BAILAMOS-CAPITOLO
14
Quante
luci dentro ho già spento
quante volte gli occhi hanno pianto
quante mie incertezze ho già perso
Come
si cambia per non morire
come si cambia per amore
come si cambia per non soffrire
“Come si
cambia”- Fiorella Mannoia
Dio mio, che
dolore atroce! Il dolore che provavo
alla testa, in questo momento, era un qualcosa di terribile. Sentivo il
martellante ‘tum, tum’ del cuore battermi nel
cervello, paragonabile ad un
martello che batte su un chiodo. Non a caso nella mia mente vedevo
grandi
martelli camminare, un po’ come nel video dei Pink Floyd:
“Another brick in the
wall”.
E in
più sentivo il corpo pervaso da una straziante
nausea all’altezza dello stomaco, non mi sentivo
così dal Capodanno di tre anni
prima, quando volli sfidare la sorte nel bere un bicchiere di spumante
a casa
di mia zia Maddalena.
Ma cosa cavolo
avevo combinato? Non ricordavo
assolutamente niente.
Aprii lentamente
le palpebre, poi girai il capo alla
mia destra notando che l’orologio posato sul mio comodino
segnava le sette e
mezza. Poi lo girai a sinistra notando…ma cosa? No, era un
sogno, sicuramente!
Aprii e chiusi
gli occhi almeno cinque volte, ma la
scena che mi si presentò era sempre la stessa: Gabriele per
metà steso sul mio
letto e per metà seduto.
Ma cosa diamine
era successo ieri sera? Dovevo
cercare di ricordare.
Mi tirai a
sedere sul cuscino, notando che ero
ancora vestita e che il mio orologio e i miei braccialetti erano posati
sul
comò accanto alla televisione.
Posai una mano
sul mio stomaco…mi sentivo uno
straccio.
Poi rimasi
qualche attimo ad osservare il soffitto
bianco…dovevo ricordare, ma alla mia mente si presentavano
solo scene in cui
ero protagonista, insieme allo spagnolo e a Luz, in un Luna
Park…quello lo
ricordavo e poi sì…sua cugina che, a fine serata,
mi aveva dato una torta.
Un secondo! Una
torta? Oh mio Dio…no! Possibile che
dentro ci fosse del liquore?
Portai una mano
alla fronte e iniziai a respirare
lentamente…mi ero ubriacata davanti a Gabriele e lui era
rimasto a controllare che
non mi sentissi male, e poi si era
addormentato…sì, sicuramente era andata
così. Dannazione…e se gli avessi detto qualcosa
di sconveniente? Se gli avessi
confessato qualcosa di troppo? Oh al diavolo…anche se fosse
successo, il tutto
era stato involontario e poi…ormai non ci si poteva fare
più niente.
Sebbene il mio,
fosse un letto matrimoniale, lo
spagnolo era molto vicino a me, riuscivo a sentire benissimo il suo
profumo e a
vedere le sue lunghe ciglia nere. Alcuni riccioli erano posati sulla
sua fronte
e in quel momento fui quasi tentata di accarezzarlo. Gabriele aveva
un’espressione così angelica quando riposava. Che
fosse veramente un angelo?
Dopo qualche
secondo, vidi che si stava muovendo. Si stava svegliando.
Prontamente mi
coprii fino al collo con il lenzuolo,
ancora piegato sotto di me.
Poi lui
aprì gli occhi, che subito si scontrarono con i
miei.
I nostri sguardi
rimasero incatenati per qualche
secondo, poi quasi avesse ricevuto una scossa, lo spagnolo si
alzò in piedi.
-Oh
Gesù, s-scusa Esmeralda, n-non volevo, mi sono
addormentato. Scusa…m-ma come stai? Stai meglio?-
balbettò imbarazzato e
aggiustando le pieghe della sua camicia, leggermente sgualcita per via
della
posizione in cui aveva riposato.
-Sì…cioè,
no, non credo! Mi gira la testa e ho una
forte nausea.- ammisi, posando una mano sulla mia fronte,
-Cavolo…mi
dispiace! Questa notte hai vomitato tre
volte, o quattro…
Mi aveva visto
vomitare? No, questo era il colmo!
Che figuraccia…
-Ah…
scusami per i problemi che ti ho causato e per
le parole, di cui al momento non ricordo, che ti avrò detto.
Appena finii di
dire “le parole che ti avrò detto”,
si fece rosso in viso.
Cavolacci…chissà
che cosa avevo detto.
-No,
tranquilla…senti, te la senti di venire al
lavoro?- si avvicinò alla porta della mia camera.
-Ovvio,
sì…certo!
Mi alzai in
piedi, ma un forte giramento di testa mi
rifece distendere.
Lo spagnolo si
avvicinò subito, aiutandomi a
stendermi e aggiustandomi il cuscino.
-Forse
è meglio se oggi tu non vada al lavoro…la
pasticceria apre alle otto e mezza, quindi forse siamo ancora in tempo
per
avvertire Rachele, potrebbe sostituirti lei.
-No Gabriele,
dammi qualche minuto e mi riprendendo.
E’ solo che io non sopporto proprio gli
alcolici…il mio corpo non reagisce
bene…come avrai potuto constatare tu stesso. Ma spiegami,
come cavolo ho fatto
a ubriacarmi e a ridurmi in questo stato?
-Oh
beh…ricordi qualcosa di ieri?
Adesso si era
appoggiato al comò dove era posata la
tv.
-Sì…ricordo
tua sorella, il luna park, tu che
accompagni Luz da tua cugina e una torta fatta da
quest’ultima, che poi ho
tagliato e ho assaggiato in casa mia con te.
-Bene…vedi
il punto sta proprio nella torta fatta da
mia cugina. Lei cucina sempre con dell’alcool, e dentro il
pan di spagna ha
messo della vodka e del rum.
L’avevo
detto io! Maledetta torta.
-Mhm…
dovevo capirlo dall’odore! Sono proprio stata
una stupida e sono anche una pasticcera, pensa che figura ho
fatto…- parlottai
tra me e me,- e basta? Solo della torta mi ha ridotto così?-
chiesi corrugando
la fronte.
-Inizialmente
sì…poi la situazione è peggiorata
perché hai voluto bere del vino, mi hai detto che te
l’aveva dato la tua vicina
di casa.
Oh
no…la signora Agnese e la bottiglia di vino
datale da suo figlio imprenditore!
-Sì…ricordo
la bottiglia! Ma come diamine ho
potuto?! Uff…scusa davvero per i problemi.
Prima dicevo che
tutti i maschi erano inaffidabili e
poi…mi comportavo io da tale.
-Non ti
preoccupare, non farti nessun
problema…tranquilla! Piuttosto…ti senti meglio?
Mi avevi detto di darti qualche
minuto…
Provai a
rialzarmi ma il martello dentro il mio
cervello non la voleva smettere. No, non potevo andare in questo stato
al
lavoro.
-No, direi
proprio di no! Senti Gabriele prova a
chiamare Rachele, spiegale la situazione…ma nel caso lei non
potesse venire a
lavoro, dille che non fa niente e che mi sforzerò ad andare.
Hai il suo numero?
-Sì
sì…vado e ti faccio anche una camomilla, okay?
Annuii con il
capo e poi lo spagnolo, acceso il suo cellulare,
si allontanò in cucina.
Avevo un corpo
davvero orrendo…diventare
un’ubriacona solo dopo qualche morso di torta e un
po’ di vino…era mai
possibile? Boh.
Aspettai circa
dieci minuti, poi il moro ritornò,
con un tazza fumante che posò accanto a me.
-Beh?- domandai
guardandolo negli occhi.
-Ha detto che
prenderà lei il tuo posto e di riposarti.
Sai mi sembrava anche contenta.
-In che senso? -
chiesi con un’espressione di
curiosità dipinta sul volto.
-Mi ha detto che
finalmente stai ritornando umana e
che è molto felice che io ti abbia aiutato. In ogni caso, ha
ragione…riposati
per oggi Esmeralda. Io faccio un salto a casa per prepararmi e andare
al
lavoro…hai bisogno di qualcosa, prima che vada?
-Oh
no…cioè, forse una bacinella e degli
asciugamani…li puoi trovare nel mobile da cui prendesti il
phon l’altra
sera…credo mi serviranno se ho da rimettere.- risposi con
imbarazzo.- e poi se
puoi portarmi dell’acqua…l’ultima volta
che stetti così male lessi che bere
l’acqua aiuta dopo che si ha una sbornia.
-Certo, ti porto
tutto.
Si
allontanò per prendere tutto quello che gli avevo
richiesto, poi mi accese anche la tv e mi diede dei libri che
trovò posati
sulla mia scrivania, “per far passare il tempo”,
come aveva detto lui.
Era davvero una
brava persona Gabriele. Mi stava
aiutando nel momento del bisogno, e non stava ridendo di
me…perché,
sicuramente, con il viso pallido e le labbra screpolate che mi
ritrovavo, ero
uno spettacolo divertente.
-Grazie! Senti
ma…ieri, oltre a fare l’ubriacona, ti
ho detto qualcosa...?- domandai con imbarazzo…e paura,
sì ero spaventata di
avergli parlato di Adriano e di avergli confessato che forse mi piaceva.
Anche lui si
imbarazzò.
-No, nulla di
cui ti debba preoccupare. Hai
parlottato di cose senza senso.
-Mi stai dicendo
la verità?
I suoi occhi
erano posati sul pavimento…non mi stava
dicendo la verità, ma era meglio non indagare troppo, oppure
mi sarei sentita a
disagio tutto la giornata.
-Vabbè,
ti credo.- conclusi.
-Bene allora io
vado, Esmeralda…mantieni il
cellulare acceso, ti chiamerò ogni due ore per vedere come
stai.- sembrava più
tranquillo, ora.
-No, non ce
n'è bisogno, tranquillo. Non ho la
febbre o l’influenza…
-Insisto!-
ribatté con tono serio.
-E va bene.- mi
arresi. Non ero nella condizione di
fare l’acida e rifiutare,- ah…comunque ti sei
sciacquato il viso? Ti sei fatto
un caffè? Casa mia è a tua disposizione.
-Non ti
preoccupare…non ho dormito molto, quindi ho
il viso sveglio e poi ora torno subito a casa.- mi sorrise.
-Okay, come
vuoi! Allora ancora scusa, grazie e a
dopo.
-Smonto alle sei
e mezza, posso venirti a trovare
dopo?
Voleva venire a
trovarmi, di nuovo? Non gli era
bastato vedermi in questo stato pietoso?
-Se ti fa
piacere…- lasciai la frase in sospeso.
-Mi fa piacere.
Ciao.- mi sorrise e poi chiuse la
porta della mia camera.
Il resto della
mattinata lo passai a vedere
programmi di gossip e cartoni animati, vomitando
“solo” due volte.
Mi
arrivò anche un messaggio di Rachele in cui mi
scrisse che sperava che mi sentissi meglio e che verso le otto mi
avrebbe
telefonato. Io le risposi che mi scusavo per averle tolto la giornata
libera e
le augurai buon lavoro, poi mi arrivò anche una chiamata da
parte di Alfredo, il quale fu molto sopreso di sapere che non sarei
andata in gelateria...in effetti avevo fatto, sì e no
quattro assenze a lavoro, negli ultimi cinque anni.
Verso le dodici,
poi, sentii il campanello di casa
suonare. Chi poteva essere? Speravo non fosse
l’amministratore venuto a
richiedere le bollette.
Cercai di farmi
forza e mi alzai. Anche se mi sentivo
meglio rispetto a qualche ora prima, la nausea continuava ancora.
A passo di
lumaca spiai dallo spioncino per vedere
chi fosse venuto a farmi visitare. Una ragazza mora era fuori la mia
porta.
-Chi
è?- domandai.
-Scusa del
disturbo, sono Mercedes Santos, la cugina
di Gabriele Levanti.- rispose la ragazza con uno spiccato accento
spagnolo.
Ma un attimo! La
cugina di Gabriele? Perché?
Aprii,
barcollando, la porta di casa.
-Oh cara ma tu
sei debole, appoggiati a me- disse
entrando in casa e passandomi un braccio attorno alle spalle. Poi
chiuse la
porta di casa.
-Oh grazie,
prego si accomodi.- le dissi, facendomi
aiutare.
In
un’altra occasione non mi sarei fatta aiutare, ma
come detto prima, non ero troppo forte per fare l’acida.
-Sono Mercedes,
mi ripresento…tu sei Esmeralda?
-Piacere di
conoscerla Mercedes, sì sono Esmeralda
De Angelis.
-Non darmi del
lei, sono la cugina di un tuo amico.
Sono venuta per chiederti scusa.- rispose sedendosi sul divano del
soggiorno,
dopo aver aiutato anche me a sedermi.
-Come, prego?
Scusa ma sono un po’ rimbambita al
momento.
-Oh beh vedi,
sono io l’artefice della torta che ti
ha fatto stare male. Gabriele ieri sera mi aveva accennato qualcosa, e
qualche
ora fa, tornando a casa, mi ha detto tutto…è
stato il mio dolce a farti
ubriacare. Mio cugino sa che sono qui, è lui ad avermi dato
l’indirizzo…voleva
che controllassi il tuo stato.
-Ma non
c’è bisogno di scusarsi! Sono una
pasticcera, so che il liquore è un ingrediente che si usa
nei dolci…e tu non
hai nessuna colpa se il mio corpo reagisce
così…stranamente ed eccessivamente
per due pezzi di torta.
La guardai
bene…assomigliava a Luz, di diverso aveva
solo l’espressione e la forma degli occhi. Se non avessi
notato questa
somiglianza e se non mi fossi ricordata vagamente di averla vista
vicino al
portone dello stabile di Gabriele la sera prima, probabilmente non le
avrei
dato così confidenza.
-Mi
tranquillizzano un po’ le tue parole, ma sono
dispiaciuta ugualmente…so di aver esagerato con gli
alcolici, non avrei dovuto
mischiare rum e vodka. Come stai, al momento?
-Meglio…mi
gira ancora un po’ la testa e la
debolezza ,così come la nausea, non vuole decidere ad
andarsene, ma…meglio. Se
vuoi puoi tornare a casa, grazie di essere venuta, sebbene non ci
conosciamo o
siamo amiche, ho apprezzato il pensiero. - conclusi, sorridendole.
-Ma no, quale
tornare a casa! Voglio assicurarmi che
tu non rimetta più e ti riposi a sufficienza. Sarebbe un
problema se ti
cucinassi il pranzo e ti facessi compagnia nel pomeriggio?
-Oh…ma
non vorrei disturbarti…non hai un lavoro o
tua cugina a cui badare?
-No, i genitori
di Gabriel sono tornati stamattina,
per cui quando torna da scuola, possono badare loro alla loro bambina,
e per il
lavoro…sono un babysitter, ma da qualche settimana nessuno
mi ha chiamata.
-Capisco.
Beh…allora sì, un po’ di compagnia non
potrà farmi che bene.
Sorrise, facendo
brillare i suoi grandi occhi
marroni.
-Perfetto. Dove
hai i cuscini e le coperte? Ti
sistemo il divano, così poi ti porto il vassoio qui.
-Sono nel
ripostiglio, dietro a quel tavolo,- le
indicai il mobile del salotto,- comunque mangerò in cucina,
e ti aiuterò a
cucinare.
-No, no
Esmeralda…tranquilla, le cucine sono mie
amiche e poi…promesso, non metterò alcolici o
roba così.- concluse, facendomi
l’occhiolino e sparendo in cucina.
Bah…era
un po’ strana come ragazza, ma sembrava
simpatica.
All’una
e mezza, Mercedes aveva finito di cucinare
un brodo con un po’ di pastina e aveva tagliato dei pezzi di
formaggio
parmigiano e di mela…anche per lei.
-Bene Esmeralda,
spero di aver cucinato bene. Sono
abituata alla cucina spagnola che è
più…pesante.- sorrise imbarazzata.
-Grazie mille
per le attenzioni e per il disturbo,
Mercedes…sono davvero grata a te e Gabriele.
Mangiai due
cucchiai di brodino.
-E’ un
piacere, ma a proposito di Gabriel…- non lo
chiamava Gabriele, ma Gabriel con l’accento sulla
e…forse era la versione
spagnola del nome,- cosa
ne pensi di
lui? Sai mi parla spesso di te, sei sempre nei suoi discorsi.
Ero certa che le
mie guance si fossero imporporate
in quel momento.
-Beh,- posai il
cucchiaio con cui stavo mangiando e
mi schiarii la voce,- è un bravo ragazzo. E’
educato, gentile ed è un bravo
lavoratore.
Sorrise,
portandosi alle labbra della pastina.
-E’
bello saper che pensi queste belle cose di lui.-
poi sorrise amaramente,- sai Gabriel è un ragazzo forte,
molto…ha subito tante
cose spiacevoli nella sua vita. Poco meno di un anno fa fu tradito
dalla sua
fidanzata con cui aveva passato tanto tempo, poi quando venimmo in
Italia, ebbe
spiacevoli episodi nella sua carriera scolastica.
-In che senso?-
spiluccai un pezzo di mela. Mi
sentivo già sazia.
-Beh…ha
subito atti di bullismo alla scuola elementare e media…dei
ragazzi lo prendevano in giro perché non sapeva ancora
parlare
bene l’italiano, per il suo accento spagnolo…come
il mio, strascicato e perché
la sua carnagione abbronzata lo faceva mettere subito in risalto.
“Dall’elementari
che conosco tipi come quelli! Razzisti che appena sentono e vedono un
accento
diverso e una carnagione abbronzata, ti prendono in giro, ti
perseguitano, ti
fanno del male psicologico…o quando vedono una bella ragazza
si avventano su di
loro come le cozze sugli scogli! Appena si ripresentano o viene qualche
mal intenzionato
tu chiamami subito, claro?”
In quel momento
ripensai alle parole che Gabriele mi
disse quando vennero quei tipacci in gelateria…ora si
spiegava tutto.
Mi sentii
triste. Non conoscevo lo spagnolo da
tantissimo tempo, ma si era sempre dimostrato una persona sorridente,
simpatica, gentile…in quel momento mi sentii una vera
schifezza. Anche lui
aveva sofferto nella sua vita, e forse…anzi sicuramente,
più di me, vista la
violenza psicologica subita da bambino, ma al mio contrario continuava
ad
affrontare la vita con un sorriso. Io, invece…avevo lasciato
che il mio animo
si oscurasse, che il mio volto perdesse la bellezza dei sorrisi, che il
mio
cuore smettesse di battere davanti ad un bel ragazzo. Ero stata una
stupida, e
il guaio è che me ne accorgevo solo adesso.
-Ehi Esmeralda?
Stai bene…non vorrai mica vomitare,
no?- mi chiese Mercedes avvicinandosi.
-Oh no, sto
meglio, grazie! E’ solo che…ho pensato a
quello che mi hai detto, e sai…mi dispiace per
Gabriele…è davvero un ragazzo
forte.- conclusi, sospirando.
-Sì
lo è molto, ma qualcosa mi dice che anche tu lo
sei- mi fece l’occhiolino,-…hai finito con la
pastina? Non ne vuoi più?
-Io non sono
affatto forte, sono solo una sciocca
acida e scorbutica che merita di essere lontana da persone come
Gabriele.
Mercedes
posò il suo piatto sul tavolino dei
telecomandi, poi si sedette acanto a me e prese ad accarezzarmi i
capelli.
-Ma
perché dici così? Gabriel mi dice sempre che sei
una ragazza magnifica, coraggiosa,
intelligente…perché non meriteresti un
ragazzo come lui?
-Tuo cugino
è fin troppo buono…ma sai Mercedes,
anch’io ho subito una ferita sentimentale nella mia vita, ma
più che continuare
a testa alta, ho indurito il mio cuore, sprecando ben due anni della
mia
esistenza.
-Ma
no…senti, io e te non ci conosciamo molto, anzi
direi per niente, ma…mi fido di quello che dice mio cugino e
sai…tutti nella
vita facciamo degli errori, l’importante è
rendersene conto e rimediare.
-Rimediare? E
come si fa a rimediare a due anni di
vita passata con un cuore ibernato? - chiesi tristemente.
-Vivendo il
resto della tua vita diversamente.- mi
sorrise, trasmettendomi un po’ di calore.
-Grazie
Mercedes…posso abbracciarti?- le chiesi
timidamente.
-Ma certo.
Ci stringemmo in
un caloroso abbraccio, ma poi un
forte senso di nausea mi pervase e corsi in bagno per andare a
rimettere. Per
la serie “come rovinare un bel momento”.
***
Mercedes se
n’era andata da un paio di ore,
dicendomi che doveva finire di prepararsi per un esame universitario.
Durante
il pomeriggio avevamo parlato e avevamo scoperto un po’ di
cose l’una
dell’altra. Seppi che studiava ingegneria e che in’
estate la famiglia Levanti
sarebbe tornata a Barcellona per una paio di mesi, insieme a lei.
Gabriele, come
mi aveva accennato, era venuto a
farmi compagnia.
-Stai bene,
adesso?- mi chiese, seduto sul sofà di
fronte a quello su cui ero seduta io, e
su cui era stata seduta sua cugina, mentre io ero intenta a vedere una
telenovela.
In
realtà della tv non stavo seguendo un bel niente,
ma dopo ciò che avevo sentito su di lui, mi imbarazzava
guardarlo negli occhi.
-Sì,
grazie Gabriele…per tutto e per tua cugina.
Spalancò
gli occhi.
-E’
venuta realmente, quindi?
-Sì…abbiamo
mangiato anche insieme…o meglio io ho
solo assaggiato qualcosa per via dello stomaco sottosopra, e abbiamo
parlato
molto per gran parte del pomeriggio.
-Oh…comprendo!
Sì gliel’avevo chiesto io di passare a
vedere come stavi. E di cosa avete parlato?
Spostai, ora, il
mio sguardo su di lui.
Si era cambiato
i vestiti, e adesso indossava la
camicia bianca con sopra il gilè nero che indossò
il primo giorno in gelateria.
-Bah della
quotidianità…ho saputo che studia
ingegneria.
-Ah…
e basta?- sembrava quasi avesse timore.
Probabilmente
temeva che la cugina mi avesse detto
qualcosa su di lui (cosa che era successa), ma perché non
voleva che la
sapessi?
“Bhe
per lo stesso motivo per cui tu non vuoi che
sappia di te e Adriano”- rispose la mia vocina interiore.
-No!
Perché? Doveva dirmi qualcosa?
-N-no,
assolutamente! Bene…allora…io vado a casa, la
settimana prossima ho un esame.
-Ah, buona
fortuna, allora!
-Grazie.
Quindi…o-ora stai bene?
-Sì!
Sto molto meglio.
Così
detto lo spagnolo mi sorrise e poi mi salutò.
***
-Esmeee?? Ma
dici davvero?- trillò Rachele
dall’altra parte della cornetta.
-Sì…è
venuta sua cugina e mi ha raccontato di ciò
che è successo a Gabriele.
Io e
Rarà eravamo al telefono da almeno due ore, e
le avevo raccontato tutto ciò che era successo dalla sera
prima al luna park
all’incontro con Mercedes.
-Che tristezza,
povero cucciolo.- sospirò.- mi è
piaciuto però come hai risposto a Mercedes.
-Sì?
-Sì,
perché hai finalmente ammesso a te stessa, di
aver sbagliato in questi due anni a chiuderti. E’ da sempre
che ho cercato di
fartelo capire, ma tu hai fatto sempre la testarda.
-Lo so, ma
comprendimi…ciò che ho subito mi ha
distrutta. Io ero sul punto di sposarmi, sposarmi…capisci
Rac?
-Capisco Esme,
ma…non dovevi chiuderti a riccio per
colpa di un verme di quella specie…dovevi dimostrargli che
ciò che ti aveva
fatto ti aveva reso più forte non più acida, che
potevi benissimo trovare un
ragazzo migliore di lui.
-Sì,-
sospirai,- ma adesso l’ho capito e il guaio è
che non so che fare.
-Non
è difficile sai…ho sempre pensato che il tuo
carattere scorbutico fosse una maschera, ma ora la maschera
è crollata…non
pensi che sarà più facile essere la vera
Esmeralda?
-Non ricordo
più com’è la vera
Esmeralda…- ammisi
mordicchiandomi un’unghia.
-Oh basta con
questo piagnisteo, Raldina…
devo sempre fare gli stessi
discorsi?
-Come mi hai
chiamato, prego? Raldina?
-Sì
sì.- scoppiò a ridere.
-Brava Chelina!
Ma ora puoi dirmi perché nel tuo tono di voce sento tanto
entusiasmo?
Tossì,
quasi come se fosse…imbarazzata.
-Oh
beh…non è successo niente di che…fatta
eccezione
che per il fatto che…Bobby ed io siamo ufficialmente
fidanzati.- concluse,
urlando gioiosamente.
-Oh mio
Dio…oh mio Dio, è vero??- trillai
anch’io,
sorridendo.
Il mal di testa,
dopo aver parlato con la mia
migliore amica, era passato.
-Assolutamente…non
sai come sto in questo momento.
Appena sento la sua voce al telefono, mi viene la pelle
d’oca, mi trema la
voce…lo amo da matti.
Sorrisi. Sentivo
il mio cuore molto felice, in
questo momento.
-Non sai quanto
mi rendano felice la tue parole
Rarà. Tu, per me, sei come una sorella, quindi…se
il tuo cuore è emozionato lo
è anche il mio.
-Oh tesoro, come
sei dolce. Lo stesso è per me…e
vedrai che fra poco succederà una cosa bella anche a te.
-Che vuoi dire?
-Tra te e
Gabriele, no? A te piace, vero?
-E’
molto probabile…ma a lui?
-A lui, cosa?
E’ sicuro come l’oro che è cotto di
te, sciocchina.
-Bah…vedremo.
E niente…allora domani, prendo il tuo
posto.
-Sì…sempre
che tu stia meglio…
-Oh
sì la sbornia è passata.
Scoppiò
a ridere.
-Oh Dio, povera
la mia Esme, ubriacarsi per così
poco!
-Ehi! Non
ridere.- la rimproverai, per poi ridere
anch’io.
-Ah Esme?
-Sì?
-Sai che ci
sarà tra due mesi una specie di gara di
ballo? E’ una specie di saggio per la fine del mio corso. Ci
verrai, no?
-Rac…ma
mi hai visto ballare?
-Sì…stai
migliorando, e poi non mi hai detto che
Gabriele ti ha proposto delle ripetizioni?
-Sì…
-E allora?
E’ fatta, ti voglio bene, a domani.
Chiuse
così la telefonata, senza darmi agio di dire
né un se né
un ma.
***
Da quella
telefonata trascorsero giorni, che si
trasformarono in settimane che si trasformarono in un mese.
La mia vita
stava procedendo tranquillamente. Avevo
studiato molto, e mi ero tolta davanti tre esami in
quest’ultimo mese.
Il rapporto tra
me e Gabriele non era molto
cambiato, tranne per il fatto che se mi poneva una domanda io gli
rispondevo
gentilmente, sorridendogli anche. Per il resto, da quella volta del
Luna Park,
non ci eravamo dati altri “appuntamenti”, il
progetto delle lezioni di ballo,
l’avremmo iniziato fra una
settimana…sì, alla fine avevo
accettato…ormai l’idea
di passare più tempo con lui non poteva che piacermi. Solo
che lo spagnolo
stava studiando molto in quest’ultimo periodo, la
facoltà di medicina era molto
pesante, e anch’io stavo studiando tantissimo, chiudendo i
libri alle undici di
sera, ogni giorno… dunque avevamo deciso di posticipare le
lezioni più avanti.
Eravamo
già in aprile, fra poco ci sarebbe stato il
mio compleanno, e Alfredo amava questo periodo perché poteva
sbizzarrirsi nel
cucinare qualsiasi torta lui volesse, senza preoccuparsi dei gusti
troppo
difficili di alcuni clienti. Ero la sua assaggiatrice di fiducia, e mi
dava
sempre la possibilità di scegliere quale dolce volessi per
il mio compleanno.
Avrei compiuto ventiquattro anni…wow! Come volava il tempo.
-Esmeralda, hai
montato la panna? Posso aggiungere
un po’ di vaniglia?- mi chiese Giulia, mentre io preparavo la
masse per i
muffin che avrebbero abbellito la vetrina dei dolci.
-Sì
sì, ho fatto anche la cioccolata…li decori tu i
muffin?
-Certo! Sai che
mi piace decorare tutte le cose.-
concluse sorridendo.
Osservando le
sue unghie ultra decorate, non avevo
dubbi che le piacesse farlo.
-Beh? E il
fidanzato? Come va?- le chiesi.
-E’
partito per la Grecia…un viaggio universitario.
Dunque, sono un po’ giù ultimamente
perché non lo posso vedere di persona ma
fortunatamente ci manteniamo in contatto via Skype! Tu, invece? Sei
ancora
single, Esmeralda?
Annuii con il
capo, poi aprii una barattolo di
marmellata, fata da Rachele, e la spalmai su una torta di pan di spagna.
-Mhm, comprendo!
Ma ti piace qualcuno? Oppure sei
ancora anti-ragazzi?
-Diciamo che non
sono più anti-tutti-i-ragazzi, ma
solo anti-ragazzi-maleducati-e-stupidi.
-Brava!
E’ già un grande passo avanti.
Le sorrisi e poi
continuammo a lavorare. Io e Giulia
non eravamo mai state di troppe parole.
Verso
l’ora di pranzo, rividi Gabriele. Era stato
chiuso tutto il giorno a catalogare le merci appena arrivate e a
ripulire il
magazzino delle spezie. Aveva una t-shirt grigia con sovrastampati dei
disegni
colorati ed era leggermente sporco di farina…probabilmente
aveva avuto un
incidente con qualche sacco.
-Ciao Gabriele.-
gli sorrisi gentilmente.
Non mi sembrava
vero che riuscissi a sorridergli,
Ricordo, che un mese prima, quando provai a curvare le mia labbra in un
sorriso
davanti a lui, mi sentivo un po’ come il personaggio di
Dickens: Ebenezer
Scrooge, che alla fine della storia ha quasi dolore al cuore tanto non
è più
abituato a sorridere. Non che non avessi mai riso allo
spagnolo…ma ora era
diverso, io ero diversa.
Mi sembrava
strano che fossi diventata, o meglio,
ritornata quella di una volta: una persona gentile, sorridente,
cordiale e
simpatica, ma non fragile, quello no. Mi ero lasciata dominare dalla
tristezza,
dallo sconforto…sprecando due anni della mia giovinezza, ma
adesso sarei
rinata. Anchi i clienti abituali avavano notato dei cambiamenti in me,
mi sentivo proprio bene.
-C-ciao
Esmeralda.- ricambiò, cordialmente.
Gabriele si era
fatto crescere la barba, in questo
mese, e non potevo non dire che gli stava benissimo, donandogli un
tocco di
“maturità” in più sul suo
volto dai tratti quasi fanciulleschi.
-Come va?- gli
chiesi, seguendolo vicino alla cassa.
Si sedette su
una sedia ad un tavolino…aveva finito
il suo turno per oggi.
-Abbastanza
bene…sono un po’ stanco, ma tutto okay.
Tu? Come procede l’università?
-Bene, fra due
settimane darò un altro esame.
-Oh…capisco.
Io invece, la settimana prossima, andrò
a fare del praticantato all’ospedale di San Tommaso, ci
saranno anche alcuni
miei amici con cui seguo alcuni corsi.
-Ah…interessante!
E questi tuoi amici, immagino,
siano tutti ragazzi affidabili e a modo…
-Beh sono brave
persone, sì…certo ognuno ha i suoi
pregi e difetti, ma non ho nulla da ridire, anche se anch’io
ritengo delle
persone più simpatiche di altre. Ma perché,
questa domanda?
Giulia
portò dei vassoi di pasticcini e riempì lo
spazio adibito ai dolci sotto la cassa.
-Esmeralda, per
caso hai messo anche i ferri di
cavallo in forno, 'sta mattina?
Annuii, poi la
mia collega si allontanò.
-Bah
così…solo che pensavo che fra poco tempo,
quella specie di scommessa che facemmo nelle Foresta Umbra
sarà scaduta,
quindi…volevo sapere come stavano le cose.
-Giusto! In ogni
caso, hai ragione a pensare che non
ti ho fatto conoscere molti ragazzi bravi abbastanza da far cadere le
tue
convinzioni in merito al genere maschile.- mi rispose, guardandomi.
-Beh non che io
ti abbia fatto conoscere tanti
ragazzi da dimostrarti che avessi ragione io, in ogni
caso…penso che volendo
possiamo anche chiudere qua la storia della scommessa.
-C-cosa?
Perché?- mi domandò sorpreso, guardandomi
con i suoi pozzi senza fondo.
-Perché
in quest’ultimo periodo, mi sono resa conto
di aver sbagliato a fare “di tutt’erba un
fascio”, voglio dire…ognuno di noi ha
pregi e difetti...ho sbagliato, punto. E quindi è inutile
continuare a
conoscere nuovi ragazzi.
-Ah…mi
fa piacere che tu abbia cambiato il tuo
parere, solo che…non so, adesso mi sento un
po’…strano.- fissò il porta
tovagliolini di fronte a sé.
-E
perché strano?
-Cioè…vuoto…era
bello saper di avere una scommessa,
un gioco in cui impegnarsi al massimo per dimostrare le proprie
convinzioni…ma
come mai, questo cambio repentino?- ripuntò i suoi occhi su
di me.
-Così!
Ho aperto bene gli occhi e ho…capito!-
risposi sbrigativamente.
-Oh…capisco!
Bene…allora, niente!- mi sorrise.-
quindi ora, a parte il lavoro e la scuola di ballo, non avremo
più scuse per
vederci?
-Non hai detto
che dalla settimana prossima, mi
darai lezioni di ballo?- domandai avvicinandomi a lui.
-S-sì,
certo!
-Oppure ti
preoccupa il fatto che senza più
scommessa, tu non potrai dimostrare di aver ragione, e quindi avere un
mio
bacio?- lo presi in giro, raggiungendo il suo tavolino e avvicinandomi
al suo
volto.
-N-no, c-certo
che no! S-so comunque che me
l’avresti dato solo per la scommessa, tu non mi
sopporti…
-E chi ti dice
questo?
-L’hai
detto tu…aggiungendo che non è che non
sopporti solo me, ma tutto il genere maschile…- rispose,
rosso in volto e alzandosi
di scatto, raggiungendo il juke box.
-Ma non ti ho
detto, poco fa, che ho cambiato alcune
mie idee?- ritornai dietro alla cassa.
-S-sì…giusto.
Quindi non mi odi?
-No,
anzi…
-C-cosa intendi
dire?- balbettò.
Qualcosa di
improvviso mi si accese dentro, così
ritornai ad essergli di fronte, poi alzandomi in punta di piedi, gli
stampai un
bacio sulle labbra.
-Questo…intendo
dire.- gli feci l’occhiolino e poi
sparii in cucina.
TO BE
CONTINUED…
Ciao ragazzi ^__^
Avete sentito?
E’ morto l’attore Robin Williams…mi
dispiace molto! Mi stava simpatico e ho visto alcuni dei suoi
film…era un
bravissimo attore :(
Vabbè…andiamo
avanti! :(
Eccoci
arrivati al 14° capitolo di Bailamos. A dirla tutta, non so se
considerarlo il
penultimo o il terzultimo capitolo, ma…ormai non rimane
molto, quindi preparatevi
al finale ;)
So che
probabilmente possono sembrare troppo “frettolosi”
certi cambiamenti di Esmeralda, ma sono sincera, speravo che la storia
fosse
seguita di più, ma non essendo così preferisco
concluderla il prima possibile e
quindi…sto affrettando un po’ i tempi, diciamo
così.
Grazie di cuore
a Sun_Rise93,
senza la quale questa
storia non sarebbe la stessa. Grazie di cuore, davvero <3 e a
coloro che
seguono, preferiscono e ricordano questa storia.
Un bacio e alla prossima!!