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Autore: Marti Lestrange    11/08/2014    4 recensioni
[STORIA SOSPESA]
Outlaw Queen [ReginaxRobin]; AU [Storybrooke+Sherwood Forest]; mini-long.
Dalla storia:
{- Lei sarebbe? - li interruppe Regina, alquanto seccata. Si stava stufando di tutte quelle presentazioni.
L'uomo tornò a guardarla.
- Robin. Robin Locksley.}
Genere: Azione, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Regina Mills, Robin Hood
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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THE OTHER SIDE OF THE DOOR
capitolo 3
begin again.
 
 
 
“And I want to talk about that
And for the first time 
What's past is past 
[…]
I've been spending the last 8 months
Thinking all love ever does 
Is break and burn and end 
But on a Wednesday in a cafe 
I watched it begin again”.
 
 
 
Quella mattina a Storybrooke aveva deciso di piovere. L’acqua scivolava via sull’asfalto, fedele replica del tranquillo fiume Trent. Sembrava quasi che volesse lavare via tutto lo sporco, come se la città, una volta uscita dalla tempesta, rinascesse a vita nuova. Ma Robin sapeva che niente avrebbe potuto ripulire Storybrooke. Sicuramente non la pioggia. 
Come di consueto, lasciò Roland all’asilo, affidandolo alle cure di Alice Miller, e decise di concedersi un caffè da Granny’s. Il locale era relativamente tranquillo, a quell’ora. In pochi facevano colazione fuori, preferendo la quiete delle proprie abitazioni. Appena entrato, l’attenzione di Robin venne attirata dalla figura solitaria di Regina Mills, seduta ad un tavolo centrale, il giornale aperto di fronte e una tazza di caffè poggiata lì accanto. Automaticamente le si avvicinò, contrariando la vocina interiore che gli intimava di lasciar perdere, che sarebbe stato meglio per lui non immischiarsi, che Regina non era alla sua portata e che, indubbiamente, non gli stava nemmeno simpatico, quindi perché sprecare tempo? Invece, fece tutto il contrario. Si sedette sulla sedia libera di fronte alla donna e, quando lei abbassò il giornale, stupita, lui le rivolse un sorriso aperto. 
- Buongiorno, agente Mills – la salutò candidamente. 
- Locksley – replicò lei seria, il giornale ancora aperto tra le mani. L’Eco di Storybrooke non offriva quelle che potevano essere considerate notizie succulente. Era uno di quei banali giornaletti locali che venivano stampati due volte a settimana e che avevano la presunzione di sapere tutto di tutti, in città. La verità era che anche l’Eco era una creatura dello Sceriffo e pubblicava solo ciò che Guy Gisbourne passava sotto il suo attento veto. Cioè, niente che potesse intaccare l’immagine della centrale e dell’affidabile e irreprensibile Sceriffo Keith.
- Non dovrebbe leggere quella robaccia, sa? – le intimò Robin accennando al giornale.
Regina alzò le spalle. – Sto cercando di capire come viviate qui a Storybrooke e devo dire che questa porcheria rende bene l’idea.
Così dicendo, chiuse il giornale e lo lasciò cadere malamente sul tavolino. Incrociò le dita sul piano in legno e osservò Robin attentamente. Lui sostenne il suo sguardo, serio. Il fatto che Regina avesse capito da sola il grado di degrado del giornale – e della città stessa – lo faceva ben sperare, ma anche vergognare profondamente. Lui lì ci viveva e non faceva niente per cambiare le cose. Se non per lui, almeno per suo figlio. In quel momento, si sentì solo un misero fallito.
Ruby lo salvò dalla repentina intenzione di alzarsi e lasciare Granny’s con la coda tra le gambe, solo per non dover subire lo sguardo severo e carico di giudizi di Regina Mills.
- Cosa ti porto, Robin? – gli chiese. 
Lui alzò gli occhi su di lei e le sorrise. – Un caffè amaro, grazie. E uno di quei muffin ai mirtilli che adoro.
Ruby ricambiò il sorriso. Robin voleva molto bene a Ruby e Theodore Lucas. Erano due ragazzi persi, soli al mondo, che si impegnavano quotidianamente per portare avanti la loro attività al Granny’s, e lui li teneva d’occhio, aiutandoli quando serviva loro una mano.
- Agente Mills, gradisce dell’altro caffè? 
- Volentieri. Faccio compagnia a Robin – replicò Regina distendendo le sue belle labbra in un sorriso dolce che Ruby ricambiò. Vedere Regina – l’inflessibile agente Mills – sorridere a quel modo, fece cambiare immediatamente idea a Robin riguardo la sua fuga repentina. Sarebbe rimasto delle ore, seduto a quel tavolino, a vederla sorridere. Dentro di sé, la sua parte razionale gli diede una manganellata sui denti per tutto quell’oceano di sciocchezze che stava vomitando. Si era per caso ammattito tutto d’un colpo? 
Dopo che Ruby ebbe portato loro i caffè – e addirittura due muffin per Robin, uno omaggio della casa – i due bevvero silenziosi dalle loro tazze per alcuni estenuanti minuti, prima che Regina decidesse di rompere il silenzio.
- Tuck mi ha detto che ha un figlio – disse, il tono di voce meno serio e formale di prima. 
Per poco Robin non le sputò il caffè in faccia per la sorpresa. Diavolo, Tuck non sapeva mai tenere la bocca chiusa. Non che fosse un segreto, ma avrebbe preferito raccontare i fatti suoi spontaneamente.
- Roland – rispose lui dolcemente, sorridendo. Ogni volta che parlava di suo figlio non poteva farne a meno.
- Quanti anni ha?
- Cinque. Il prossimo anno inizierà le elementari. Mi sembra ieri che gli cambiavo i pannolini e strillava come un matto.
Robin rise sommessamente e Regina si unì a lui. Lui la osservò. Aveva una risata bellissima. 
- Credo che Tuck le abbia detto anche di mia moglie.
Regina tornò seria e Robin notò un lampo di qualcosa di molto simile all’imbarazzo, nei suoi occhi scuri. Abbassò lo sguardo sulla sua tazza di caffè.
- Non c’è problema – continuò Robin, intuendo quella che sarebbe stata la risposta di Regina da quei pochi, attenti movimenti. – Va bene così. Tanto sarebbe venuto a saperlo, presto o tardi.
Regina rialzò lo sguardo su di lui. – Mi dispiace tanto. Come è successo?
- Due anni fa – rispose pacatamente lui, che intanto aveva finito il suo primo muffin. – Si è ammalata e nel giro di sei mesi l’ho persa. Tumore al cervello allo stadio avanzato. Non c’è stato niente da fare. L’ho vista spegnersi giorno dopo giorno, abbandonarmi – abbandonarci. Marion è sempre stata una donna solare, energica, attiva. In quei sei mesi, la Marion che conoscevo – la Marion che amavo – scomparve. 
Regina annuì e, inaspettatamente per entrambi, allungò una mano e la poggiò su quella di lui. La sua pelle era calda e Robin osservò per un momento le loro mani unite, spaesato. Si guardarono negli occhi e poi, veloce come l’aveva allungata, Regina ritrasse la mano, forse rendendosi conto all’improvviso dell’avventatezza del suo gesto. 
- Il passato è passato – esclamò lui sorseggiando del caffè. – Mi spiace averla intristita con tali racconti di prima mattina.
Regina scosse la testa. – Mi ha intristita, sì, ma non si faccia problemi. In fondo, le ho chiesto io di suo figlio. Sono stata io ad aprire questo spinoso argomento.
- Non si senta in colpa, adesso – rise Robin poggiando sonoramente la tazza vuota sul tavolo. – Piuttosto, visto che ormai sa praticamente quasi tutto di me, perché non ci diamo del “tu”?
- Più che volentieri – replicò Regina sorridendogli.
 
 
*
 
 
- Vai a chiamarmi l’agente Scarlet, Gisbourne.
- Subito, Sceriffo.
Gideon trovò Will Scarlet seduto alla sua scrivania. Beveva del caffè trovato nel bollitore nell’angolo, sotto la finestra, e leggeva dei vecchi rapporti conservati nell’archivio della centrale. Chiuse in fretta la pagina non appena vide Gisbourne avvicinarsi a lui.
- Capo – lo salutò ironicamente.
- Scarlet, lo Sceriffo vuole parlarti. Nel suo ufficio. Seguimi.
Will posò di mala voglia la sua tazza e seguì Gideon fino all’ufficio in fondo alla stanza, il “regno” dello Sceriffo Keith.
Gideon richiuse la porta dietro di loro e Will si accomodò su una delle due sedie poste di fronte alla caotica scrivania. Keith l’osservò attentamente e in silenzio per qualche minuto, poi si chinò in avanti e parlò.
- Agente Scarlet, a che punto siamo con le indagini sul caso Glass?
- Ad un punto morto, Sceriffo. Almeno per ora – rispose il ragazzo. – Non ci sono tracce del taccuino e del registratore, che costituiscono ancora due importanti prove per saperne qualcosa in più. Inoltre, abbiamo interrogato ancora una volta i ragazzini che hanno rinvenuto il corpo, ma inutilmente. Non sono emersi nuovi dettagli.
Keith si passò una mano sulla corta barba scura che gli ricopriva il mento, pensieroso. O almeno fingeva di pensarci sopra.
Gideon Gisbourne assisteva alla conversazione dalla sua postazione accanto alla porta, dietro le spalle di Will.
- Spero che i tuoi agenti si stiano impegnando attivamente per ritrovare quegli aggeggi – borbottò Keith.
Gideon non era pienamente d’accordo sull’utilizzo del sostantivo “aggeggi”, ma ci pensò due volte prima di esprimere il suo dissenso. Ritrovarli era imperativo, prima che quel dannato agente Mills ci mettesse sopra le sua sporche manacce.
- Una volta ritrovati, sai cosa fare, agente Scarlet – gli intimò Keith. 
– Li porterò qui da lei per prima cosa – rispose Will prontamente. 
Gideon non si fidava di Scarlet. Era sempre stato – e così sarebbe rimasto – un uomo di Locksley. La presenza silenziosa di quell’uomo aleggiava ancora nei corridoi e nelle stanze della loro piccola centrale, e ammorbava i pensieri di Gideon come un’ossessione. Sapeva che Scarlet avrebbe fatto vedere quelle prove prima al suo ex capo che a loro, ma Keith sembrava fidarsi, stranamente. E Gideon, ovviamente, non lo contraddiceva. Mai.
- Puoi andare, Scarlet. 
Will si alzò e, prima di lasciare la stanza, rivolse a Gideon uno strano sguardo. “Siete due poveri babbei”, dicevano quegli occhi. “E io lo so”.
 
 
*
 
 
- Agente Mills!
Regina si voltò, le mani nelle tasche del soprabito scuro a doppiopetto, stretto in vita con un doppio nodo. La borsa a spalla, stava rientrando al bed&breakfast dopo un’improduttiva mattinata passata a gironzolare per Storybrooke con la speranza di sapere qualcosa in più sui suoi abitanti. I tacchi alti risuonavano sonori sul marciapiede.
Un uomo alto dalla barba scura ben rasata e i capelli tagliati corti, quasi militarmente, la raggiunse dall’altra parte della Main Street tranquilla. Indossava l’uniforme della polizia locale e Regina lo identificò come uno dei loschi figuri dai quali Robin l’aveva messa in guardia: Gideon Gisbourne e lo Sceriffo Keith. Regina era pronta a giurare si trattasse di Gisbourne. Lo Sceriffo non si sarebbe di certo scomodato personalmente così presto. 
- Agente Mills – ripeté l’uomo una volta che l’ebbe raggiunta. Le rivolse un sorriso tirato e fintamente cortese. – Gideon Gisbourne, vice-comandante in capo delle forze di polizia di Storybrooke.
Le tese la mano e Regina la strinse, anche se di malavoglia. Aveva indovinato, allora. Stava facendo conoscenza del famoso – e temuto – Guy.
- Regina Mills, Interpol – replicò lei, seria. Non aveva intenzione di dare spago a quell’uomo che, già da una prima occhiata, non le piacque per niente. E non solo perché era prevenuta dalle parole di Locksley.
- Volevo soltanto darle il benvenuto in città, agente Mills – continuò lui. – Finalmente ci incontriamo…
- Non mi dica che nessuno di voi in centrale era informato sulla mia residenza qui a Storybrooke, agente Gisbourne.
Sottolineò la parola “agente” in modo non del tutto positivo, e Gisbourne storse impercettibilmente il naso. I suoi occhi color ghiaccio la sondavano attentamente, in cerca dei suoi punti deboli. 
All’improvviso, l’uomo scoppiò a ridere, battendo le mani. Regina lo guardò come si guarda uno spettacolo miserevole che crede di essere divertente.
- Ha ragione, ha perfettamente ragione. Mea culpa. È che questi sono giorni impegnativi, per la mia squadra. Sa, per via dell’omicidio…
“Colpo basso”, pensò Regina. Si limitò ad annuire.
- Capisco – aggiunse. – In ogni caso, ora che ci siamo presentati, credo che non ci sia bisogno di dirle che, dal momento in cui sono arrivata in città, in qualità di agente dell’Interpol, ho formalmente assunto il controllo delle indagini. Dico bene?
Gisbourne le riservò un sorriso fin troppo unticcio per i suoi gusti. Ogni traccia di finta cortesia era sparita del tutto.
- Si sta mettendo nello schieramento sbagliato in questa battaglia, agente Mills – cominciò lui facendosile più vicino. – Perché non fa un salto al Rabbit Hole, una sera di queste? Lì capirà cosa vuol dire essere dalla parte giusta. Allo Sceriffo non farà particolarmente piacere quando gli riferirò questa nostra conversazione…
Così dicendo, la prese per un braccio, stringendo forte. Le sue dita le penetrarono nella carne tanto da farle cacciare un grido.
- Mi lasci immediatamente! – protestò.
- Hey, Gisbourne!
Regina si voltò. Robin Locksley era già addosso all’uomo, che lasciò andare immediatamente il suo braccio. Robin lo prese per il colletto della divisa nera, sbattendolo contro il muro in mattoni degli edifici lì accanto.
- Non metterle le mani addosso mai più, intesi? – gli sibilò a pochi centimetri dal viso. 
Gisbourne gli scoppiò a ridere in faccia. A quanto pare trovava la cosa piuttosto divertente. Regina si avvicinò ai due uomini. Non voleva che Robin finisse nei guai per colpa sua.
- Potrei schiaffarti dentro per offesa a pubblico ufficiale, nonché per tentata aggressione – rise Gisbourne, mentre Robin continuava a tenerlo inchiodato al muro. – Passare qualche mese al fresco aiuterebbe il tuo caratteraccio, Locksley.
Regina posò una mano sul braccio di Robin proprio mentre lui stringeva ancora di più la presa su Gisbourne, gli occhi sbarrati e la furia nello sguardo.
- Robin, basta così – gli disse lei. – Non ne vale la pena. 
Robin incontrò lo sguardo di lei, che gli fece un cenno di incoraggiamento, e infine lasciò andare l’uomo. Gisbourne espirò, sistemandosi la divisa. 
- Non finisce qui – borbottò rivolto a Robin.
- No, infatti – replicò Regina, le mani sui fianchi, severa. – Nel mio rapporto riferirò anche la mancanza di professionalità e serietà del vice-capo in comando, oltre che le sue minacce ad un agente Interpol inviato dal governo di Sua Maestà. Può contarci, Gisbourne.
Quest’ultimo la guardò malamente e poi, silenzioso, girò sui tacchi e si allontanò. Regina lo osservò ancora per un momento e poi si voltò verso Robin. Lui la osservava attento.
- Tutto bene? – le chiese.
Regina annuì. – Non metterti più in mezzo, per favore. Rischi solo di dar loro dei motivi per sbatterti dentro. 
- Odio quell’uomo – bofonchiò Robin passandosi una mano sul volto. All’improvviso sembrava stanco. Stanchissimo. Come se stesse lottando da tutta una vita, inutilmente.
- Lo so. Non avevo capito cosa intendessi quando mi avevi messo in guardia da Gisbourne e lo Sceriffo. Ora ho capito perfettamente che tipi sono.
- Devi stare attenta, Regina – disse Robin, premuroso, prendendola per le spalle. – Sono privi di scrupoli e passerebbero sopra tutto e tutti pur di fare il loro gioco. Passerebbero persino sopra di te.
Le sue mani le scivolarono lungo le braccia, andando a fermarsi all’altezza dei gomiti. Regina sentiva tutta la pressione e quel contatto, seppur mitigato dalla stoffa del soprabito leggero, la faceva tremare. 
- Posso farcela a stare fuori dai guai – lo rassicurò lei. – E poi posso sempre chiamarti, in caso di bisogno, no?
Regina rise e Robin si unì a lei. Sentirlo ridere le provocava strani movimenti all’altezza dello stomaco. Era bello.
- Certamente. Quando vuoi. 
I due si sorrisero. In quel momento, Robin si accorse delle sue mani ancora sulle braccia di lei, perché le abbassò velocemente, nascondendole nelle tasche della giacca verde. Regina si rilassò.
- Sto tornando da Granny’s per cena… - iniziò lei.
Robin la guardò e le sorrise. – Vengo con te.
 
 
*
 
 
Ruby aprì la porta di camera sua stancamente. Quella era stata una serata piuttosto attiva, giù al ristorante. Sembrava che l’arrivo di Regina Mills avesse attirato ancora più clienti. Avevano lavorato ininterrottamente dalle sette alle due, servendo cena e poi facendo servizio bar nelle ore più tarde. Regina aveva cenato insieme a Robin, Will e il piccolo Roland. Avevano riso e Ruby aveva lanciato loro qualche sguardo interessato. Era troppo impegnata a servire e a mangiarsi Much con gli occhi per dedicare tutta la sua attenzione a Locksley&company
Lei e Much avevano una storia e la loro reciproca attrazione non era facilmente celabile, ma entrambi si impegnavano con tutta l’anima, soprattutto perché nessuno sapeva nulla della loro relazione. Ed era meglio così. In fondo, non era niente di serio e non volevano che le famiglie si facessero strane idee. Nel suo caso, suo fratello Tuck avrebbe messo i manifesti per tutta Storybrooke, portato com’era a tenersi per sé i suoi affari. Da parte di Much, potevano contare sulla discrezione di Alice, ma non di Will, il suo migliore amico, o della signora Miller, che oltretutto nemmeno la sopportava, fin dai tempi del liceo. 
Ruby si buttò sul letto, in attesa che Much la raggiungesse di sopra entrando dalla porta sul retro. Si sporse verso il comodino e aprì il piccolo cassettino. Il registratore era ancora lì. Ruby lo osservò per un momento e fece per prenderlo quando sentì bussare piano alla porta. Much. Richiuse in tutta fretta il cassetto e si precipitò ad aprire. Il ragazzo le si buttò addosso, spogliandola velocemente dei pochi vestiti che Ruby era solita indossare da Granny’s. I due si baciarono con voracità, mentre Ruby trascinava Much sul letto. 
- Cosa stavi facendo? – le chiese lui baciandole la mascella. – Qui tutta sola…
- Ti stavo aspettando… - sussurrò lei. – Sta’ zitto, adesso.
Ripensò ancora per un secondo al registratore, che bruciava sulla sua coscienza, nascosto in quel cassetto, ma accantonò ben presto quel pensiero. Chiuse gli occhi, spinse Much contro il materasso e gli salì sopra. Si avventò sulle sue labbra, dimentica di tutto il resto.
 
 
 
 
NOTE
 
  • Titolo e citazione arrivano dalla bellissima “Begin Again” di Taylor Swift.
  • L’Eco di Storybrooke l’ho inventato io.
  • Vi ricordo che in questa mia storia Ruby è sorella di Theodore “Tuck”.
 
 
Salve salve!
Allora, eccomi qui con un nuovo aggiornamento, come al solito in vergognoso ritardo. Chi segue anche le altre mie long ormai mi conosce XD
Detto ciò, non ho precisazioni da fare su questo capitolo… Spero solo vi sia piaciuto. Regina e Robin cominciano a fidarsi e a fare conoscenza, e devo dire che il modo in cui Robin ha difeso Regina mi ha fatto fangirlare e non poco. E l’ho anche scritto io… ahahhahaha Va be’, non fateci caso. 
E che ne dite di Ruby e Much? Vi ricordo che Much Miller è “interpretato” da Aaron Taylor-Johnson :3 E, a proposito, scopriamo che fine ha fatto il registratore scomparso di Sidney. Come mai ce lo avrà Ruby? Il mistero sarà svelato nel prossimo capitolo, ovviamente.
 
 
Vi ricordo il mio gruppo FB, per chiunque voglia fangirlare in compagnia. 
 
 
A presto!
Marti
 
 
 
   
 
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