, illuminando la lunga fila di dipinti sui muri, mentre appoggiava il pacco sul bancone. Cercò di allontanare gli angoli della carta per aprire e alla fine prese il suo tagliacarte rosa, domandandosi per quale motivo Max avesse deciso di darle un dipinto in questo modo.

Domandandosi perché gli avesse dato un titolo così misterioso.

La carta si aprì con la delicatezza di un bocciolo, rivelando una familiare distesa rossa e una bambina vestita di bianco. Era la tela di cui si era innamorata così tanti mesi prima, la prima volta che aveva visitato il bungalow di lui. Quella che era stata nella sua camera da letto fin da quando lui gliel'aveva portata e appesa lui stesso al muro, così che ogni volta che lei si fosse svegliata, sarebbe stata la prima cosa sulla quale avrebbe posato lo sguardo.

La sera che aveva visto il dipinto era stata la sera in cui per la prima volta aveva sospettato che lei si stesse innamorando di nuovo - senza neppure sapere che il misterioso David Peyton fosse Max.

Perché lui aveva improvvisamente deciso di lasciarle il dipinto sulla soglia della galleria questa mattina, come una delicata offerta d'amore? Lei non ricordava che fosse scomparso dalla sua camera da letto, ma avevano dormito a casa di lui la notte precedente, così lui poteva anche essere andato a prenderlo senza che lei se ne fosse accorta. Ma questo ancora non rispondeva all'insistente quesito del perché lui l'avesse fatto.

Le emozioni che sentiva dentro di sé erano dolorosamente familiari, il cuore aveva cominciato a batterle forte nel petto e, in un certo modo, si sentiva come se lui la stesse corteggiando di nuovo. Abbassò lo sguardo verso i vividi colori della tela, i rossi luminosi e il puro candore del vestito della bambina, in contrasto con i suoi capelli quasi neri.

Era un'immagine presa dai ricordi di lei e catturata con grande amore sulla tela, pennellata dopo pennellata. Improvvisamente, le sue memorie più fuggevoli erano state catturate dalla sua anima ed erano diventate eterne sotto il tocco della mano di Max.

Per qualche motivo, riguardando di nuovo il dipinto, Liz ne sentì l'impatto come se fosse la prima volta, non certo con la familiarità di un oggetto amato che vedesse ogni giorno. Forse era questo che Max stava cercando di dirle?

Fece il giro del bancone e si diresse verso il telefono, ma qualcosa la fermò. In un certo modo capì le regole del gioco amoroso che lui aveva cominciato ed abbassò il ricevitore, lasciando libera la linea.

Un'email apparve nella sua inbox da Maxwelle@newmexnet.net. Liz sorrise e l'aprì immediatamente.


Mia meravigliosa Liz,

posso immaginare quello a cui stai pensando in questo momento, mentre sei seduta al tuo computer. Come mai so con certezza che non mi telefonerai? Io ti conosco, dolce Liz. Come il mio cuore, come le cicatrici che ho sul viso, come la sensazione del tuo corpo sotto le mie mani. Tu sei una parte di me adesso, anche se, per la verità, è sempre stato così.

Ti stai domandando cosa ho in mente. Ed hai ragione. Tu hai sempre amato fare piani e in questo c'è della pazzia.

Al titolo di questo dipinto ne aggiungerò un altro:
Apri I Tuoi Occhi

Tuo … e per sempre,

Max


E poi il sogno cambiò e, improvvisamente, lei fu catapultata dentro al dipinto e si ritrovò a correre senza fiato nel campo di fiori. Era di nuovo una bambina, che sentiva suo padre afferrarle l'orlo del prendisole.

"Lizzie!" gridò lui. "Sto per prenderti!"

"No, papà!" gridò lei, sentendo i fiori contro le sue gambette. "Non puoi! Sono troppo veloce!"

"Sto per prenderti!" si intromise una voce più profonda e improvvisamente Max la fece girare per prenderla tra le braccia. E lei era una donna, stretta nel forte abbraccio di suo marito.

"Cosa stai facendo, Max?" rise lei senza fiato, proteggendo gli occhi dal sole di Antar al tramonto. "E' stato tutto un sogno?"

"Sto per mostrarti qualcosa di importante." le spiegò lui, attirandola contro il proprio corpo. Aveva il fiato un po' corto mentre le circondava il viso con le mani, rivolgendolo verso l'alto. I loro sguardi si incontrarono per un lungo momento, e lei intravide un bagliore di fuoco dentro le iridi ambrate. Vide le familiari cicatrici segnare il viso di lui, leggere contro la sua pelle dorata. Se non fosse stata così vicina, non le avrebbe neppure notate. Ma le amava, così come amava la sensazione dei lunghi capelli di lui o la decisa linea della sua mascella. Erano parti inseparabili di Max ormai e lei non avrebbe voluto che scomparissero.

"Max." rise, sentendosi un po' confusa. "I sogni continuano a cambiare."

"Perché pensi che succeda?"

"Non ne sono sicura." si accigliò lei. "Sono di nuovo in coma?" chiese, sentendosi improvvisamente impaurita, ma lui premette le labbra contro la sua tempia in un dolce bacio.

"No. Mai più." sussurrò lui con gentilezza e lei sentì svanire i suoi timori. "No, Liz, c'è qualcosa qui. Qualcosa di importante." cercò di spiegarle, guardandosi attorno nel familiare campo di fiori. "Voglio che tu lo comprenda."

Fece girare Liz su sé stessa, come una bimba piena di grazia, con i fiori rossi vellutati che roteavano intorno a lei. Lei sapeva che erano sul pianeta di Max, perché le lune gemelle facevano capolino dalla linea dell'orizzonte, sollevandosi dietro una montagna dal profilo purpureo.

"Siamo di nuovo su Antar."

"Sì." rispose lui con semplicità. "Dove ho sognato tutto questo per la prima volta."

"Questo? " chiese Liz disorientata, voltandosi verso di lui. Lei si accorse che lui indossava di nuovo la camicia bianca, vide come gli cadeva sul il petto, appena infilata nei suoi pantaloni di pelle. Guardò in basso e si stupì nel ritrovarsi vestita con l'abito bianco.

"Max, noi non siamo più vergini." rise lei, sentendosi arrossire nonostante la familiarità che avevano ormai l'uno con il corpo dell'altro. Con la passione l'uno per l'altro. "Pensavo che questo fosse il tradizionale abito di Antar per il matrimonio … per la nostra prima volta." disse lei timidamente.

"E' vero." fu d'accordo lui con un largo sorriso. "Ma questo sogno non riguarda il nostro matrimonio."

"Allora dimmelo." rise lei nervosamente, mentre lui la tirava piano con una mano, così da farli cadere insieme sul soffice terreno. Lui batté con la mano il terreno vicino a lui, mentre si lasciava cadere sull'erba calda. "Qui, Liz."

Lei si accoccolò di fianco a lui, facendo scorrere avidamente le mani sotto la camicia di lui. La sensazione della pelle di lui era quella del velluto caldo e lei sentì il ritmo del respiro di lui cambiare, diventare più irregolare. Lui appoggiò la testa sulle braccia, guardando verso il cielo e chiese "Com'è cominciato questo sogno?" Sembrava che stesse cercando di portarla verso un qualche posto, verso una destinazione che solo lui conosceva.

Lei si sistemò sopra il suo petto, con le dita che ancora esploravano la pelle sotto la camicia. "Alla galleria?" chiese lei, sentendosi sempre più smarrita.

"Ma portava qui, dove è cominciato più o meno 10 anni fa. Tu e io, così … ma Liz, questa visione è sempre stata legata ad un'altra. A quella che ho dipinto con te come una ragazzina." spiegò, con la voce che si ispessiva mentre si girava su un fianco a guardarla. Lei fu sorpresa di vederlo con gli occhi lucidi.

"Tu e io, Liz." sussurrò lui con forza. "Era tutto quello che ho desiderato.… per tutti quegli anni in prigione." Le accarezzò i capelli per tutta la lunghezza, le dita lente attraverso le ciocche, mentre continuava. "Ma c'era un'altra cosa che volevo. Solo una. "

Lui sollevò un sopracciglio; come se lui pensasse che lei avrebbe capito, che avrebbe finito la frase per lui. E per qualche motivo, il cuore cominciò a batterle forte nel petto.

"Tu volevi una figlia." offrì lei finalmente, con la voce che tremava. Lui si limitò ad annuire, con gli occhi pieni di lacrime.

"Io volevo essere tuo marito, il tuo amante.… ma volevo essere anche un padre." La fissò negli occhi con forza e innumerevoli parole intercorsero tra di loro, in un facile silenzio.

E poi semplicemente capì. "Sono incinta." realizzò a voce alta, la voce piena di meraviglia. "E' questo che stai cercando di dirmi, non è vero?"

"Sì, tesoro." ammise lui, facendole bruciare gli occhi di lacrime. "Una bambina, come quella del quadro."

"Tu hai dipinto il nostro futuro." disse lei a bassa voce.

"L'ho visto nel tuo passato."

"Allora, cosa devo fare adesso?" chiese lei senza fiato, e lui se la strinse contro di sé, ricoprendole il viso di soffici baci.

"Devi solo aprire i tuoi occhi." sussurrò, sorridendo come un ragazzo di 17 anni. "E permettere ai tuoi sogni di diventare realtà."

E mentre Liz guardava intorno a loro i vividi colori del panorama di Antar, le lune gemelle che sorgevano, capì una cosa importante. Qualcosa che le era sfuggita in tutti gli altri sogni come questo.

Liz capì che ogni volta che avevano sognato questo Cielo Antariano, disteso sopra di loro come un luminoso tappeto sacro, c'era stato un significato. Una cosa che era ancora più vera adesso di quanto non lo fosse mai stata prima.

Il re era tornato al suo regno e tutto andava di nuovo bene nel mondo.

The king had returned to his kingdom, and all was right with the world.


Fine

 

   
 
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